Schiere, manipoli, coorti, centurie, legioni, eserciti di persone pensanti ed agenti sono ormai in balia di una nuova categoria di conduttori, ispiratori, indicatori, opinion leaders, advisors che si identificano e si compendiano nella figura dell’ INFLUENCER : l’ultimo “pifferaio magico”. Questi, è colui che, forte di una assiduità di frequentazione sui temi in argomento, di un bagaglio di conoscenze di non comune reperibilità, di una sensibilità istintiva ma anche ragionata ed aggiornata, fornisce dati, notizie, algoritmi, suggerimenti ed esempi, che possono “influenzare” i comportamenti dei fruitori, i “followers”, o seguaci, che a lui si rivolgono e che, supinamente, si adeguano alle di lui direttive.
Questa abdicazione, a prescindere, dalle proprie capacità di conoscenza, di ragionamento, di critica, a mio modo di vedere, è sconvolgente e devastante.
Nulla da eccepire sulla legittimità dell’esistenza di una tale figura e di una tale funzione: è in linea con i tempi e i modi del nostro vivere, nuovo e diverso. Se c’è mercato, in questo senso, è normale che crescano e si sviluppino le risposte a determinate esigenze, che si riempiano dei vuoti che si vengono a creare. Quello che mi fa specie, è che si sono determinate le condizioni per lo sdoganamento di queste “operatività di supporto” a carenze che, un tempo, non esistevano: allora, ogni essere dotato di un proprio “hardware” cerebrale, provvedeva a relazionarsi con il relativo “software” operativo, attraverso la paziente formazione, l’allenamento faticoso e diuturno, l’esercizio teorico/pratico sul campo applicativo. E ne usciva una esperienza da mettere a frutto, con cognizione di causa, con consapevolezza di praticantato, con dotazione di conoscenze dirette e di facoltà critiche e correttive. Insomma, un bagaglio di esperienze che non aveva bisogno di “consulenze” di nessun tipo.
Oggi, purtroppo, tutto questo gran “da fare” non lo si sa, o non lo si vuole, praticare. È molto più comodo riferirsi e rivolgersi agli “specialisti” o “specializzati” che, a pagamento, sostituiscono e supportano il proprio impegno personale, in qualunque campo. Sono loro che ti dicono cosa fare, dove andare, quali tempi e modi devi osservare per ottenere, in maniera rapida e sicura, il raggiungimento del tuo obiettivo.
Non è più la stagione della tua, personale, formazione culturale, argomentativa, operativa: troppo tempo, troppo impegno, troppo dispendio di energie, con il rischio che il “business”, di cui trattasi, diventi rapidamente obsoleto o non più remunerativo. Si bruciano le tappe e, pertanto, si brucia anche la crescita, l’esperienza, il miglioramento nel divenire. Allora, accorciamo tutto: dal “prète a porter” al “prète a penser”: invece di fare la pasta in casa, compriamo la pasta già pronta, confezionata.
Stiamo, ormai, diventando una tipologia umana di “decerebrati” che, invece di “mettersi in proprio”, delega le proprie funzioni cognitive, razionali, imprenditoriali, operative e, in fin dei conti, anche la propria creatività e fantasia, che sono il vero “tesoro” della iniziativa umana, a dei “professionisti” del “know how”, del “come fare”. È così che stiamo diventando sempre più pecoroni, che stiamo sempre in fila intruppati nel gregge, guardando la coda della pecora davanti a noi, seguendola dovunque vada, purché ci porti dove c’è l’erbetta da brucare. Perché è questa, che ci sta davanti, la pecora che vede e sa dove c’è l’erba che noi cerchiamo.
Di questa “nuova” schiera di umani, di questi soldatini di piombo fatti con lo stampino, di questi “replicanti”, vuoti a perdere e spersonalizzati, non so che farmene se non una pessima opinione.
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