P A R L O A N C O R A D E L L A C O S C I E N Z A
Parto da un principio fondamentale della FISICA QUANTISTICA che, come anche altri teoremi della stessa, è controintuitivo, ovvero di non facile comprensione, pur essendo fondato e dimostrabile.
“Nessun fenomeno è un fenomeno, finché non è un fenomeno osservato”.
“Esse est percipi” “Essere è essere percepito”.
Già a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo, il teologo anglicano e filosofo George Berkeley, uno dei tre grandi “empiristi” britannici, insieme a John Locke e David Hume, aveva, con questo assioma, posto le basi di una conoscenza “moderna”: l’essere esiste perché qualcuno lo percepisce, perché una “coscienza” lo osserva, lo vede, lo sente attraverso il patrimonio sensoriale umano.
E Max Planck, uno dei fondatori della Fisica Quantistica, afferma:
“Io considero la coscienza fondamentale e la materia è derivata dalla coscienza. Non possiamo andare oltre la coscienza: tutto ciò che accade realmente richiede una coscienza”.
La nostra “realtà conscia” è molto più vasta della “realtà fisica inconscia” che è la materia e gli eventi naturali da essa causati, che noi percepiamo attraverso i sensi.
Possiamo affermare che la coscienza è “onnisciente”: e già questa è un prerogativa della “divinità”.
Thomas Henry Huxley ha scritto:
“Come avvenga che qualcosa di così notevole come uno stato di coscienza sia il risultato della stimolazione dei tessuti nervosi è tanto inspiegabile quanto la comparsa del “genio” nella favola, quando Aladino strofina la lampada”.
Federico Faggin è uno scienziato filosofo vivente che sta dando un contributo molto importante a questo argomento. Lui dice:
“Per anni ho cercato inutilmente di capire come la coscienza potesse sorgere da segnali elettrici o biochimici.
E ho constatato, invariabilmente, che i segnali elettrici possono produrre solo altri segnali elettrici o altre conseguenze fisiche come forza o movimento, ma mai sensazioni, sentimenti ed emozioni (i “qualia”), che sono qualitativamente diversi.
Sono quindi arrivato alla conclusione che la coscienza deve essere una proprietà fondamentale della materia, al pari dell’elettricità, che non può sorgere da particelle elementari prive di carica elettrica o di spin magnetico.
Ritengo, cioè, che anche la coscienza deve essere una proprietà “irriducibile” delle particelle elementari di cui il TUTTO è composto, proprio come la carica elettrica.
La coscienza è una delle proprietà “irriducibili” della materia”.
Insomma, la coscienza è necessaria per conoscere anche le cose più banali: noi conosciamo il mondo esterno attraverso il patrimonio sensoriale che diventa “autocoscienza”.
Nulla esiste se non esiste prima la coscienza che lo percepisce come tale, così com’è, nel tempo (eternità), nello spazio (ubiquità), nelle sue diversificazioni e sfumature dell’esistere e della percezione, con le sue modificazioni qualitative (qualia).
E anche queste sono tutte dotazioni attribuite alla cosiddetta “divinità”.
La coscienza non appartiene a qualcuno, che noi abbiamo bisogno di considerare superiore, ma appartiene, ontologicamente, all’universo stesso, o al multiverso, delle cose e degli esseri esistenti in quanto tali.
Cosa ci manca per poter considerare la coscienza come “divinità”, tout court, anche creatrice?
C’è un mondo in espansione, perché crescono le coscienze nell’universo, che per questo si espande, e il prodotto di questa espansione della coscienza è anche l’espansione della realtà fisica, che è il linguaggio con cui la coscienza esprime se stessa e conosce se stessa.
Stupefacente!