Una ragazza saggia
conosce i suoi limiti,
ma una intelligente
sa che non ne ha.
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
Una ragazza saggia
conosce i suoi limiti,
ma una intelligente
sa che non ne ha.
Non abbiamo bisogno
di giorni migliori,
ma di persone che rendano
migliori i nostri giorni.
Happiness lies,
first of all,
in health.
La felicità si basa,
prima di tutto,
sulla salute.
Il matrimonio si può evitare,
l’amore no.
L ‘ U C C E L L E T T O I N C H I E S A.
Poesia popolare erroneamente attribuita a Trilussa, ma scritta da un suo contemporaneo semisconosciuto, tale Natale Polci.
Ne esistono varie versioni.
Di quella originale è famosa la recita di Andrea Bocelli.
Eccola.
Era d’agosto e un povero uccelletto,
ferito dalla fionda di un maschietto,
andò, per riposare l’ala offesa,
sulla finestra aperta di una chiesa.
Dalle tendine del confessionale,
il parroco intravvide l’animale,
ma, pressato dal ministero urgente,
rimase intento a confessar la gente.
Mentre, in ginocchi alcuni, altri a sedere
dicevano i fedeli le preghiere,
una donna, notato l’uccelletto,
lo prese al caldo e se lo mise al petto.
D’un tratto un cinguettio: a quel rumore,
il prete smise di fare il confessore
e, scuro in viso, peggio della pece,
s’arrampicò sul pulpito e poi fece:
“Fratelli, chi ha l’uccello, per favore,
esca fuori dal tempio del signore”.
I maschi, un po’ sorpresi a tal parole,
si accinsero ad alzar le suole.
Ma il prete, a quell’errore madornale,
“Fermi – gridò – mi sono espresso male!
Rientrate tutti e statemi a sentire:
solo chi ha preso l’uccello deve uscire”.
A testa bassa e la corona in mano,
cento donne si alzarono pian piano.
Ma mentre se ne andavan, ecco allora
che il parroco gridò: “Sbagliate ancora!”.
“Rientrate tutte quante, figlie amate,
io non volevo dir quel che pensate,
ma, mi rivolgo, non ci sia sorpresa,
solo a chi l’uccello ha preso in chiesa”.
Finì la frase e, nello stesso istante,
le monache s’alzaron tutte quante
e, con il volto pieno di rossore,
lasciavano la casa del Signore.
“O, Santa Vergine!” esclamò il buon prete,
“fatemi Voi la grazia, se potete”.
“Poi – dico – senza far rumore, piano piano,
s’alzi soltanto chi ha l’uccello in mano”.
Una ragazza che, col fidanzato,
s’era messa in un angolo appartato,
sommessa mormorò col viso smorto:
“Che ti dicevo, hai visto, se n’è accorto!”.
Io presento questa (parte 1), semplificata, riveduta, corretta e integrata.
Seguirà una parte 2 a commento e corollario.
P A R T E 1
Era d’Agosto e un povero uccelletto,
ferito dalla fionda di un maschietto,
si rifugiò, per riposare l’ala offesa,
nell’interno affollato di una chiesa.
Dalle tendine del confessionale,
il parroco intravvide l’animale,
ma, preso dal ministero urgente,
continuò a confessar la gente.
Mentre i fedeli stavano a sedere,
intenti a recitare le preghiere,
una donna, notato l’uccelletto,
lo prese e se lo mise dentro al petto.
D’un tratto, nel silenzio, un cinguettio:
cip cip cip cip, pio pio pio.
Ci fu allora, qua e là, qualche risata,
ma il prete, vista la mala parata,
indispettito da un tale rumore,
smise tosto di fare il confessore
e, col volto scuro come la pece,
s’arrampicò sul pulpito e poi fece:
“Fratelli, chi ha l’uccello, per favore,
abbandoni la casa del Signore”.
I maschi, un po’ sorpresi a tal parole,
lenti e perplessi alzarono le suole.
Ma il prete, a quell’errore madornale,
“Fermi – gridò – mi sono espresso male!
Tornate indietro e statemi a sentire:
solo chi ha preso l’uccello deve uscire !”
A testa bassa e la corona in mano,
le donne tutte uscirono pian piano.
Ma, mentre andavan fuori, ecco allora
che il parroco gridò: “Sbagliate ancora!
Per l’amor del cielo, dove andate?
Io non volevo dir quel che pensate!
Dico, invece, e non vi sia sorpresa,
che mi rivolgo a chi l’ha preso in chiesa !”
A capo chino e nello stesso istante
le monache si alzaron tutte quante
e, con il volto pieno di rossore,
lasciarono il tempio del Signore.
“Per tutti i santi, no ! -gridò il prete-
Sorelle, rientrate e state quiete.
Convien finire, fratelli peccatori,
l’equivoco e la serie degli errori :
esca soltanto chi è così villano
da stare in chiesa con l’uccello in mano”.
Una ragazza, col suo fidanzato,
nascosta in un angolo appartato
di una cappelletta laterale,
poco mancò che si sentisse male
e, con il volto pallido e smorto,
disse: “Ecco, lo sapevo, se n’è accorto !”
(Quel che segue è un’appendice….. personale).
Ecco, qui finirebbe questa storia,
ma tutti i salmi finiscono in gloria.
Magari non noterete il distacco,
ma ciò che segue è farina del mio sacco.
Ammainò la bandiera mestamente
quel fidanzato: non se ne fece niente.
Però, per rincarare un po’ la dose,
voglio parlare ancora di morose.
In veste di giullare narratore,
pur nel rispetto del tempio del Signore,
per partecipare allo scherzo pure io,
ho pensato di metterci del mio.
Ho creato un’aggiunta birichina
con una licenziosa battutina,
però, per arrivare a conclusione,
serve la vostra collaborazione.
Completate la frase prontamente
con quello che vi viene in mente,
così, la storia sarà più scherzosa
e la risata ancor più fragorosa.
Riprendendo da lì dove finiva
il testo, con la battuta conclusiva,
ho integrato la trama originale
con queste due strofe per il finale:
Ma in un angolo ancora più appartato,
un’altra ragazza col fidanzato,
fregandosene di trovarsi in chiesa,
non se ne diede affatto per intesa:
“la bocca sollevò dal fiero pasto”,
e col poco fiato che le era rimasto:
“Non se n’è accorto-disse-io non son sciocca,
perché l’uccello, io lo tengo in….. (bocca !)”.
P A R T E 2
Ma quale fine ha fatto l’uccellino,
dopo aver provocato quel casino?
La donna, vedova, viveva sola.
“Lo tengo con me, così mi consola”
disse, perciò a casa sua se lo portò,
lo nutrì e poi la ferita gli curò.
Fu libero di volare per la casa
che dal suo lieto canto venne invasa.
Morale della storia, brava gente:
con sé, ciascuno, sia più indulgente,
perché, se far l’amore è peccato,
dalla natura è presto perdonato.
Se far l’amore piace, tuttavia,
fatelo, almeno, senza ipocrisia,
così che ogni figlio sarà nato
dall’amore e non certo dal peccato.
Ma voglio dire, prima che ci caschi,
a ognuno dei miei colleghi maschi,
che ogni uccello, chiuso in una gabbia,
presto o tardi, morirà di rabbia.
E, per finire coi titoli di coda,
visto anche che, adesso, va di moda,
dico alle donne : “Fate una bella cosa!
Sopra la parte del corpo più pelosa,
sarà opportuno che vi tatuate :
Lasciate ogne violenza, voi ch’intrate.
Così, al padre Dante fate il verso
ed il bel gioco sarà assai diverso,
ché quella porta è, a mio avviso,
non dell’inferno ma del paradiso
e pur, senza meritar l’assoluzione,
godiamo, almeno, la soddisfazione”.
Ho un conto in banca emotivo:
cose “a prescindere” e nostalgie.
A qualcosa
bisogna essere fedeli.
Dio non è morto,
si è suicidato.
Jorge Luis Borges.
L’amore?
Un’operazione a cuore aperto.
La morte
sarebbe affascinante,
come esperienza.
Alberto Giacometti.
L’inferno non esiste dopo la morte,
ma prima.
Del film della mia vita
esiste una sola edizione:
la mia.
Marzo 2019.
I codardi muoiono molte volte
prima della loro morte.
I valorosi muoiono solamente
quando incontrano la loro morte.
William Shakespeare.