Numero2219.

 

UNA  LEZIONE  DI  VITA  DA  CONDIVIDERE

 

C’è un cammelliere che sta per morire. Decide di fare testamento. Ha tre figli e scrive nel testamento: al primo lascio 1/2 (un mezzo), al secondo lascio 1/4 (un quarto) e al terzo lascio 1/6 (un sesto) dei miei averi. Avrà avuto le sue ragioni per fare questo e muore.
I figli aprono il testamento, leggono la ripartizione voluta dal padre e constatano che l’asse ereditario consiste in 11 cammelli: tutto quello che il genitore è riuscito ad accumulare e conservare in vita. E iniziano a litigare, perché 11 non è divisibile per due, farebbe 5 e 1/2 e il primo figlio dice: allora datemene 6. E gli altri due figli dicono: come? Hai avuto la fortuna di averne più di noi, accontentati di 5. Niente da fare e, come succede nelle migliori famiglie, si passa dalle parole alle mani. Dalle mani si passa al pugnale e le cose sarebbero precipitate se, per puro caso, di là non fosse passato un altro cammelliere, che non conosceva la bella famiglia, e andava in un’altra direzione. Questi si fa raccontare l’accaduto e, ad un certo punto, dice di voler donare ai tre figli uno dei suoi cammelli. Allora l’asse ereditario diventa 11 + 1 = 12 cammelli. In questo modo:

12 : 2 = 6
12 : 4 = 3
12 : 6 = 2

Totale: 11.

A quel punto, il cammelliere si riprende il cammello prestato e prosegue per la sua strada.

La storiella ci lascia due messaggi. Il primo ci dice che chi pratica un dono non si impoverisce mai. Il cammelliere che aveva donato il proprio cammello, non c’ha perso, anzi, c’ha guadagnato, perché ha ottenuto la riconoscenza dei tre fratelli. Questi, ammettendo che con quel dono essi si erano risparmiati la vita, avranno  certamente gratificato il cammelliere.
Il secondo messaggio è ancora più interessante ed è questo: le regole della giustizia (cioè la ripartizione secondo la volontà del padre morto), da sole, non bastano a conservare la pace: i tre fratelli si sarebbero scannati.

Nel mondo, quante guerre si sono combattute nel nome della giustizia? Tantissime. Perciò, attenzione ad agire solo secondo giustizia!
Ci vuole ma non basta. Ma quando la giustizia si sposa con il dono, come nel caso della storiella, ecco allora che le cose vanno meglio e si risolvono: il risultato è ottenuto.
Le regole della giustizia, nel raccontino la volontà del padre, sono state rispettate, ma non si sarebbe evitato il conflitto cruento.
La giustizia deve essere benevolente. Non basta applicarne le norme così come sono, ma bisogna ottenere il bene: questo è il fine della giustizia. Se la giustizia non è finalizzata al bene, diventa “giustizialismo”. Questo vuol dire tagliare le teste, come dopo la Rivoluzione Francese, Ecco perché oggi, la vera sfida sul piano sociale, culturale, pedagogico ed anche politico è che non basta dire: giusto, giusto!
Infatti, voi potete avere una società giusta dove la gente si ammazza, oppure viene ammazzata. I casi della storia sono tantissimi.
Noi dobbiamo puntare ad una giustizia benevolente, che opera, cioè, di pari passo con il principio del bene.

N.d.R. : a proposito di riforma della giustizia e di referendum sulla giustizia.

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