Numero2797.

 

Da QUORA

 

A T E I S M O

 

Il bio-psicologo Nigel Barber ha completato un nuovo studio secondo il quale l’ateismo prevale nelle culture più avanzate e, stando ai suoi dati, la religione sparirà completamente entro il 2041. Il tutto viene discusso nel suo nuovo libro Why Atheism Will Replace Religion.

Le teorie di Nigel Barber focalizzano l’attenzione sui trend che contraddistinguono i vari Paesi del globo e sulla circostanza che vede «gli atei concentrati nelle aree economicamente più sviluppate».

La tesi principale di Barber è che il fenomeno religioso declina allorché il benessere personale aumenta. Secondo lo scienziato, la ragione di ciò risiede nel fatto che le persone sentono meno il bisogno di credenze soprannaturali quando il mondo reale provvede a soddisfare i loro bisogni. Barber sostiene che la maggior parte della popolazione mondiale considererà irrilevante la religione entro il 2041.

Eric Kaufmann, esperto in scienze politiche, incarna la visione opposta, citando la circostanza secondo la quale gli atei fanno meno figli rispetto a chi possiede una credenza religiosa. Secondo Kaufmann questo farà diffondere la religione rispetto alla visione atea del mondo. Ma qual è il significato del proliferare della mentalità religiosa?
Lo studioso di biotecnologie Thomas Rees si pone questa domanda nel suo saggio Will the Religious Inherit the Earth?, nel quale discute le teorie di Kaufmann e giunge alla conclusione che l’ago della bilancia penderà a favore dei religiosi esattamente perché, rispetto agli atei, essi hanno un più alto tasso di fertilità.
Barber, invece, sostiene in proposito che «tali gruppi sono esigue minoranze della popolazione globale, e diverranno sempre più marginali man mano che la prosperità mondiale aumenterà e, con essa, cresceranno gli standard di vita della maggioranza delle persone». Inoltre il bio-psicologo fa notare che le donne saranno sempre più integrate nella forza lavoro, faranno meno figli e questo vale anche per chi appartiene a gruppi religiosi.

Se un recente studio dell’Istituto di ricerche Pew di Washington è una solida risposta a tutte queste domande, allora Barber potrebbe avere ragione. La ricerca in questione, prodotta nel 2012, indica un deciso aumento dell’ateismo, con ben il 20% del popolo statunitense che si proclama ateo, agnostico o comunque «non affiliato» a nessuna organizzazione religiosa. Questa cifra rappresenta la maggior percentuale mai raggiunta in uno studio Pew.
Il britannico Daily Mail ha riportato un largo studio del 2010 che mostra come gli individui non appartenenti a nessuna professione religiosa siano «il terzo più grande gruppo mondiale» dopo cristiani e musulmani, piazzando così atei ed agnostici davanti a induisti, buddisti e tutte le altre religioni.

Altresì bisogna considerare che gli aspetti sociali non sono gli unici a governare l’andamento della religiosità nei vari paesi del mondo: molto dipende anche da come è fatto il nostro cervello e dal modo che abbiamo di pensare. Secondo la “Teoria del processo duale” utilizziamo due modi di pensare, che per praticità possiamo chiamare sistema 1 e sistema 2. Quest’ultimo si è evoluto soprattutto in tempi relativamente recenti: è quello che ci fa pensare e organizzare le cose in modo logico. Il sistema 1 è invece la parte di pensiero intuitiva, che segue l’istinto e che attua diversi automatismi: è una sorta di meccanismo di sopravvivenza, ci permette di riconoscere le cose viventi da quelle inanimate, ci fa evitare un alimento quando è avariato e ci permette di riconoscere facilmente le facce delle persone che più hanno importanza per la nostra esistenza.

Secondo diversi studiosi, il sistema 1 è stato anche il responsabile della nascita e dell’evoluzione delle religioni, perché spinge a vedere istintivamente delle forze vitali ovunque andiamo, anche se queste non sono presenti (il meccanismo è definito come “dispositivo iperattivo di rilevamento agenti”). Ciò permetteva agli esseri umani dei millenni passati di evitare pericoli nascosti, come animali predatori mimetizzati nell’ambiente circostante e pronti ad attaccare, ma al tempo stesso ci ha resi molto sensibili a vedere e credere in cose di cui non abbiamo esperienza diretta: da una persona cara morta e di cui “sentiamo” la presenza all’idea di un dio, di solito buono, giusto e potente, che ci osserva dall’alto.

Il sistema 1 è anche responsabile della difficoltà di vedere corpo e mente come parte di una cosa sola. È una tendenza che si verifica quasi sempre e in età piuttosto precoce: i bambini sviluppano l’idea di avere un’anima immortale, che in qualche modo esisteva prima della loro nascita e che continuerà a esistere anche dopo. E questa idea, piuttosto elementare, è comune ed è alla base di molte religioni in giro per il mondo. Molti ricercatori teorizzano quindi che la religione sia il prodotto del processo duale e delle nostre inclinazioni naturali a trovare un senso alle cose che ci circondano.

Gli atei devono quindi fare i conti con il modo innato in cui pensa parte della loro mente e di solito l’istruzione e il contatto con la scienza sono i modi migliori per farlo. La scienza aiuta a correggere il sistema 1 ma non è comunque un processo semplice, perché non possiamo avere esperienza diretta di tutto ciò che dicono le evidenze scientifiche. Dobbiamo per esempio accettare che la Terra gira, anche se in maniera diretta non possiamo mai rendercene conto in modo efficace. Così come dobbiamo accettare che l’evoluzione va per conto suo e che non c’è un “disegno” o uno “scopo” per l’Universo, anche se istintivamente il nostro modo di pensare ci dice diversamente. In un certo senso, la scienza è un processo cognitivamente innaturale e quindi più faticoso da seguire rispetto alla religione, che offre concetti semplici e più vicini alla tendenza dei nostri processi mentali di trovare uno scopo.

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