ACCIDENTI AGLI ACCENTI
Perfino sui cognomi ci sono delle curiose anomalie di pronuncia, di cui nessuno si accorge, nemmeno coloro che ne sono i portatori e, quindi, i diretti interessati. Mi vengono in mente 3 esempi.
Raiola è un cognome campano (Procida, Torre del Greco, Nocera inferiore, le zone di maggior diffusione). Gli appassionati di calcio hanno sicuramente sentito nominare Mino Raiola, che è considerato il re dei procuratori dei calciatori più importanti del calciomercato. Ebbene, tutti, dico tutti, gli addetti ai lavori, a cominciare dai giornalisti, pronunciano il suo cognome Ràiola, con l’accento sulla a. A parte la cacofonia (è veramente brutta una pronuncia del genere), non sono proprio sicuro che questa sia la esatta pronuncia. A me viene più giusto dire Raiòla, con l’accento sulla o. Mi conforta, nella mia ipotesi, una parola del dialetto (o lingua?) Napoletano: cajola che vuol dire gabbia. Ebbene questa parola, molto simile per assonanza, si pronuncia cajòla, con l’accento sulla o. Chissà?
Un’altra parola, che io non capisco perché venga pronunciata da tutti così, è il cognome Ligure/Lombardo Vergassola. È noto il personaggio di Dario Vergassola, comico, documentarista della TV e si conosceva, fino a qualche anno fa, anche un giocatore di calcio che porta lo stesso cognome. La pronuncia unanimemente diffusa di questo cognome è Vergàssola, con l’accento sulla a. Peccato, anche qui i miei dubbi vanno oltre la brutta scansione della accentazione. Vorrei dissertare, per un momento, sulla bellezza di certi cognomi Italiani, che hanno avuto origine dalle arti e dai mestieri dei nostri antenati, specialmente in epoca medievale, quando i cognomi venivano dati alle persone, anche in relazione al proprio lavoro o mestiere. In questo caso, esisteva sicuramente (esiste anche adesso), il calzolaio, o ciabattino, colui che fa le scarpe o le ripara. Una delle operazioni, nella confezione di una scarpa, è quella di applicare la tomaia alla suola. Per secoli questo si faceva cucendo, attraverso una serie di fori procurati da un punteruolo (la lesina) sulla suola, con uno spago (verga), reso impermeabile con una pece particolare, e prendendo dentro e fuori anche la tomaia.
Questa operazione si chiamava, forse si chiama anche adesso, “vergare la sola”(suola). E colui che faceva questo lavoro veniva chiamato “il verga sola”.
È chiaro a tutti, adesso, che una persona che faceva il calzolaio venisse individuato con il cognome di Verga(s)sola e che la pronuncia di tale cognome fosse Vergassòla, con l’accento sulla o. A me pare più romantico.
Un altro esempio di come gli stessi interessati non sappiano pronunciare il proprio cognome è quello di un calciatore centrocampista del Brescia (Serie B) il cui cognome è Sernicola. Ebbene, volete credere che durante la telecronaca di tutta la partita su SKY, il geniale telecronista ha chiamato questo calciatore col cognome Sernìcola (parola sdrucciola)e non Sernicòla (parola piana)? Il guitto non era a conoscenza del fatto storico che, nel Medio Evo, i Notai venissero chiamati con il predicato onorifico di “Ser”, per indicare la categoria e la funzione (un po’ come il “Don” per i nobili o per gli ecclesiastici). E che il Notaio Nicola veniva chiamato Ser Nicola e quindi l’accentazione era ben che scontata. Ma tant’è. Certi giornalisti, specialmente quelli giovani di oggi, oltre all’Italiano non conoscono neanche la Storia.
Infine, un aneddoto autobiografico, per dire come certi cognomi hanno dei significati (e anche delle pronunce) sconosciuti agli stessi che li portano.
Nei miei giri per l’Italia, mi capitò, un giorno, in compagnia di un rappresentante, di visitare un cliente, nella città di Lecco, che tuttora esiste ed è in attività: Ferrario & Aondio Arredamenti. Stavo parlando di lavoro, con il signor Aondio e, ad un certo punto del discorso gli chiesi, ne ero molto curioso, come mai il suo cognome veniva pronunciato, così come lo sentivo, Aòndio, con l’accento sulla o. Lui mi rispose che da generazioni veniva pronunciato così, che non si era mai posto il problema e che, comunque, non lo sapeva. Io gli chiesi il permesso di formulare un’ipotesi etimologica, per spiegare perché, secondo me, il suo cognome si doveva pronunciare Aondìo, con l’accento sulla i. Lui si dichiarò, bontà sua, molto curioso e interessato a saperlo, perché mai aveva sospettato che ci fosse un altro modo di chiamarlo per cognome.
La mia ipotesi fu, ed è, questa. Ho scartato, preliminarmente, l’ eventualità di crasi (eliminazione interna) della b, per cui avrebbe potuto essere Abondio, perché la parola avrebbe avuto un senso compiuto come nome, per di più diffuso nella zona, quindi sarebbe rimasto Abondio o Abbondio, e non Aòndio.
Ho, invece, suggerito l’ipotesi che Aondìo, con l’accento sulla i, sarebbe la giusta pronuncia di una parola che proverrebbe da una locuzione “Va con Dio”, salvo la caduta consonantica sia della v iniziale che della c.
Vacondio era un cognome che, anticamente, veniva dato dai conventuali ai trovatelli, che venivano lasciati davanti ai sagrati delle chiese, alle porte dei conventi o dentro le ruote, appositamente installate, per impedire la morte per assideramento dei pargoletti abbandonati. Molti sono i cognomi che richiamano lo stato di abbandono e, quindi, la mancanza di genitorialità accertata. Ne ricordo alcuni:
Esposito, Ruotolo, Proietti, Innocenti, Diotaiuti, Degli Innocenti, Infascelli, Servodidio, Diotallevi, Ma ce ne sono diversi altri, magari modificati negli anni o storpiati, anche per dissimulare e camuffare l’etimologia originaria.
Quando un trovatello veniva dato in affidamento, doveva avere un nome e un cognome proprio. I fraticelli o le suorine si inventavano questi curiosi cognomi. Va’ con Dio, tutto attaccato Vacondio, era un cognome dall’espressione augurale, ma per distogliere l’attenzione dal suo significato, che costituiva sempre una vergogna sociale, venne modificato: Vacondìo divenne, un po’ alla volta, Aondìo, ma non bastava, perché, in qualche modo, si capiva ancora l’origine etimologica e semantica e, allora, si spostò l’accento, dalla i alla prima o dopo la A : Aòndio.
Il cliente, sorpreso e addirittura entusiasta di aver scoperto qualcosa che lo riguardava e non conosceva,, mi disse che avrebbe fatto fare delle indagini. Negli anni seguenti, aumentò di molto il fatturato.