Il direttore della George Washington University School of Medicine sostiene che il cervello di una persona anziana è molto più pratico di quanto si creda comunemente.
A questa età, l’interazione degli emisferi destro e sinistro del cervello diventa armoniosa, il che espande le nostre possibilità creative. Ecco perché tra le persone con più di 60 anni puoi trovare molte personalità che hanno appena iniziato le loro attività creative.
Naturalmente, il cervello non è più veloce come in gioventù. Tuttavia, guadagna in flessibilità. Pertanto, con l’età, è più probabile che prendiamo le decisioni giuste e siamo meno esposti alle emozioni negative. Il picco dell’attività intellettuale umana si verifica intorno ai 70 anni, quando il cervello inizia a funzionare a pieno regime.
Nel tempo aumenta la quantità di mielina nel cervello, una sostanza che facilita il rapido passaggio dei segnali tra i neuroni.
Per questo motivo, le capacità intellettuali aumentano del 300% rispetto alla media.
Interessante anche il fatto che dopo 60 anni una persona può utilizzare 2 emisferi contemporaneamente. Ciò consente di risolvere problemi molto più complessi.
Il professor Monchi Uri, dell’Università di Montreal, ritiene che il cervello del vecchio scelga la strada che consuma meno energia, elimina il superfluo e lascia solo le giuste opzioni per risolvere il problema. È stato condotto uno studio che ha coinvolto diverse fasce di età. I giovani erano molto confusi quando affrontavano i test, mentre quelli con più di 60 anni prendevano le decisioni giuste.
Ora, diamo un’occhiata alle caratteristiche del cervello tra i 60 e gli 80 anni. Sono davvero rosa.
CARATTERISTICHE DEL CERVELLO DI UNA PERSONA ANZIANA.
1. I neuroni nel cervello non muoiono, come dicono tutti intorno a te. Le connessioni tra di loro semplicemente scompaiono se non ci si impegna nel lavoro mentale.
2. La distrazione e l’oblio sorgono a causa di una sovrabbondanza di informazioni. Pertanto, non è necessario che tu concentri tutta la tua vita su sciocchezze inutili.
3. A partire dai 60 anni, una persona, quando prende decisioni, non usa un singolo emisfero, come i giovani, ma entrambi.
4. Conclusione: se una persona conduce uno stile di vita sano, si muove, svolge un’attività fisica praticabile ed è pienamente attiva mentalmente, le capacità intellettive NON diminuiscono con l’età, semplicemente CRESCONO, raggiungendo un picco all’età di 80-90 anni.
Quindi non aver paura della vecchiaia. Sforzati di svilupparti intellettualmente. Impara nuovi mestieri, fai musica, impara a suonare strumenti musicali, dipingi quadri! Danza! Interessati alla vita, incontra e comunica con gli amici, pianifica il futuro, viaggia come meglio puoi. Non dimenticare di andare in negozi, caffè, spettacoli. Non stare zitto da solo: è distruttivo per chiunque. Vivi con il pensiero: tutte le cose belle sono ancora davanti a te!
FONTE: New England Journal of Medicine.
Trasmetti queste informazioni alla tua famiglia e ai tuoi amici tra i 60, i 70 e gli 80 anni in modo che possano essere orgogliosi della loro età 😉
N.d.R. : Obiettivamente, non posso che confermare queste teorie recenti ed un po’ controcorrente. A partire dall’età della pensione, ho registrato in me un rigurgito di attività cerebrali, specialmente di tipo creativo. Ho imparato da solo a suonare la chitarra, ho cominciato a scrivere di tutto e di più su questo BLOG, cose che mai mi sarei sognato di fare in precedenza. E, soprattutto, mi è aumentata la brama di conoscere ed assaporare novità e stimoli di ogni tipo e natura, con una curiosità proporzionale alla quantità di tempo che ho a disposizione: tanta.
Quando sei giovane, sembra che la vita ti sfugga dalle mani, come sabbia dalle tue dita: non ti resta un gran che. Sembra che sia la vita che ti divora il tempo, in pensieri, emozioni ed attività che è lei stessa a gestire e dispensare. Quando, come ora per me, il tempo lo gestisci tu, ti accorgi che la classifica delle priorità e delle importanze è tutta cambiata: i valori, i ritmi, le scadenze, gli approcci e le conseguenze sono molto più intrinsecamente vicini alle loro reali carature, non alterati da una compressione artificiale, indotta e, a volte, truffaldina, che la scarsità del tempo instaura inevitabilmente.
Sulla facciata della fascia di copertura di un settore degli spalti del Campo Principale Court Philippe Chatrier del Centro Tennistico Roland Garros di Parigi, dove, in questi giorni, si sta svolgendo l’omonimo Torneo del Grande Slam, si trova scritta, su entrambi i lati lunghi, su uno in Francese, sull’altro in Inglese, la seguente frase:
“Linguaggio primitivo e logica assente”: 95% di bocciati alla prova scritta in magistratura. Il commissario: “Centinaia i temi imbarazzanti”
di Paolo Frosina | 22 MAGGIO 2022
Temi redatti “in un italiano primitivo, senza alcuna logica argomentativa, quasi non valutabili“. E tanti altri “privi dei requisiti minimi, pieni di refusi ed errori concettuali e di diritto“. È il quadro preoccupante emerso dalla correzione delle prove scritte dell’ultimo concorso in magistratura, uno dei peggiori di sempre: nonostante i 3.797 elaborati consegnati (il numero più alto degli ultimi anni) la commissione ne ha giudicati idonei appena 220, il 5,7%. Lasciando così scoperti, ancor prima delle prove orali, novanta dei 310 posti banditi dall’ex ministro Alfonso Bonafede nel lontano 2019. Per fare un paragone, agli scritti del concorso 2018 era risultato idoneo il 9,7%, a quello del 2017 il 18%, a quello del 2016 il 13%, a quello del 2015 il 12,6%. E ad accedere agli orali è sempre stato un numero di candidati vicino (o addirittura superiore) a quello dei posti disponibili.
Un crollo verticale, quindi, dovuto – racconta chi ha corretto le prove – a un livello medio scadente come mai prima d’ora: “Se un altro mi avesse raccontato quello che ho letto, non ci avrei creduto”, dice al fattoquotidiano.it Luca Poniz, sostituto procuratore a Milano, già presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) e membro della commissione di concorso. Che premette di non voler banalizzare: “I bocciati non sono tutti asini. C’erano tanti candidati bravi o bravissimi, con alcune punte di eccellenza”. Però, ammette, “alcune centinaia di temi erano francamente imbarazzanti. Non posso scendere nell’aneddotica perché la selezione è ancora in corso, ma mi ha colpito osservare così poca confidenza con il ragionamento giuridico e tanta distanza dagli standard minimi di elaborazione e scrittura. Viene da chiedersi come sia possibile, a questi livelli”. Già, perché dal 2007 il concorso in magistratura è diventato “di secondo grado”: vuol dire che per accedere non basta più la semplice laurea, ma serve il titolo di avvocato o di dottore di ricerca o il diploma di una scuola post lauream di specializzazione nelle professioni legali. Eppure, dice Poniz, “il livello non è aumentato, anzi”. Tanto che nella riforma dell’ordinamento giudiziario approvata alla Camera la Guardasigilli Marta Cartabia ha previsto una marcia indietro: il concorso tornerà di primo grado, anche per far fronte alla cronica mancanza di toghe (l’organico è sguarnito di circa 1.300 unità).
L’opinione diffusa tra i commissari, peraltro, è che il disastro di questa selezione sia dovuto anche alle sue modalità inedite. Gli scritti infatti si sono svolti a luglio 2021, a quasi due anni dal bando, con le regole “speciali” previste dalla normativa anti-Covid: non più una sola sede di concorso – alla fiera di Roma – ma ben sei (Bari, Bologna, Milano, Rimini, Roma e Torino), con due prove invece di tre (diritto penale e civile, mentre amministrativo non è stato sorteggiato) e la metà del tempo a disposizione per svolgerle (quattro ore invece di otto), con la richiesta – esplicitata nello stesso bando – di elaborati “sintetici”. “Queste modalità sono pensate male e alterano le capacità valutative della commissione”, spiega il magistrato: se le prove sono tre, infatti, “una più negativa può essere bilanciata dalle altre. Se sono due questo non è possibile”. E riflette: “Può darsi che il concorso “light” abbia indotto a consegnare anche temi di bassa qualità, sperando in valutazioni meno rigorose. Ma noi dobbiamo trovare magistrati, non possiamo scendere sotto un certo standard. E d’altra parte – aggiunge – ho notato anche un’ampia mancanza di capacità autovalutativa, di capire quanto si è lontani dal livello richiesto. Ma questo è anche dovuto al fatto che ai temi non idonei non possiamo assegnare un voto: invece, se necessario, sarebbe il caso di mettere anche un due”.
La riflessione obbligata, però, riguarda formazione scolastica e accademica delle aspiranti toghe. “È una riflessione difficile, che abbiamo fatto in commissione insieme ai professori universitari (che ne fanno parte insieme ai magistrati, ndr)”, dice Poniz. “Può darsi che tutto ciò sia anche il precipitato del cambiamento della scuola negli ultimi anni. Io non ho figli, ma chi li ha racconta che si fanno sempre meno temi e sempre più riassunti, che si usano sempre più i computer e si insiste sempre meno sulla scrittura elaborata. E il risultato si vede: nei temi c’erano difficoltà nell’andare a capo, qualcosa che si impara in terza elementare”. E anche i docenti universitari, spiega, “raccontano che dagli atenei arrivano indicazioni di bocciare il meno possibile“. Per l’ex presidente del sindacato delle toghe, in ogni caso, il peccato originale di questo concorso sta nelle sue modalità ridotte, mentre “altre selezioni, come quella per la carriera prefettizia o quella per i referendari del Tar, sono state svolte, in pieno Covid, con le stesse regole di prima. L’Anm aveva avvertito la ministra sull’irrazionalità di questa scelta, ma non è stata ascoltata”.
N.d.R. : come fa un qualunque cittadino indiziato, presunto colpevole di qualche illecito, a comparire serenamente davanti ad uno di questi magistrati?
Loro non sanno leggere, non sanno scrivere, non sanno ragionare, conoscono poco o niente del vivere comune delle persone; ancora meno conoscono, se non per sommi capi e dopo consultazione degli articoli implicati, i Codici Civili, Penali, Amministrativi. Vengono incaricati di esercitare una funzione delicatissima per la nostra convivenza sociale, senza cultura e senza preparazione. Da mettersi le mani nei capelli.
L’avvento di Internet ha determinato una crescita esponenziale nella fruizione di materiale pornografico e le statistiche ufficiali del solo sito Pornhub – relative all’anno 2019 – parlano di un totale di 42 miliardi di visite, con una media di oltre 80.000 visitatori al minuto.
Come sempre succede per la sessualità, si sono registrati vari tentativi di “controllo” di queste pratiche attraverso un veto di tipo morale o una loro patologizzazione.
In particolare, hanno avuto notevole diffusione nei media alcuni falsi miti sulla pornografia. Purtroppo essi assurgono troppo spesso a verità scientifiche anche per molti professionisti della salute mentale.
I più diffusi falsi miti sulla pornografia sono i seguenti:
la pornografia crea dipendenza;
la pornografia alimenta la misoginia e la violenza contro le donne;
la pornografia induce a mettere in atto comportamenti sessuali a rischio;
la pornografia è responsabile di un’epidemia di disfunzione erettile;
la pornografia è causa di conflitti nelle relazioni e del loro scioglimento.
Cerchiamo di analizzarli brevemente uno dopo l’altro per capire cosa ci sia di vero.
Falso mito 1: Il porno crea dipendenza
Diverse “etichette” diagnostiche sono state introdotte per riferirsi all’uso fuori controllo di materiale pornografico: ipersessualità, disturbo da comportamento sessuale compulsivo, dipendenza sessuale.
Attualmente, l’ICD-11 prevede la diagnosi di “Disturbo di ipersessualità” che, tra le sue manifestazioni, può avere anche un ricorso eccessivo alla pornografia.
Il paradigma della dipendenza è certamente quello che ha fatto più presa nell’immaginario collettivo. Questo paradigma associa il ricorso a materiale pornografico alla dipendenza da sostanze psicoattive (alcol, cocaina ecc.)
Tuttavia, gli studi disponibili non confermano che il sesso si associ ai meccanismi chiave della dipendenza quali l’escalation nell’uso, il craving (bramosia, smania), l’astinenza o la tolleranza.
Per quanto non si possa escludere che, per alcune persone, il ricorso a materiale pornografico possa configurare un problema clinico, allo stato attuale delle conoscenze, il ricorso eccessivo a materiale pornografico non può essere considerato una dipendenza.
La risposta definitiva quindi è: il porno NON crea dipendenza.
Falso mito 2: la pornografia alimenta la misoginia e la violenza contro le donne
Ancora una volta, la ricerca ci mostra una realtà molto diversa.
Il ricorso al porno risulta infatti associato ad atteggiamenti positivi verso le donne e non negativi. Le persone che hanno visto film per adulti nell’ultimo anno sono con maggiore probabilità più fortemente sostenitori della parità di genere (Kohut et al. 2015).
Il ricorso al porno risulta inoltre predittivo di un minor rischio di violenza contro le donne, plausibilmente a causa di un possibile effetto «catartico» (Ferguson & Hartley, 2009)
Falso mito 3: la pornografia induce a mettere in atto comportamenti sessuali a rischio
I dati della ricerca non confermano le attese che gli utilizzatori del porno NON usino il preservativo o abbiano un numero più elevato di partner sessuali.
Al contrario, ricorrere a materiale pornografico avrebbe effetti benefici sulla sessualità, come essere più fantasiosi e desiderosi di provare cose nuove a letto (Lehmiller, 2018).
Falso mito 4: la pornografia è alla base di un’epidemia di disfunzione erettile
Studi recenti hanno messo in discussione il concetto di «disfunzione erettile indotta da materiale pornografico» escludendo la presenza di differenze tra uomini che guardano porno massicciamente e uomini che non ne fanno ricorso.
Inoltre l’esposizione al porno NON si associa a una desensibilizzazione agli stimoli erotici. Questo significa che guardare film pornografici non rende meno attraenti, per un effetto di assuefazione, gli stimoli sessuali che abbiamo intorno a noi.
Più in generale, una rassegna recente della letteratura ha concluso che, allo stato attuale delle conoscenze, “non ci sono evidenze che la pornografia possa indurre disfunzione erettile o eiaculazione ritardata”.
Falso mito 5: la pornografia è causa di conflitti nelle relazioni.
Anche in questo caso, le ricerche recenti sembrano contraddire i luoghi comuni.
Le coppie che guardano insieme film pornografici risultano più soddisfatte della loro vita sessuale, in quanto questa attività è in grado di portare novità nel rapporto (Frederick et al., 2017).
Altri studi hanno messo in evidenza che l’utilizzo in coppia della pornografia risultava associato ad alti livelli di soddisfazione per la relazione in entrambi i partner.
E le donne?
Le ricerche disponibili sull’uso del porno si concentrano principalmente sugli uomini e su effetti negativi. Plausibilmente ciò riflette gli stereotipi che vedono le donne meno interessate a questo genere di attività.
In realtà, i dati già citati di Pornhub mettono in luce chiaramente che circa il 30% del traffico sul sito è riconducibile alle donne.
In una ricerca recente, il maggiore ricorso al porno durante la masturbazione femminile era associato a minori difficoltà nell’eccitazione e nel raggiungimento dell’orgasmo, a maggiore piacere e ad una percentuale più alta di masturbazioni che culminavano nell’orgasmo. La frequenza di ricorso al porno non aveva alcun effetto sulla soddisfazione per la relazione o sulla soddisfazione per la sessualità di coppia.
Alcuni dati, infine, suggeriscono che il porno potrebbe rivelarsi uno strumento educativo per le donne!
In uno studio su 68 studentesse universitarie, l’esposizione a film pornografici in cui si mostrava la stimolazione del clitoride nel rapporto aumentava la possibilità che questa pratica fosse integrata attivamente nel proprio repertorio sessuale (Kohut et al., 2013).
Conclusioni
La ricerca scientifica mostra che gran parte della demonizzazione della pornografia non sia supportata da evidenze.
Anzi, a ben guardare la letteratura si potrebbe concludere che gli effetti positivi della pornografia surclassano di gran lunga quelli negativi!
L’essere umano ha una naturale preferenza per lo zucchero, il sale e il grasso, sostanze che sono essenziali per la sopravvivenza della nostra specie e l’industria alimentare lo sa bene.
In passato queste sostanze non erano di facile reperibilità ma adesso che sono disponibili in abbondanza, va fatta attenzione a non introdurli nella nostra alimentazione in quantità eccessive. Se mangiati in eccesso possono essere concausa di numerose malattie tra cui obesità, diabete, ipertensione, cardiopatie, ictus e malattie del fegato.
Queste sostanze creano “dipendenza”, perché? Perché sono 3 nutrienti essenziali per la nostra sopravvivenza. Il grasso e lo zucchero sono fonte di energia; lo zucchero è una benzina a rapido assorbimento mentre il grasso è assorbito più lentamente e il sale è essenziale per l’equilibrio idro salino delle cellule.
ZUCCHERO
Già nella vita intrauterina il feto viene a contatto con lo zucchero; il feto infatti è in grado di “bere” il liquido amniotico che è salato ma alcune ricerche dimostrano che se viene aggiunto zucchero, il ritmo con cui il feto lo beve aumenta. Successivamente, il primo vero alimento con cui veniamo a contatto è il latte materno che ha un sapore dolciastro grazie alla presenza di lattosio, lo zucchero del latte.
Un’altra informazione interessante è che il cervello umano, che rappresenta solo 1/50 del peso corporeo totale, è la struttura che richiede più glucosio rispetto al resto del corpo nell’insieme.
Insomma lo zucchero è la principale fonte di energia tanto che un’alimentazione equilibrata dovrebbe apportare circa il 50% dell’energia dai carboidrati.
GRASSO
Il grasso è la fonte di energia più grande nel nostro corpo perché si deposita come tessuto adiposo nel sottocute e negli organi; è di fondamentale importanza per le donne in gravidanza e in allattamento ad esempio e per i nostri antenati, il grasso corporeo, era la fonte di energia principale durante i lunghi inverni. Il nostro istinto a immagazzinare carburante è la ragione per cui amiamo il grasso: il grasso cremoso della crema pasticcera, il grasso croccante delle patatine fritte, il grasso della cioccolata….questo è il motivo per cui i Comfort foods (cibi consolatori) sono così ricchi di grassi.
SALE
Anche il sale stimola parecchio le nostre papille gustative perché, come lo zucchero e il grasso, è essenziale alla sopravvivenza umana. In condizioni normali perdiamo sodio, il componente del sale insieme al cloro, attraverso la sudorazione, l’urina e le feci, quantità che deve essere rintrodotta per mantenere inalterato l’equilibrio idro salino del corpo e la corretta funzionalità cellulare. Per rimanere in salute è quindi necessario assumerlo dall’alimentazione. La dose media raccomandata è di 1500mg/die, facilmente raggiungibile con una corretta alimentazione. Il fatto è che è stato calcolato che un italiano medio consuma 10 volte più sodio di quello che dovrebbe a causa dell’abuso di sale da cucina e del sale aggiunto nelle preparazioni industriali.
In conclusione, lo zucchero, il grasso e il sale hanno un potente effetto sul nostro stato di salute in positivo, se assunti in quantità adeguate, e in negativo, se assunti in quantità eccessive o insufficienti.
Inoltre il loro potere può avere affetti anche sullo stato mentale. Ti è mai capitato di sentire un bisogno irrefrenabile di mangiare un particolare cibo? Cerchiamo queste sostanze anche perché hanno il potere di cambiare il nostro umore. Mangiare questi alimenti ogni volta che ne hai il desiderio è una soluzione a lungo termine? Che conseguenza determina il mangiarli ogni volta che senti il desiderio di farlo? Ci sono rischi?
Lascio a te la possibilità di riflettere…
I cibi industriali sono comodi, pratici, invitanti e molto saporiti, ma non ci accorgiamo di cosa nascondono. Sono molto ricchi di zucchero, grasso e sale ingredienti poco salutari che sono alla base di molte malattie come la sindrome metabolica, l’epidemia del 21° secolo, di cui soffrono la metà degli italiani. La loro grande disponibilità nei negozi alimentari ci invita a consumarli subito ad ogni ora senza doverli preparare, senza sapere che favoriscono sovrappeso e obesità. Infatti sono un cibo povero di nutrienti fondamentali, di sali minerali, vitamine e fibre e diventano un vero Junk-food (cibo spazzatura). Bisogna riscoprire il piacere dei cibi cucinati in casa al momento e dei piatti semplici, sapendo che il tempo impiegato non è perso, ma è tempo guadagnato. Vediamo allora come fare.
Molto spesso sento dire: ” Io non uso mai il sale e lo zucchero, non metto mai burro e olio”, ma non ci si rende conto quanto di questi cibi è contenuto nei più comuni alimenti industriali. Zuccheri, sale e grassi si trovano dappertutto: dai sughi per la pasta, alle salse più comuni, dai grissini, alle merendine, dai pop-corn ai corn-flackes, dalle patatine ai piselli in scatola, per non dire dei succhi di frutta..
I cibi confezionati hanno un gusto piacevole ed invitante, sono buoni e non si finirebbe più di mangiarne. Questo gusto lo ottengono con ingredienti comuni usati in cucina, da molto tempo conosciuti anche dalle nostre nonne sono: il sale, i grassi e lo zucchero. Non sono neanche molto costosi e sembrano non avere niente di male.
Il fatto è che per attrarre sempre più, ne contengono in quantità enormi: può succedere che un comune snack abbia dentro da solo quasi tutta la quantità di sale, zuccheri e grassi permessa in un giorno e si tratta del sostituto di un panino che si mangia in cinque minuti. Le conseguenze sono aumento di malattie cardiovascolari, (infarti, ictus) ipertensione e diabete, malattie articolari.
Ci pare strano, ma è vero: il sale c’è nel gelato industriale ed in quello “semiartigianale”, negli snack al cioccolato, nei succhi industriali. La dose consigliata per il sale alimentare, secondo le indicazioni nutrizionali del governo Americano è di 2,3 g di sodio pari ad un cucchiaino al giorno, mentre l’americano medio ne consuma almeno due cucchiaini: se si riducesse la dose di mezzo cucchiaino, sarebbe sufficiente a prevenire 92 mila infarti, 59 mila ictus e 81 mila decessi (Dietary Guidelines of Americans 2010).
Lo zucchero non è esclusiva dei dolci: c’è nei prodotti da forno (pane, grissini e affini) viene aggiunto al pane, alla salsa di pomodoro, alle patatine fritte, ai piselli in scatola. Anche i cereali per la colazione, che hanno una fama di prodotto naturale, sono pieni di zucchero; alcuni sono caramellati, cioè rivestiti di zucchero. Naturalmente tutto questo contribuisce ad aumentare le calorie e soprattutto ad alzare la glicemia predisponendo al diabete.
Il grasso viene messo per dare un senso di morbidezza e pastosità sia ai dolci che ai prodotti da forno e quando sono coperti dal gusto del sale o dello zucchero non ci si accorge di quanto ce n’è e contribuiscono in modo massiccio alle calorie e alle malattie cardio vascolari in quanto sono per lo più dei grassi saturi o ancora peggio dei grassi idrogenati.
Si tratta di un vero “junk-food” cibo spazzatura che fa mangiare a dismisura, fa aumentare di peso e causa il diabete, l’obesità, l’ipertensione e le malattie cardiovascolari. Sono una serie di malattie che spesso vengono assieme e, con una unica espressione, vengono chiamate “sindrome metabolica” che è la vera epidemia del XXI secolo. Questa sindrome è in grande crescita in tutti i paesi industrializzati e anche in quelli emergenti. In Italia siamo a circa il 20% della popolazione, negli USA siamo quasi al 50%. Se continua questa crescita il sistema sanitario non riuscirà a garantire l’assistenza per un numero così grande di patologie.
Come possiamo salvarci?
Bisogna prendere coscienza del cibo spazzatura così pieno di sale, zucchero e grassi da risultare dannoso alla salute e sapere che possiamo porvi rimedio con cibo fatto da noi o da chi lo fa con metodi casalinghi.
Quindi dedicando più tempo in cucina: non è tempo perso, è tempo guadagnato in salute. Consumare un cibo preparato da noi ci da più soddisfazione, e la sensazione di fare qualcosa per noi e per i nostri familiari. Anche chi lavora e fa turni impegnativi, cercando di organizzarsi, il tempo lo trova.
Sapendo le insidie dei cibi pronti, impariamo a cucinare con meno sale usando erbe aromatiche e spezie. Cucinare con pochi grassi e poco zucchero, abituandoci ai sapori naturali dei cibi, si ritrova la salute ed i vecchi sapori di una volta. Così si guadagna in salute e si risparmia il tempo necessario per le cure mediche e gli esami.
N.d.R. : Perché le industrie alimentari si sono fatte interpreti di questa religiosa missione di confezionare cibi così carichi di queste sostanze il cui eccesso, a lungo andare, ed instaurandone l’abitudine e la dipendenza, ci procura così tanti guai?
Il loro scopo primario, subdolamente ed attentamente nascosto, è quello, appunto, di creare dipendenza, come da una droga: si fanno allenare i consumatori a certi livelli di gusto e sapidità che, una volta assaporati, risvegliano il piacere della riassunzione, pensando che nulla di male ci sia in questo. E noi, atleti del consumo che, oltretutto, troviamo comodo e pratico l’acquisto dei cibi confezionati, che ci permettono più tempo disponibile e meno fatica, facciamo il nostro dovere, non dico di buon grado, acriticamente o ignorantemente, ma ohibò, con una certa colpevole complicità ed assuefazione.
Quello che ci dicono le pubblicità di questi cibi spazzatura è solo fumo negli occhi. Provo a diradare un po’ la nebbia, a modo mio.
Il problema più importante dei cibi industriali è la loro conservazione e durata. Certe confezioni giacciono sugli scaffali dei punti di acquisto per molti mesi , se non per anni. Per evitare la non commestibilità, è evidente il ricorso ai conservanti. Questi possono essere di tipo fisico, come la surgelazione, di tipo chimico, cioè il ricorso a sostanze della chimica organica od inorganica, il cui uso è più o meno severamente regolamentato e controllato (bisogna elencarli nelle etichette, non devono superare certi valori ecc.), oppure ….
…. oppure, si può ricorrere all’uso di zucchero, grasso, e sale, i nostri tre amici. Questi sono , a tutti gli effetti, delle sostanze naturali ed organiche: provengono dal mondo vegetale, animale, minerale. Quindi sono compatibili con una sana, naturale conservazione. Ma qui sta l’inghippo.
Queste sostanze sono, al contempo, insaporenti e conservanti. Non mi dilungo a parlare dei grassi: l’olio è adoperato molto per la confezione e la conservazione di verdure e pesce, ma non incide quanto a sapore: ha un gusto neutro.
Invece, quando un cibo preparato deve avere una determinata caratteristica di gusto, cioè deve essere salato oppure dolce, deve venire aggiunta nella preparazione una quantità congrua di sale o di zucchero per esaltare il sapore finale voluto. Ma questa aggiunta è necessaria per il gradimento di questo cibo solo per il sapore, mentre non è sufficiente per la sua conservazione. Se io ad un cibo salato, per ottenere una conservazione naturale, aggiungo altro sale, ecco che il gusto cambia, e di brutto. Se, d’altro lato, sto preparando un cibo dolce, che è tale per la presenza e l’aggiunta di sostanze dolci o dolcificanti, e voglio pure conservarlo nel tempo senza ricorrere ai conservanti artificiali, devo aggiungere dell’altro zucchero. Ma questo può essere uno sgradevole eccesso.: il troppo dolce non piace! Come si fa?
Lo zucchero ed il sale sono spesso usati in funzione del contrasto dei loro sapori, ovverosia, perché un cibo non sia troppo salato, si aggiunge zucchero, non sempre ma spesso; se si vuole che un cibo non sia troppo dolce, si aggiunge del sale: è tutta una questione di dosaggi, ma gli chef ed i tecnici dell’alimentazione trovano sicuramente le quantità giuste. Così facendo ottengono anche lo scopo, ricercato e necessario, della conservazione, oltre che del sapore, anche del cibo stesso. Se si tratta di un cibo che deve conservare il suo sapore originale e caratteristico, la conservazione si ottiene con una miscela, accuratamente dosata, dei due conservanti, zucchero e sale, contemporaneamente presenti per annullarsi come sapore, ma dal sinergico effetto conservante. Ecco la mia domanda. Avete idea di che carico di aggiunte di sale e di zuccheri o dolcificanti c’è bisogno per preparare e conservare un cibo? Quando lo mangiamo, non ce ne accorgiamo! Nelle etichette, viene indicata la presenza di sale e di zucchero, nelle varie specie e formulazioni, ma non ne vengono indicate le quantità. Se solo le conoscessimo nel dettaglio, ci sarebbe una sollevazione popolare.
L’unica via di salvezza sta nelle preparazioni quotidiane del cibo di mamme, nonne, mogli amorose e volenterose che, ahimè, sono sempre più rare.
Per concludere, trovate, qui sotto, alcune indicazioni sui consumi raccomandati di queste tre sostanze che, nella giusta dose, fanno bene, nella quantità eccessiva, fanno malissimo.
Non è facile destreggiarsi tra i tantissimi prodotti alimentari che con grande facilità possiamo portare sulla nostra tavola. Sono facili da reperire e alcuni di questi sono già pronti, permettendoci così di risparmiare tempo. Tuttavia ce ne sono alcuni che possono contenere buone quantità di sale o di zucchero, superando a volte il fabbisogno giornaliero.
Zucchero, sale e olio sono fondamentali per il normale funzionamento dell’organismo, ma bisogna prestare attenzione agli eccessi. Questi a lungo andare, possono infatti influire negativamente sul girovita, come anche sulla salute dei denti e dell’apparato cardiocircolatorio, portando allo sviluppo di patologie spesso fatali come:
malattie cardiovascolari;
obesità;
sindrome metabolica;
diabete;
carie e disturbi del cavo orale.
Come fare quindi? Per prima cosa è bene leggere attentamente le etichette presenti sulle confezioni dei prodotti. Si tratta infatti di un ottimo modo per rendersi conto dei quantitativi e quindi per poter scartare quei prodotti contenenti sale e zuccheri aggiunti. In secondo luogo, bisogna conoscere le dosi giornaliere consigliate di sale, zucchero, ma anche di olio per evitare di immagazzinarne più del dovuto.
Indice
Quanto sale si deve assumere al giorno
Il sale è perfetto per insaporire le pietanze, ma occhio a non esagerare. Come indicato dal Ministero della Salute, in Italia la maggior parte del sale assunto proviene da prodotti da forno, formaggi e salumi, ma è presente in modo naturale in tantissimi alimenti. Ci sono poi alcuni prodotti, come il ketchup o il dado pronto per il brodo, ricchi di sodio.
Limitare il consumo di sale è il primo passo da compiere per preservare la propria salute. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha rivelato che la maggior parte delle persone consuma in media 9-12 grammi al giorno di sale, ovvero circa il doppio di quanto raccomandato. Per tenere lontano il rischio di malattie cardiovascolari, infarto coronarico e ictus, l’OMS raccomanda di assumere una quantità di sale inferiore ai 5 grammi al giorno, ovvero meno di 2 grammi di sodio.
Quanto zucchero si deve assumere al giorno
Anche lo zucchero si nasconde in tantissimi alimenti, alcuni insospettabili. Ketchup, pizza surgelata, smoothies, yogurt alla frutta, miele, sciroppi sono tra questi, ma la lista è davvero molto lunga. È vero, lo zucchero è dolce e rende i dessert irresistibili, ma le insidie sono dietro l’angolo. È infatti fonte di calorie per cui il corpo ben presto può risultare appesantito se non si agisce praticando un’adeguata attività fisica.
Allo stesso tempo si può andare incontro allo sviluppo di patologie ben più importanti come l’obesità e il diabete con gravi ripercussioni sulla salute dell’organismo. Gli zuccheri inoltre sono un vero pericolo per i nostri denti: senza un’igiene dentale accurata si rischia la formazione di malattie parodontali. Un esempio? La comune, ma tanto fastidiosa carie.
Per quanto riguarda le quantità di zucchero che è bene assumere quotidianamente onde evitare di incorrere in problemi di salute, l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è espressa così: al massimo il 10% delle calorie giornaliere dovrebbero essere assunte sotto forma di zuccheri. Nel concreto questo si traduce in circa 25 grammi di zucchero, ovvero circa 6 cucchiaini.
Si può rinunciare del tutto agli zuccheri?
Gli zuccheri sono indispensabili per l’organismo, per cui la scelta ideale è di inserirli nelle giuste quantità seguendo una dieta sana ed equilibrata. Frutta e verdura ad esempio rappresentano un’ottima alternativa al classico dolce, perché contengono fruttosio, ovvero la forma naturale di zucchero. Eliminarli del tutto è invece controproducente e l’organismo potrebbe risentirne. Il consiglio quindi è di iniziare a ridurre le quantità giornaliere (se solitamente si tende ad eccedere):
evitando bevande gassate;
riducendo il consumo di prodotti preconfezionati;
evitando merendine e dolci contenenti tanto zucchero.
Quanto olio si deve consumare al giorno
Ecco un alimento protagonista della dieta mediterranea, perfetto per condire piatti cotti e crudi e indicato per contrastare l’invecchiamento cellulare e mantenere il colesterolo a livelli normali: l’olio extravergine di oliva.
Questo alimento vanta un potere antiossidante e contrasta l’insorgere della sindrome metabolica e dei suoi fattori di rischio. Inoltre, protegge le arterie e di conseguenza contribuisce a mantenere i livelli di colesterolo che circolano nel sangue nella media. In presenza di alti livelli di colesterolo cattivo (LDL), si può andare più facilmente incontro alla formazione di placche che restringono le arterie causando ad esempio l’ictus e l’infarto.
Assumere le giuste quantità di olio invece, ci protegge da questi rischi. Anche in questo caso, attenzione agli eccessi e a come lo si consuma. La scelta più sana è quella di condire con olio crudo ed è anche quella che ci permette di apprezzarlo a pieno. Per quanto riguarda le quantità da assumere invece, in condizioni normali si consigliano 3 cucchiai al giorno, ma le quantità possono variare in base anche alle esigenze personali. Nello specifico, possono diminuire anche a 3 cucchiaini al giorno, se si sta seguendo una dieta ipocalorica.
In generale, per mantenersi in forma e tenere lontane malattie come quelle cardiache, è bene seguire uno stile di vita sano con un occhio di riguardo all’alimentazione. Zucchero, sale e olio di oliva sono infatti preziosi alleati dell’organismo se assunti nelle giuste quantità.
AGI – Il Metaverso e gli investimenti futuri di Meta in Italia sono stati al centro del colloquio che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha avuto nella giornata di oggi con il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg.
“Per dare vita al metaverso sarà necessario uno sforzo congiunto tra aziende, mondo politico e società civile” ha spiegato un portavoce di Meta, casa madre di Facebook, Instagram e WhatsApp, sottoilineando come durante l’incontro sia stata confermata “la nostra collaborazione con il governo italiano per valorizzare i punti di forza del Paese nei settori tecnologico e del design e identificare futuri investimenti. Siamo lieti di aver potuto discutere le opportunità culturali, sociali ed economiche che il metaverso porterà all’Italia e non vediamo l’ora di continuare questa collaborazione”.
Cos’è e cosa succede nel Metaverso
È un insieme di spazi virtuali attraversati da avatar (nell’induismo, discesa e incarnazione di una divinità, in informatica, rappresentazione grafica e virtuale di un visitatore di sito web), un passo avanti rispetto alla realtà virtuale. È considerato il futuro di Internet. Ma non è qualcosa di nuovo. Metaverso è un termine inventato da Neal Stephenson nel libro Snow Crash (1992) ed è uno spazio descritto dall’autore come una sorta di realtàvirtuale condivisa tramite Internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. In questo mondo la differenza tra le classi sociali è rappresentata dalla risoluzione del proprio avatar e dalla conseguente possibilità di accesso a luoghi esclusivi.
Il Metaverso è un universo virtuale in cui ritrovare gran parte delle attività quotidiane, e molto di più: riunioni, pranzi, allenamenti, film, concerti, giochi, tutto declinato in versione 3D e alla portata di tutti con un click e una serie di strumenti fondamentali per vivere in pieno questa esperienza immersiva.
Concretamente nel Metaverso ci si potrà riunire con gli amici, fare surf o kayak, partecipare a un concerto, esplorare paesaggi sconosciuti, senzamuoversi da casa.
Di cosa è fatto il Metaverso
Il Metaverso si sviluppa nel digitale, la sua materia è composta dai dati e dalle informazioni, in stretta correlazione con l’universo dell’oggettivo, la sua struttura è spazio-temporale, la stessa dell’universo fisico. È una struttura composta da lunghezza, larghezza, profondità e tempo: il cyberspazio, sostanzialmente un universo creato e alimentato dalle reti globali di comunicazione.
Come si accede
Zuckerberg ha parlato del progetto Metaverso nel corso della convention Facebook Connect 2021, presentando Horizon Home come una sorta di porta di accesso. Si tratta della nuova home della piattaforma di realtà virtuale Oculus che permette la personalizzazione di questo spazio all’interno del quale è possibile invitare gli avatar dei propri amici. Quindi è uno spazio privato.
Investire in questa realtà
Se il Metaverso sarà il nuovo internet chi lo costruisce, e come lo fa, è importante per il futuro dell’economia e della società nel suo insieme. Facebook vuole svolgere un ruolo leader nella costruzione del Metaverso, investendo massicciamente nella realtà virtuale. L’idea di un mondo virtuale centralizzato, un luogo parallelo al mondo fisico, è sì diventato un concetto mainstream quest’anno, ma va detto che da tempo milioni di persone trascorrono ore al giorno in spazi sociali virtuali come Roblox e Fortnite.
L’interesse per la proprietà puramente digitale e la tecnologia che i sostenitori ritengono possa garantire la sicurezza di esperienze virtuali persistenti è aumentato drasticamente, con token non fungibili (NFT) e criptovalute. Anche le piattaforme di produttività virtuale stanno crescendo, con Facebook e Microsoft che hanno annunciato nuovi modi per collaborare online. Nike, poi, sembra stia preparandosi a vendere scarpe da ginnastica virtuali. Uffici ibridi, formazione basata su video e social community online sono solo alcuni dei modi in cui la maggior parte della nostra vita, nel bene e nel male, viene spesa negli spazi digitali.
Non solo Facebook e Meta
Sarebbe un grave errore di miopia pensare che sul progetto Metaverso ci sia solo Zuckerberg. Tencent, il gigante cinese dei social media e dei giochi, sta investendo massicciamente nel Metaverso e gli esperti affermano che il mondo virtuale potrebbe trasformarsi in una battaglia proprio tra Meta e Tencent. Il South China Morning Post ha riferito che quest’anno la società cinese ha registrato molti marchi relativi al Metaverso per il suo sito social QQ. Roblox, la piattaforma di videogiochi, si è quotata quest’anno e a novembre ha annunciato i piani per un Metaverso costruito attorno ai suoi giocatori.
E ancora ci sono brand di ogni tipo che stanno cercando di cogliere al volo l’opportunità di entrare nel Metaverso. Il gigante dell’abbigliamento sportivo Nike ad esempio sta collaborando proprio con Roblox per creare un mondo virtuale chiamato Nikeland.
L’abbigliamento non è l’unica merce che può trovare il suo posto nel Metaverso. Il produttore di elettrodomestici Dyson, noto per i suoi aspirapolvere, ha realizzato il Dyson Demo VR che consente di utilizzare la tecnologia di simulazione e visualizzazione in modo da poter testare i suoi asciugacapelli, piastre e piastre per capelli a casa.
Quando Einstein insegnava in molte Università degli Stati Uniti, la domanda ricorrente che gli studenti gli facevano era sempre la stessa: “Crede in Dio?”
Einstein dava sempre la stessa risposta: “Credo nel Dio di Spinoza”.
Baruch Spinoza (Amsterdam 1632 – L’Aia 1677) è stato un importante filosofo vissuto durante il XVII° secolo, dunque in pieno razionalismo: la sua filosofia si basa, quindi, molto sulla logica, tanto da identificare Dio come ordine geometrico del mondo, che si manifesta nella perfezione della natura.
Il suo pensiero si può quindi condensare in una delle sue espressioni più famose, Deus sive natura: Dio ovvero la Natura.
C’è chi sostiene che il Dio di Spinoza, se potesse parlare, potrebbe pronunciare queste parole:
Smettila di pregare e di batterti il petto.
Divertiti, ama, canta e goditi tutto ciò che questo mondo ti può dare.
Non voglio che tu visiti i templi freddi e bui che tu dici essere la mia casa!
La mia casa non è in un tempio, ma nelle montagne, nelle foreste, nei fiumi, nei laghi, nei mari. È lì che si trova la mia casa ed è lì che esprimo il mio amore.
Non farti ingannare dai testi scritti che parlano di me: se vuoi avvicinarti a me guarda un bel paesaggio, prova a sentire il vento e il calore del sole sulla tua pelle.
Non chiedermi nulla: io non ho il potere di cambiare la tua vita, tu sì.
Non avere paura: io non giudico e non critico, non dispenso punizioni.
Non credere a chi mi codifica in semplici regole da rispettare: quelle servono solo a farti sentire inadeguato ed in colpa per quello che fai, servono a mantenerti sotto controllo.
Non pensare sempre al mondo dopo la morte e non credere che è lì che conoscerai la vera bellezza: questo mondo ha da offrirti tanta di quella bellezza, e spetta solo a te scoprirla.
Non pensare che io ti ponga delle regole: sei solo tu il padrone della tua vita e decidi cosa farne.
Nessuno può dire cosa c’è dopo la morte, ma affrontare ogni giorno la vita come se fosse l’ultima possibilità di amare, di gioire e di fare qualsiasi cosa, ti aiuterà a vivere meglio.
Non voglio che tu creda in me perché qualcuno sostiene fortemente che io esista, ma voglio che tu mi senta sempre in te e intorno a te.
N.d.R. : le parole di quest’ultima frase non sono di un ateo.
È possibile immaginare che il pensiero di Spinoza non sia stato ben visto all’epoca (fu, infatti, scomunicato dalla Comunità Ebraico-Sefardita della città e venne bandito come ateo dalla Calvinista Olanda), ma forse non lo è tutt’oggi: il dio che Spinoza predica è un Dio dilibertà, slegato dalle azioni umane del perdono e della punizione. Spinoza è stato uno dei filosofi che ha riportato la vita nelle mani della persona che la vive.
Einstein abbracciò completamente la visione geometrica e naturale di Dio concepita da Spinoza. Un concetto che può farci riflettere su cosa sia la religione per noi e può ampliare le nostre vedute.