Numero3383.

 

N O L I    F O R A S    I R E

 

Noli foras ire,

in te ipsum redi:

in interiore homine

habitat veritas.

 

Non andare fuori,

torna in te stesso:

nell’intimo di un uomo

risiede la verità.

 

San Agostino.

 

e prosegue:

 

et si te inveneris mutabilem,

trascende et te ipsum.

 

e se ti troverai mutevole,

trascendi anche te stesso.

 

Qui San Agostino, uno dei padri fondatori del pensiero cristiano enuncia un principio che, al giorno d’oggi, sembra addirittura blasfemo.

Se la verità risiede nella coscienza (o consapevolezza) umana, allora non c’è bisogno della intermediazione di Istituzioni, come la Chiesa, che trasmenttono ai credenti la verità rivelata, da essa stessa confezionata.

Ecco, sembra ci sia stato un “lapsus freudiano”. Eppure, sono disposto a dargli ragione.

Numero3193.

 

U S U S    F R U C T U S    A B U S U S

 

The USUS was the right that the holder had to make use of the object according to its destination or nature, FRUCTUS was the right to receive the fruits, ABUSUS was the right of disposition based on the power to modify,sell or destroy the object or given entity.

 

L’ USO era il diritto che il detentore aveva di far uso dell’oggetto, secondo la sua destinazione o natura.

FRUTTO era il diritto di riceverne i frutti.

ABUSO era il diritto ad avere a disposizione, con il potere di modificare, vendere o distruggere, l’oggetto o la data entità.

 

Secondo queste semplicissime spiegazioni, partendo dai concetti base dello IUS ROMANUS (DIRITTO ROMANO), a cui appartengono i tre termini sopra citati, posso fare una considerazione attuale e pertinente?

Prendiamo, ad esempio, il nostro telefonino, che adoperiamo ogni giorno, tante volte al giorno.

Di esso noi abbiamo l’uso, perché lo adoperiamo, anche a dismisura.

Abbiamo l’abuso: infatti, ne facciamo un uso spropositato e abnorme. Potremo addirittura distruggerlo (abuso), ma non lo faremo mai, perché non ci conviene.

Ma non abbiamo il frutto delle sue funzioni: di questo si sono impadronite le PIATTAFORME DIGITALI dei gestori telefonici che, attraverso i loro algoritmi e le loro politiche commerciali, anche e soprattutto padroneggiando i nostri dati, ne condizionano l’utilizzo e ci teleguidano nelle nostre azioni, private e lavorative, relegandoci ad un ruolo di pecoroni utilizzatori che hanno abdicato alla proprie funzioni relazionali e discriminatorie, nonché all’arbitrio delle proprie scelte personali, per ridurci ad un gregge di followers (vedi i social).

Le funzioni delle moderne comunicazioni sono in pieno vigore e sono diventate ormai parte integrante della nostra vita di relazione, ma i termini e i concetti che inquadravano e tuttora identificano il loro utilizzo appartengono alla saggezza giurisdizionale di un popolo che ha dominato il mondo occidentale per tanti secoli.

Numero3175.

 

da  QUORA

 

Scrive Rose Bazzoli, corrispondente di Quora

 

NON  FUI,  FUI,  NON  SUM,  NON  CURO.   (iscrizione funeraria dell’antica Roma)

 

L’epitaffio è un compendio della vita, secondo la filosofia epicurea:

  • prima di nascere, semplicemente, non esistevo – non fui
  • poi ho vissuto – fui
  • ora sono morto, quindi non ci sono più – non sum
  • e sono libero da ogni preoccupazione – non curo

Gli epicurei non credevano in un al di là e quindi non temevano la morte, che sarebbe stata semplicemente la fine della vita, con tutte le sue preoccupazioni.

In realtà gli epicurei cercavano di raggiungere l’atarassia, cioè l’imperturbabilità, la liberazione da ogni turbamento e paura, ancora mentre erano in vita, evitando tutte le passioni (compreso l’amore) che possono far soffrire.

Numero2738.

 

L E X   S C R I P T A

L E X   T R A D I T A

 

La traduzione di questo “brocardo” (espressione latina di contenuto giuridico: è il termine con cui vengono indicate le regole generali del diritto) può prestarsi ad un equivoco ridicolo. Chi non conosce il latino potrebbe pensare che questa frase assiomatica si possa interpretare così come suona in Italiano, cioè: legge scritta. legge tradita. Noi conosciamo, più comunemente, il detto popolare: “fatta la legge, trovato l’inganno” che potrebbe essere un altro modo per esprimere lo stesso concetto.
Niente di tutto questo. La traduzione corretta è la seguente: legge scritta, legge tramandata. È cioè la legge statutaria, quella che, una volta sancita, stabilita, approvata, è destinata a durare e valere nel tempo (in latino il verbo tradere significa tramandare). Si tratta della legge che vale come principio giuridico di riferimento, a differenza della legge non scritta che ha scaturigini negli usi e costumi di una società e tramandata per comportamenti abitudinari ma non decretata in alcun modo.

Tuttavia, vale anche l’asserzione che “la consuetudine (non scritta) è fonte di diritto”.
Secondo la dottrina tradizionale, essa consta di due elementi:
uno di tipo materiale (usus o diuturnitas),
uno di tipo soggettivo (opinio iuris ac necessitatis), ancorché oggettivamente verificabile.

Insomma, la consuetudine è una delle fonti del diritto positivo (ius non scriptum).

Numero2706.

 

“Femina est aliquid

deficiens et occasionatum”.

 

Questa definizione è di San Tommaso d’Aquino

e si riferisce al pensiero di Aristotele,

espresso con le corrispondenti parole greche,

in merito alla donna:

 

La donna è qualcosa

di mancante e di occasionale.

 

Naturalmente la Chiesa Cattolica

si è uniformata al sentire retrostante

di questo Dottore della Chiesa.

 

Ma i tempi stanno cambiando ….

Numero2676.

 

Qual è l’origine della parola siciliana “minchia”?

 

L’etimologia di questa parola e’ ricondotta al latino mèntula (riportata acriticamente e stancamente da molti vocabolari, anche da quello calabrese del Rohlfs): da cui potrebbe derivare anche il calabrese mentìri, equivalente a penetrare: iddha mi risi ed eu nci risi / iddha lu vosi ed eu nci lu misi.

Il mai compianto abbastanza Giovanni Semerano (Dizionario della lingua latina e di voci moderne, Firenze, Olschki, 2002, sub mentula, mateola, meta) chiarisce che dall’ebraico matte, pertica, e dall’accadico metu, palo (da cui l’espressione latina porrexit ab inguine palum per ebbe un’erezione), è derivato il latino arcaico mattea, mazza, con il diminutivo mateola, piccola mazza (analogo al calabrese mazzarèddhu), poi divenuto mèntulameta era inoltre “un cumulo conico di paglia. Di fieno, …, sempre costituito da uno stollo o stocco, lunga pertica intorno alla quale si ammucchiava la paglia”; e, d’altra parte, deriva da ‘meta’-pertica anche il verbo metor, misuro con la pertica, donde il metro unita di misura nel sistema metrico decimale.

Per Raffaele Corso (La vita sessuale nelle credenze, pratiche e tradizioni popolari italiane, Firenze, Olschki,, p. 298) da mentula deriva il latino medievale mentla che, attraverso gli intermedi menkla e menkja, conclude finalmente il suo viaggio bimillenario con la minchia calabro-sicula.

E, a proposito di misure, lunghe e sofisticate applicazioni nulla hanno apportato circa la lunghezza accettabile, ‘media’ o ‘modale’, per la minchia: inferenze venivano ricavate da tratti somatici evidenti ( quali nasu / tali fusu) e, con sofismi ‘a contrario’ rispetto all’altezza, si sosteneva (e la circostanza era avvalorata da una canzone di Fabrizio di André) che i nani sarebbero superdotati e gli spilungoni facessero brutta figura; donde il brocardo che l’omu non si misura cu lu parmu ma, verrebbe da dire, la minchia sì.

E colpì molto il fatto che i Bronzi di Riace, simbolo ormai universale della virilità nell’arte classica, apparissero sproporzionati per difetto.

Numero2568.

 

S A P E R E   A U D E  (pronuncia: sàpere àude)

 

da un articolo pubblicato sul Berlinische Monatsschrift, 1784.

 

Nel 1784 la rivista tedesca Berlinische Monatsschrift pose ai suoi lettori la domanda: «che cos’è l’illuminismo?». Tra gli intellettuali che risposero all’interrogativo vi fu il filosofo Immanuel Kant, il quale diede una definizione destinata a fare storia, incentrata sull’idea dell’«uscita dell’uomo dallo stato di minorità». Definendo che cosa si debba intendere con il termine “illuminismo”, Kant fa riferimento al rischiaramento prodotto dall’esercizio «pubblico» della ragione, vale a dire dall’utilizzo pieno e libero di questa facoltà umana nell’ambito dello studio, della ricerca e della discussione. L’invito a diventare intellettualmente «maggiorenni» e a usare le risorse della ragione risuona nell’esortazione latina citata da Kant: sapere aude, osa sapere.

L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo. […]

È dunque difficile per il singolo uomo tirarsi fuori dalla minorità, che per lui è diventata come una seconda natura. È giunto perfino ad amarla, e di fatto è realmente incapace di servirsi della propria intelligenza, non essendogli mai stato consentito di metterla alla prova. Precetti e formule, questi strumenti meccanici di un uso razionale, o piuttosto di un abuso, delle sue disposizioni naturali, sono i ceppi di una permanente minorità. Se pure qualcuno riuscisse a liberarsi, non farebbe che un salto malsicuro anche sopra il fossato più stretto, non essendo allenato a camminare in libertà. Quindi solo pochi sono riusciti, lavorando sul proprio spirito a districarsi dalla minorità camminando, al contempo, con passo sicuro. […]

Se dunque ora si domanda: «viviamo noi attualmente in un’età rischiarata?» Allora la risposta è: «no, bensì in un’età di rischiaramento». Che gli uomini presi assieme siano, per come stanno le cose, già in grado, o che possano anche solo essere posti in grado di valersi con sicurezza e bene della propria intelligenza in cose di religione, senza l’altrui guida, è una condizione da cui siamo ancora molto lontani. Ma che ad essi, adesso, sia comunque aperto il campo per lavorare ed emanciparsi verso tale stato, e che gli ostacoli alla diffusione del generale rischiaramento o all’uscita dalla minorità a loro stessi imputabile diminuiscano gradualmente, di ciò noi abbiamo invece segni evidenti.

 

N.d.R.: SAPERE AUDE è una frase rintracciabile nelle EPISTOLE di Orazio (Quinto Orazio Flacco poeta latino)

 

Numero2548.

 

Video meliora proboque,

sed deteriora sequor.

 

Ovidio   Le Metamorfosi

 

Vedo le cose migliori

e le approvo,

ma seguo quelle peggiori.

 

Sono parole di Medea che,

per amore di Giasone,

viene meno ai propri doveri

verso il padre e la patria.

 

Si ripetono, talvolta, per denunciare

il profondo dissidio tra i consigli

della ragione e il concreto agire.