“Io ti amo, non per quello che sai,
ma per quello che sei”.
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
“Io ti amo, non per quello che sai,
ma per quello che sei”.
Ogni domanda complicata,
ha una risposta semplice,
che è sbagliata.
N.d.R. Mi viene voglia di parafrasare, ribaltando i termini del discorso, in questo modo:
Ogni domanda semplice,
se ha una risposta complicata,
probabilmente è giusta.
La risposta, ovviamente,
perché la domanda, quando
è semplice, è sempre giusta.
E una risposta articolata
è spesso, se non sempre, esaustiva.
Se, invece, la risposta è semplice,
cioè perentoria, tranchant…..
allora le cose si complicano.
Mandata da Gastone
L O S A P E V A T E C H E . . . .
Il cibo ci mette 7 secondi ad arrivare dalla bocca allo stomaco,
Il femore è duro come il cemento,
il pene è lungo 3 volte il pollice,
il cuore di una donna batte più veloce del cuore di un uomo,
il pinguino è l’animale più fedele al mondo, ….
Le donne hanno già letto tutto,
gli uomini ancora si stanno guardando …. il pollice.
S C O N T E N T O P O P O L A R E E A S T E N S I O N I S M O
Tutti gli avvenimenti di questi ultimi vent’anni, ciascuno a modo suo, sradicano nei cittadini l’idea di poter indirizzare, attraverso le elezioni, le scelte della comunità nazionale: di fatto indicano che le decisioni cruciali per la vita collettiva sono indipendenti dal voto (e quindi dalla volontà popolare) e si collocano in un altrove indefinito, ignoto e per questo minaccioso.
La crisi economica, venuta da fuori e refrattaria nella sua persistente durata a rimedi concepiti dalla politica, segnala l’inefficacia delle istituzioni nazionali. La caduta del governo costituito sulla base di un limpido esito elettorale, sostituito da una formazione di minoranza, indica la fragilità della politica legittimata dal giudizio dei cittadini e la forza dei vincoli esterni che condizionano l’Italia (paesi alleati, strutture economiche).
Se si svolge in termini di comunicazione questa sequenza di eventi, sono almeno cinque i messaggi di grande potenza evocativa che arrivano ai cittadini elettori:
è interrotta la catena di fiducia che connette la scelta degli elettori alle decisioni del governo: si perde la continuità della traiettoria istituzionale e la volontà dei cittadini rimane sospesa nell’aria, evaporata nell’emergenza (spread, influenze della Bce): si può definire la rimozione degli elettori;
le forze politiche, la cui missione è raccogliere intenti e bisogni degli elettori rappresentandoli entro le istituzioni, si rivelano inefficaci rispetto al compito ed inermi di fronte agli interventi esterni. La loro fragilità sfocia nell’inutilità: si può definire l’impotenza dei partiti;
le competizioni elettorali in cui i partiti sono impegnati si rivelano alla fine inconsistenti, poco più che un gioco di specchi: si può definire il teatrino del voto;
le decisioni politiche, staccate da una radice popolare, appaiono dipendenti da un nebuloso complesso di poteri che non sembra avere al primo posto l’interesse degli italiani: si può definire come l’altrove delle decisioni;
le istituzioni, alla fine di questa lunga collana di deviazioni e fratture, producono risultati che peggiorano la vita dei cittadini e per questo appaiono sempre più inaffidabili: si può definire la nocività delle istituzioni.
In sintesi, i cittadini si sentono: espropriati della capacità di indirizzare la politica; penalizzati dall’operato di istituzioni che rispondono a logiche separate; illusi da giochi di scena privi di rilievo.
Per completare la lista dei motivi domestici che incentivano i comportamenti di astensione, va ricordato un tema di forte incidenza comunicativa che viene alla ribalta anni prima della cesura 2011-13 (Governo Monti): nel 2007 parte una serie di articoli sul Corriere della Sera che denunciano i privilegi della Casta (composta per l’essenziale da uomini politici) e ottengono un grande successo di pubblico, come dimostra il boom di vendite del libro che sviluppa per esteso l’argomento (si calcolano 1,3 milioni di copie vendute). La messa in primo piano dei privilegi parlamentari e amministrativi, associata alla percezione di una politica irrilevante e di istituzioni dannose, crea una miscela esplosiva che produce rancore e rabbia: si può definire risentimento contro i privilegi.
Le tendenze di lungo periodo formano la tela di fondo, lo schema generale di idee su cui poi si innestano i fattori nazionali che operano in tempi più stretti e con forza concentrata. Si possono indicare, come già si è accennato, quattro principali tendenze.
La prima è l’interdipendenza globale dei mercati che muove dinamiche su larga scala, sincronizzate per diversi paesi e quasi sempre vincolanti per il quadro economico – politico nazionale.
La seconda tendenza, molto rilevante in Europa (occidentale) ma significativa anche negli Stati Uniti, è la crescente importanza di norme e di istituzioni giuridiche, dedicate a dar loro attuazione, che assorbono quote crescenti di decisioni pubbliche: si restringe lo spazio della scelta strategica e si estende al suo posto l’ambito dell’applicazione normativa. Entro questa tendenza si può ricomprendere un duplice fenomeno che negli ultimi vent’anni ha conosciuto notevole espansione: anzitutto la proliferazione degli organismi sovranazionali dotati in moltissimi casi di cospicui poteri decisionali e quasi sempre costituiti e operanti su una base tecnico-giuridica, sganciata da forme di legittimazione popolare; quindi la diffusa formazione di autorità indipendenti, nell’Unione Europea più o meno connesse alla Commissione, che sottraggono molteplici competenze ai ministeri e agiscono con modalità riparate in linea di principio dalla politica.
La terza tendenza è l’idea che il processo delle decisioni politiche possa seguire metodi differenti da quelli codificati nella tradizione della democrazia rappresentativa: nel momento in cui attraverso la rete ogni cittadino può acquisire un pubblico e trasformarsi in una fonte, diventa plausibile, almeno in via teorica, immaginare forme di democrazia diretta aggiornate in chiave tecnologica. In questo modo si rafforza la convinzione, presente in molte ideologie utopiche, secondo cui la politica dei partiti e delle mediazioni istituzionali può essere superata con strumenti tecnici che puntano sulle capacità dell’individuo.
La svalutazione degli intermediari, ovvero delle strutture che collegano decisori di alto livello e singoli individui, è un’onda di lungo periodo che investe economia politica e società: l’individuo amplia il suo raggio d’azione nei consumi (internet allarga enormemente il campo di scelta), nella produzione (molte attività diventano più facili e possono essere svolte direttamente, per esempio operazioni finanziarie e test medici, oppure in concorrenza con strutture organizzate: Uber, Airbnb) e per estensione anche nella cosa pubblica.
Vi è poi un’ultima onda di opinione nella quale sfociano come componenti le tre tendenze precedenti: la si può definire come la progressiva perdita di valore della politica che restringe la propria efficacia e smarrisce prestigio. Soffre al contempo della crisi che colpisce intermediari e mediazioni, della riduzione di campo decisionale che deriva dall’incidenza sempre più diffusa e capillare dei mercati globali, del vorace impulso che spinge gli organismi sovranazionali a incorporare competenze e attività: ciò fa apparire la politica nel tempo poco comprensibile (troppi rituali che consumano tempo ed energie) e troppo pretenziosa (costi e privilegi in eccesso rispetto ai risultati).
Se si comparano le tendenze globali di lungo periodo con i fattori domestici si riscontrano nessi e vincoli. L’interdipendenza globale è il presupposto per l’altrove delle decisioni rispetto alla vita nazionale. L’imperialismo giuridico incarnato in strutture tecniche (nazionali e no) fa da premessa alla rimozione degli elettori. La caduta degli intermediari e l’esaltazione del ruolo giocato dai singoli può sfociare a lungo termine nell’idea della nocività istituzionale.
La svalutazione della politica si declina facilmente come impotenza dei partiti e teatrino del voto e alla fine può alimentare il risentimento.
Segnalata da Alexis
Quello che mi ha sempre
sorpreso di più negli
uomini dell’Occidente,
è che perdono la salute
per fare i soldi
e poi perdono i soldi
per recuperare la salute.
Pensano tanto al futuro
che dimenticano di vivere
il presente, in maniera tale
che non riescono a vivere
né il presente né il futuro.
Vivono come se
non dovessero morire mai
e muoiono come se
non avessero mai vissuto.
Dalai Lama.
Un giorno,
giocavo a nascondino
con un amico.
Devo ancora trovarlo.
L’arte è una scienza esatta
che ha avuto la fortuna
di non essere tale.
Massimo Troisi.
Solo chi conosce sceglie,
altrimenti crede di scegliere.
S T A V O L T A P A R L O D I P A N C E T T A.
Perché è così difficile perdere il grasso addominale, rispetto all’altro tipo di grasso che si trova nel resto del corpo?
Beh, perché è intimamente legato alla glicemia, cioè il livello di zucchero presente nel sangue.
La glicemia di una persona sana, a digiuno la mattina, dovrebbe essere intorno a 85/90 mg/dl (milligrammi per decilitro di sangue), Se misuriamo la glicemia di una persona con tanto grasso viscerale, sicuramente riscontriamo un valore sensibilmente più alto. Perché questo?
Perché il glucosio, solitamente, quando non ce n’è bisogno e quindi non viene impiegato, non viene messo in circolo nel sangue e rimane immagazzinato nel fegato, che è il grande magazzino del glucosio, sotto forma di glicogeno. Quando c’è bisogno di zucchero, il fegato viene spronato a rilasciare nel sangue il glicogeno ( che è un polisaccaride polimero del glucosio e significa “generatore di glucosio”).
Quand’è che c’è bisogno di zucchero, che si può considerare il nostro “carburante”? Quando c’è bisogno di energia e noi abbiamo bisogno di energia quando siamo sottoposti ad uno stress, parola che conosciamo bene e che si può tradurre genericamente come “impegno, pressione, tensione” e può essere acuto o cronico.
Per esempio, prendete l’uomo primitivo che si vede assalito da una belva: in questa circostanza, nel suo corpo c’è bisogno di tanto zucchero, energia pronta che va ai muscoli e al cervello, per organizzare la propria difesa ed essere reattivo, rapido, per fuggire o lottare.
Cosa succede quando sei stressato e il tuo stress è troppo alto?
Che il tuo fegato rilascia zuccheri nel sangue, che, però, non vengono bruciati, cioè utilizzati come combustibile.
Se tu fossi l’uomo primitivo, inizieresti a correre, a scappare o a combattere con grande dispendio di energie ( a seconda che tu abbia più o meno fegato, da cui la famosa espressione “avere fegato”, cioè avere coraggio).
Se, invece, sei stressato ma seduto davanti al computer, il tuo zucchero rilasciato nel sangue non viene bruciato e si trasforma in grassi, specialmente in grassi viscerali, proprio nella zona più prossima al fegato. Anzi, è proprio il fegato che si “ingrassa” per primo (fegato steatosico), riempiendosi di tanti piccoli grumi di grasso che, a lungo andare, ne riducono anche la corretta funzionalità. Non c’è nemmeno tempo, per il corpo, di impiegare in altri modi lo zucchero rilasciato dal fegato.
Avere la glicemia alta non va bene per niente. Il corpo rispetta dei meccanismi ancestrali e vuole che quello zucchero diventi grasso per mantenerlo nei depositi, per i tempi peggiori (ad esempio, per i periodi di carestia). Ma oggi, il benessere ha cancellato le carestie e ci ha lasciato il grasso localizzato nell’addome. Con la vita sedentaria di oggi, bruciare zuccheri diventa sempre più difficile: è questa la principale, vera causa dell’ingrassamento, specialmente a livello addominale.
Il consiglio pratico migliore che posso dare è quello di muoversi il più possibile, se non di praticare qualche sport, e di implementare l’assunzione di ortaggi verdi e soprattutto di quelli a foglia verde, ricchi di magnesio, un minerale fondamentale, di cui spesso siamo in deficit.
Inoltre, è importante evitare, o almeno limitare drasticamente, tutti quegli alimenti aggressivi che creano intolleranze ed allergie: fra i più comuni, i latticini, per l’intolleranza al lattosio ed i cereali come il grano, il frumento, il mais, l’orzo, la segale ecc. La celiachia la conosciamo tutti, è una reazione allergica potente e ci sono persone che non possono toccare niente che provenga dai farinacei. È vero, inoltre, che, se anche non si è celiaci, alcuni alimenti, specialmente quelli derivati da cereali raffinati, possono creare delle reazioni di intolleranza o di allergia che sono minime, che non superano i livelli di soglia, ma che sono in grado di provocare, comunque, delle reazioni autoimmuni.
Per questo, dopo esserti mangiato quel bel piatto di spaghetti dalla nonna, ti potresti sentire appesantito, con sonnolenza, con flatulenza e, magari, correrai in bagno con la diarrea, però darai la colpa al condimento.
Ma siamo in Italia, e tu prova a demonizzare un piatto di spaghetti e ti sentirai etichettare come ignorante e menagramo. Un piatto di pasta con qualunque condimento e con una buona manciata di parmigiano o di pecorino ti fa passare la fame, è vero, ma è tutt’altro che salutare, se non hai un dispendio di energie congruo e proporzionale. Lo mangio anch’io, ma non più di una volta per settimana, in nome delle vecchie abitudini.
Ricordiamoci che gli unici zuccheri (carboidrati) che possono non nuocere sono quelli contenuti nella verdura, nella frutta e nei legumi a basso indice glicemico. E ricordiamoci del nostro microbiota, in due parole, della nostra flora intestinale. Come fai a nutrire il tuo intestino e il tuo microbiota? Mangiando quegli alimenti che arrivano proprio fino all’intestino (parte terminale). Quando ti nutri di alimenti processati, raffinati, la loro composizione è così semplice, o semplificata, che entrano nel tuo esofago e nel tuo stomaco ed, essendo semplici, vengono subito assimilati a livello gastrico e nella prima parte dell’intestino. Questo fa sì che li mangi, ma non arrivano fino in fondo, nell’intestino profondo, nell’intestino crasso vero e proprio e quindi non nutrono il microbiota.
Invece alimenti complessi come le verdure, come la frutta, come anche i legumi che il tuo stomaco fa fatica a scomporre per la presenza delle fibre insolubili che non è in grado di assimilare, ebbene, questi tipi di cibi arrivano fino al tratto terminale dell’intestino e vanno a nutrire il microbiota.
Il microbiota è oltremodo importante, perché è in questo ambiente intestinale che viene promossa la produzione della serotonina, l’ormone del benessere, del buonumore e di tutti gli altri neurotrasmettitori positivi.
Non per niente, il nostro intestino viene consideraro il “secondo cervello” del corpo umano.
E così come è importante dare al nostro cervello buone idee e buoni pensieri, così è altrettanto importante fornire al nostro intestino del cibo buono.
N.d:R. Chiedo scusa agli addetti ai lavori ( medici e nutrizionisti). Ho cercato di semplificare i concetti e i processi funzionali, per “rendere l’idea”, sempre a modo mio. Ma il contenuto dell’informazione…. rimane a prova di attendibilità, per chi non ci crede, ma vuole verificare.
Il motto delle rivoluzioni del XVIII° secolo?
No taxation without representation.
Nessuna tassazione senza rappresentanza.
Oppure:
Taxation without representation is tyranny.
La tassazione senza rappresentanza è tirannia.
R I F L E S S I O N E
Il mondo non sarà mai
dei cretini istruiti,
sarà, bensì, retaggio
dei saggi istruiti.
Non sembri una banalità,
perché la parola chiave,
quella che fa la differenza,
non è “cretini” o “saggi”,
ma, piuttosto, “istruiti”.
Di solito, un giovane
è più cretino che saggio;
di converso, un vecchio
è più saggio che cretino.
Comunque sia, la loro istruzione
sarà sempre discriminante.
Talvolta accade che un giovane,
cretino, abbia successo.
Se non sarà istruito, questo
successo sarà effimero,
perché dipende solo
dalla sua gioventù.
Ma, più spesso, un vecchio,
saggio, non avrà séguito,
pur essendo istruito,
perché non cercherà il successo,
gli basterà l’istruzione,
che sarà il premio a se stesso.
La sua “cultura di vita” è
il suo successo autoappagante.
Ma, in questo rinchiudersi
nella sua “turris eburnea”,
c’è un anello debole
nella catena di trasmissione
della cultura di un popolo, che
è una continua sedimentazione,
una stratificazione dei “saperi”
condivisi perché comunicati.
Un vecchio saggio non può
permettersi il lusso di portare
con sé, nella tomba, il “tesoro”
della sua cultura, cioè le conoscenze,
le sensibilità, le esperienze migliorative,
che hanno accompagnato il suo
personale percorso di vita.
Deve spargerlo ed espanderlo,
per condividerlo e metterlo
a disposizione degli altri,
se non di tutti, almeno di coloro
che ne sapranno cogliere la traccia.
Solo così, potrà ritagliarsi
una piccola fetta di eternità.
Segnalata da mio nipote Stefano
D E T T O I N D I A N O
Una sera un anziano capo Cherokee
raccontò al nipote la battaglia
che avviene dentro di noi.
Gli disse: “Figlio mio, la battaglia è
fra due lupi che vivono dentro di noi.
Uno è infelicità, paura, preoccupazione,
gelosia, dispiacere, autocommiserazione,
rancore, senso d’inferiorità.
L’altro è felicità, amore, speranza,
serenità, gentilezza, generosità,
verità, compassione”.
…. Il piccolo ci pensò su un minuto,
poi chiese: “Quale lupo vince?”
L’anziano Cherokee rispose semplicemente:
“Quello a cui dai da mangiare”.
La prima qualità di un onest’uomo
è il disprezzo della religione,
che ci vuole timorosi della cosa
più naturale del mondo, che è la morte,
odiatori dell’unica cosa bella
che il destino ci ha dato, che è la vita,
e aspiranti ad un cielo dove
di eterna beatitudine vivono solo i pianeti,
che non godono né di premi,
né di condanne, ma del loro moto.
Umberto Eco.
La gente crede solo
a quello che sa già.
Umberto Eco.
N.d.R. Mi permetto di integrare il pensiero:
La gente crede solo
a quello che sa già,
o a quello che crede
di sapere già.
La saggezza non sta
nel distruggere idoli,
sta nel non crearne mai.
Umberto Eco.