LO CHIAMAVANO VIRUS CORONA
sull’aria di BOCCA DI ROSA di Fabrizio de Andrè
Lo chiamavano Coronavirus, metteva timore, metteva timore,
lo chiamavano Virus Corona, purtroppo non era una cosa buona.
Appena sceso all’Areoporto, un tizio tornato da un viaggio in Cina,
tutti si accorsero con uno sguardo, che aveva bisogno dell’Amuchina.
Bisogna stare a una certa distanza, lavarsi le mani con molta frequenza
e non affollarsi in nessun locale, lo dice il decreto ministeriale.
Ma l’infezione spesso conduce a rinunciare alle proprie voglie,
niente più uscire e andare a cena, né con l’amante né con la moglie.
E fu così che da un giorno all’altro, chiusero scuole, teatri e chiese,
il lavoratore ormai fuori sede, fece il biglietto per il paese.
Spesso i cretini e gl’irresponsabili al loro dovere vengono meno
e quando hanno molta paura, si ammassano tutti davanti al treno.
Alla stazione c’erano tutti, dal commissario al sagrestano,
alla stazione c’erano tutti, con mascherina e cappello in mano,
a salutare chi, per un poco, senza pretese, senza pretese,
a salutare chi, per un poco, portò il contagio nel paese.
C’era un cartello giallo, con una scritta nera,
diceva “Addio terrone a Milano, con te se ne parte la quarantena”.
E alla stazione successiva, molta più gente di quando partiva,
chi manda un bacio, chi getta un fiore, chi si prenota per un tampone.
E, per concludere, cari Italiani, anche se siamo tutti allo stremo,
è necessario che stiamo uniti e sono convinto che ce la faremo.