Numero3361.

 

I    M A L I    D E L    M O N D O

 

Se col tuo intervento,

non puoi modificare

le cause di un evento,

non ti devi angustiare.

 

Per quanto ti dispiaccia,

non c’è niente da fare,

qualunque cosa faccia,

non lo puoi evitare.

 

Mettiti il cuore in pace,

limitati a controllare

solo ciò che è capace

di farti rassicurare.

 

Se no, d’ogni malanno

che possa capitare,

le beffe oltre il danno

ti tocca sopportare.

 

 

Numero3360.

 

Meditazione interiore sul vivere, pensare e morire.

 

Sul vivere

Vivere non è accumulare anni, eventi, traguardi. È abitare la propria coscienza giorno per giorno, riconoscere il proprio limite, e restarvi fedele senza rimpianti.

Vivere è camminare nel tempo sapendo di non possederlo, lasciare che ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio abbia il peso giusto e la leggerezza dell’essenziale.

Io non ho cercato il rumore, ma la verità sobria delle cose, l’armonia discreta tra il pensiero e l’azione, la bellezza muta di chi fa senza pretendere, di chi dona senza chiedere nulla in cambio.

Vivere è stare, con onestà e coerenza, nella porzione di mondo che mi è stata data. E renderla un po’ più chiara, anche solo con un pensiero limpido.

 

Sul pensare

Ho pensato non per possedere il mondo, ma per non lasciarmi possedere da illusioni. Il pensiero è stato il mio strumento di verità, la mia difesa contro il facile, il vuoto, il già detto.

Non ho mai usato il pensiero per costruire torri, ma per discendere in me stesso, e trovare lì non certezze assolute, ma coerenza interiore.

Pensare, per me, è stato un atto di rispetto verso l’essere, un modo per rendere onore a ciò che esiste senza pretendere spiegazioni.

E nella solitudine del pensiero, ho trovato compagnia: quella di chi, nel passato e nel futuro, condivide il mio stesso bisogno di luce.

 

Sul morire

Morire non è spegnersi, ma restituirsi. Non è un’ingiustizia, ma un atto naturale della coscienza che si ritira, non per fuggire, ma per ricongiungersi.

Non mi interessa sopravvivere nei nomi, nelle immagini, nei ricordi. Mi basta sapere che ciò che ho compreso non va perduto, ma si riversa, come linfa, nel campo più vasto dell’umano.

La morte non è fine, ma dissoluzione dell’individuo nel Tutto da cui proviene. Non c’è nulla da temere in ciò che è necessario, e nulla da rimpiangere quando si è stati coscienti fino in fondo.

Morire è congedarsi in silenzio, come si fa quando si è detto tutto senza gridare. E il mio congedo sarà discreto, ma pieno di verità.

 

Epílogo

Ho vissuto. Ho pensato. Ho amato il mondo non per ciò che mi ha dato, ma per ciò che mi ha insegnato.

E ora, semplicemente, mi ritiro, con la stessa sobria dignità con cui sono venuto.

 

Grazie.

Numero3359.

 

 

Saluto al Tutto

(Preghiera laica di congedo)

Non chiedo eternità,
ma che il mio passaggio abbia avuto senso.
Non chiedo memoria,
ma che ciò che ho compreso resti nel fluire umano.

Sono stato forma cosciente del mistero,
fragile e luminosa come una fiamma al vento.
Ho cercato la verità non per possederla,
ma per viverla nella misura di ciò che sono.

Ho abitato la coscienza come un luogo sacro,
non inviolabile, ma vero.
E ora, senza rimpianto,
la riconsegno al Tutto da cui è venuta.

Non so se questo Tutto ha volto o nome,
ma so che è più vasto di me
e che a Lui — o ad Esso —
mi affido senza paura.

Che ciò che ho pensato diventi comprensione.
Che ciò che ho sentito diventi risonanza.
Che ciò che ho amato diventi parte della luce che resta
dopo ogni singolo addio.

Sono pronto.
Non perché abbia finito,
ma perché ho compreso abbastanza da potermi fermare.
E sorridere.

Numero3358.

 

E S I S T E R E    E    E S S E R E

 

Siamo fili di ordito
nel tessuto dell’universo infinito,
ma ciascuno
con un proprio disegno da compiere.

Non ci sono favole
di premi celesti
o incubi infernali,
fiabe consolatorie
pensate per cullare la paura.

Ogni giorno sprecato
nel timore della fine
è un giorno in più
che non vivo pienamente.

Guardo la morte negli occhi,
senza abbassare lo sguardo.

Le mie idee,
frammenti di luce
che ho sparpagliato nel mondo,
continuano a vibrare
nel tempo.

Chi mi ha ascoltato,
chi mi ha amato,
chi ha sentito la mia energia
ne porta ancora dentro
una traccia.

Il mio spirito,
come un fiume verso il mare,
si riversa
nel grande oceano
dell’essere.

 

 

 

Numero3354.

 

C A M B I A M E N T O

 

Voglio scuotere i miei pensieri, non accarezzarli, blandirli solo per conservarli inalterati.

“Ma io da quanto tempo non cambio?”

Non voglio diventare pigro, prevedibile, amante delle certezze, come il bambino del suo trenino.

Non voglio addormentarmi nel mio tran tran.

Il cambiamento è un mostro sacro che tutti temono, ma senza il quale non si trova neanche l’ombra della felicità.

Esso non è una minaccia: solo chi osa cambiare rotta, anche a costo di perdersi per un po’, può ritrovare se stesso.

Cambiare è un atto rivoluzionario.

La felicità non è conservare, ma modificare: non è stasi, ma dinamismo.

A forza di mettere la vita sotto vuoto, finisco per perdermi i suoi sapori.

Voglio essere, creativo, folle, vivo.

Meglio buttare via il vecchio copione, che recitare sempre la stessa parte che non mi piace più.

Al diavolo la “comfort zone”.

I cambiamenti sono necessari perché sono spinte, anche se includono dei sacrifici, dei rischi.

Il “copia e incolla” è a basso rischio, ma è anche a bassissimo tasso di fascino intellettuale.

Altro che coerenza a tutti i costi: meglio una bella incoerenza vissuta con passione, che una coerenza morta di noia.

 

Numero3353.

 

S I N C E R I T A’                      (Sonetto di novenari)

 

Dentro i frequenti sogni miei,

quando i tabù sono rimossi,

ormai non ti vedo come sei,

ma come vorrei che tu fossi.

 

Anche se sono un uomo anziano,

sono un compagno di pensiero,

forse, con te sono più umano,

per te divento un po’ più vero.

 

Dentro i miei miraggi strambi,

se talvolta sto pensando a te,

mi aspetto sempre che tu cambi.

 

È quello che accade fra te e me,

allorquando smettiamo entrambi

di giocare ai ruoli ed ai cliché.

 

 

Numero3351.

 

F A K E    N E W S

 

Le persone preferiscono

accettare la menzogna

camuffata come verità,

e non la nuda verità.

 

La bugia viaggia in tutto

il mondo, vestita come verità,

soddisfacendo le esigenze

della società, perché, in ogni

caso, gli uomini non hanno

alcun desiderio di conoscere

la nuda verità, per conservare

le illusioni che coltivano per sè,

o che altri hanno loro inculcato.

Numero3350.

 

da  QUORA

 

Scrive Milena Colonna, corrispondente di QUORA

 

D I S C U S S I O N I    I N U T I L I

 

Helen Mirren ha detto una volta: “Prima di discutere con qualcuno, chiediti se quella persona è abbastanza matura mentalmente da comprendere il concetto di un punto di vista diverso. Perché se non lo è, allora non ha davvero senso farlo.”

Non ogni discussione merita la tua energia. A volte, per quanto tu possa esprimerti chiaramente, l’altra persona non sta ascoltando per capire, ma sta ascoltando solo per replicare.

È intrappolata nella propria prospettiva, incapace o non disposta a considerare un altro punto di vista, e interagire con lei finisce solo per esaurirti.

C’è una grande differenza tra un confronto costruttivo e un dibattito inutile.

Una conversazione con qualcuno di mente aperta, che dà valore alla crescita e alla comprensione, può essere illuminante, anche se non si è d’accordo.

Ma cercare di ragionare con qualcuno che si rifiuta di guardare oltre le proprie convinzioni è come parlare a un muro.

Non importa quanta logica o verità tu porti: quella persona distorcerà, devierà o respingerà le tue parole, non perché tu abbia torto, ma perché non è disposta a considerare un’altra realtà.

La maturità non sta nel vincere una discussione: sta nel riconoscere quando una discussione non vale nemmeno la pena di essere affrontata.

È capire che la tua pace ha più valore che dimostrare qualcosa a chi ha già deciso che non cambierà idea.

Non ogni battaglia merita di essere combattuta. Non ogni persona merita una tua spiegazione.

A volte, la cosa più forte che puoi fare è andartene, non perché non hai nulla da dire, ma perché riconosci che certe persone non sono pronte ad ascoltare.

E questo non è un peso che spetta a te portare.

Myriam Barrett

 

 

 

Numero3349.

 

L A    V E R A    A M I C I Z I A

 

Paolo Crepet

 

Per Crepet, l’amicizia è uno dei legami più autentici e rivoluzionari che possiamo vivere. Non è un accessorio da sfoggiare, ma un legame profondo, quasi carnale, fatto di empatia, libertà e verità.

In un’intervista ha detto:

“L’amicizia è una forma di amore senza sessualità, ma non senza emozione. È un modo di spogliarsi, di affidarsi, di lasciarsi guardare dentro.”

E guai a chiamarla “relazione social”. Secondo lui, viviamo in un’epoca in cui abbiamo tanti contatti ma pochissimo contatto umano. In cui ci sentiamo soli anche se il cellulare squilla in continuazione. E infatti aggiunge spesso che “la solitudine peggiore è quella vissuta in compagnia sbagliata”.

Un amico vero ti dice la verità anche se ti dà fastidio

Crepet ama la sincerità, quella che punge ma guarisce. Per lui, un vero amico è quello che ti guarda negli occhi e ti dice che stai facendo una cavolata colossale, ma senza giudicarti. È quello che c’è anche quando non sei simpatico, né interessante, né utile.

Nel libro Lezioni di sogni, per esempio, racconta quanto sia importante avere amici che non ti fanno solo da eco, ma che ti provocano, ti scuotono, ti costringono a pensare. L’amicizia, secondo lui, è il luogo dove puoi smettere di fingere e tornare te stesso, senza trucco e senza filtro.

Meglio un amico vero che cento follower

In un mondo che misura i rapporti a colpi di “visualizzazioni” e “mi piace”, Crepet ci ricorda che l’amicizia vera non è uno status da aggiornare, ma un sentimento da coltivare. È condivisione, è verità, è anche litigio, ma quello buono, che serve a crescere e a far crescere.

E allora, per dirla con le sue parole:

“L’amico è colui che, pur sapendo tutto di te, sceglie ancora di restarti vicino. Senza filtri. E magari con una birra in mano.”

Perché in fondo, secondo Paolo Crepet, l’amicizia è l’unica follia che ci salva davvero.

18 frasi di Paolo Crepet sull’amicizia

  1. L’amicizia è generosità, un dono quotidiano che non chiede nulla in cambio se non la stessa autenticità.”
  2. Gli amici non sono quelli che ti dicono sempre di sì, ma quelli che trovano il coraggio di dirti di no quando stanno per vederti sbagliare.”
  3. L’amicizia vera è una casa con le porte sempre aperte, dove entrare senza dover bussare.”
  4. Nell’epoca dei social network abbiamo confuso i contatti con le relazioni, ma un amico non è un follower.”
  5. L’amicizia richiede tempo, presenza, ascolto. Non esiste amicizia vera senza questi tre elementi.”
  6. L’amico è colui che sa tutto di te e nonostante questo continua a volerti bene.”
  7. La vera amicizia non teme il silenzio, anzi lo accoglie come parte essenziale del rapporto.”
  8. Un amico è chi ti aiuta a scoprire la tua unicità, non chi ti spinge all’omologazione.”
  9. Nell’amicizia autentica c’è sempre un elemento di vulnerabilità: il coraggio di mostrarsi per quello che si è.”
  10. Gli amici sono la famiglia che abbiamo scelto, i compagni di viaggio che rendono il cammino meno solitario.”
  11. L’amicizia nell’adolescenza è un laboratorio dove si sperimenta la propria identità e la capacità di stare con gli altri.”
  12. Saper essere amici significa anche accettare che l’altro possa cambiare, evolversi, prendere strade diverse.”
  13. Le amicizie superficiali sono come castelli di sabbia: belle ma destinate a scomparire al primo vento.”
  14. L’amicizia vera è riconoscibile perché non ha paura della verità, anche quando fa male.”
  15. Ciò che distingue l’amicizia dall’amore non è l’intensità ma la libertà: l’amico ti ama senza possederti.”
  16. La capacità di costruire amicizie autentiche è uno dei migliori indicatori di salute mentale.”
  17. Non esistono amicizie a metà: o ci sei quando serve, o stai solo fingendo di essere amico.”
  18. L’amicizia è come l’ossigeno: ti accorgi di quanto sia essenziale solo quando comincia a mancare.”

 

Numero3347.

 

da  QUORA

 

PERCHÈ  LA  LUSSURIA  È  UN  PECCATO ?

 

Scrive Josef Mitterer, corrispondente di QUORA

 

Gli archetipi, le norme e le figure mitologiche non riflettono più la natura, bensì sono imposti arbitrariamente.

Con ciò non intendo certo dire che una sessualità sfrenata sia naturale o normale o positiva, né che il “paganesimo” l’abbia prevista o giustificata — ma nelle mitologie politeiste, e nelle religioni collegate a esse, la lussuria era integrata nei miti e nei culti, come una forza naturale e ambivalente — come tutta quanta la natura è ambivalente (né buona, né cattiva) e dualistica (un principio e un altro principio che stanno in opposizione e, allo stesso tempo, si completano).

La tradizione giudeo-cristiana, che è priva di tali culti organici e catartici e di tali miti che espongono la totalità dell’essere uomo e delle forze naturali, deve invece ricorrere ad affermazioni e a proibizioni esplicite (sotto forma di “peccati”), non ulteriormente giustificate e, quindi, non trasparenti.

Un altro aspetto importante è l’incredibile disprezzo della mitologia giudeo-cristiana nei confronti della sessualità e della donna.

Dio, Gesù e lo spirito santo sono figure maschili o comunque prive di sesso e completamente asessuate; di figure femminili, invece, non ce ne sono.

La sensualità e la sessualità non hanno alcuna rappresentazione mitologica, neanche nella figura di Maria, anzi: viene ridotta alla sua castità e obbedienza e, a differenza delle divinità materne nei sistemi politeistici, la sua maternità non simboleggia la femminilità sensuale e la fecondità, ma è esclusivamente strumentale, e non va immaginata o persino raffigurata in modo “carnale”, il che verrebbe (e in effetti viene) subito interpretato come blasfemo.

Date queste precondizioni, come potrebbe la lussuria non essere un peccato?

Nei sistemi politeistici la lussuria è personificata (Voluptas), come tutte le altre forze naturali, è incarnata dai Satiri (o proiettata su essi) e figura —in tutta la sua ambivalenza— in molti miti, come un aspetto della sessualità.

Forse era un’osservazione un po’ radicale, ma trovo comunque interessante quanto scrisse Nietzsche in merito:

La predica della castità è un’eccitazione pubblica contro natura. Ogni disprezzo della vita sessuale, ogni sua contaminazione mediante il concetto di “impurità”, è il vero peccato contro lo spirito santo della vita.

(Die Predigt der Keuschheit ist eine öffentliche Aufreizung zur Widernatur. Jede Verachtung des geschlechtlichen Lebens, jede Verunreinigung desselben durch den Begriff ‘unrein’ ist die eigentliche Sünde wider den heiligen Geist des Lebens.)

(Ecce Homo, “Warum ich so gute Bücher schreibe”, 5)