S U P E R C A L C I O E T I F O S P O R T I V O
È appena scoppiata, nel mondo del calcio europeo e, in prospettiva, mondiale, la bomba della cosiddetta SUPERLEGA, concepita per gestire un campionato di squadre di Èlite, sembra nel tentativo di sopperire alle perdite finanziarie dei grandi Club calcistici, causate dall’emergenza COVID. La sollevazione quasi unanime di tutti gli ambienti interessati pare ricondurre a più miti consigli le squadre che hanno sottoscritto l’affiliazione preliminare. Già si annunciano le defezioni delle squadre inglesi e altre ci stanno ripensando. E sembra che tutto si debba risolvere con un flop clamoroso, una bolla di sapone che si autodistrugge da sola e implode in se stessa.
Tempi duri per il calcio, come avevo preconizzato al Numero2162. Ma quello che sta succedendo, che sembra nascere da motivi finanziari, più che tecnici o prettamente sportivi, era e rimane largamente prevedibile. Il calcio è diventato ormai una mungitura del latte delle mucche, o asine, o pecore o capre delle tifoserie che hanno sempre avuto le mammelle piene, ma che ultimamente mostrano segnali di cambiamento.
E, in parte, è pur sempre un azzardo una “riforma” che possa risultare così impattante e, per certi versi, mortificante, rispetto al sentire comune dei tradizionali tifosi fidelizzati (e soprattutto fedeli), che in maniera comprensibile stanno in maggioranza respingendo d’istinto una proposta che potrebbe anche portare nel medio termine soltanto ad una saturazione dell’offerta di calcio, con quell’effetto nausea che mai si è del tutto concretizzato ma che si è fatto sentire nell’ultimo anno. Non si può certo quantificare il rischio, ma la carta dove perdi il vecchio tifoso senza guadagnare il nuovo sta nel mazzo e potrebbe pure saltare fuori.
Ma c’è un’altra mina vagante, un’altra spada di Damocle che pende sulle sorti di questo mondo così popolare ma fragile e suscettibile.
C’è un aspetto del mondo del calcio che per molti decenni, praticamente da sempre a nostra memoria, è stato sottaciuto, accantonato, sorvolato. È la questione della omosessualità degli addetti ai lavori, quali o quanti siano non importa. Chi scrive non ha niente da dire, come traspare dalle pagine di questo BLOG, sulla scelta di vita e di comportamento di chichessia. Ma provate ad immaginare cosa potrebbe suscitare, al cospetto di centinaia di milioni di tifosi, la notizia che quel tale giocatore, quel venerato campione, quel giovane idolo, eroe della pedata, è riconosciuto, o si è dichiarato, come gay.
Apro una grande parentesi e, subito, la riempio con un contributo, trovato sulla rete, che mi è piaciuto. Eccolo.
Tifo sportivo
Il tifo sportivo è un indicatore esistenziale importantissimo. Infatti non è direttamente correlato con la pratica sportiva e con l’amore per lo sport, ma piuttosto è una complessa interazione fra la psicologia del singolo e alcuni aspetti della società.
Chiariamo subito cosa si intende per tifo. Come indica la parola, si tratta di un comportamento abnorme, diverso dal semplice parteggiare per questo o per quello. Dall’etimologia greca della parola, tifo richiama una “febbre”, un sostegno entusiastico per una squadra o un personaggio. Non a caso tutto ciò che diremo sul tifo sportivo vale anche per il tifo extrasportivo, per esempio l’adorazione di un adolescente per il suo cantante preferito. Esiste però una notevole differenza perché il tifo sportivo è legato all’agonismo dello sport considerato e quindi anche a situazioni spiacevoli e negative (per esempio la sconfitta). Cosa c’è di poco “normale” nel tifo sportivo, cosa lo distingue dal semplice parteggiare (tipico del vero sportivo, dello “spettatore”)?
Il tifo sportivo è la situazione in cui l’umore del soggetto dipende dal risultato agonistico.
A differenza del tifoso, l’umore dello spettatore non dipende dal risultato, è libero di guardarsi (gustarsi) l’evento sportivo. Molti tifosi addirittura condannano questo atteggiamento distaccato senza capire che la loro condanna in realtà li accusa di un comportamento non equilibrato.
A differenza del tifoso, lo spettatore non ha ferite aperte che sanguinano sempre, ogniqualvolta ricorda la coppa persa negli ultimi minuti, lo scudetto perso all’ultima partita o il mondiale sfumato all’ultimo rigore. A differenza del tifoso, tiene separata la sua vita da quella della squadra e non identifica mai, in nessun istante, il suo umore con la prestazione sportiva. A differenza del tifoso, non considera un segno distintivo soffrire quando la squadra perde perché lui ha anche altro nella vita.
Sport e tifo sportivo
Dalla definizione precedente risulta chiaro che quando si parla di tifo non ci si riferisce solo a quello dell’ultrà, ma anche a quello di tutti coloro il cui stato emotivo dipende dal risultato agonistico, per esempio si è adirati perché l’arbitro ha “rubato” la partita o si è immensamente felici perché si è “vinto” lo scudetto o distrutti perché lo si è perso all’ultimo minuto.
Il tifo sportivo è tanto più diffuso fra gli spettatori di un determinato sport:
- quanto meno lo sport è oggettivo
- quanto più lo sport è di squadra (vs. individuale).
Il punto a) è ben rappresentato per esempio dal calcio vs. l’atletica leggera.
Infatti la fortuna del calcio è nella sua scarsa oggettività. Nessuno, se non personalmente coinvolto, si può scaldare oltre misura per sport dove “tutto è chiaro” e chi vince “merita di vincere”. Il grande carrozzone del calcio è stato mantenuto in piedi proprio dalla sua scarsa oggettività nella quale si perdono i tifosi, arrivando a livelli di coinvolgimento esagerati.
Il calcio è cioè poco oggettivo perché serve così (si pensi per esempio alla difficoltà di usare la tecnologia per correggere gli errori arbitrali). Uno sport dove l’ultima in classifica può battere la prima è in grado di scatenare infinite discussioni che a loro volta aumentano il coinvolgimento dei tifosi.
Esistono sport intermedi (per esempio l’automobilismo) in cui il grado di oggettività è discreto, ma non eccelso (un motore può sempre fondere!) fino ad arrivare a sport molto oggettivi (come l’atletica leggera).
Per capire il punto b) è necessario ampliare il concetto di “squadra”. Se è a tutti chiaro che in sport come il calcio o il basket il tifoso può identificarsi con la squadra (“abbiamo vinto”), non è del tutto immediato (e sembrerebbe contraddire il punto b) come in sport come ciclismo o automobilismo ci possa essere un grande tifo per questo o quel campione. Tralasciando campanilismi (il campione è del paese del tifoso!), di solito nello sport individuale il tifoso costruisce comunque una sua “squadra” di cui entra a far parte. Così la Ferrari è la squadra del cuore e, se vince il suo pilota, si grida comunque “(abbiamo vinto”); nel ciclismo la squadra si crea quando un campione si oppone a un altro (o al resto del mondo!), creando una specie di partito (storici i bartaliani contro i coppiani): va da sé che il processo non è del tutto automatico come per gli sport di squadra. Senza una “squadra” il tifoso non può esultare con un “abbiamo vinto”.
Il tifoso
Il punto centrale attorno a cui ruota tutto è il tifoso, quest’essere dalle mille facce, ma con un unico destino: quello di pendere con grande pericolo verso la popolazione dei sopravviventi. Non ci si riferisce agli ultrà (peraltro degenerazione del tifoso, basta sommarvi una personalità violenta e un’assenza di cultura), ma al vero tifoso, magari corretto, ma emotivamente molto coinvolto.
- Razionalmente si dovrebbe comprendere che:È assurdo spersonalizzarsi in una squadra, illudendosi di farvi parte. Chi vince lo scudetto sono i giocatori, l’allenatore, la società; chi prende i soldi sono i giocatori, l’allenatore, la società. Come è patetica la frase “abbiamo vinto!”! Che hai vinto, tifoso? Il giocatore si becca un contratto milionario e si compra la Porsche, e tu? Sempre in giro con il solito catorcio d’auto o, se ti va bene e sei benestante, sempre impegnato quindici ore al giorno nel lavoro che tutto sommato ti pesa da morire dal quale evadi solo grazie alla tua squadra del cuore.
- Da un punto di vista generale, il domandone che boccia il tifo è: come può una persona equilibrata lasciare il proprio umore nelle mani di undici ragazzi in mutande? Sì, perché essere abbacchiati dopo aver perso uno scudetto all’ultima partita o una finale di Coppa dei Campioni negli ultimi minuti, è una vera e propria dipendenza. Far dipendere il proprio stato umorale (felice/depresso) da quello che è successo sul campo è completamente illogico e preoccupante. Il calcio diventa una droga che lenisce dolori più profondi senza che ci sia vero amore perché l’amore prescinde dalla dipendenza.
Tifo sportivo: il perché
Il tifo sportivo è un indicatore esistenziale di sopravvivenza. Il soggetto (che magari ha una vita comunque soddisfacente, ma non eccelsa) non ha oggetti d’amore che riempiono (completamente) la sua vita e per provare emozioni positive si rivolge ad altro.
Si noti come il tifo non sia un’espressione di un oggetto d’amore perché gli oggetti d’amore non portano con sé emozioni negative. Il tifo è molto più vicino all’amore romantico in cui è “naturale” soffrire per amore: il tifoso, infatti, giudica normale “soffrire” per la propria squadra.
Il tifoso arriva a mentire a sé stesso e si convince di aver partecipato a qualcosa di grande, di aver vissuto un grande dramma o un grande sogno ecc. Può disperarsi e pateticamente prendersi la testa fra le mani al fischio finale oppure gioire e strombazzare per tutta la notte per una “grande” vittoria. Esce per un momento dalla sua mediocrità e/o dalle sue insoddisfazioni esistenziali.
Il tifo non è che un modo di vivere di luce riflessa, il tifoso sembra incapace di vivere di luce propria. Una ricerca inglese mostra chiaramente che le violenze domestiche aumentano quando perde la squadra del cuore, ma non è difficile trovare attorno a noi soggetti che diventano “intrattabili” quando la loro squadra è stata sconfitta.
Questa descrizione può apparire molto dura e punitiva, ma serve per sottolineare l’enorme differenza fra chi tifa (da esterno all’evento) e chi partecipa da protagonista a ciò che ama. Il tifoso si difenderà sottolineando le emozioni positive, il grado di socializzazione con gli altri tifosi ecc. Tutto vero, ma non potrà mai nascondere le negatività. Un esempio. Tutti comprendono che, se Tizio ha un matrimonio da 10 e Caio da 7, Tizio sta meglio di Caio. Così consideriamo un gruppo di amici che socializza perché va ai concerti rock che ama moltissimo. A differenza del gruppo di “tifosi”, non ci sono delusioni, amarezze, rabbia (per la partita “rubata”) ecc. È innegabile che entrambi socializzino, ma la soluzione dei rockettari non ha ombre. Per questo la scelta del tifoso è da sopravvivente, perché non dà le migliori garanzie esistenziali. Non fa certo male provare emozioni, ma chi vuole vivere al massimo sceglie oggetti d’amore che minimizzano le emozioni negative, proprio come chi si sceglie un partner, se è intelligente, se lo sceglie in modo da avere meno problemi.
Tifo e società
Per tenerlo buono, gli imperatori romani davano al popolo panem et circenses; oggi che si dà alla popolazione? Facile: realites et calcium…Cioè Grande Fratello e calcio. Paradossalmente il sopravvivente riceve emozioni positive (oltre a quelle negative) che gli danno quel torpore sufficiente a non lamentarsi troppo di una vita che potrebbe essere migliore. Non a caso, i capi di Stato seguono personalmente gli eventi in cui sono coinvolti masse di tifosi, mentre mai seguirebbero manifestazioni sportive importanti, ma più “asettiche”.
Il test
Olimpiadi di Londra, maratona. Sono davanti al televisore quando Fantozzi, la nuova star italiana della maratona, entra nello stadio. Esulto con lui, ma a cento metri dal traguardo Fantozzi stramazza al suolo, strisciando faticosamente verso l’arrivo. Purtroppo è superato da tanti concorrenti e scende dal podio. Peccato. Spengo la tv, mi metto la maglietta e vado a correre, felice di assaporare una giornata di sole. Sono equilibrato perché vivo la mia vita.
Stessa scena, ma Fantozzi non crolla e vince a braccia alzate. Prendo la bandiera dell’Italia e mi lancio in macchina verso il centro della città, suonando il clacson fino a esaurirlo e sventolando l’italico vessillo al di fuori del finestrino completamente aperto. A un ingorgo un’anziana signora mi chiede cosa sia successo; con gli occhi gonfi di lacrime, grido: “Ho vinto la maratona di Londra, ho vinto!”. Persona equilibrata? Lascio a voi l’aggettivo.
Questo è il tifo e questo è il tifoso. Mi sono fatto aiutare da una serie di enunciazioni e considerazioni prét a porter, che trovo condivisibili e aggiungo che la parola inglese che vuol dire tifoso è FAN, che non è supporter (che vuol dire sostenitore), ma è l’abbreviazione dell’aggettivo FANATIC che si comprende bene cosa voglia dire. Questa premessa serve per ritornare all’inizio del discorso sui calciatori gay. Che sia gay un attore famoso, o un cantante idolatrato, o una apprezzata scrittrice (lesbica) o un esponente della politica di un partito che sostiene le eguaglianze sociali, non fa molto scandalo, tutto sommato. Ma che sia gay un calciatore, beh, signori miei, è tutta un’altra cosa agli occhi di un “fan”. Permettetemi di dire che non è in discussione la personalità del giudicato, cioè il giocatore, ma quella del giudice, il tifoso, con il suo backgroud culturale e sociale, ad essere ottimisti, quasi sempre di un certo tipo ben definito. Ecco perché, fino ad oggi, e non so per quanto tempo ancora, si è glissato disinvoltamente su questo aspetto di un mondo sportivo, a suo modo, particolare. Troppo disinvoltamente e, anche e soprattutto, ipocritamente.
Questa volta mi trovo d’accordo con il caro ed arguto amico Alberto … vediamo dove e perchè.
Se la ” super lega ” non fosse , come invece già lo è , naufragata avrebbe sicuramente dato inizio alla morte del calcio , perlomeno di quel calcio – di cui precedentemente si è abbondantemente discusso – che piace a me sin da bambino , poi ragazzo , poi uomo ed infine purtroppo vecchio.
Per fortuna è naufragata e piuttosto malamente perchè i club cosiddetti “ricchi” adesso avranno cavoli ( non uso parolacce ! ) amari. E ben gli sta. Non provo pietà per quegli stolti che li hanno malamente amministrati.
Per quanto attiene all’analisi del tifo / sportivo/tifoso : nulla da eccepire ; analisi esaustiva , perfetta , corrispondente in toto alla realtà , certamente in linea col mio pensiero.
Registro soltanto che non mi annovero fra quelli che ” vivono di luce riflessa ” poiché il mio tifo non è soggetto ad alcuna esagerazione , sofferenza, gioia riflessa quasi fosse un mio merito… godo ( nel senso che sono contento ) se la mia squadra preferita ( Udinese ) vince ma non impreco o mi strappo le vesti se , meritatamente o meno , perde. In gioventù ( mi sembra mille anni fa ) ho praticato troppo sport ( anche atletica leggera con la Libertas Trieste ) per non comprendere che la vittoria è esclusiva dell’atleta , sia esso un singolo partecipante o una squadra.
Infine due parole sui calciatori omosessuali : il concetto va esteso sia agli atleti di sesso maschile ( gay ) che alle atlete di sesso femminile ( lesbiche ) . Personalmente sono un amante delle donne : bionde. more, rosse ,castane … purché donne e – aggiungo- possibilmente belle perlomeno secondo il mio canone di bellezza femminile.
Però non ho nulla in contrario se qualcuno , atleta o meno , maschio o femmina , ha preferenze sessuali diverse … ognuno è come la Natura lo crea e non mi scandalizza minimamente il fatto che sia ” diverso ( brutto termine , ma non me ne viene un altro ) da me.
Io avevo un carissimo amico , ora morto , medico urologo presso l’Ospedale di Udine che potevo annoverare fra i miei migliori amici ; persona sensibile , intelligente , buona , generosa ( ricorderò sempre la sua assoluta e totale disponibilità quando mia moglie partorì ) , che mai ebbe ad esternare in modo volgare , o fastidioso , o inopportuno la sua omosessualità.
Quindi se un giocatore è gay … bé mi auguro sia felice e spero giochi bene !
Omnia munda mundis diceva il Manzoni ( spero di non sbagliare la citazione ).
Buona giornata caro Alberto
Caro Efrem,
la tua citazione è oltre che corretta, oltremodo opportuna e si configura come paradigma del nostro comune modo di pensare, che deriva dall’apertura mentale retaggio di scuole classiche e di armoniosi intenti per la vita e nelle relazioni sociali. “Omnia munda mundis” è certamente citazione manzoniana.
Mi perdonerai se vado a rinfrescarne il significato, anche per la comprensione di tutti.
“Omnia munda mundis” è un motto latino il cui significato è “tutte le cose sono pure per i puri”. È una frase di san Paolo di Tarso contenuta nella Lettera a Tito, un pagano da lui convertito, per affermare che tutto è puro per chi opera con retta coscienza.
Ne “I promessi sposi”, cap. VIII, il nostro Alessandro Manzoni, cattolicissimo e balbuziente ( scriveva bene, ma parlava male) la mette in bocca a Fra Cristoforo, pronunciata all’indirizzo di Fra Fazio, il sagrestano del convento di Pescarenico, quando questi si scandalizza perché di notte si accoglievano nel convento due donne (Agnese e Lucia), sia pure per proteggerle da Don Rodrigo.
L’attinenza della frase citata con l’argomento in discussione è palese. Così come è evidente la nostra, intendo di noi due, distanza da ogni giudizio moralistico nei riguardi di gay o lesbiche: sono fatti loro.
Ma, qui non parliamo di noi due, o di altri come noi dalla mentalità liberaleggiante e permissiva. Qui parliamo dei tifosi, che sono una razza particolare, come ho cercato di sviscerare meglio riportando l’articolo sul tifo. Ho paura che, se non tutti, molti non prenderebbero bene la cosa.
Peraltro, fammi dire, abbiamo anche visto quali sono state le reazioni degli appassionati di calcio alla morte di Armando Maradona, el pibe de oro. I suoi fans lo esaltavano già da vivo, adesso lo vorrebbero “santo subito”, anzi, di più, se potessero lo proclamerebbero “Dio subito”. Ma tutto questo, nonostante le malefatte e i discutibili comportamenti del personaggio nella vita postcalcistica e, perfino, durante la militanza attiva in tale sport. Coloro che di Maradona non sono fans, e anche le persone neutrali, invece, hanno avuto, hanno e avranno tutt’altro atteggiamento nei confronti del personaggio.
Vattelapesca! Faccio fatica a pensare che le cose andranno via lisce come l’olio. Ma se, inopinatamente, tutto venisse assorbito senza clamori e strepiti, bene, allora vorrebbe dire che il mondo del calcio è in grado di sdoganare, in maniera indolore, uno dei tabù, l’omofobia, che la società comune è ancora molto restia a digerire, e di accettare l’omosessualità come normalità, perché si collocherebbe nell’ambito della naturalità.
Termino dicendoti che le nostre botte e risposte, che spero durino ancora a lungo e su ogni argomento dello scibile, stanno diventando, non un tormentone, ma un proficuo contributo a chiarire le idee nostre e di chi ci segue. “Tirèmm inànz!”
Carissimo Alberto ,
bene hai fatto a rinfrescare la memoria ( spero però di pochi , anche se l’ignoranza dilaga ) sul significato e sull’utilizzo nei Promessi Sposi del motto latino ” omnia munda mundis ” ; avrei forse dovuto farlo io , ma mi sarebbe sembrato un’inutile sfoggio di cultura .
Preferisco pensare che chi legge sappia, e qualora sia ignorante ( dal latino ignoro ! ) vada a documentarsi perlomeno digitando su Google.
Desidero spendere ancora due parole sui cosiddetti tifosi .
Premesso che condivido appieno quanto dici , personalmente ho sempre considerato la categoria ” tifosi ” come una sorta di gregge senza testa e con bassi istinti , che nel gruppo/massa si palesano poi con azioni veramente e totalmente deprecabili ( eufemismo ).
Non credo sia il caso di ricordare le nefandezze che i ” tifosi ” ( che veri tifosi in realtà non
sono ) italiani e stranieri hanno perpetrato in Italia e non solo.
Il tuo puntuale riferimento a Maradona , al suo comportamento discutibile ( anche qui eufemismo ) sia nella vita calcistica che post calcistica e alle reazioni isteriche , inconcepibili, assurde, assolutamente negative dei ” tifosi ” di Maradona descrive compiutamente la categoria dei ” tifosi ” o meglio dei ” cosiddetti tifosi ” che – ripeto- tifosi veri non sono.
Accozzaglia di gente insicura, depressa, insoddisfatta, che sfoga nel gregge le proprie psicologiche , e non solo , tare.
Infine lo sdoganamento dell’omosessualità nel mondo del calcio spero vivamente che prima o poi avvenga ed avvenga veramente e compiutamente ; ritengo infatti che una persona , maschio o femmina, atleta o meno , debba essere giudicata e valutata non per le preferenze sessuali , ma per l’intelligenza , la sensibilità, la capacità di essere Uomo o Donna capace di dare un qualcosa alla Società… grandissime persone del passato , recente e remoto , erano gay e/o lesbiche , eppure sono state persone che hanno segnato il cammino dell’umanità in modo positivo e tutt’ora le ricordiamo e le apprezziamo per quello che hanno fatto , non certo per i gusti sessuali che avevano.
E’ sempre un piacere leggerti.
A presto
Complimenti e approvazioni da te a me o da me a te, possono non interessare gli altri, ma a me fa molto piacere che tu intervenga con le tue notazioni , di qualunque tipo, che danno sempre all’argomento, un respiro più vasto, completo e condivisibile. Ti ringrazio sentitamente per il tuo prezioso contributo a rendere questo BLOG un centro di discussioni equanime e spregiudicato, così come mi ero prefisso che fosse. Vorrei averne tanti di lettori e partecipanti come te. Mandi.