Numero1473.

 

NikolaTesla nacque il 10 luglio 1856 come suddito dell’Impero austriaco a Smiljan vicino Gospić, nella regione della Lika-Krbava, facente parte allora della frontiera militare croata del Regno di Croazia e Slavonia. Il padre, Milutin Tesla, nato nel 1819, era un ministro del culto ortodosso e ricordava a memoria passi della Bibbia e poemi epici serbi. La madre, Georgina-Đuka Mandić, nata nel 1822, figlia di un prete ortodosso, pure se analfabeta, aveva talento nell’inventare oggetti d’uso casalingo. Nikola ebbe un fratello, che morì a 12 anni cadendo da cavallo, e tre sorelle.
Si racconta che, durante la notte in cui Nikola Tesla fu partorito (in casa, ovviamente), e precisamente nel momento in cui vide la luce, si scatenò un furioso, tremendo temporale con una quantità enorme di lampi, fulmini, saette e tuoni, come mai si ricordava, a memoria d’uomo, nella zona, con l’emissione di grande energia elettrica ed elettromagnetica nell’atmosfera. Questo aneddoto potrebbe farci intuire qualcosa.

Andò a scuola a Karlovac, quindi studiò ingegneria elettrica all’Università tecnica di Graz (Austria), a quel tempo considerata uno degli istituti migliori al mondo. Durante gli studi si interessò agli impieghi della corrente alternata. Frequentò solo fino al primo semestre del terzo anno, non raggiungendo quindi il conseguimento della laurea. Poi, per un’estate, seguì i corsi dell’Università di Praga, studiando fisica e matematica avanzata. Si dedicò alla lettura di molti lavori, imparando a memoria interi libri grazie alla sua memoria prodigiosa, e leggendo l’intera opera di Voltaire (circa 100 volumi). Tesla affermò, nella sua autobiografia, di avere avuto numerosi momenti di ispirazione.

Nei primi anni di vita egli fu spesso malato: gli apparivano lampi luminosi accecanti, spesso accompagnati da allucinazioni. Molte di queste visioni erano connesse a parole o idee.Tali sintomi oggi segnalerebbero una forma di sinestesia.

Nikola Tesla era alto 188 cm e di corporatura assai magra (sembra che il suo peso tra il 1888 e il 1926 sia rimasto attorno ai 64 kg).

Per il resto che c’è da sapere della sua vita e delle sue scoperte ed invenzioni, rimando alla consultazione di Wikipedia.

Nikola Tesla morì, all’età di 87 anni, il 7 Gennaio 1943.

A mio modesto avviso, egli può essere considerato uno dei più grandi geni dell’Umanità. Tuttora, noi stiamo godendo dei vantaggi, in termini di benessere di vita, derivanti dalle numerosissime scoperte da lui concepite e realizzate, e chissà quante ne conosceremo e apprezzeremo nel futuro, perché diverse applicazioni tecniche e tecnologiche, sono ancora da mettere a punto e da utilizzare opportunamente.
Qui, dopo averne elencate alcune fra le più importanti, a me interessa sottolineare la figura di Tesla dal punto di vista umano nel suo essere e nei suoi rapporti con il mondo del suo tempo.

Apparecchi elettromeccanici e principi sviluppati da Nikola Tesla
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  • Vari apparecchi che usano campi magnetici rotanti (1882)
  • Il motore a induzione, trasformatori rotanti, e alternatori ad “alta” frequenza
  • La bobina di Tesla, il trasmettitore d’amplificazione, e altri mezzi per incrementare l’intensità di oscillazioni elettriche (incluso trasformazioni di scarica di condensatori e oscillatori di Tesla).
  • Sistema di trasmissione di corrente alternata elettrica per lunghe distanze (1888) e altri metodi e strumenti per trasmissione di potenza
  • Sistemi per comunicazioni senza fili (prior art per l’invenzione della radio) e oscillatori a radio frequenza.
  • La prima implementazione della porta logica “AND
  • Correnti di Tesla per Elettroterapia
  • Trasferimento di elettricità senza fili e l’effetto Tesla
  • Il fenomeno dell’impedenza Tesla
  • Il campo elettrostatico Tesla
  • Principio di Tesla
  • Bobina bifilare
  • Telegeodinamica
  • Isolazione di Tesla
  • Impulsi di Tesla
  • Frequenze di Tesla
  • Scarica di Tesla
  • Forma di commutatori e metodi di regolazione di terze spazzole
  • Turbine di Tesla (p.e., turbine senza pale) per acqua, vapore e gas e pompe di Tesla
  • Iniettore di Tesla
  • Compressore di Tesla
  • Tubi a raggi X che usano il processo bremsstrahlung
  • Apparecchi per gas ionizzati e “Caldi Fuochi di S.Elmo”
  • Strumenti per emissioni di grandi campi
  • Apparecchiature per raggi di particelle cariche
  • Strumenti per raggi ‘fantasma”
  • Sistemi di luce ad arco
  • Metodi per procurare livelli di resistenza estremamente bassi al passaggio di corrente elettrica
  • Circuiti per la moltiplicazione di tensione
  • Apparecchi per scariche ad alta tensione
  • Strumenti per la protezione dalla luce
  • Aeromobili a decollo verticale VTOL
  • Teoria dinamica della gravità
  • Concetti per veicoli elettrici
  • Sistemi polifase

 

Personalità eccentrica e giudizio dei contemporanei
A causa della sua personalità eccentrica e delle sue affermazioni talvolta apparentemente bizzarre e incredibili, negli ultimi anni della sua vita Tesla fu ostracizzato e considerato una sorta di “scienziato pazzo“, pur attribuendogli talora curiose anticipazioni di sviluppi scientifici successivi. Molti dei suoi risultati sono stati usati, spesso polemicamente, per appoggiare diverse pseudoscienze, teorie sugli UFO e occultismo New Age. Ciò è dovuto al fatto che Tesla lasciò scarsa documentazione sui risultati ottenuti, e anche questa spesso sotto forma di appunti, non di lavori organizzati e comprensibili a tutti . Pertanto è stato relativamente facile attribuirgli le idee più strampalate, o la paternità di invenzioni mirabolanti non accettate dalla “scienza ufficiale“. Negli anni seguenti alla sua morte, molte delle sue innovazioni, teorie e affermazioni furono usate per sostenere varie voci, ipotesi e teorie non scientifiche. Molti dei lavori di Tesla erano conformi ai principi e ai metodi accettati dalla comunità scientifica, ma la sua stravagante personalità e le sue pretese talvolta irrealistiche, combinate con il suo indiscutibile genio, lo hanno reso una figura popolare tra i teorici delle cospirazioni dell’occulto. Alcuni di essi, in effetti, credevano addirittura che lo scienziato fosse un essere angelico mandato sulla Terra da Venere per rivelare la conoscenza scientifica all’umanità.

Negli anni centrali della sua vita, Tesla strinse una forte amicizia con Mark Twain, il quale trascorreva molto tempo insieme a lui, anche nel suo laboratorio. Tesla era rimasto molto amareggiato dalle ripercussioni del suo battibecco con Edison; tanto che, il giorno dopo la morte di quest’ultimo, il New York Times conteneva numerosi encomi della vita del ricercatore, con un’unica opinione negativa scritta da Tesla:

«… Non aveva hobby, non apprezzava alcun divertimento di qualunque tipo e viveva trascurando completamente le più elementari regole d’igiene. … Il suo metodo era estremamente inefficiente, a tal punto che egli dovette coprire un immenso campo di ricerche per giungere assolutamente a nulla, finché la cieca fortuna intervenne e, dapprima, io fui quasi uno spettatore dispiaciuto per ciò che lui faceva, sapendo che appena un po’ di teoria e calcoli gli avrebbero evitato il 90% della fatica. Ma egli nutriva un autentico disprezzo per la cultura dei libri e la conoscenza matematica, fidandosi interamente del suo istinto di inventore e del suo senso pratico da americano.»

Quando Edison era già molto vecchio, giunse al punto di dire che, guardandosi indietro, il più grande errore che avesse mai commesso era quello di non aver mai rispettato Tesla o il suo lavoro. Questo giovò davvero poco ai loro rapporti pressoché inesistenti.

Tesla conosceva bene anche Robert Underwood Johnson. Aveva rapporti di amicizia con Francis Marion CrawfordStanford White, Fritz Lowenstein, George Scherff e Kenneth Swezey. Ciononostante, era considerato dai più un cinico.

Sessualità e relazioni

Tesla non fu mai sposato. Era celibe e asessuale e sostenne, come Newton, che la sua castità era molto utile alle sue doti scientifiche. Alla domanda se credesse nel matrimonio rispose:

«Per un artista, sì; per un musicista, sì; per uno scrittore, sì; ma per un inventore no. I primi tre possono prendere ispirazione dalla presenza femminile ed essere condotti dal loro amore verso risultati migliori. Un inventore possiede una natura così intensa, ricca di caratteristiche così selvagge e passionali che, nel dare sé stesso a una donna che potrebbe amare, perderebbe tutte le sue qualità. Credo che non siate in grado di citare alcuna grande invenzione fatta da un uomo sposato.»

Eccetto per le cene formali, egli mangiava sempre da solo, e mai, in alcuna circostanza, avrebbe cenato di sua spontanea volontà con una donna. Al Waldorf-Astoria e al famoso ristorante Delmonico’s selezionava sempre particolari tavoli in disparte, che erano riservati a lui. Anche se veniva sempre descritto come una persona attraente quando interagiva con gli altri, Tesla spesso fingeva nel suo comportamento. L’unica donna con cui ebbe un rapporto di affetto intenso, seppur platonico, fu Katharine MacMahon Johnson, moglie del suo amico Robert Underwood Johnson.

Vegetarianismo e animali

Negli ultimi anni della sua vita Tesla divenne integralmente vegetariano, nutrendosi solo di lattepanemielefrutta e succhi vegetali. Nel 1900 si era così espresso:

«Come principio generale, l’allevamento del bestiame come mezzo per fornire cibo è discutibile, perché, nel senso di cui sopra, indubbiamente porta all’aumento di una popolazione di una “velocità inferiore”. È certamente preferibile coltivare vegetali, e credo quindi che il vegetarianismo sia un allontanamento raccomandabile dalla radicata barbara abitudine. Che si possa vivere di alimenti vegetali e compiere il proprio lavoro ancora meglio non è una teoria, ma un fatto ben dimostrato. Molte razze che vivono quasi esclusivamente di verdure sono di corporatura e forza superiori. Non c’è dubbio che alcuni alimenti vegetali, come la farina d’avena, sono più economici della carne, e superiori ad essa per prestazioni meccaniche e mentali. Tali cibi superiori, inoltre, gravano decisamente meno sui nostri organi digestivi, e, rendendoci più contenti e socievoli, producono una quantità di bene difficile da stimare. Alla luce di questi fatti tutti gli sforzi dovrebbero essere fatti per fermare lo sfrenato e crudele massacro di animali, che è distruttivo per il nostro morale.

Era affascinato dagli animali, specialmente dai gatti (fu il gatto di famiglia che gli accese, da ragazzo, l’interesse verso l’elettricità statica e i fenomeni elettrici, dopo aver visto le scintille che si sprigionavano dal pelo quando veniva accarezzato), e dai piccioni domestici.

Eugenetica e visione del futuro

Come tanti in questo momento storico, Tesla, scapolo a vita, divenne un acceso sostenitore di una versione, autoimposta con la riproduzione selettiva, dell’eugenetica. In un’intervista del 1937, egli affermò:

«[…] il nuovo senso di compassione dell’uomo iniziò ad interferire con lo spietato meccanismo della natura. L’unico metodo compatibile con le nostre nozioni di civilizzazione e di razza è quello di impedire la proliferazione degli esseri non adatti per mezzo della sterilizzazione e della guida consapevole dell’istinto riproduttivo […]. Fra gli eugenisti, è opinione comune che bisognerebbe rendere più difficile il matrimonio. È innegabile che, a chiunque appaia come un genitore poco raccomandabile, dovrebbe essere proibita la generazione di figli. Nel giro di un secolo, il caso di una persona normale che si unisca con una eugeneticamente non adatta, sarà improbabile quanto il caso che la veda sposata ad un criminale incallito.»

Sosteneva che in futuro il mondo sarebbe stato dominato dalle donne, governato da “api regine”.

Disinteresse per il denaro

Lo scienziato mise da parte il suo primo milione di dollari all’età di 40 anni, ma donò quasi tutti i suoi diritti d’autore e di proprietà industriale sulle invenzioni future. Era poco concentrato nel gestire le sue finanze, completamente incurante della ricchezza materiale. Egli strappò addirittura un contratto con Westinghouse, che lo avrebbe reso il primo miliardario in dollari del mondo, in parte a causa delle implicazioni che questo avrebbe avuto sulla sua visione futura dell’energia libera, e in parte perché avrebbe escluso Westinghouse dal trattare gli affari direttamente, e Tesla non aveva alcuna intenzione di avere rapporti diretti con i clienti e i creditori.

Ossessioni e disturbi

«Diciotto tovaglioli di lino puliti erano come sempre impilati accanto al suo piatto. Nikola Tesla non sapeva spiegare la sua preferenza per i numeri divisibili per tre, più di quanto non riuscisse a spiegare la sua paura morbosa dei germi, né per quale motivo fosse perseguitato da una moltitudine di altre strane ossessioni che gli tormentavano la vita.»

Tesla, affetto da disturbo ossessivo-compulsivo, aveva numerose quanto inusuali abitudini e idiosincrasie. Era particolarmente fissato con il numero “tre” e i suoi multipli, ed esigeva che la camera d’albergo dove alloggiava avesse un numero divisibile per tre.

Si sa che egli era contrario alla gioielleria, specialmente, per motivi sconosciuti, alle collane di perle: nel 1893 gli fu presentata la sua ammiratrice Anne Morgan, figlia di J.P. Morgan. Tesla affermò poi che avrebbe avuto piacere di parlare con lei, ma quando vide i suoi orecchini di perle ne fu così disgustato che cominciò a digrignare i denti e da allora cercò sempre di evitarla

Era inoltre infastidito in maniera fobica dalle persone in sovrappeso o con obesità; pur essendo solitamente un uomo gentile e affabile, quando una delle sue segretarie, che era sovrappeso, urtò un tavolo facendo cadere a terra un oggetto, Tesla la licenziò in tronco, non cambiando idea nemmeno quando lei lo supplicò di riassumerla.

Soffriva di insonnia, e dormiva al massimo due ore per notte senza che questo gli causasse difficoltà nel lavoro, e di sinestesia, un disturbo neurologico per cui in corrispondenza di un’idea vedeva lampi di luce e a volte anche allucinazioni. Nel 1890 ebbe una crisi di amnesia a causa dello stress della guerra delle correnti tra Edison e Westinghouse, nonostante fosse nota la sua memoria eidetica prodigiosa. Mostrava anche, a detta di alcuni, caratteristiche tipiche della sindrome di Asperger, come la sua tendenza all’isolamento, la grande memoria, l’udito sviluppato, i suoi interessi specifici e ripetitivi, e il suo disinteresse per la sessualità] Tesla era anche molto severo circa l’igiene e la pulizia, in un periodo in cui un comportamento così estremo era visto come una stranezza. Era altamente meticoloso e organizzato, sovente lasciava note e appunti per gli altri, per evitare di dover riorganizzare i suoi lavori.

I piccioni di Tesla

Tesla era particolarmente ossessionato dai piccioni: ordinava speciali semi per i volatili che nutriva nel Central Park, portandone alcuni nella sua stanza in hotel; a volte i piccioni entravano dalla finestra aperta. Per sua volontà, visse gli ultimi anni della sua vita in una suite di due stanze al 33º piano del New Yorker Hotel, nella Room 3327, dove avrebbe chiesto di esser visitato quotidianamente da un particolare piccione femmina di colore bianco, di cui esiste anche una fotografia. Egli avrebbe affermato che il volatile era molto prezioso per lui. L’aneddoto racconta che un giorno del 1922, il piccione si ammalò; Nikola tentò di soccorrerlo per rimetterlo in salute, ma esso morì tra le sue braccia. L’inventore aveva posizioni contrastanti verso la religione; pur ammirando apertamente cristianesimo e buddhismo, credeva infatti che dovesse esserci una spiegazione scientifica per ogni cosa. Ma quando quel piccione bianco morì, Tesla giurava di aver visto una luce molto chiara venir fuori dai suoi occhi, così luminosa che nemmeno lui sarebbe riuscito a crearne una di pari intensità. Questo episodio lo portò a dichiarare, negli ultimi anni di vita, secondo alcuni in uno stato mentale ormai alterato, che il candido uccello fosse in origine qualcosa di spirituale. Tesla dichiarò: «Amavo quel piccione come un uomo ama una donna e anche lei mi amava. Finché è stato con me, la mia vita aveva uno scopo». Molti biografi annotano che Tesla considerò la morte del piccione come il “colpo finale” per lui e per il suo lavoro, che considerò ormai come finito.

Guerra

Lo scienziato credeva che la guerra non potesse essere evitata finché la causa del suo ritorno non fosse stata rimossa, ma si opponeva alle guerre, in generale. Egli cercava di ridurre le distanze, come nella comunicazione per una miglior comprensione, così nei trasporti e nella trasmissione dell’energia, come un modo per stringere amichevoli relazioni internazionali.

Egli predisse che:

«un giorno l’uomo connetterà il suo apparato con i moti originari dell’universo… e le vere forze che spingono i pianeti sulle loro orbite e li fanno ruotare spingeranno i suoi macchinari.»

Istruzione

Tesla era un poliglotta. Accanto al serbo e al croato, conosceva perfettamente altre sette lingue: il ceco, l’inglese, il francese, il tedesco, l’ungherese, l’italiano e il latino.

Lauree e diplomi universitari

Tesla studiò matematicafisica e ingegneria alla Scuola Politecnica di Graz, in Austria, l’odierna Technische Universität Graz. Due fonti sostengono che egli ricevette la laurea magistrale dall’Università di Graz. L’Ateneo nega di avergli conferito tale titolo e informa che egli non proseguì mai gli studi oltre il primo semestre del suo terzo anno, durante il quale Tesla smise di seguire le lezioni. Altri affermano che l’inventore fu espulso senza aver conseguito la laurea per il mancato pagamento delle tasse universitarie del primo semestre del primo anno da matricola.] Secondo un suo compagno di stanza nel college, egli non ottenne alcun titolo universitario. Tesla fu persuaso più tardi dal padre ad iscriversi all’Università Carolino-Ferdinandea di Praga, che egli frequentò per la sessione estiva del 1880. Dopo la morte del padre, si trasferì a Budapest nel gennaio del 1881, dove trovò un impiego come progettista e disegnatore all’Ufficio telegrafico centrale.

Doctor Honoris Causa

Per il suo lavoro Tesla ricevette numerose lauree honoris causa da molti Atenei, tra i quali: Columbia UniversityTechnische Universität GrazUniversità di ZagabriaIstituto Politecnico di BucarestUniversità di BelgradoUniversità di BrnoUniversità di GrenobleUniversità di ParigiUniversità di PoitiersUniversità Carolina di PragaUniversità di SofiaTechnische Universität Wien, e Yale University.

Interessi culturali

Grande appassionato di letteratura fin da ragazzo, nella sua autobiografia cita in particolare il romanzo Abafi (“Il figlio di Aba”) dell’ungherese Miklós Jósika come una delle letture più importanti della sua vita, e che avrebbe comportato una svolta nettissima nella sua esistenza, ispirandogli il suo celebre “autocontrollo”.

Numero1465 (dal Numero1465 al Numero1455: la serie completa).

Sulla supposta scomparsa di Ettore Majorana si sono scritti decine e decine di libri e sono presenti, su YOUTUBE, innumerevoli documentari, conferenze, interviste, recensioni. Ma, in questi ultimi anni, sono affiorate delle verità, a dir poco, sconvolgenti e che riguardano, molto da vicino, la soluzione di problemi di stringente attualità, come quelli delle condizioni biologiche e climatiche della terra. Il personaggio tramite, fra Ettore Majorana e il mondo è Rolando Pelizza. Nato nel 1938 a Chiari, nel Bresciano, di buona famiglia benestante di commercianti, nel campo delle calzature, ebbe modo di essere avvicinato, nel 1958, quasi per caso, in un convento della Sila Calabrese, la Certosa di Serra San Bruno (Provincia di Vibo Valentia), da un frate certosino, che frate non era, ma che vestiva il saio, per dissimulare la propria condizione laicale: si trattava di Ettore Majorana. Su come si sono svolte le cose, da quell’incontro in poi, ci sono, anche qui, decine di racconti, di libri, di filmati, di dichiarazioni e di sviluppi, che niente hanno da invidiare ai più immaginifici parti della fantasia, o della fantascienza vera e propria. La realtà è sempre, come dice Dostojevski, più inverosimile della fantasia. Invito chi è curioso di approfondire, a guardarsi, con santa pazienza, (si tratta di filmati che durano ore) su YOUTUBE, tutto ciò che concerne la vicenda del rapporto Majorana- Pelizza. In particolare, quello che riguarda la messa a punto e la realizzazione della cosiddetta “Macchina” di Majorana. Annuncio, senza clamore, ma molto sommessamente, che chi vorrà documentarsi resterà sbalordito. Io stesso, che seguo questo argomento da almeno 5 anni, ogni volta che leggo un aggiornamento, resto esterrefatto.
Qui, di seguito, riporto una dichiarazione di Rolando Pelizza, che non mancherà di suscitare, se non scalpore, almeno interesse e curiosità.

Sono Rolando Pelizza e questa vicenda ebbe inizio nel 1958, quando avevo venti anni.

Dopo un breve periodo di frequentazione con il Prof. Majorana e di apprendimento dei “Suoi” rivoluzionari principi di matematica e fisica, Egli mi disse: “se decidi di seguire i miei insegnamenti, sappi che dovrai lavorare intensamente, ed a risultato raggiunto potresti avere molti problemi”.

Accettai senza tentennamenti e riserva alcuna: ero entusiasta e lusingato di quanto mi stava accadendo.

Oggi sono trascorsi 59 anni e la predizione di Ettore si è pienamente avverata.

Con grande amarezza dichiaro quanto segue…

Oltre mezzo secolo di studi da parte di Ettore Majorana e di mie sperimentazioni hanno permesso la realizzazione di una macchina che avrebbe potuto portare benessere ed incalcolabili benefici all’Umanità.

Essendo la realizzazione pratica di nuovi principi di matematica e di fisica che tuttora non trovano riscontro nelle conoscenze ufficiali, questa scoperta è in grado di produrre calore praticamente a costo zero (essendo alimentata solamente da una batteria da 12 volt) e successivamente utilizzarlo per produrre energia elettrica. Inoltre può trasmutare qualsiasi elemento della materia in un altro. Gli impieghi, come ben si può immaginare, sarebbero innumerevoli, basti pensare che potrebbe eliminare l’anidride carbonica nell’atmosfera e ricostruire lo strato di ozono, che ormai sappiamo essere insufficiente per la protezione del nostro pianeta dai raggi solari. Devo purtroppo usare il condizionale in quanto l’Umanità è stata privata di tutti questi possibili benefici a causa del volere di pochi.

Nel rendere pubblici gli esperimenti da me eseguiti per mettere a punto la “macchina”, mi sono sempre raccomandato che fossero evidenziati gli scopi di questa mia scelta, ossia

  • che questo fosse l’unico modo per rendere tutti consapevoli delle grandi opportunità che la realizzazione della macchina offriva
  • che il grande merito scientifico dell’elaborazione della teoria fisica sulla quale si basa la “macchina” non è dovuto a me, bensì a Ettore Majorana
  • che, ancor prima che uno “strumento”, questa è da considerarsi un grande dono che Dio ha concesso a tutta l’Umanità, dono che non dovrà mai essere utilizzato per accrescere il potere di questo o quell’altro “grande” della Terra, inteso come Stato o Centro di potere. Al contrario, dovrà essere gestito a vantaggio di tutti gli esseri del creato, proiettandoli verso un futuro migliore o meglio garantendo loro un futuro, visto che il nostro è seriamente messo a grave rischio.
    Purtroppo questo straordinario ritrovato tecnologico, la “macchina”, già dai primi esperimenti non fu considerato come strumento utile all’Umanità intera, ma pressoché unicamente come “arma” dagli effetti sconvolgenti, in grado di modificare gli equilibri mondiali. Il risultato fu che si crearono bramosie, si configurarono intrighi e furono messi in atto veri e propri ricatti nei confronti miei e del mio Maestro. Oltretutto, siamo stati oggetto di reiterati e sistematici furti di documenti, materiali, prototipi e “macchine” già completate.
    La mia conoscenza e frequentazione, sia pur saltuaria, con Ettore è stata dimostrata sia direttamente tramite foto, filmati e documenti eccezionali presenti in questo sito (e ancora di più nel libro “2006: Majorana era vivo!” , che riprende e amplia i precedenti due libri “Il Dito di Dio”, “Il Segreto di Majorana, due uomini una macchina“). A questi si aggiungono una serie di esperimenti da me eseguiti su indicazione del mio Maestro, che restano ancora oggi incomprensibili ai più preparati fisici.
    Fin dall’inizio, siamo stati costantemente ostacolati ed è stata impedita qualsiasi nostra iniziativa o applicazione pratica della ”macchina” per il beneficio collettivo. Non solo, anche le mie iniziative imprenditoriali sono state sistematicamente boicottate, anche se nulla avevano a che vedere con questa. Un esempio: già nel 1972 avevo messo a punto una spugna idrorepellente e oleofila in grado di assorbire in modo ecologico eventuali versamenti di idrocarburi nelle acque in caso di disastri ambientali; profondamente immerso nei miei esperimenti sulla “macchina” in quegli anni non ebbi modo di commercializzarla. Nel 2007 gli stessi che mi osteggiavano nei miei progetti umanitari mi proposero, in cambio dei materiali che avevo prodotto, un pagamento dell’ordine del 50% del valore. Per giustificare questo pagamento proposero di notiziare il know how della spugna creando così il contesto per giustificare il pagamento. Venne così organizzata, da miei conoscenti, una mia intervista con il giornalista Dott Colavolpe sull’argomento “spugna”, andata in onda su RAI2, che non mi procurò nient’altro che un’ulteriore inutile attesa del mantenimento di tante promesse.L’ultimo episodio di vera e propria vessazione nei miei confronti è avvenuto quando un gruppo armato si presentò a noi intimandoci di seguirli per una destinazione non specificata; Ettore si oppose fermamente temendo per la probabile separazione dalla mia famiglia e si offrì di seguirli spontaneamente in cambio della mia libertà. Così avvenne e in quell’occasione ci furono sottratte due macchine complete ed una in costruzione, oltre agli scritti del maestro riportanti i suoi progressi nel perfezionamento della IV fase dell’utilizzo della “macchina”.Nell’anno 2000, Majorana in una lettera mi esortò ad abbandonare ogni progetto riguardante la “macchina” poiché temeva per la mia incolumità e pensava che di fronte a certe potenze tutto sarebbe stato vano. Io proseguii per la mia strada seguendo la mia coscienza, che non mi permetteva di abbandonare un progetto così importante per l’Umanità che ora, con il senno di poi, devo considerare ahimè solo come un enorme insieme di problemi e traversie che hanno costellato la mia vita, impedendomi di vivere a fondo il rapporto con i miei cari, un diritto di cui ogni uomo dovrebbe poter godere. Nel 2014 ho rivolto un pubblico appello a tutti gli uomini liberi e di buona volontà. Ho divulgato l’esistenza di questa tecnologia di cui ho dato ampia dimostrazione a ben 3 stati (gli USA, l’Italia, il Belgio di fronte alla stessa Nato), ho anche spiegato le sue applicazioni concrete che potrebbero migliorare, o meglio, salvaguardare l’esistenza dell’Umanità, come voleva Ettore Majorana e come voglio io che l’ho costruita. Non chiedevo finanziamenti, ma la possibilità di metterla a disposizione per tutti i possibili usi pacifici e a vantaggio innanzitutto del mio Paese, dell’Europa e di tutto il resto del mondo, ma questo mio appello, probabilmente per contrari interessi superiori, è rimasto “lettera morta”. Ora sono logorato da tanti anni di ricatti e battaglie con i maggiori gruppi di potere, i quali hanno già avuto e vorrebbero continuare a pretendere di avere gli esclusivi benefici dell’uso di questa “macchina”. D’ora in poi mi dedicherò solo allo sviluppo ed alla commercializzazione di altre mie invenzioni tecnologiche a cominciare dalla “spugna”. Lo devo innanzitutto ai miei cari, a me stesso e anche a Ettore Majorana che già mi aveva esortato di abbandonare il progetto “macchina”. Con oggi ho deciso quindi di non fare più nulla che sia inerente a questa scoperta e ho distrutto tutto ciò che mi era rimasto del progetto, compresi alcuni codici indispensabili per l’utilizzo della “macchina”.

Con tanta amarezza, Rolando Pelizza

P.S.: I documenti, filmati e fotografie sono copie degli unici originali di esclusiva proprietà di Rolando Pelizza. Tutto il materiale pubblicato e stato periziato da esperti qualificati che ne confermano l’origine, senza aver subito alterazioni. Chi volesse copiare o riprodurre il materiale in questione può farlo solo a condizione di citarne la fonte, non alterarne in nessun modo il contenuto e non utilizzarlo per fini commerciali. Questo è l’unico sito ufficiale di Rolando Pelizza, e qualsiasi pubblicazione presente nel web non può essere a lui attribuita, né direttamente riconducibile.

Il sito non ha personale che cura e risponde agli eventuali quesiti che porrete, e quindi ci scusiamo fin d’ora se non riceverete puntuale risposta ai vostri post.
Nei limiti del possibile potremo eventualmente rispondere solo ad alcuni di essi.

 

Numero1464 (dal Numero1465 al Numero1455: la serie completa).

I   RAGAZZI  DI  VIA  PANISPERNA

Il gruppo nacque grazie all’interessamento di Orso Mario Corbino, fisico, già ministro, senatore e direttore dell’Istituto di Fisica dell’Università di Roma, in Via Panisperna, il quale riconobbe le qualità di Enrico Fermi e si adoperò perché fosse istituita per lui, nel 1926, la prima cattedra italiana di Fisica Teorica. Per il settore sperimentale, Fermi potè contare su un gruppo di giovani  fisici, a partire dal 1929: Edoardo Amaldi, Franco Rasetti, Emilio Segrè, ai quali, nel 1934 si aggiunsero Bruno Pontecorvo, il chimico Oscar D’Agostino e, nel campo teorico., spiccava la figura di quello che ,oggi, viene considerato il più grande scienziato dell’era moderna, nel campo della Fisica teorica: Ettore Majorana.

Una curiosità: quasi tutti avevano dei nomignoli, mediati in gran parte dalla gerarchia ecclesiastica.
Enrico Fermi era “Il Papa”.
Franco Rasetti, che spesso sostituiva Fermi, era “Il Cardinale Vicario”.
Orso Mario Corbino, il fondatore dell’Istituto, era “il Padreterno”.
Emilio Segrè, per il suo carattere mordace, era “Il Basilisco”.
Edoardo Amaldi, dalle delicate fattezze femminee, era chiamato “Gote rosse” o “Adone”.
A Ettore Majorana, per il carattere critico e scontroso, ma, allo stesso tempo, autocritico e modesto, fu affibbiato il nomignolo di “Il grande Inquisitore”.

Numero1463 (dal Numero1465 al Numero1455: la serie completa).

Cosa è capace di fare la “Macchina” di Majorana- Pelizza:

Molto schematicamente, la macchina progettata teoricamente da Ettore Majorana e realizzata, praticamente da solo, da Rolando Pelizza è in grado di concretizzare 4 fasi:

FASE 1

Annichilazione selettiva della materia, mediante emissione di un fascio di positroni. Si lavora sull’antimateria. Energia richiesta per attivare la macchina: una batteria da automobile utilitaria (circa 40 watt). Scorie prodotte: zero. Emissioni radioattive (raggi gamma, ad esempio): zero.

FASE 2

Riscaldamento della materia ad una temperatura controllabile, attraverso la taratura dello “spin” delle particelle, per gli utilizzi tecnologici più svariati (pensiamo, ad esempio, alle centrali termoelettriche).

FASE 3

Trasmutazione della materia, di qualunque tipo (tutti i 96 elementi chimici della tabella di Mendeleev). Nei filmati, prodotti come prove, si realizza la trasformazione di cubi di polistirolo espanso, la comune gommapiuma, (peso specifico circa 15 g/dm cubo), di 15 cm di lato e, quindi di peso di circa 50 grammi, in cubi di oro delle stesse dimensioni, del peso di 65 Kg ciascuno (il peso specifico dell’oro è 19,25 Kg/dm cubo).

FASE 4

Traslazione di qualunque corpo fisico materiale in una, o più, altre dimensioni. Noi ne conosciamo 4: 3 sono quelle “spaziali”, 1 è quella “temporale”. Ebbene, è possibile spostare, ad esempio anche cronologicamente, un corpo, anche umano, avanti e indietro nel tempo.
La “Nuova Fisica” di Majorana contempla l’esistenza di ben 11 dimensioni. 

Vi chiederete: questa è scienza , fantascienza o fantascemenza?

Datevi una risposta da soli, dopo, però, esservi documentati meglio, sulle vicende di questo stupefacente “giallo” storico/scientifico che è ancora in atto.

Numero1462 (dal Numero1465 al Numero1455. la serie completa).

 

LA MACCHINA

La “Macchina”: le origini nella sintesi dell’unica realtà storica.

Nell’anno 1972, dopo tanto lavoro personale e notevolissimo impegno finanziario (ben 228 prototipi di macchine andarono distrutte nelle numerose prove), Rolando Pelizza ebbe finalmente la conferma del funzionamento della sua “macchina”, che aveva realizzato applicando concretamente quei principi di fisica elaborati da Ettore Majorana, il quale ne aveva costantemente supervisionato gli sviluppi.

Il primo esperimento pratico al di fuori del suo laboratorio venne eseguito da Rolando in gran segreto ed in piena solitudine, in montagna, dove nel raggio di molti chilometri non era presente alcun essere umano, ed il fascio che uscì dalla macchina, nel punto dove era stato diretto, provocò una fiammata di notevole intensità ed un grande foro nella roccia: dopo qualche secondo, tutto era gradatamente tornato alla normalità, ma l’impressione e lo sgomento furono fortissimi, tanto che Egli si rese conto che la macchina necessitava ancora di laboriosi interventi di regolazione e messa a punto.

Successivamente, in occasione di una singolare ed assurda vicenda anche giudiziaria nella quale era stato incolpevolmente coinvolto, dalla quale uscì comunque indenne, Rolando ebbe la percezione che qualcuno avesse scoperto il risultato del suo primo esperimento segreto, e quindi di essere stato controllato e poi “incastrato”.

Nel 1976, il funzionamento della macchina per la prima fase era ormai a punto, Rolando decide di riunire le persone che riteneva a Lui più vicine: Pietro Panetta, Antonio Taini, Mario Calvi e Massimo Pugliese, con l’intento di renderli partecipi alla sua scoperta e segnalare le sue sensazioni in merito a quanto a lui accaduto.

Comunica loro l’esistenza della sua macchina e cosa in quel momento era in grado di fare, precisando tuttavia che non era disposto ad alcun accordo per il suo sfruttamento, fino al momento in cui fosse riuscito ad evolvere i poteri della macchina da distruttivi alla sola generazione di energia. In altre parole, essa non doveva essere utilizzata come arma. Imponeva quindi ai partecipanti di impegnarsi a questo fine, ed a non prendere nessuna iniziativa, senza aver preventivamente concordato una strategia operativa.

La riunione fu sciolta con stupore innanzitutto, unito ad una entusiastica soddisfazione, ma comunque con l’impegno di tutti alla massima riservatezza.

Tutti rispettarono l’impegno assunto, ad eccezione di Massimo Pugliese, il quale, si venne a sapere poi solo molto tempo dopo, era segretamente assegnato ai Servizi Segreti Italiani, all’epoca comandati dal gen. Santovito ed asserviti a quelli americani. Tale divieto per lui equivalse a dire: “parti come un missile e vai all’Ambasciata Americana”. La conferma dell’operato di Pugliese viene dimostrata dai documenti segreti che provano il coinvolgimento degli USA in questa vicenda, ormai diffusi dal  sito WikiLeaks di Julian Assange, laddove si rinvengono tre documenti con oggetto “Possibile generatore ad alta energia” (Vedi allegati).

Subito dopo Rolando Pelizza, ignaro della duplice veste di spia dell’amico Pugliese, si faceva convincere a fornire la prova delle capacità della macchina, tanto che venivano concordati ed eseguiti i seguenti esperimenti:

  1. Il 16 giugno 1976 viene tele tramesso sul canale CH, dal monte Baremone, un esperimento su di una lastra di ferro di oltre un centimetro di spessore, di circa 90 Kg, il cui effetto è stato quello di produrre un foro delle dimensioni di più di 10 cm. La trasmissione fu vista a distanza a Brescia da due postazioni: in una erano presenti Antonio Taini, Mario Calvi e l’allora Sindaco di Brescia Guido Boni; nell’altra Piero Panetta, Massimo Pugliese e il collega d’arma Guido Giuliani. Non sono state eseguite registrazioni audio e neppure video.
  2. Il 18 agosto 1976 viene eseguito un secondo esperimento – vedi allegato (Film_01_01h264.mp4), che finisce nelle mani di John Louis Manniello, consulente per gli affari scientifici e tecnologici dell’ambasciata Usa a Roma. I dettagli sono documentati sul sito WikiLeaks (Vedi i documenti).
  3. Il 26 novembre 1976 si eseguono le prove indicate dal Prof. Ezio Clementel, allora Presidente del CNEN vedi allegato (Film_02_01h264.mp4). Quanto al loro esito vedi (Esito-Clementel).

Infatti, tra agosto e novembre, Pugliese cerca in tutti i modi di rientrare in scena dopo gli insuccessi con gli americani. Si fa accreditare dall’On. Flaminio Piccoli che lo indirizza al Presidente del CNEN (Comitato Nazionale per l’Energia) Ezio Clementel. A dare manforte viene interessato anche l’Onorevole Loris Fortuna. Inizia così l’interessamento del Governo Italiano, Tramite il Ministro Plenipotenziario Antonio Mancini incaricato di seguire gli sviluppi.

Contestualmente, propone ad un imprenditore sardo, Giuseppe Piras, di investire in questa ricerca prospettandogli che con qualche centinaio di milioni (di vecchie lire) avrebbe acquisito una partecipazione che gli avrebbe fruttato svariati miliardi (sempre di vecchie lire): Piras, per poter finanziare l’operazione, ricorre a suoi conoscenti in Belgio.

Questa è un’estrema e quindi frammentaria sintesi dei fatti fino al 1976, ormai inutili ai nostri attuali fini, ma utile per comprendere il susseguirsi della vicenda fino ai giorni nostri. Per coloro che volessero approfondire possono consultare il libro “Il Dito di Dio” di Alfredo Ravelli.

Il successivo e quarto esperimento, documentato e filmato alla presenza di un Notaio, si tenne il 29/30 aprile 1977, nel laboratorio di Rolando in Chiari, e consisteva nel riscaldare una lastrina di rame e portare ad ebollizione l’acqua contenuta in un vaso. Il 29 aprile, in tarda serata, il notaio Leroy, Pelizza e Panetta, mostravano la macchina alimentata da una batteria ed i materiali che si sarebbero utilizzati (vedi Film_03_01h264.mp4 a un minuto e 35). Il giorno successivo, la prova vera e propria avvenne in presenza di Roger Goeders, delegato in sostituzione del notaio Leroy, Giuseppe Piras, Pierluigi Bossoni, Pietro Panetta, Antonio Taini e Rolando Pelizza che operava sulla macchina. La prima prova andò bene, nel senso che la macchina portò ad immediato riscaldamento la lastrina di rame, mentre la seconda prova sull’acqua, per un errore di Piras che dette l’impulso in ritardo, fu inevitabile l’implosione. (Si consiglia di vedere i filmati ripresi da due prospettive diverse: la prima andata a buon fine (Film_03_01h264.mp4 a minuti 2:40), e la seconda che ha causato l’implosione della macchina (Film_04_01h264.mp4). La nota importante di questo episodio consiste nella conferma del funzionamento della fase “DUE”, ossia il riscaldamento della materia senza usura e/o radiazioni.

Contemporaneamente erano state avviate le trattative con emissari del Governo belga.  Il 9 giugno 1977, sul monte Baremone, in un vecchio e abbandonato forte alpino ebbe luogo un esperimento che consisteva nell’indirizzare il fascio distruttivo su un grosso pezzo di cemento armato a considerevole distanza. La prova ebbe esito positivo alla presenza di Piras, Taini, Bossoni, Panetta e l’emissario belga, tecnico di raggi laser, Colonnello Jack Leclerc, che con cura posizionava le bombolette di vernice spray a meno di un metro ai lati del masso di cemento. Finita la prova le bombolette sono rimaste al loro posto senza subire nessun spostamento d’aria. A quel punto Leclerc commentò: “dirò a Bastogne di buttar via i carri armati”. Il filmato ripreso e realizzato da Leclerc fu consegnato alle Autorità belghe.

Si arriva all’accordo col Governo del Belgio del 5 agosto 1977, che fu sottoscritto dall’allora presidente Tindemans, da Rolando Pelizza, dall’Avvocato dello Stato Belga Jean Ronse, e da Pierluigi Bossone, per conto della “Exclusive”, società fiduciaria di Rolando costituita per l’occasione.

Il contratto prevedeva la costituzione di una nuova società mista tra Belgio ed Exclusive, dove, in sintesi, il Belgio avrebbe conferito la somma di cinque miliardi di franchi belgi, oltre all’impegno di finanziare la necessaria ricerca per il perfezionamento della macchina, acquisendo così il 50% di partecipazione: il tutto condizionato all’esito positivo di una serie di esperimenti da eseguirsi in Belgio entro maggio 1978.

Fin dai primi accordi veniva chiaramente precisato che la macchina non avrebbe potuto essere in alcun modo utilizzata ai fini bellici, e ulteriore impegno, da parte dello stato, a non applicare la clausola di confisca per pubblica utilità.

Veniva quindi dato corso al deposito dei documenti descrittivi della costruzione della macchina presso una cassetta di sicurezza nella Banque General del Belgio, con due chiavi per accedere ed una password di 4 cifre, di cui due a conoscenza di Pelizza.

Riesaminando attentamente il contratto, stilato in lingua francese, ci si rendeva tuttavia conto che con una clausola piuttosto “ambigua”, lo Stato Belga non rinunciava alla facoltà di confisca per pubblica utilità, ma veniva pattuito come “impegno tra gentiluomini” con i Ministri firmatari. Lasciando così aperta la possibilità di una potenziale utilizzazione per quei fini che Rolando voleva fermamente escludere.

Ne nasce un contenzioso “informale”, in conseguenza del quale, dopo vari incontri tra Piero Panetta che deteneva il 95% delle quote della Exclusive, ed il prof. Avv. Jean Ronse, si giungeva alla conclusione che non essendo possibile per motivi “politici” ritrattare e modificare il contratto firmato, si sarebbe dato egualmente corso alla sua esecuzione, ma laddove l’esperimento non avesse avuto esito positivo questo sarebbe stato “annullato”.

Il giorno della prova erano presenti: Pelizza, il ministro Mancini, Adonnino, Bossoni e Panetta da una parte, e Piras, Loroy, Leclerc dall’altra, unitamente ad altri osservatori da parte belga ed italiana, compreso il Prof. Ezio Clementel. Dopo alcune prove, che dettero esito positivo, nell’eseguire il programmato protocollo la macchina implose, generando un gran fumo bianco nel bunker dove era stata posta. Subito dopo arrivava il Prof. Avv. Jean Ronse, con la lettera in mano “già pronta” che annullava il contratto e qualsiasi trattativa. Nella consueta stretta di mano di commiato, Egli, rivolgendosi in disparte a Pelizza e Panetta, aggiungeva “per voi la porta è sempre aperta”.

Si chiuse così questa vicenda, con la grande delusione di chi già pregustava lauti incassi, e certamente con un certo rammarico anche da parte di Rolando per essere stato oggetto di un tentato “raggiro”, ma con la soddisfazione di aver evitato il peggio!

Alcuni anni dopo, il 21 marzo 1981, con Mancini, Adonnino e Panetta, Rolando sperimentava positivamente la seconda fase di riscaldamento nel laboratorio di Chiari, portando in ebollizione l’acqua in circolo in tubi di PVC. Il Ministro Mancini, entusiasta, scriveva sulla macchina: “Inizio nuova era” controfirmato da tutti i presenti. Egli, fervido sostenitore del progetto, comunicava ai suoi “capi” l’esito positivo di quanto era stato testimone oculare con Adonnino. Tuttavia, dall’alto, gli consigliavano di riportare le funzioni della macchina allo stato distruttivo per impieghi più “immediati”. Seppur contrariato, riportava il messaggio a Rolando e questi costruisce la macchina visibile nell’allegato filmato (Film_05_01h264.mp4), la quale, portata in montagna per l’ennesima prova, viene puntata sul monte opposto con l’effetto di provocare un visibile bagliore e un foro di circa due metri di lato. Tutto ciò alla presenza di Mancini che verificava gli effetti con un binocolo e di Panetta. Tornati poi in sede, il mattino seguente Rolando consegnava a Mancini la mannaia da egli fornita ed il mattone usato per la prova di laboratorio: entrambi erano stati “bucati” (vedi Mattone e Mannaia). Questa era la risposta e l’avvertimento di Rolando al messaggio pervenuto dai “capi” di Mancini, ovvero la conferma che la macchina poteva tornare in ogni momento ad essere distruttiva come richiesto, ma sarebbe stata a sua volta distrutta dopo le prove.

Sempre nel 1981 seguirono altre prove in montagna alla presenza del Dott. Carlo Rocchi (CIA) e del suo collaboratore Daniele Brunella, ma i filmati e le fotografie sono rimaste in loro possesso.


P.S.: Il Film_dvd_stanley_productions, citato nella perizia per esigenze di server è stato posto su YouTube. Ripropone i filmati già trattati sopra, ma più completi. Precisiamo che tutti i filmati sono stati adattati alla migliore visione sul WEB.

Numero1461 (dal Numero1465 al Numero 1455: la serie completa).

 

Chi è Rolando Pelizza.

PELIZZA: LE ATTIVITÀ

Le “altre” molteplici attività imprenditoriali di Rolando Pelizza.

Si può dire senza tema di smentite che egli si dedicò ed ebbe come unico scopo della sua vita e della sua attività (pur nel turbinio delle vicende e delle difficoltà) la costruzione della macchina ideata da Ettore Majorana. Tutto il suo tempo e la sua genialità erano rivolti a questo scopo.

Per il raggiungimento di questo grande obiettivo impiegò ogni mezzo economico a sua disposizione. Ogni attività fu concepita esclusivamente per avere i mezzi economici necessari a realizzare il suo primario obiettivo.

All’inizio nel 1964 iniziò ad utilizzare le cospicue risorse finanziarie familiari, ben 875 milioni di lire, una cifra ingentissima per quei tempi. Ben presto, esaurite queste riserve, ricorse alla sua imprenditorialità per generare altri introiti.

Così, già intorno negli anni ’63/64 del secolo scorso, Rolando ebbe la genialità di produrre, per primo, tomaie per scarpe in materiale plastico, con vari colori, che applicò a sandali e calzature da mare. Fu il primo a dare a questi prodotti colori vivaci e diversificati, impiegando una sua particolare tecnica, divenuta in seguito di dominio pubblico.

Brevettò e applicò la stessa tecnica di colore ai palloni di plastica prima, e poi anche a quelli in cuoio, usati nel calcio professionale.

Sempre nel campo delle calzature, preparò una particolare suola di “gomma a scatola” per scarpe normali. Si deve a lui se, ancor oggi, in questo settore si può risparmiare sui costi di produzione.

Nell’ambito delle calzature sportive brevettò invece le prime suole di gomma per calciatori.

Brevettò inoltre un particolare filo di acciaio ricoperto in PVC sintetico, utilizzabile per coperture mimetiche.

Brevettò una particolare resina che poteva inglobare edifici, principalmente storici, al fine di proteggerli da possibili crolli durante la fase di manutenzione.

Mise a punto una nuova mescola che poteva essere utilizzata anche per pavimenti, rendendo il tutto quasi indistruttibile al consumo.

In Spagna, come compenso per la cessione di un suo brevetto nell’ambito delle materie plastiche, acquisì la collezione d’Arte Cobo di Siviglia, composta da 193 quadri antichi, opere interessantissime e di notevole valore, che gli venne tuttavia in gran parte sottratta durante le traversie di quegli anni.

La sua imprenditorialità non venne mai meno anche nei momenti più difficili.

Fino al 1979 aveva gestito lo sviluppo e la valorizzazione delle sue tecnologie mediante la società Test-Uno spa; intestò poi alle società produttive dell’organigramma le varie opportunità tecnologiche di cui disponeva e di cui si sentiva sicuro per i brevetti che aveva già trattato.

Una di queste società instaurò una collaborazione con la Montedison, da cui derivò la produzione, per la consociata Rol Oil, di un contenitore monoblocco in plastica dalla capacità inusuale, per quei tempi, di mille litri. Questo manufatto sopportava altri due contenitori sovrapposti, naturalmente carichi, senza cedimenti.

A Brescia, in via Reverberi 36, Rolando aprì, con un’altra società, uno stabilimento che risultava essere all’avanguardia nel settore in cui andava ad operare. Riusciva a produrre PVC di qualità attingendo a materia di scarto, che non solo non costava nulla, anzi i grandi produttori come la Montedison pagavano le Imprese il suo smaltimento.

Strinse un accordo con la Montedison, tramite la consociata Marco Polo, per il trattamento e il recupero dei fanghi in PVC, altamente inquinanti, rilasciati nelle vasche di decantazione a Porto Marghera e poi recuperati come riutilizzabili anche per attività in cui necessitavano materie di prima qualità.

Rolando, tramite il Prof. Luigi Brolio, fece un accordo con la Lys Fusion spa di Hone (Aosta), la quale partecipava alla realizzazione di parti di autoveicoli nel progetto denominato VSS, riguardante parti in plastica per le autovetture. In tale ambito fu fornito dalla società aostana un cofano anteriore dell’autovettura Ritmo, in lamiera, e dopo soli otto giorni fu restituito un cofano identico in materiale plastico, frutto dell’ingegno di Rolando, che il centro controllo FIAT sottoponeva alle prove di torsione e resistenza, il cui esito superava di cento chilogrammi la prova di trazione comparata rispetto al cofano di lamiera.

Altro grande ed attualissimo ritrovato tecnologico di Rolando Pelizza è la “spugna”, risalente al 1972, che è in grado di assorbire gli idrocarburi che si siano riversati in acqua. Le sue caratteristiche sono spiegate nei filmato allegato, ed in merito a questo innovativo prodotto già nel 2007 Rolando era stato intervistato dal giornalista RAI Dott. Giulio Colavolpe.

Più di recente, congiuntamente all’amico Dott. Giuseppe Peroni, esperto e già consulente di importanti aziende nel settore della plastica. E da Peroni che Rolando ha appreso, fin dagli anni ’60, le importanti conoscenze sui materiali plastici. Oggi Peroni e Rolando hanno brevettato questo straordinario ritrovato sotto il nome della Test 1 s.r.l. Basti pensare che questa “spugna” ha una grande capacità di assorbimento: un chilo di spugna può assorbire 30 chilogrammi di idrocarburi versati nelle acque, i quali possono poi essere interamente recuperati mediante un processo di semplice “strizzatura” della spugna medesima!

Ebbene, nonostante questo prodotto sia in grado di risolvere anche i grandi disastri ambientali causati dalla perdita dei pozzi di petrolio e delle gigantesche petroliere, e nonostante le attestazioni altamente positive di laboratori qualificati e indipendenti al massimo livello, nonché di Enti come ad esempio l’ENI, ogni tentativo di commercializzazione su larga scala, dopo i preliminari ed entusiastici accordi con i grandi gruppi interessati si “dissolve” inspiegabilmente nel nulla di fatto.  Il motivo?

Sta nei fatti precedentemente esposti e soprattutto in quelli che seguono.

Numero1460 (dal Numero1465 al numero1455: la serie completa).

 

Qui, di seguito, una straordinaria comunicazione di Rolando Pelizza. Sul contenuto del “messaggio” pretendo da tutti i lettori il massimo rispetto
umano e la più completa, incondizionata, onestà intellettuale.

Oltre la scienza
Nei miei incontri con Ettore Majorana, ho ricevuto da lui insegnamenti riguardo
la sua “nuova” matematica e sulla base di questa ho potuto costruire la
“macchina” da lui progettata, ma anche raggiungere sperimentalmente la terza fase della sua teoria: la trasmutazione della materia.
Ora mi preme evidenziare che l’insegnamento che ho ricevuto non è stato completato e questo non tanto per le vicissitudini della mia vita (chi ha letto la parte della mia biografia finora pubblicata se ne renderà ben conto), ma soprattutto per un preciso “vincolo” che era stato dato al Maestro. Dunque, le nozioni matematiche che mi ha trasmesso si sono limitate al 66% della sua conoscenza; che ci fosse questo vincolo ne ho piena certezza, non solo per quanto mi disse Ettore, ma anche per un altro avvenimento che accadde
nell’anno 2006. Anche per un solo breve accenno di questo episodio devo dare alcune spiegazioni.
Non è stato semplice costruire la “macchina”, si trattava pur sempre di agire
sull’antimateria! Basti pensare che ne ho distrutte ben 228 nel periodo attorno agli anni ’70 prima di ottenere per la prima volta l’annichilazione degli elementi.
Le difficoltà tecniche erano enormi, risolto un problema ne sorgeva un altro e ogniqualvolta mi capitava di addormentarmi con la preoccupazione di non riuscire a risolverlo, immancabilmente il mattino la soluzione era lì chiara, nella mia testa. All’inizio pensai che di notte la mia mente, pur nel riposo notturno, lavorasse alla risoluzione del problema. Poi ebbi, e non dormivo, delle fugaci visioni. Non riuscivo neppure a interloquire con queste presenze che subito svanivano, ma già nella mia mente c’era la soluzione del problema tecnico riguardante la “macchina”. Al mattino tutto veniva risolto, i suggerimenti erano
esatti. Raccontai questi eventi al mio confessore spirituale, Don Galli, che a Chiari aveva fama di santità per via della vita che conduceva. Per niente stupito, lui mi esortò ad avere fede. In seguito durante queste apparizioni incominciai a dialogare con quella che decisi di chiamare “Entità” sempre su argomenti attinenti la “macchina” e il progetto umanitario collegato ad essa.
Nel 1998 la mia “Entità” mi annunciò che si sarebbe mostrata non più come visione, ma come persona fisica in carne e ossa. Conobbi così questo mio singolare aiuto nel giovane Alfonso Salvi. Tralasciando tanti episodi e tantissimi particolari, se pur di notevole importanza, voglio qui testimoniare come lui profetizzò che sarebbe morto il 15 gennaio dell’anno 2006 e che nello stesso giorno Majorana avrebbe messo a punto la quarta fase della sua teoria fisica (traslazione della materia in un’altra dimensione), mediante un esperimento che io dovevo condurre utilizzando la “macchina”.
Ebbene, se tutte le precedenti indicazioni e previsioni della mia “Entità” si avverarono, quest’ultima non lo fece. Alfonso morì l’8 gennaio di quell’anno, sette giorni prima di quanto preannunciato. In quello stesso giorno Ettore Majorana, impaziente di aspettare la data, tentava senza successo la prova sperimentale della quarta fase. Da qui la sua lettera datata 8 gennaio che esprime chiaramente la sua (per lui impensata) delusione e la mia risposta datata 11 gennaio che riferisce proprio della morte di Alfonso Salvi. Su questo fatto ne parlammo a lungo prima che lui accettasse di seguire spontaneamente quelli che volevano portarci via entrambi.
Negli ultimi tempi, se pur con minore frequenza, mi appare l’”Entità” sia in forma di visione sia come persona fisica. Ormai per la confidenza che ho nei suoi confronti, a volte mi rammarico con Lei per quanto mi sta ancora accadendo. Con calma mi rassicura dicendomi che tutto andrà per il meglio; invero sto ancora oggi aspettando che questo avvenga.
Ho voluto accennare a questi episodi, argomenti particolari e delicati sui quali avrei potuto soprassedere per non suscitare dubbi sulla veridicità degli altri fatti avvenuti, ma mi sono prefisso di narrare anche questi aspetti delle vicende riguardanti la “macchina” di Majorana, aspetti che solo poche persone a me vicine conoscono, sperando che ciò contribuisca a mostrare che esistono uomini mossi da fede e volontà tese solo a fare del bene, anche a costo di sacrificare tutti i loro affetti come abbiamo fatto io ed fatto Ettore
Majorana.

Numero1459 (dal Numero1465 al Numero1455: la serie completa).

 

Chi era (o é?) Ettore Majorana?

Il Prof. Antonio Carrelli, già vicepresidente dell’EURATOM, allora Preside dell’Istituto di Fisica dell’Università di Napoli, presso il quale, nel 1937, fu nominato, “per chiara fama”, Ettore Majorana alla cattedra di Professore Ordinario di Fisica Teorica, disse di lui:
“Era il più grande di tutti. Non oso dire dove sarebbe arrivato, se fosse vissuto”.

 

Emilio Segrè, premio Nobel per la Fisica, nel 1959, suo collega di studi e di lavoro, disse di lui:
“….aveva l’aria di chi, in una serata tra amici, si improvvisa giocoliere, prestigiatore, ma se ne ritrae appena scoppia l’applauso”.

 

….al mondo, ci son varie categorie di scienziati, gente di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio, ma non vanno molto lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza.
Ma poi ci sono i geni, come Galileo e Newton. Ebbene Ettore era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessun altro al mondo ha….

Enrico Fermi     1938

 

….capace, nello stesso tempo, di svolgere ardite ipotesi e di criticare acutamente l’opera sua e di altri; calcolatore espertissimo, matematico profondo, che mai, per altro, perde di vista, dietro il velo delle cifre e degli algoritmi, l’essenza reale del problema fisico, Ettore Majorana ha, al massimo grado, quel raro complesso di attitudini che formano il fisico teorico di gran classe. Ed invero, nei pochi anni (nemmeno 10 ndr), durante i quali si è svolta finora la sua attività, egli ha saputo imporsi all’attenzione degli studiosi di tutto il mondo, che hanno riconosciuto, nelle sue opere, l’impronta di uno dei più forti ingegni del nostro tempo e la promessa di ulteriori conquiste.

Enrico Fermi    Luglio 1938

Così scriveva, al Duce Benito Mussolini, sempre Enrico Fermi, Accademico d’Italia e, pochi mesi più tardi, Premio Nobel per la Fisica 1938, su pressione della famiglia di Majorana, al fine di far intensificare le ricerche, dopo la scomparsa del giovane scienziato.