UDITE, UDITE : STAVOLTA PARLO DI …. C A L C I O
Parlare di calcio in Italia non è una cosa facile. Anzi è assai peggio dell’impresa di Don Chisciotte contro i mulini a vento: ne uscì con le ossa rotte. A me Don Chisciotte è stato sempre simpatico, perché è un folle che, quando rinsavisce, muore e che io considero il primo eroe moderno della storia della letteratura mondiale. Don Chisciotte credette nella propria insanità mentale , ma non compì nessuna impresa e non inventò nulla. Come lui, anch’io voglio credere alle mie idee, per strampalate che possano essere, e non intendo cambiare nulla nè giudicare alcuno, voglio solo esporre i miei pensieri e le mie proposte. Come diceva Immanuel Kant (1724 – 1804), che fu il più significativo esponente dell’illuminismo tedesco, anticipatore degli elementi basilari della filosofia idealistica: senza speranza di premio e senza timore di pena. Così….per sport.
A voi piace il calcio di oggi? A me no. Non mi piace più, mi ha stufato.
Il calcio moderno, a differenza di quello dei tempi “eroici”, è diventato un “playgame”, un gioco da consolle, una partita di scacchi, un tedioso esercizio di schemi e strategie.
Fatta una debita eccezione per alcuni (pochi) incontri memorabili che io ben ricordo, le partite di questi ultimi 15 – 20 anni sono diventate un povero spettacolo, con pochi, pochissimi episodi di rilievo, molto spesso computabili sulle dita di una mano e che, nei resoconti filmati dei Telegiornali, si riducono a pochi secondi dei 90 – 95 minuti di tempo di gioco: azioni di pochissimi gol, qualche gol mancato, qualche palo o traversa, ogni tanto un fallo da espulsione e poco altro. Tutto il resto è noia.
“La noia” è il titolo di un romanzo di Alberto Moravia di 60 anni fa: è con questo nome che alcuni giornalisti hanno battezzato le partite cosiddette “bloccate”: “partite Moravia”. Perché? Ma perché, in questo genere di incontri, ci sono “Gli indifferenti” (altro romanzo di Moravia) sugli spalti e “La noia” in campo.
Onestamente, paghereste volentieri il biglietto per assistere ad una partita di calcio che vi dà così poche emozioni, a parte il coinvolgimento emotivo ascrivibile alla tifoseria? Io non sono tifoso di nessuna squadra; nutro solo un blando interesse per le sorti dell’Udinese e del Milan, di cui mi interessavo perché vi giocava Gianni Rivera, ai bei tempi, ma che oggi non mi entusiasma proprio. Di quando in quando, assisto ad incontri di calcio di tutti i paesi europei con l’animo distaccato dello spettatore neutrale, sperando di ricavarne qualche emozione. Molto spesso, anzi quasi sempre, la delusione prevale e….cambio canale. Tanto poi, vedrò il risultato e le fasi salienti nelle cronache sportive delle partite. In un minuto vedo tutto e mi risparmio un’ora e mezza di ticche tocche: che non è proprio un bel vedere.
Parliamo un po’ di quello che accade in campo durante lo svolgimento dell’incontro, escludendo i pochi episodi salienti sopra accennati.
Una volta la chiamavamo “melina”, vi ricordate? Un termine, credo, sudamericano del gergo calcistico per indicare il “passarsi la palla” impedendo agli avversari di impadronirsene. Era, quasi, allora, un termine spregiativo, incuteva frustrazione e voleva dire che si rinunciava ai tentativi di realizzare un gol, pur di mantenere il controllo della palla e della partita, impedendo alla squadra opponente di farlo a sua volta. Era come dire ostruzionismo, tutti lo percepivamo come un comportamento interdittivo, dilatorio e, in buona sostanza, poco sportivo. Oggi, invece, è diventata la norma.
Torno, per un momento, al significato originario della parola “goal”: in inglese, (in italiano è diventato “gol”) vuol dire rete, un punto nello “score” (punteggio) del match, ma anche, in senso figurato, meta, obiettivo, fine ultimo da raggiungere, mira, scopo. Ebbene sì, per gran parte della partita, quello che succede in campo è disattendere la “ratio”, cioè il principio ispiratore di questa pratica sportiva, che non è nient’altro che la finalizzazione di ogni azione di gioco, il tentativo di mandare la palla in rete. Lo scopo del calcio non è “passarsi la palla”, ma realizzare una rete, tante più reti possibili.
Ormai, le condizioni di gioco sono radicalmente cambiate in questo sport, rispetto a quelle dei “bei tempi”. Vediamo perché.
La preparazione fisica dei giocatori è molto più estremizzata, curata, rafforzata fino al parossismo: gli scontri fisici, in campo, sono molto più frequenti, veloci e potenti e, soprattutto, gli spazi del terreno di gioco dove gli avversari si “scontrano” sono più ristretti.
Il campo di gioco misura 110-120 metri in lunghezza, ma le due squadre si incontrano e si scontrano in non più di 40 metri di terreno, tranne che per alcune fasi di “allungamento” degli spazi, a causa di traversoni improvvisi o capovolgimenti di fronte. Ben si capisce come il gioco, nella stragrande maggioranza del tempo, sia “bloccato” in una zona del campo dove giostrano quasi 20 giocatori: è una gabbia da cui è difficile uscire e dove la fisicità esasperata porta spesso a falli e infortuni, oltre il normale.
Qui si vede la mano degli allenatori. Le loro asfittiche formulette, fatte di numeri nello schieramento, stanno ad indicare le loro formazioni in campo, come se i giocatori fossero delle pedine spersonalizzate, e loro i grandi strateghi. È proprio così che, secondo me, si è rovinato il calcio. Lo schematismo esasperato ha ristretto i margini della creatività individuale, trasformando il gioco, che una volta chiamavano il più bello del mondo, in questo moderno, digitalizzato “playgame”. Direte che le fasi di gioco “passapalla” sono necessarie perché prodromiche agli sviluppi successivi dell’azione d’attacco. Magari così fosse! Sono diventate, invece, una moda autoreferenziale e fine a se stessa. Avete sicuramente osservato il coach, o chi per lui, avvicinarsi ad un giocatore subentrante mostrandogli e spiegandogli, su un fascicolo di illustrazioni, gli schemi e le zone di azione che dovrebbe ricoprire. Conigli in gabbia.
A peggiorare le cose ci sono le regole, ormai centenarie, del gioco che “impediscono” lo sviluppo delle azioni a tutto campo. La regola principe è quella dell’ “offside” o “fuori gioco”. Obiettivamente, questo vincolo poteva avere un senso nei tempi passati, ma è diventato obsoleto. Non ci sta più nel calcio moderno.
In linea generale, espongo il mio pensiero in proposito. Il gradimento, l’apprezzamento, l’entusiasmo del pubblico, che è pagante oltre che tifoso, non è certo per come i giocatori si passano la palla, ma chiaramente per i tentativi, le azioni, i gesti atletici che portano alla realizzazione di un gol. Perché, allora, deve esistere una regola che “impedisca” e limiti il raggiungimento di questo risultato? Io lo trovo illogico e, addirittura deprimente. Non l’ho mai tollerato. Avete idea di quante esplosioni di entusiasmo siamo stati privati, dalla nascita di questo sport (quasi 150 anni), per non aver potuto assistere alla realizzazione di milioni di gol, che altrimenti si sarebbero verificate liberamente? Il cosiddetto “legislatore”, che ha stilato le regole di questo gioco, oltre che di perfidia, deve essere tacciato di sprovvedutezza perché ha deprivato lo spettacolo dell’anima stessa per cui è nato il gioco: la frequenza del gol.
Le partite del calcio moderno finiscono quasi sempre con una media di reti realizzate molto bassa (forse 2 o 3 per incontro): i fiotti di adrenalina che sgorgano nelle vene degli spettatori sono piuttosto limitati. Sì, certo, alcune partite annoverano anche 6 -8 “segnature”, ma sono molto poche. Di più, molte di più, sono invece quelle che finiscono 0 a 0, o 1 a 0.
Non pretendo che le “segnature” in un incontro siano come quelle della pallacanestro, o della pallamano, o della pallanuoto. Detto per inciso, nella pallacanestro e nella pallanuoto, ci sono regole che fanno perdere la palla a chi non tira entro un certo termine di tempo, favorendo quindi il tentativo di realizzazione, comunque sia.
Cito dal regolamento della PALLACANESTRO: Regola dei 24” : quando un giocatore acquisisce il controllo della palla sul campo, la sua squadra deve effettuare un tiro a canestro entro il tempo di 24”. Regola dei 8” : quando un giocatore acquisisce il controllo della palla nella sua zona di difesa, la sua squadra deve portarla nella zona d’attacco entro 8”.
Cito dal regolamento della PALLANUOTO: ….È considerato fallo proteggere la palla in modo scorretto o mantenere (sia come singolo che come squadra) il possesso palla per più di 30 secondi senza tirare nella porta avversaria. E la palla passa alla squadra avversaria.
Queste che ho riportato sono regole antitetiche a quelle del calcio, a tutto vantaggio della spettacolarità dell’incontro e del numero di punti realizzabili. Non so se esistono anche in altri sport.
La regola del “fuori gioco” è, a mio modesto avviso, anacronistica e anatopistica, vale a dire fuori tempo e furi luogo, nel calcio moderno.
Che male ci sarebbe a veder finire un incontro 12 a 10 oppure 16 a 7? Avremmo assistito a una serie molto consistente di entusiasmanti, emozionanti e liberatorie conclusioni a rete, che nulla toglierebbe e che aggiungerebbe molto al gradimento di questo sport.
Ricordo anche che, prima della venuta del VAR, (che io auspicavo a gran voce più di 20 anni fa, ma ero una Cassandra inascoltata), il “fuorigioco” era una regola oggetto di sanguinose polemiche, a seconda che il guardalinee avesse o meno azzeccato il colpo d’occhio che rilevava la partenza del passaggio e la posizione del giocatore ricevente (magari in corsa): povero guardalinee! Doveva avere gli occhi indipendenti come i camaleonti. Queste polemiche svanirebbero come neve al sole, senza la regola del “fuorigioco”.
Ma per il guardalinee troverei un’altra occupazione. Una concentrazione diversa ma abbastanza importante, che anche con il regolamento attuale esiste ma che, seconde me, potrebbe avere uno sbocco innovativo, su un’azione di gioco molto frequente: l’uscita della palla dalla linea laterale. Anticipo subito che per me la rimessa in gioco dovrebbe essere fatta con i piedi. Con l’attuale regolamento, anche se si può verificare con il VAR (cosa che non viene mai fatta), poco male se l’assegnazione della rimessa in gioco ad una squadra o all’altra non è azzeccata. Tanto, la rimessa viene effettuata con le mani.
E qui voglio impuntarmi contro un altro papocchio insopportabile del calcio giocato coi piedi. Guai se un giocatore tocca la palla con le mani, anche non intenzionalmente, in tutte la altre fasi di gioco. È fallo. Ma non fategliela toccare, allora, neanche nella rimessa laterale!
Mi spiego meglio, mischiando considerazioni e suggerimenti.
Quando un giocatore rimette la palla in gioco con le mani, a parte qualche rara eccezione, esegue un gittata della parabola relativamente limitata, una dozzina o quindicina di metri o poco più. Cosa succede? E succede decine di volte nel corso di una partita? Succede che nella zona di campo dove potrebbe arrivare la traiettoria della palla, si realizza un “cluster”, un “assembramento”, per quanto istintivo, prevedibile ma inevitabile di giocatori di entrambe le squadre che , al ricevimento del lancio di palla, cominciano uno stucchevole parapiglia di tocchi, rimpalli, spintarelle, pestoni, tilt da flipper, botte in testa: sembrano quasi le galline nel pollaio che si contendono il granturco. E, molto spesso, in questa circostanza, succedono i falli, data la provocata e provocatoria vicinanza degli addetti ai lavori: un vero e proprio corpo a corpo. Cari signori, assistere ai falli e alle schermaglie dei giocatori non diverte nessuno. Liberiamo il calcio da queste pastoie che sono la morte dello sport, dello spettacolo e del divertimento. Eliminiamole.
E da qui, allargo il discorso per un rinnovamento di questo gioco che, secondo me, ha ancora qualcosa di ottocentesco.
Togliamo tutte le fasi che derivano dal cosiddetto “gioco di squadra”, in barba ai “dictat” dei Mister.
Alcuni esempi. Il portiere di una squadra ha in mano il pallone e, per iniziare il gioco, lo passa, con la mano o col piede, ad un compagno della difesa. Questo, stoppa il pallone e si rivolge verso il centro campo. Gli si para davanti un giocatore avversario, per implementare quello che, nel gergo calcistico, si chiama “pressing alto”. Il difensore che ha la palla al piede non si sogna nemmeno di effettuare un lancio lungo (potrebbe colpire l’avversario di fronte oppure potrebbe regalare il possesso della palla alla squadra avversaria) e, men che mai, tentare un dribbling per avanzare. Cosa fa? Dà inizio ad una serie di scambi con i suoi colleghi difensori o suoi altri compagni che si trovano nei pressi, ricorrendo a passaggi per lo più laterali o, molti di più, all’indietro, durante i quali il portiere ha un ruolo sempre più presenzialista, come punto terminale di riferimento per il grande rito del possesso della palla, tanto che questo giocatore, oltre che saper parare, deve saper trattare la palla con i piedi almeno come i sui compagni. Voi che assistete alle partite di calcio, provate, per curiosità e per gioco, a contare quanti passaggi all’indietro, i cosiddetti “scarichi”, si fanno in un incontro, resterete stupefatti: io ho cercato di farlo, ma mi sono stufato: erano troppi. Per interpolazione, ho stimato che entro la fine della partita, sarebbero state moltissime decine e, talvolta, qualche centinaio.
Le direttive del “trainer”, o “mister” o “coach”, chiamatelo come volete, sono evidenti: non si deve perdere la palla. Imperativo categorico.
Il giocatore che perde la palla per due volte è sotto osservazione. Alla terza volta è sotto minaccia di sostituzione. Ci son giocatori che, atterriti da questa “spada di Damocle”, invece di dare il meglio di se, attingendo al proprio estro e liberando la propria creatività calcistica, si limitano a gestire la palla facendo solo appoggi banali, ma non sbagliati, insomma fanno il loro compitino. Fate attenzione ai passaggi ad un compagno. La palla viene accuratamente indirizzata non davanti a lui, nella direzione della porta avversaria, ma addosso o, peggio, dietro di lui, cosicché questi è costretto a girarsi verso la propria porta, per controllare la palla ed, eventualmente, indirizzarla all’indietro, per non correre il rischio che un avversario gliela carpisca. Osservate bene un giocatore quando riceve un passaggio: una volta (ho giocato anch’io) non si vedeva l’ora di ricevere la palla per partire in quarta verso la porta avversaria, adesso chi riceve il passaggio, istintivamente, si volta verso la propria porta, perché il suo pensiero più impellente è quello di scaricarla ad un compagno. Così, ogni azione si rallenta e il gioco diventa tedioso. Avete idea di quanti minuti di gioco si perdono in questo cerimoniale ripetitivo e improduttivo?
Ancora. Quando si incomincia una serie di passaggi dalla difesa, ad un certo punto, inevitabilmente la palla arriva ad un giocatore sulla fascia laterale, destra o sinistra che sia. Fateci caso: quasi mai questo “punta” un difensore avversario, per superarlo in dribbling o in velocità; quasi sempre, 9 volte su 10, la palla torna indietro o viene passata lateralmente. E si ricomincia l’ambaradan. Una noia mortale!
Sono ormai trascorsi quasi 5 anni (era il 3 Giugno 2016) da quando , con l’aiuto di mio figlio, ho stilato il testo di un regolamento per un gioco del calcio diverso.
Lo abbiamo trascritto in un file che ho riesumato e che do ora alle stampe pubblicamente, per quanto può essere pubblico questo BLOG, riservato ai pochi amici che vi hanno accesso. Ho persino creato un LOGO che mi pare simpatico e che, sempre con la collaborazione di mio figlio che col computer fa miracoli, trovate qui sotto.
Il nome di questo nuovo gioco è “KICK!”, che in Inglese vuol dire “calcio”, quello, vero e proprio, che si dà al pallone o negli stinchi di qualcuno.
Avevamo anche avviato un progetto per verificare la fattibilità e l’applicazione delle nuove regole del “KICK!”, con la Lega Calcio (Amatoriale) del Friuli Collinare, ma una serie di circostanze e impedimenti ha dilazionato la messa in atto del protocollo.
Quello che qui leggerete non va confrontato con il calcio tradizionale, del quale non deve essere considerato una miglioria o una diversificazione. È proprio un’altra cosa, perché diversa è la filosofia che lo sottende. Il calcio tradizionale privilegia la difesa dal gol, il KICK! cerca, al contrario, il maggior numero di gol possibili. In comune hanno soltanto gli stessi gesti atletici, il trattamento della palla, le sanzioni per i falli e quant’altro è ascrivibile al comune concetto di calcio. E i campioni restano campioni, anzi i più bravi potrebbero mostrare ancora di più la loro bravura.
Proverò a chiosare, con note e commenti esplicativi, il contenuto del Regolamento del “KICK!”, al fine di farlo meglio aderire allo spirito di quanto ho esposto nella prima parte di questo impegnativo, controverso, intrigante argomento. E spero di suscitare un vespaio di polemiche. È quello che mi sono proposto affrontando questo provocatorio tormentone.
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CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
Nel corso di una partita di calcio tradizionale, c’è troppo possesso palla e ci sono pochi tiri in porta: molte fasi di gioco sono noiose, ripetitive, dilatorie o, addirittura, ostruzionistiche.
In tutte le zone del campo, le due squadre sono raggruppate in 20 – 40 metri: c’è la caccia al pallone, il gioco è spezzettato e gli scontri fisici sono troppo frequenti.
Si verifica un abuso del passaggio indietro, ci sono pochissimi dribbling e superamenti in velocità. Gli scontri in area, con trattenute ed abbracci, si sprecano. E sta dilagando la moda dei cascatori e degli urlatori.
Tutte le nuove regole, qui di seguito presentate, hanno lo scopo di destabilizzare le situazioni descritte e, in senso lato, di eliminare i vincoli regolamentari (fuori gioco, barriere ecc.) che impediscono il gol e i rituali del gioco di squadra che favoriscono la perdita di tempo:
comunque, di privilegiare le qualità calcistiche individuali a scapito del bizantinismo collettivo.
Si vogliono vedere molti più gol e, in definitiva, molti tiri in porta e molti tentativi di parata.
Tutte le regole in vigore nel gioco del calcio tradizionale mantengono la loro validità.
Vengono introdotte, a parziale ma sostanziale modifica, le seguenti NUOVE REGOLE.
N U O V E R E G O L E
Opzione A :
Il portiere può parare e/o toccare il pallone con le mani solo all’interno dell’area piccola di porta.
Il portiere non può mai uscire dall’area piccola di porta neanche per calciare con i piedi.
La violazione è sanzionata con un calcio di rigore.
Opzione B :
Il portiere può parare e/o toccare il pallone con le mani solo all’interno dell’area piccola di
porta e non può uscire dall’area grande di porta.
Può uscire e toccare il pallone solo con i piedi all’interno dell’area grande di porta ma
soltanto quando c’è azione di gioco in movimento.
Mai nel caso di calcio libero dal campo o dal bordo del campo.
Le violazioni sono sanzionate con un calcio di rigore.
N.B. Le opzioni A e B saranno sottoposte a verifica sperimentale sul campo e verrà adottata come definitiva quella che sarà ritenuta più praticabile e rispondente alla nuova filosofia di gioco, a insindacabile giudizio dei proponenti.
CALCIO LIBERO LATERALE: Quando il pallone esce dal bordo del campo, la rimessa in gioco dello stesso non avviene con le mani ma con un calcio libero dalla linea di bordo campo. Quando si batte il calcio libero laterale (o il corner), nessuno dei giocatori di entrambe le squadre può trovarsi all’interno dell’area grande di porta: vi si può entrare solo dopo che il pallone è partito
N.d.R. : Questo nuovo metodo di rimettere la palla in gioco ha, come ben si può intuire, lo scopo di saltare le schermaglie che ho descritto sopra, in qualunque punto del campo lontano dalle porte. Ogni uscita di palla porta immediatamente ad una possibile finalizzazione: il calcio libero indirizza il pallone verso la porta dove attaccanti e difensori si misurano secondo le condizioni qui e più avanti esposte.
CALCIO LIBERO IN CAMPO: Anche quando viene battuto un calcio di punizione da un qualunque punto del campo, nessun giocatore può trovarsi nell’area grande di porta: vi si può entrare solo dopo che il pallone è partito.
N.d.R. : Attenzione, il portiere non può uscire dall’area di porta, i giocatori non possono entrare nell’area grande se non dopo la partenza del tiro. Gli sviluppi sono nuovi e imprevedibili. Si aggiunge l’assenza, come si vedrà più avanti, del “fuorigioco”.
BARRIERA: Non si può fare barriera all’interno dell’area grande e piccola, né in qualunque altro punto del campo.
Nessun giocatore di entrambe le squadre può stazionare nel “triangolo di tiro” che ha per vertice il punto in cui si batte il tiro libero e, come lato opposto, la porta.
L’arbitro provvede a sgomberare il “triangolo di tiro” traguardando il punto da cui si batte il tiro libero con i pali della porta.
Un tiro libero (dal campo o laterale) può essere indirizzato direttamente verso la porta.
N.d.R. : Quello che conta è agevolare la realizzazione del gol. Un bel tiro potente, anche da lontano, una bella parata: ecco quello che potrebbe succedere. Come fosse un calcio di rigore, libero verso la porta, senza nessun ostacolo.
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SANZIONI DISSUASIVE: Quando il pallone è indirizzato verso la porta proveniente da calcio libero dal campo o laterale, tutti i contrasti irregolari dei difensori sugli attaccanti, entro l’area grande di porta e nei pressi (anche fuori) della linea stessa dove si schierano attaccanti e difensori, sono sanzionati con un calcio di rigore.
Nello schieramento nei pressi della linea dell’area grande di porta, difensori e attaccanti devono posizionarsi alternati: non devono esistere blocchi.
N.d.R. : I difensori devono essere consapevoli che, se il loro intervento è scorretto, ci sarà il “penalty”: staranno molto attenti a non commettere fallo. Se il fallo viene commesso da un attaccante avversario, la punizione viene normalmente assegnata alla squadra che si difende.
Nessun giocatore, sia per offendere che per difendere, può entrare nell’area grande di porta prima che il pallone sia partito dal punto di calcio libero.
Chi lo fa viene sanzionato con espulsione temporanea di 15 minuti e il calcio libero viene ripetuto.
N.d.R. : Anche questo è un provvedimento assunto per dissuadere i “furbetti” dall’entrare in anticipo nella zona dell’area grande, dove presumibilmente ci sono gli scontri aerei, i colpi di testa, le acrobazie, le sforbiciate, le rovesciate spettacolari, i gesti tecnici più belli da vedere.
FOUL PLAY KICK : In qualunque punto del campo, in qualunque momento della partita, qualora l’arbitro, a suo insindacabile giudizio, in conformità con lo spirito delle presenti norme, intravveda, nel gioco di una squadra, un intendimento rinunciatario, dilatorio, ostruzionistico o antisportivo, può fermare il gioco fischiando un cosiddetto FOUL PLAY KICK contro la squadra che sta manovrando il pallone.
Toglie il gioco, pertanto, alla squadra stessa, facendo battere un calcio libero alla squadra avversaria dal punto in cui è stata rilevata la violazione.
N.d.R. : Non vi meravigliate di questa norma. Per quanto discrezionale la possiate considerare, è un potere che desidero accordare e attribuire all’arbitro che ritengo “custode” dello spirito di “fair play” che sottende al presente progetto.
PASSAGGIO ALL’INDIETRO: La squadra che è in possesso del pallone non può passarlo indietro, nella propria metà campo.
I guardalinee hanno il compito di seguire il passaggio effettuato e segnalare, sbandierando, se è fatto all’indietro.
Nella propria metà campo è consentito solo il passaggio in avanti o in linea: si può passare all’indietro solo nella metà campo avversaria.
Non si può passare il pallone all’indietro dalla metà campo avversaria alla propria metà campo. Un giocatore, in possesso del pallone nella propria metà campo, non può correre all’indietro mantenendo il possesso del pallone se non per effettuare un dribbling o un contrasto.
In caso di violazione delle presenti norme, il pallone passa alla squadra avversaria, che batterà un calcio libero dalla linea di bordo campo, all’altezza di dove si è verificata la violazione.
Non viene considerato retropassaggio un rimpallo o un colpo di testa all’indietro involontario e/o accidentale/casuale/fortuito come si può verificare, ad esempio, nei contrasti aerei.
N.d.R. : Niente passaggi all’indietro, niente passaggi al portiere. Il difensore che gestisce la palla, nella propria metà campo, può venire attaccato, nel tentativo di sottrargliela, da un avversario e può difenderla soltanto con le proprie capacità tecniche.
Il guardalinee non deve occuparsi del “fuorigioco”, ma dei passaggi all’indietro e prestare molta attenzione a chi manda fuori la palla dalla linea laterale. Il calcio libero da bordo campo viene assegnato all’altra squadra e può essere indirizzato verso l’area avversaria.
Il giocatore in possesso di palla non può andarsene in giro per la propria metà campo controllandola, ma può solo avanzare e passare in avanti, altrimenti viene fermato dal fischio dell’arbitro che gliela sottrae.
Nella metà campo avversaria il retropassaggio è consentito perché si può considerare come necessario allo sviluppo dell’azione d’attacco.
In tutti i casi eventualmente controversi, si faccia riferimento al potere discrezionale dell’arbitro, di cui parlavo, per decidere sulle azioni di gioco che, sempre diverse, si possono presentare. E sempre nello spirito già espresso: quello di favorire le azioni che portano al gol e scoraggiare gli ostruzionismi.
FUORI GIOCO : Non esiste la regola del fuori gioco.
N.d.R. : Senza commenti.
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TEMPI DI GIOCO :
Tempi regolamentari di 30 minuti ciascuno. Sono tempi effettivi.
Eventuali tempi supplementari di 10 minuti ciascuno.
Il tempo viene sospeso ad ogni fischio dell’arbitro (come nel Basket).
Viene istituita una apposita TIMING TEAM che ferma il tempo e lo fa ripartire.
Il tempo trascorso può essere visibile a pubblico, giocatori e arbitri.
Il fischio dell’arbitro ferma e fa ripartire il gioco e il cronometro.
N.d.R. : Nel calcio tradizionale, su 90 minuti teorici di gioco, se ne giocano non più di 60 effettivi.
Se i giocatori sanno che il tempo viene fermato ad ogni fallo o ad ogni circostanza che prevede l’interruzione del gioco, probabilmente smetteranno di porre in atto perdite di tempo antipatiche ed antisportive. Sono inutili.
NUMERO DI GIOCATORI
Ogni squadra può disporre di non più di 22 giocatori.
Ogni giocatore può essere sostituito da un compagno di squadra in ogni momento della partita senza limite di numero.
Due e solo 2 giocatori sostituiti, che sostano in panchina, possono essere rimandati in
campo per una sola seconda volta.
ESPULSIONE TEMPORANEA
TEMPI DI ESPULSIONE :
A seconda della gravità del fallo, un giocatore viene espulso per
15 minuti di gioco effettivo,
30 minuti di gioco effettivo,
45 minuti di gioco effettivo,
60 minuti o tutto il resto della partita.
Il giocatore in stato di espulsione non può essere sostituito.
Il giocatore espulso per 2 volte (per qualunque periodo di tempo) alla terza espulsione deve lasciare il campo definitivamente.
I giocatori espulsi temporaneamente sostano in appositi spazi (separati).
La TIMING TEAM provvede a segnalare, alla scadenza del periodo di espulsione,
il rientro in campo (con uno strumento di segnalazione acustica).
N.d.R. : L’espulsione temporanea rende giustizia del fatto che una squalifica o una sanzione a tempo devono avvenire durante la partita stessa e se ne deve avvantaggiare la squadra che sta affrontando chi ha violato le regole. Non ultima, anzi, importante considerazione è che la situazione di inferiorità numerica può favorire un alto numero di gol.
N.d.R. : Temo di aver osato troppo, di averla fatta grossa. Ma se smuoverò qualcosa, anche se non me ne viene niente, mi sono tolto una soddisfazione. Buon calcio a tutti.
Alberto è un caro amico, ottimo tennista e persona di rara intelligenza ed enorme cultura ; è quindi difficile non ritrovarsi con le sue idee.
Però questa volta dissento dalla sua analisi ( forse perchè in gioventù ho praticato lo sport del calcio ) soprattutto perchè Alberto ” vede ” il calcio con occhi ” diversi ” dai miei e da quelli di molti altri.
Pone , ad esempio , l’attenzione sui pochi gol che quasi sempre caratterizzano una partita di calcio ; ebbene è proprio questa scarsità di finalizzazioni ( gol ) che mi fa amare il calcio e non sopportare la pallacanestro , dove i canestri ( gol ) sono innumerevoli.
Pone anche l’accento sulle strategie e tattiche adottate dai vari allenatori , non vedendo – proprio perchè non ama questo sport – che è proprio questa peculiarità che caratterizza non solo la bellezza del gioco , ma anche , e talvolta soprattutto, la capacità maggiore o minore di un allenatore di capire, di trovare la soluzione , di ” leggere ” la partita.
Basti ricordare quanto il calcio olandese ( ricordate un tale Johan Cruijff ? ) abbia inciso con il ” calcio totale ” sul modo di giocare di tutto il resto del mondo.
Alberto si stanca dei passaggi laterali , all’indietro e allo spasmodico desiderio di non perdere la palla !
Ma è proprio questa l’essenza del calcio : io tengo palla , cercando di non perderla , in attesa di uno spiraglio , di un errore dell’avversario per poi cercare di colpire ed andare a segno facendo gol ; ricorda leggermente ( ma proprio appena appena ) la pallamano , sport che conosco a fondo avendo mio figlio giocato in serie C.
Nel calcio attuale – e io credo che dovrebbe esserlo sempre in tutte le variazioni del calcio – la regola principale ( Herrera , Rocco ed altri hanno ben insegnato ) è anzitutto NON prendere gol , poi si penserà a segnarne uno o più.
Questo a taluni , certamente ad Alberto , può non piacere , ma questo è il calcio .
Il gioco del KICK proposto dal mio caro amico è interessante , come pure le regole , ma NON è calcio , è un altro sport : interessante, bello , avvincente, innovativo …ma NON calcio…appunto KICK !
Caro Efrem,
Tu calcio, io KICK!. Io Don Chisciotte, tu mulino a vento. Le ossa rotte? Le mie.
Me la son cercata e l’ho avuta: la polemica. Me l’aspettavo e mi sarei meravigliato se non succedeva.
Chi semina vento, raccoglie tempesta. Per fortuna che, ad animare questo spietato e feroce contraddittorio, ci sei tu, amico mio, a cui rinnovo tutta la mia stima , a dispetto della nostra diversità di vedute.
Entro, solo per un attimo, nel merito e subito ne esco. Il mio KICK! non è il calcio: non vuole esserlo, guai se lo fosse. È un altro sport. Ha in comune solo il fatto che si gioca un pallone con i piedi. Volevo che fossi tu, per primo, a leggere le acrimonie che ho vomitato contro il calcio moderno. Non credo che ci saranno molti altri che si dedicheranno a rilasciare giudizi, commenti, adesioni all’una o all’altra delle nostre profondamente diverse opinioni. Forse resterà una sterile diatriba tra di noi. E poi, francamente, era solo …. per sport.
Ai posteri l’ardua sentenza. Grazie e Mandi.
Carissimo Alberto,
tu oggi lo scrivi , ma io già sapevo che la tua era solo ( o quasi solo ) mera provocazione ; la tua indubbia intelligenza non poteva non partorire una tale reprimenda contro il calcio al fine di provocarne reazioni o adesioni.
Vecchia volpe ( absit iniuria verbis ) ; non a caso in passato scrissi che era un onore , oltre che un piacere , conoscerti ; e non lo era allora e non lo è adesso piaggeria !
Permettimi di spendere ancora un paio di riflessioni , sperando con ciò di non annoiare né te né chi avrà la bontà di leggere le elucubrazioni di un diversamente giovane.
Sempre in merito al calcio , da te vituperato .
Lanci strali contro il fuorigioco ; ma come non si fa a comprendere ed accettare la razionalità e importanza di tale regola !
Se non ci fosse : immagina i giocatori ” dispersi” per il campo in attesa di una palla , più o meno vagante , da buttare in rete ; apprezza invece l’armoniosa bellezza di una squadra che si muove , o che dovrebbe muoversi , avanti e indietro come un sol uomo. E che trova nella linea immaginaria dell’ultimo uomo la barriera insuperabile da parte dell’avversario se lo stesso si trova , appunto , in fuori gioco , non avendo partecipato all’azione nei modi e tempi prescritti.
Per quanto attiene poi alla rimessa in gioco con le mani , contesto vivamente la tua idea di farlo calciando il pallone con i piedi : si prefigurerebbero , soprattutto se non lontani dalla riga di fondo campo , una miriade di quasi corner … non sarebbe calcio !
Che poi nel corso degli anni talune modifiche siano avvenute non snatura e non muta l’essenza stessa del calcio ; penso – ad esempio – al fatto di poter sostituire taluni ( ora ben 5 ) giocatori …una volta partivano in 11 e arrivavano anche se rotti gli stessi 11 alla fine ( quello ” rotto ” stava in zona Cesarini ) , penso anche al cambio di talune regole afferenti i falli e/o all’interpretazione degli stessi , penso infine alla tecnologia , la o il VAR ; tutto ciò ha lasciato , come è giusto che sia , inalterato il calcio.
Abbiamo idee diverse in merito , ed entrambi abbiamo , a mio avviso , ragione ; perchè è bello solo ciò che piace !
Un caro saluto da chi ti apprezza molto.
Ho acceso la miccia e adesso si è innescata l’esplosione. L’argomento è così vasto ed opinabile che potremmo non smettere mai. Sono contento: ho raggiunto il mio scopo. Ho fatto gol, in fuorigioco. Un abbraccio.
Ancora … in estrema sintesi il gioco del calcio si può riassumere in due soli numeri : 1 e 0 !!
Novanta minuti di spasmodica attesa …attesa di che ? del gol , un solo golletto senza subirne alcuno.
Ed allora quell’attesa si tramuta in un godimento sensuale , quasi ( solo quasi sia chiaro ) sessuale !
Gol sperato, atteso, bramato e …finalmente arrivato.
Per poi sprofondare nella delusione, nell’ira , nell’imprecazione quando gli avversari te ne fanno uno , o anche più.
Questa è la bellezza incomparabile del calcio , quando l’attesa ( mutuando da una nota pubblicità ) diventa essa stessa godimento.
Caro , carissimo ed apprezzato amico prova a guardare il calcio con un occhio diverso ; forse anche tu imparerai ad amarlo.
Un abbraccio anche a te.
La felicità è nell’attesa? Si, anche, in parte, come “Il Sabato del villaggio”. Ma se restiamo nella similitudine sensuale e sessuale da te evocata, mi pare di poter dire che l’evoluzione del calcio è parallela alla nostra vigoria maschile nello scorrere della vita: quella di 50 anni fa era molto diversa da quella di oggi. Allora, gli orgasmi fioccavano, come i gol. Adesso, un golletto di quando in quando. Anzi, ci si accontenta quasi quasi dei soli “preliminari”. Limitarsi all’autocompiacimento della “fase preparatoria”, che pure potrebbe essere esercizio estetico rilevante, mi pare un po’ barocco, quasi decadente. Come la nostra impietosa vecchiaia. C’è bisogno di aria nuova nel calcio, anzi, mi voglio sprecare in un pronostico che scaturisce proprio dai tempi di Coronavirus che stiamo vivendo. Da più di un anno, sugli spalti non ci sono gli spettatori. Se questa assenza si protrarrà ancora per molto, andrà scemando, per disaffezione e astinenza, la partecipazione orgiastica dei tifosi normali e, pian piano anche delle tifoserie organizzate. Le “curve” in presenza potrebbero dirottare il loro interesse sui social a distanza e dedicarsi al tifo a casa, magari a gruppi di qualche decina di amici che si ritrovano a guardare le partite davanti alla TV.
Caro Efrem, anch’io ho amato il calcio, quello amatoriale, dilettantesco, ruspante: era quello che potevo praticare, dato il mio modesto livello: ero un’ala destra molto veloce. Subivo una caterva di falli, perché l’unico modo per fermarmi era quello di buttarmi a terra. E andavo dritto verso la porta. Ecco perché non mi piace più il calcio di oggi. Mandi.
Ribadisco che è bello solo ciò che piace ; taluni prediligono le donne grasse , non un pò in carne , proprio grasse , altri le vogliono talmente magre che sembrano scheletri con un pò di pelle attaccata , e potrei continuare nelle descrizioni.
Io appartengo alla normalità , che poi credo sia la maggioranza , mi piacciono normali, giuste, con le curve proprio nei punti giusti, né grasse , né magre… appunto ” giuste “.
Ma tornando al calcio : scommetto con te un dollaro bucato che alla fine della pandemia , che prima o poi avverrà , gli stadi si riempiranno come prima , anzi più di prima , perchè non c’è paragone fra guardare una partita in TV e guardarla allo stadio.
E’ come per una bella donna : guardarla in foto o in TV oppure ammirarla di persona , possibilmente da vicino.
Abbi cura di te , amico caro
Anch’io come te, buongustaio! Mi riferisco all’apprezzamento delle donne: meglio da vicino, in presenza.
Per la verità leggo molto raramente il blog di Alberto e quindi poco pratico nell’inserire il mio di commento tanto che ho dovuto contattarlo per arrivare al dunque. Così facendo ho avuto modo di leggere quelli relativi a: UDITE, UDITE: STAVOLTA PARLO DI …. C A L C I O. Io sono Corrado e rendo note le mie attività trascorse e attuali in campo calcistico solo allo scopo che mi si possa collocare in ragione di quanto espresso in seguito: ho giocato al pallone, ho svolto attività arbitrale, ho fatto sia l’allenatore che il vice-allenatore, attualmente istruisco gli arbitri della Lega Calcio Friuli Collinare, visiono gli stessi e ne giudico l’operato, partecipo attualmente a una revisione dei regolamenti del gioco del calcio sempre per la LCFC. Sin da piccolo papà mi portava allo stadio ed ebbi modo all’età di 11 anni di veder giocare Gianni Rivera con la maglia dell’Alessandria, era il 27 dicembre del 1959 e il risultato fu di 4 a 0 a favore della squadra della mia città, Palermo. Perché questo preambolo? Perché sono tormentato e il perché lo sono? Lo sono perché mentre da una parte sostengo in tutti i modi lo “spettacolo” e quindi la condivisione naturale delle considerazioni e delle idee esposte da Alberto, della quale bontà necessita comunque un riscontro sul campo, dall’altra mi ritrovo e da molto tempo a studiare e analizzare i regolamenti in modo tale che vengano recepiti dagli arbitri e dai giocatori. Questi due fronti sono dei muri invalicabili quando si accenna a variazioni e cambiamenti. Le riunioni assumono caratteristiche di guerriglia urbana. Il dialogo è inesistente. Non è possibile neanche trascurare i programmi sportivi in TV dove tutto viene veicolato da professionisti che si avvalgono anche, come negli ultimi tempi, di mezzi come la VAR che ti mette di fronte al “centimetro” individuando così una posizione di fuorigioco. Quando Alberto mi fece partecipe della sua ipotesi di Regolamento che battezzò “Kick!” ritenni questa meritevole di tanta attenzione e adattabile alla nostra filosofia amatoriale anche se certo di andare incontro ad ostacoli non facilmente sormontabili. Misi al corrente del progetto il presidente degli amatori LCFC che espresse interesse proponendo una verifica sul campo di tali nuove modalità con due squadre a questo scopo istruite. Questa verifica non trova ad oggi, per motivi diversi, modo di essere attuata. Guardo ovviamente i programmi sportivi ma quando si trasmettono gli incontri di calcio con le caratteristiche di “non spettacolo” evidenziate da Alberto mi vedo costretto ad abbandonare e ancora più furioso quando vedo che le stesse dinamiche sono anche a livello giovanile come nei campionati Primavera. Quando da giovani e ancora non inquadrati in squadre strutturate giocavamo nei campetti sotto casa, quelli dove la segnatura delle porte era evidenziata da pietre o altro, avevamo un solo obiettivo: segnare, segnare e ancora segnare. Anche se giovani, quasi tutti si era dotati di fantasia, adattamento a qualsiasi ruolo (compreso quello del portiere) pur di giocare, con qualità tecniche che oggi vengono individuate come rarità, cose eccezionali, mentre per noi le finte, le rovesciate, i colpi di tacco, i passaggi (quelli che oggi vengono chiamati no-look cioè eseguiti senza guardare) erano normalissimi eventi. Sperare che gli amanti tutti del gioco del calcio si convertano allo spettacolo dettato da un rivoluzionario nuovo regolamento è senza meno utopico, ma nello stesso tempo nessuno può ipotizzare che ciò non possa avvenire.
Corrado è il fratello della mia compagna Rita, ed è proprio con lui che ebbi il primo contatto per tentare una verifica pratica di fattibilità del KICK!. Sono stato io a chiedergli di esporre su questo BLOG il suo pensiero di “esperto”, visti i suoi trascorsi e le sue esperienze nel mondo del calcio, in particolare di quello amatoriale. Ti ringrazio quindi, Corrado (mi rivolgo ora a te) di essere entrato, con il tuo contributo, nella discussione, non certo a gamba tesa, ma a ragion veduta e forte delle tue convinzioni, che sono personalissime e frutto di anni di militanza a diversi livelli. Non mi si accusi di conflitto d’interessi se tu dai, in qualche modo, “endorsement” al mio tentativo di smuovere il mondo del calcio per trovarvi una sorta di svecchiamento, almeno nello spirito, se non nei regolamenti. La descrizione che tu dai del clima dell’ambiente non è molto confortante e non fa presagire sbocchi favorevoli. Ho l’impressione che si tratti di un ambiente “bloccato”, nonostante le innovazioni tecnologiche, quasi incartapecorito e autoreferenziale. Mi rendo conto che le innovazioni troverebbero pessima accoglienza, come il treno che passava nelle riserve degli Indiani d’America. Non importa, i nostalgici in buona fede e ricchi di entusiasmo, come Efrem, continueranno a gioire del calcio di oggi e ne hanno ben d’onde. Io, il mio entusiasmo l’ho perso, ogni tanto mi vedo qualche partita col telecomando in mano, per cercare qualche altro canale, dove magari c’è qualche bella partita di tennis. Grazie ancora, Corrado, e non ti defilare. Se ci sarà il piacere e l’opportunità, da parte tua, di intervenire ancora, sei il benvenuto. Let’s keep in contact. Mandi.
Per fortuna non siamo tutti uguali e non esiste il pensiero unico.
E’ un bene ed una vera fortuna.
A ciascuno il suo ; c’è chi ama il pugilato ( non io ) , chi ama la pallacanestro ( non io ) , chi ama il calcio , anche quello attuale ( certamente io ).
Un saluto ad Alberto e anche al Sig. Corrado , che non ho il piacere di conoscere.
Riporto questo articolo del FATTO QUOTIDIANO di oggi, 10 Marzo1021, di Andrea Romano, quale contributo sull’argomento del “Calcio da Coronavirus”.
…… Un anno fa il calcio ha smesso di essere fenomeno collettivo per diventare espressione individuale. Un processo che dodici mesi dopo sembra quasi irreversibile. Il pallone ha smesso di rappresentare l’eccezione che conferma la regola. Anche i calciatori sono stati messi in smartworking, con le dirette che li riconsegnavano sudaticci e ansimanti nei salotti delle loro case. I palinsesti sono stati svuotati, ma si è dovuto pensare a riempirli di nuovo. Con collegamenti streaming, con approfondimenti del passato che diventavano un anestetico buono per sopportare l’assenza di novità. La ripresa è stata molto meno esaltante del previsto. Colpa di quello che in Germania hanno chiamato “football light”, ossia un progressivo distaccamento del tifoso dalle sorti del proprio club. Tutto è diventato improvvisamente annacquato. E anche un po’ finto. La compressione dei calendari ha provocato la rottura degli steccati fra una giornata e l’altra. Si è giocato tutti i giorni, a volte senza che i tifosi riuscissero a ricordarsi precisamente per cosa. La liturgia del calcio ha lasciato spazio alla routine, alla ripetizione meccanica di riti nei quali non credeva più nessuno. La sostituzione del divano al seggiolino dello stadio ha velocizzato il passaggio da sport a entertainment. Non c’è più epica, solo storytelling. E sono sorti problemi tutti nuovi.
L’assenza del pubblico ha provocato un cortocircuito. Per il tifoso che era stato trasformato in cliente gli spalti vuoti sono respingenti. Si è capito che tutto lo spettacolo si fondava su un atto di fede: quello di chi quei seggiolini decideva di riempirli. Tutto si basava sulle inquadrature delle loro facce, sui loro cori che sgorgavano dagli altoparlanti dei televisori. Il contorno è diventato improvvisamente piatto forte, la comparsa si è rivelata protagonista. Messo a nudo, spogliato di quelli che erano considerati quasi orpelli, il calcio era quasi disturbante. Perché la tecnologia, le statistiche, la definizione sempre più alta dei televisori stonava con i suoni che riempivano i salotti, con le voci dei calciatori, con i colpi al pallone, con l’immobilismo delle tribune. Si è capito subito che quello che mancava era proprio l’aspetto alla base del calcio, la sua socialità, il suo trasformare l’io in noi. Assenze che la tecnologia non poteva colmare, ma che si si sono provate a riempire proprio con la tecnologia. E allora ecco le grafiche per coprire gli spalti vuoti, ecco i cori registrati per spingere la squadra di casa, ecco i cartonati, poi i pupazzi (in un caso addirittura bambole gonfiabili), ecco le facce dei tifosi collegati dalle proprie abitazioni per cercare di attutire il rumore straziante di quell’assenza di colori e di suoni. Il ritorno in campo ha rovesciato il tavolo. Squadre che lottavano per lo scudetto come la Lazio si sono liquefatte improvvisamente.
Le Coppe europee, giocate in campi neutri e in stadi bolla, hanno portato al superamento della regola base dei trofei continentali: il fattore campo. Ma hanno anche affermato l’indipendenza dei club rispetto ai propri tifosi. Un divario reso ancora più evidente per i fan che, mentre le loro squadre vincevano campionati e coppe, sono stati condannati al coito interrotto dell’esultanza personale e non collettiva, con i metri quadri delle loro case che si sovrapponevano alle tradizionali piazze in cui poter festeggiare. L’ultimo anno per il calcio è stato tutto tranne che una festa. È stata una stagione dove tutti sono andati avanti senza entusiasmi solo per non dover chiudere baracca, per non dichiarare fallimento. La pandemia ha colorato di rosso i bilanci, ha stravolto il calciomercato. Club che per anni si sono abbuffati di colpi milionari sono stati ridotti a squadre costrette a vendere prima di comprare (come il Barcellona) oppure a vendere e basta (come il Real, che ha ceduto 12 calciatori senza comprarne neanche uno). Tutto è cambiato, insomma. Tranne le polemiche. Quelle sono rimaste le stesse. Anzi, sono diventate ancora più stonate e surreali. Come quelle sui tamponi, con Juventus e Napoli, con Lazio e Torino come attori che si muovono in un teatro dell’assurdo. Il calcio della pandemia è ferito ma respira ancora. Lotta per non scomparire, per restare la cosa più importante fra le cose meno importanti. Ma soprattutto il calcio della pandemia si basa su una promessa: cancellare gli ultimi 12 mesi e recuperare la sua dimensione collettiva. Anzi, tornare se stesso. Magari un po’ più povero, ma molto più sincero.