MANIPOLAZIONE LINGUISTICA
Tecniche e Strategie.
Dott. Roberto Ruga
psicoterapeuta
Trascrizione da YOUTUBE
Quali sono i trucchi più diffusi per trarre in inganno le persone e indurre la mente in errore?
Adesso vi faccio un esempio per farvi capire come la forma di un’espressione può valere più del contenuto e come la collocazione delle parole sia molto importante nella manipolazione linguistica.
Ecco l’esempio, noto a tutti gli esperti.
Un novizio chiese al priore. “Padre, posso fumare mentre prego?”. E fu severamente rimproverato.
Un secondo novizio chiese allo stesso priore: “Padre, posso pregare mentre fumo?” E fu lodato per la sua devozione.
Questo esempio ci fa capire come l’arma del manipolatore linguistico non sia il contenuto, ma la forma e, cioè, la posizione delle parole. Ovvero, qualcosa che sfugge all’interlocutore. Infatti, ciò che persuade il Padre priore, è qualcosa che lui non nota. La diversa collocazione delle parole dà luogo ad un effetto differente.
Gli esempi che si possono fare sono tanti. Un esempio: “Daniela è una ragazza bruttina ma ricchissima” è molto diverso dal dire: “Daniela è una ragazza ricchissima ma bruttina”.
In realtà, stiamo dicendo la stessa cosa, ma l’effetto è diverso.
Così come c’è un effetto diverso se dico: “Lui uscì con lei dal locale” piuttosto che: “Lei uscì con lui dal locale”. È chiaro che stiamo dicendo la stessa cosa, ma basta spostare di poco la collocazione di chi compie un atto e di chi lo subisce o vi partecipa, per ottenere significati ed effetti diversi su chi ascolta.
Grazie a questi effetti linguistici, il manipolatore può influenzare la mente di chi ascolta, semplicemente organizzando ciò che dice in un modo piuttosto che in un altro. L’ordine delle parole suggestiona il pensiero e lo induce in errore.
Spesso, l’efficacia della persuasione si nasconde all’inizio della frase. Infatti, ciò che viene detto per primo influenza la percezione di chi ascolta.
A questo riguardo, è noto un meccanismo molto usato dai mezzi di comunicazione di massa,, che possono far pendere la bilancia a favore di uno dei due contendenti politici che si affrontano, senza dare l’impressione di farlo, ma, anzi, sbandierando la propria oggettività. In pratica, si fa parlare per prima la parte politica che si vuole danneggiare, invitando successivamente quella di cui si tutelano gli interessi. Perché? Perché la mente umana registra entrambi i messaggi, ma l’ultimo rimane sempre più impresso.
Un’altra tecnica molto diffusa per screditare qualcuno, consiste nel mettere le sue parole tra virgolette. Le virgolette trasformano le frasi in espressioni un po’ ridicole e le parole diventano, automaticamente, sarcastiche, senza che sia stato detto o fatto nulla.
Un’altra tecnica manipolativa è quella di dire cose scontate, ma ammantandole di termini tecnici e, quindi, attraenti e suggestivi. Ad esempio, inserendo nel discorso l’espressione famosa – espressione ad effetto – cioè “al gusto di cioccolato”. In pratica, succede che l’ascoltatore viene distratto da questa immagine attraente e scambia per cioccolato ciò che, in realtà, è solo un surrogato. Quando si dice che un prodotto è “al gusto di cioccolato”, la nostra mente focalizza l’attenzione sulla parola “cioccolato” e già immagina che ciò che gusterà sarà cioccolato.
Il gusto, però, è legato al naso e non alla bocca, come spesso noi crediamo, per cui, quando mangiamo qualcosa, difficilmente la bocca se ne renderà conto, ma al naso non sfugge il suo sapore.
Perciò, il prodotto “al gusto di cioccolato” sarà solo un surrogato che avrà l’odore del cioccolato, ma non è cioccolato.
La pubblicità televisiva è piena di questi trucchetti.
Ad esempio, si dice: i biscotti X non contengono nitrati. In effetti, nessun tipo di biscotti contiene nitrati, quindi, in questo caso, il manipolatore inganna dicendo il vero. Ultimamente si leggono frasi simili, sulle confezioni dei dolciumi. Chi legge si sente rassicurato per il fatto che il prodotto non contiene nitrati, perché i nitrati non fanno bene alla salute. Per cui, il compratore si sentirà spinto a mangiare i biscotti X piuttosto che i biscotti Y, che non contengono questa informazione e che, forse, quindi, contengono i nitrati. Ma la frase nasconde un inganno: questi biscotti non contengono nitrati e, ad essere sinceri, neanche gli altri biscotti li contengono. E non contengono neanche uranio radioattivo o il batterio della peste. Ma questo non viene detto.
Un altro famoso esempio, che è un altro espediente per manipolare, è quello di dire cose ovvie, cioè la cosiddetta “scoperta dell’acqua calda”.
Ad esempio, quando si dice di un’acqua minerale che “facilita la diuresi”, in realtà, non si dice che bere qualsiasi acqua facilita la diuresi, questo è ovvio, ma la mente di chi ascolta o legge completa la frase immaginando che “quell’acqua facilita la diuresi”, a causa di una sua caratteristica che altre acque non hanno, ma questo non è stato detto. Molte acque minerali sono spesso reclamizzate con questa espressione, indicando che “aiutano a fare pipì”. Dov’è il tranello? Ogni tipo di acqua facilita la diuresi e non solo l’acqua sulla cui confezione è riportata questa espressione. Tuttavia, la mente di chi acquista è indotta a pensare che le acque, che non riportano questa informazione, non facilitano la diuresi.
Un altro modo di indurre una falsa convinzione è quello in cui si lascia intuire l’efficacia di un prodotto, indicandone una componente, anche se quello non ha nessuna influenza sull’azione che quel prodotto compie. Ad esempio,il classico dentifricio X che contiene una certa sostanza: quindi, deduciamo che quella sostanza fa bene ai denti. In realtà, la sostanza in questione non ha nessun potere benefico sui denti e quindi, se non ci fosse, il dentifricio avrebbe le stesse caratteristiche. Alcuni pubblicitari possono aggiungere la precisazione che una tale sostanza “aiuta” a raggiungere un certo risultato. In questo modo, nessuno potrà dire che tale affermazione è falsa. È molto difficile. Un altro trucco usato dai pubblicitari consiste nell’affermare una verità, omettendo, però, di completarla con affermazioni che ne limiterebbero il significato.
Pertanto, indurre la mente in errore non è così difficile, in quanto le parole creano la realtà. Usando le parole nel modo giusto, possiamo creare la realtà che meglio ci aggrada.
Pensiamo che, sulle parole, si basano anche le relazioni tra le persone. all’interno di un contesto sociale.
Il manipolatore sa usare il potere magico del linguaggio.
Ad esempio, in ambito militare, pensiamo a certe espressioni tipo “fuoco amico”. Questa frase viene usata per dire che dei soldati sono stati ammazzati per errore dai loro compagni o alleati. E così la mente crea un’immagine innocua. Addolcisce la pillola. Pensiamo ad un’altra espressione come “conflitto a bassa intensità”. Questa frase veniva usata per dire che pochi esseri umani erano morti, ma la mente crea, comunque, un’immagine edulcorata latente della sparatoria. Sorvolando sui cadaveri che ci sono stati.
Insomma, le armi invisibili del persuasore sono molte.
Ci sono, poi, tutti quegli esempi che hanno come sfondo le aule dei tribunali.
Consideriamo,ad esempio, le seguenti espressioni: “Quando è entrato nella banca, l’imputato aveva UNA pistola?” , oppure, “Quando è entrato nella banca, l’imputato aveva LA pistola?”. Nella prima frase, è chiara la domanda sull’esistenza della pistola. Nella seconda versione, si dà per scontata la detenzione dell’arma da parte dell’imputato.
Nella nostra lingua esistono parole semplicissime, e apparentemente innocue, che possono stravolgere il significato della frase.
Come delle semplici congiunzioni: e, ma , se, sebbene. Mescolando l’ordine delle parole e delle congiunzioni, si ottengono miscele linguistiche molto diverse. Il cambiamento dell’ordine delle parole può modificare il senso della frase e, quindi, il concetto che sta dietro. Alcune congiunzioni innescano delle reazioni automatiche alle quali una persona reagisce senza rendersene conto. Una di queste congiunzioni è la parola “perché”. La sensibilità della parola “perché” è dovuta ad un nesso di causalità, con cui cerchiamo di spiegarci le cose. E più argomenti si accompagnano ad un “perché”, più è probabile che ci sia volontà di manipolazione.
(N.d.R. : intervengo con una considerazione fuori contesto: “perché” è una congiunzione che introduce una domanda ma anche una risposta. Da un po’ di tempo, è molto in uso, nel linguaggio corrente, una espressione, per introdurre una risposta, che vorrebbe essere esplicativa, che suona così: “perché comunque” .
Quando, io voglio dare una risposta che sia valida, convincente, esaustiva, dovrei evitare di usare questo “comunque”, che vuol dire: in qualche modo, per sì e per no, in qualche caso,forse… cioè una formula dubitativa che toglie o attenua la certezza all’attendibilità della mia asserzione in risposta. La credibilità dell’argomentazione che segue sarà inficiata o sminuita in partenza. È una formula lubrificante che, magari, dà un attimo di tempo in più per raccogliere le idee, che lì per lì sono confuse, e per trovare gli argomenti più validi. Ma, forse, è soltanto una moda.
C’è da aggiungere che il contesto emotivo orienta il significato delle percezioni e certe parole creano un contesto emotivo. Ad esempio, se parliamo ad una persona ed accenniamo alla paura di sbagliare, si creano, nella mente di questa persona, delle connessioni e delle interconnessioni sulla proiezione della paura, quindi sull’ansia, sulle sensazioni spiacevoli, sui ricordi di esperienze sgradevoli e quindi, indirettamente, sulla visione pessimistica del futuro, sui ricordi di punizioni, sui sensi di colpa, sui sensi di inferiorità o di inadeguatezza.
Basta una sequenza di parole specifiche per orientare una certa visione del mondo. Questo perché il potere delle parole è pressoché infinito. Basta, certe volte, usare termini vaghi ed ambigui per creare un certo effetto.
Alcune parole sono piene di …. vuoto e diventano, così, il ricettacolo di qualunque contenuto di desiderio da parte dell’ascoltatore.
Ad esempio, la medicina è un settore molto fertile, da questo punto di vista.
A questo proposito, anche i cartomanti usano parole “passe partout” e danno l’impressione di leggere nella mente dei loro clienti. Ad esempio, possono dire. “Vedo che hai un problema”, “Il problema riguarda te”….(beh, certo!). “C’è di mezzo un’altra persona”, oppure possono dire: “Vedo tensione”, “È stato fatto qualcosa”. C’è un vuoto intorno e dentro queste espressioni, perché non dicono niente di specifico, In realtà, non viene detto niente, eppure la vittima ha la sensazione che venga detto qualcosa proprio su di lui.
Anche gli stereotipi sono molto persuasivi e sono parole che contengono molte connotazioni psicologiche ed emotive, tutte ben scolpite nell’immaginario collettivo. Ad esempio, i termini “fascista”, “comunista”, “reazionario”, “moralista”, “integralista”, “terrorista”, sono tutte delle etichette che incasellano l’avversario con una forza molto particolare. Una volta utilizzate queste etichette, scatta una serie di pregiudizi.
Un altro modo per persuadere gli altri delle nostre idee, è fornire delle spiegazioni globali, che siano in grado di dare un senso ad ogni cosa, a tutto. Sono un tipo di spiegazioni che noi tendiamo a preferire, perché ci risparmiano la fatica di analizzare criticamente la realtà, quindi ci fanno risparmiare tempo.
Più risposte una teoria ci sembra in grado di fornire, più è gradita ed attraente ai nostri occhi. Ma non è importante che essa sia del tutto vera, perché la cosa importante è che ci permetta di interpretare il più alto numero di eventi possibili. Questo ci fa capire che, col linguaggio, si possono creare anche dei paradossi, ovvero delle situazioni senza alcuna via d’uscita., che intrappolano la logica mandando in tilt la mente. E possono, alla lunga, spingere una persona verso la follia.
Le frasi che ingabbiano la mente, impedendole di capire dov’è la verità, sono dette “autoimmunizzanti”, cioè si autogiustificano a priori, rendendo impossibile una loro confutazione. Una di queste frasi, ad esempio, è: “La più riuscita strategia del diavolo è far credere che non esiste”. Se ci pensate bene, qui esiste una struttura ritorsiva che è impossibile da confutare.
Dunque, iniziamo a capire come, attraverso il linguaggio, attraverso espressioni apparentemente innocue, la volontà può essere manipolata, incidendo sulla capacità che una persona ha di decidere.
Oltre che nelle campagne pubblicitarie, questa manipolazione si trova dappertutto. Facciamo, intanto, degli esempi nell’ambito pubblicitario.
Ci sono tante pubblicità che si basano sullo stesso concetto. Prendiamo la frase tipica: “Nessuno lava più bianco di me”. Con questa affermazione il pubblicitario vorrebbe che il detersivo sponsorizzato fosse l’unico sul mercato. In realtà, non si sta dicendo che il detersivo è il migliore in assoluto, la frase è parziale. Infatti, dovrebbe dire: “Nessun detersivo lava più bianco di me, anche se ci sono altri detersivi che lavano bene quanto me”. La seconda parte della frase è stata omessa.
La nostra mente arriva alla conclusione che, solo quel detersivo può fornire quelle prestazioni.
Un’altra frase tipica è quella che dice che un certo cibo non contiene colesterolo. Ora, anche ammettendo che dei ricercatori siano riusciti ad estrarre il colesterolo da quel prodotto, l’inganno sta nel fatto che il suddetto cibo, appena disciolto in bocca, e poi nello stomaco, si scinde in molecole di amido e questo si trasforma in zucchero. Dopo un po’, una parte di queste dolci molecole si trasforma in qualche altra cosa, fino a formare il colesterolo. Allora, è vero che in quel certo cibo, ad esempio, i crackers, non c’è colesterolo, ma il pubblicitario non dice nulla di quanto avviene dopo che il prodotto è stato ingerito.
Tutti questi stratagemmi, queste tattiche comunicative fanno leva su errori logici e risultano manipolative, in quanto sono un po’ scorrette.
Le fallacie illogiche più comuni, utilizzate dai manipolatori linguistici sono:
L'”argomento fantoccio” che consiste nel rappresentare scorrettamente l’argomentazione dell’avversario, esagerandola e riportandola in modo caricaturale.. Arrivando, persino, a mettergli in bocca parole che non ha detto, allo scopo di confutare più facilmente la sua tesi.
Per fare un esempio, immaginate un politico che dice. “Avremmo dovuto spendere più soldi nella sanità e nell’istruzione”. E immaginate l’opposizione che risponde dicendo: “Siamo sorpresi che voi odiate così tanto il vostro paese, da volerlo lasciare senza difesa, tagliando le spese militari”. Notate il gioco manipolativo?
Un’altra strategia manipolativa è quella che afferma che una relazione tra due eventi sia necessariamente di tipo causale. Spesso, si tende a presentare due cose accadute contemporaneamente o in sequenza, come se l’una fosse la causa dell’altra. Mentre la loro relazione potrebbe, semplicemente, essere una coincidenza. Oppure, potrebbero essere provocate, tutte e due, da una diversa stessa causa. Ad esempio, e questo è un esempio famoso, Mario, indicando un grafico, spiega come le temperature si siano alzate negli ultimi secoli, mentre, nello stesso tempo, il numero dei pirati è diminuito. Perciò, sono i pirati che raffreddano il mondo e il riscaldamento globale è una grande bufala. Notate l’irrazionalità di questa argomentazione?
Un’altra tattica manipolativa è l’argomento “ad hominem” ( verso la persona), che consiste nell’obiettare alle argomentazioni di qualcuno, senza rispondergli nel merito, ma attaccandolo sul piano personale, con lo scopo di indebolire la sua posizione. Per fare un esempio: dopo che Maria aveva presentato un convincente ragionamento in favore di un sistema fiscale più equo, Carlo chiese al pubblico se si fidasse di una donna non sposata, che era stata arrestata in passato e che aveva un odore un po’ strano. Qui si attacca la persona e non le sue idee, che sarebbero, altrimenti, inattaccabili.
Anche con Einstein fecero, più o meno la stessa cosa: lo attaccarono sulla sua vita privata, in particolare sulla sua relazione con la moglie, proprio perché le sue idee erano, invece, inattaccabili.
Poi, c’è un altro accorgimento manipolativo: quando la propria tesi viene smentita, si cerca di avere ragione inventando eccezioni:. Facciamo un esempio. Rocco sostiene di essere un sensitivo, ma quando le sue abilità vengono messe alla prova scientificamente, queste, magicamente, spariscono. E allora Rocco cosa fa? Spiega che la gente deve avere “fede” nei suoi poteri, perché questi funzionino, altrimenti non funzionano. Ma allora, così, è facile.
Poi ci sono le famose “domande accusatorie”, cioè, in sostanza, si fa una domanda che contiene un’affermazione, in modo che l’interpellato non possa rispondere con un sì o con un no, ma deva contestare la domanda. E quindi, in questo modo, appare sulla difensiva, oppure potrebbe sembrare colpevole, proprio perché contesta la domanda. Ad esempio: “Hai smesso di picchiare tua moglie?” Questo è un celebre esempio da aula di tribunale.
Poi c’è il famoso “carro del vincitore”, cioè cercare di avvalorare una tesi dicendo che è molto popolare, anche se, in realtà, può essere una vecchia superstizione.
Poi, ancora, abbiamo i cosiddetti “falsi dilemmi” che consistono nel far credere che esistono solo due alternative, costringendo la vittima a scegliere fra queste due sole alternative. A sceglierne una quando, in realtà, avrebbe la possibilità di scegliere fra più opzioni. Questo è tipico delle dittature. I dittatori chiedono alla gente se è dalla sua parte o dalla parte del nemico, come se la scelta possibile fosse solo fra queste due alternative.
E, ancora, ci sono i cosiddetti “ragionamenti circolari”, in cui la conclusione è già contenuta nelle premesse. Una frase tipica è: “La giustizia impone che nessun uomo possa comprare un altro uomo, perché non è giusto che un uomo possa essere messo in vendita”. Ma questa non è un’argomentazione valida.
Un’altra tattica manipolativa è l’appello ad una autorità, che consiste nel dire che una cosa è vera perché lo dice l’esperto (N.d.R. : “ipse dixit” ( l’ha detto lui) detto da Cicerone riferendosi ad Aristotele), senza fornire ulteriori argomenti.
Un altro classico errore logico sfruttato dai manipolatori è quello di ritenere che ciò che è valido per una parte sia valido per il tutto. O, viceversa, che ciò che è valido per un intero, sia valido per tutte le sue componenti. Sarebbe come se dicessi: “Siccome gli atomi sono invisibili e noi siamo fatti di atomi, allora noi dovremmo essere invisibili”. Sarebbe un po’ strano.
Oppure, pensate se dicessi: “Siccome mio nonno fuma 80 sigarette al giorno e non ha il cancro ai polmoni, allora io non credo ai dati sulle morti causate dal fumo”. Sarebbe un po’ strano.
Eppure, molti manipolatori fanno uso di queste strategie e fanno leva sui sentimenti dell’interlocutore , senza avere delle valide argomentazioni.
Alcuni manipolatori usano la “tecnica dell’incredulità” che consiste nel rispondere ad una argomentazione, dicendo che è difficile a credersi e, perciò, non può essere vera. Pensiamo, ad esempio, ad un pesce e ad un essere umano. Sono molto diversi e ci chiediamo come un pesce possa essersi trasformato in un uomo, come vorrebbe la teoria evoluzionista che è stata sperimentata. Oppure, pensate se dicessimo che la teoria evoluzionista non è accettabile perché è una pratica usata dai nazisti. Sarebbe curioso.
I produttori di una nota bevanda gassata mostravano delle ricerche secondo cui, dei 5 paesi dove la bibita era più venduta, 3 erano nella classifica dei primi 10 paesi al mondo per le condizioni di salute. Quindi, la loro bibita era salutare.
Ma questa è una conclusione azzardata, non è affatto logica.
Un altro errore logico, sfruttato sempre dai manipolatori linguistici, consiste nel sostenere che un compromesso, oppure un punto d’intesa tra due estremi, sia sempre la verità. Ma non è sempre così. Spesso la verità sta nel mezzo, ma questo non è sempre, necessariamente vero e, a volte, capita che la verità sia in uno dei due estremi. Ad esempio: Alice dice che i vaccini causano l’autismo nei bambini, ma la sua amica Marta, esperta di scienza, obietta che questa tesi è stata smentita ed è infondata. Alice, allora, cosa fa? Propone un compromesso: i vaccini possono causare “un po’ d’autismo” nei bambini.
Ma questo è un errore logico.