R E A L T A’ E V E R I T A’
È un punto di partenza la realtà,
e una destinazione non ce l’ha,
perché continuamente cambierà.
La destinazione è la verità,
che, purtroppo, nessuno avrà.
Ma, se non parti dalla realtà,
non cercare mai alla verità.
Se, invece, parti da una verità
strumentale che, magari, hai già,
soltanto per la tua comodità,
o, forse, per la tua serenità,
immancabilmente la realtà,
prima o dopo, vedrai, ti smentirà.
Tutti hanno il diritto di avere un’opinione, ma questi tutti dovrebbero, al contempo, sentire il dovere di averla informata e verificata.
Questo, purtroppo, non succede sempre, anzi, a ragion veduta, accade che molte delle conoscenze che abbiamo ricevuto, fin dalla tenera età, non sono mai state da noi sottoposte a valutazione e verifica.
L’imprinting delle prime categorie cognitive e mentali, come quelle dei comportamenti morali e sociali dettati da una religione, permane per tanto tempo, diciamo pure per decenni, senza che venga sottoposto ad una revisione critica qualsivoglia e, per effetto della propaganda permanente, viene percepita e passa, più o meno inconsapevolmente, come una verità fondante del nostro stare al mondo.
Il bombardamento quasi ossessivo dell’advertising (lo chiamano De propaganda fide) diventa un lavaggio del cervello al quale, prima o dopo, ci si arrende impotenti e rassegnati.
È come la pubblicità di Poltrone & Sofà, che ti ripete ogni giorno, più volte al giorno, che i loro sono “divani di qualità”. Mentre sappiamo tutti che è una bugia: però, a furia di ripeterlo, diventa uno slogan che passa per verità.
Questo accade per tanti e diversi motivi, come il basso livello culturale, la pigrizia mentale, il clima che si respira in famiglia a seguito di comportamenti esemplari apodittici, la contaminazione sociale di contatto, in ambiente scolastico o nella vita di relazione, il quieto vivere, spesso anche la coercizione e il terrorismo psicologico.
Per moltissimi di noi, la stragrande maggioranza, ciò che ci viene insegnato sin da piccoli rimane l’unica e insindacabile realtà a noi nota, che diventa verità indiscutibile.
Più avanti nel tempo della vita, l’età della ragione porta certe persone, sembra relativamente poche, a chiedersi se quello che hanno appreso come giusto e corretto, sia anche una verità incontestabile per tutti, nel tempo e nello spazio, cioè possa valere per ogni tipo di civiltà sulla terra e se possa restare immutabile nel tempo, perché universale e assoluta.
E qui casca l’asino.
La dicotomia fra fede e ragione ha alimentato diatribe senza fine in 2500 anni di storia della filosofia, ma anche, e soprattutto, nelle relazioni quotidiane delle persone.
Alla luce di una serie di constatazioni semplici, pacate, di buon senso e in armonia con la logica, posso affermare, per quanto riguarda me e il mio pensiero, che la realtà del mio vissuto non si sovrappone ai dettami di quanto mi è stato inculcato: ho onestamente constatato che le verità che ho imparato con l’esperienza della vita, con gli studi che mi hanno sempre sostenuto e mi stanno ancora arricchendo, sono altre e di diversa matrice.
Ed ho trovato una mia serenità, direi quasi una felicità, nel riconoscere di sentirmi bene e in armonia con questa constatazione: mi percepisco in pace con me stesso e con la mia coscienza di essere umano senziente e pensante.
Mi sono posto tante, tantissime domande.
So che troppa gente, aprioristicamente, non lo fa.
Molti per scelta consapevole, molti altri per ipocrisia.
Devo citare Friederick Nietzsche perché è, sull’argomento, di una icasticità disarmante:
“Molte persone preferiscono non conoscere la verità, perché temono che le loro illusioni vengano distrutte”.
Mi permetto di fare un’affermazione sibillina e forse anche antipatica: è comodo, troppo comodo, oserei dire quasi vigliacco, accettare acriticamente per vero quello che ci viene propinato, solo perché lo hanno sempre fatto tutti.
Si tratta di fatti, comportamenti, ragionamenti già applicati, vissuti, collaudati da tanti altri e per tanto tempo e, per ciò stesso, dovrebbero essere veri e buoni, anche se si riferiscono a diverse realtà spazio – temporali.
Però, andarlo a verificare può risultare difficoltoso, a volte, o addirittura spesso, deludente, magari anche inquietante e allarmante: non è un processo agevole e può generare repulsione e rigetto.
Meglio accettare tutto con il beneficio d’inventario e non andare a spulciare troppo, perchè non si sa mai cosa ci si trova sotto.
La mia onestà intellettuale mi impedisce di adagiarmi supinamente su un morbido letto già predisposto e garantito come comodo e confortevole.
Meno che mai se mi viene imposto coattivamente.
Quello che è più gravoso da sopportare, per il cervello umano, non è il dolore, bensì il dubbio.
Il dubbio è un tarlo che non lascia il cervello in pace, un assillo fastidioso di fondo che genera inquietudine mentale, ansia esistenziale, stress emotivo che non si risolve mai: ecco perché il cervello ha bisogno di certezze.
Se la mente fresca e giovane del bambino è bombardata dai precetti monocordi e assillanti di chi lo accudisce, perché rispondono ai criteri di vita e del diffuso sentire delle entità sociali (famiglia e comunità di appartenenza), per essa l’apprendimento, il comportamento, l’esempio e gli interventi correttivi, diventano uno stile di vita e di pensiero.
In questo modo, la società nel suo complesso, e la religiosità in particolare come ispiratrice, si assicurano di controllare la coscienza del nuovo adepto, formandolo e trasformandolo in un loro rispettoso accolito: difenderanno se stesse, la loro sequenzialità e il perdurare della loro esistenza nel tempo, plasmando la “tabula rasa” del soggetto aspirante, consapevole o meno, all’inserimento fideistico e sociale.
E pretendono di essere e di rimanere come unica e indiscutibile fonte di attendibiltà.
Esse si presentano come verità assoluta: legge sociale, civile, morale e religiosa.
Ma le etnie, le civiltà, le comunità, le popolazioni, con le loro religioni e le loro politiche, sono tante e non c’è uniformità nelle loro regole di vita: ognuna ha sue sacrosante abitudini, consuetudini di pensiero e di comportamento, per cui spesso confliggono fra loro.
Mi pare evidente che non esiste una verità sola, perché tante, troppe, e troppo diverse sono le parti in gioco, ognuna pretendente a detenere l’esclusività della interpretazione unica e corretta della verità stessa.
Quindi non mi si venga a dire che un criterio di vita, uno stile di comportamento, una espressione di pensiero siano più veri e fondati di un qualunque altro o, men che mai, interpretazione unica o univoca della realtà.
Per inciso, viene trascurata e messa in secondo piano la forza ispiratrice della natura, che regola, invece, tutto il resto del creato, che non è sottomessa al volere e al discernimento dell’uomo, come essere portatore di pensiero.
Stiamo vedendo in questi tempi come la natura si sta ribellando allo strazio, che di essa sta facendo l’uomo che, per il suo maldestro e sciagurato egoismo, la prostituisce al proprio scriteriato sfruttamento.
Nessuno possiede e detiene la verità sulla terra e chi afferma di esserne l’interprete privilegiato è un folle.
Anzi, se non è un malfattore pericoloso, certamente è un manipolatore che si propone di turlupinare la gente al solo scopo di gestire un potere che non merita e che non gli appartiene.
“Sapere è scienza, credere di sapere è ignoranza” diceva Ippocrate, con un aforisma che ho fatto mio.
Questo mio modo di argomentare viene anatemizzato dalla Chiesa Cattolica con il termine di “relativismo” e viene bannato e condannato all’ignominia.
Perché della verità essa si considera portatrice unica e indiscutibile.
Mezzo millennio fa, chi dissentiva pubblicamente rispetto a questa dogmaticità teoretica, veniva processato per eresia, torturato sadicamente e condannato spesso al rogo.
Io mi colloco all’estremo opposto di questa posizione: preferisco di gran lunga il pavido e tremebondo dubbio della ragione alle tetragone e incrollabili certezze della fede.
La certezza della fede è, a sua volta, una contraddizione in termini, un ossimoro: è come dire “ghiaccio bollente” o “silenzio assordante”.
Ci sono due categorie di pensiero umano sulla terra: ci sono le persone che preferiscono conoscere e le persone che preferiscono credere.
Ben si capisce a quale delle due appartiene il sottoscritto.
Ma rilevo che ci sono eserciti di esseri umani che scelgono di portare il proprio cervello all’ammasso, piuttosto che dedicarsi ad una faticosa opera di ricerca di una verità che non si troverà mai, perché è sempre in divenire e continuamente, costantemente muta, cambia, si trasforma, si aggiorna.
Che senso ha cercare una verità che non esiste mai come forma definita e certa?
Questa è la vera regola naturale: la realtà è “gattopardesca” per diventare verità.
La natura cambia sempre per continuare ad esistere sempre, nelle mutazioni, negli adattamenti, nei cambiamenti.
“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” dice Tancredi Falconeri, al momento del saluto con lo zio, il Principe di Salina, ne “Il gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Ecco lo scopo: la prosecuzione dell’esistenza in vita, l’autoconservazione.
Non è la meta il senso della vita, ma il viaggio.
Il massimo che possiamo avere da un viaggio di vita non è il raggiungimento di un punto di arrivo, che è la morte, ma il godere di una situazione e condizione confortevoli durante il percorso.
Rassegnamoci e accontentiamoci di questo. Tutto il resto è opinabile e …. mistificatorio.
Chi ci deruba di questa legittima e naturale aspirazione, per prostituirla a convinzioni e regole calate dall’alto in nome di principi prescritti e imposti da una autorità superiore che, lungi dall’essere certa e indiscutibile, riconosce loro la facoltà di gestire le menti e le cose terrene, sta esercitando un potere autoreferenziale, fine a se stesso.
Noi lo riconosciamo solo se, consapevolmente o supinamente, lo accettiamo.
A mo’ di unico esempio, mi permetto di sottoporre a chi vuole intendere obiettivamente, una constatazione che proviene da un dato di fatto, ma che trova diverse interpretazioni da parte di tre punti di vista, avendo ciascuno di essi ben presente il proprio partigiano vantaggio.
Enunciazione del fatto: oggi, anno 2025, vivono e respirano sulla terra oltre 8 miliardi di esseri umani.
Non tengo in considerazione il numero di altri esseri viventi come gli animali e, men che meno, le piante, che pure hanno un loro ruolo.
Sappiamo quanti erano gli abitanti, esseri umani, sulla terra all’inizio del’900, ovvero poco più di un secolo fa?
Erano, ed è un altro dato inconfutabile, 1,6 miliardi di persone.
Questo vuol dire che, in 125 anni, il numero degli abitanti umani della terra è aumentato di 5 volte.
Chi vuole approfondire questo argomento legga il Numero2535. che parla di SOVRAPPOPOLAZIONE.
Altro dato di fatto inconfutabile: si definiscono “gas serra” i gas nell’atmosfera che incidono sul bilancio energetico del pianeta. Questi gas generano il cosiddetto “effetto serra”.
I principali “gas serra” sono: il biossido di carbonio (o anidride carbonica) CO2, il metano e il protossido di azoto.
Parlo solo del primo, il più importante: sentiamo spesso imputare, quasi esclusivamente, all’anidride carbonica i disastri ambientali, cui assistiamo impotenti, ultimamente, e alle sostanze naturali ma soprattutto artificiali che la provocano, come prodotto della loro combustione, ovvero il carbone, il gas e il petrolio con i suoi derivati usati per la produzione di energia motrice e di illumunazione, per il trasporto e per il riscaldamento. Derivati dal petrolio sono anche i prodotti “plastici” anch’essi causa di inquinamento ambientale.
Ma avete mai sentito parlare dell’uomo come inquinatore del nostro pianeta?
Intendo l’uomo come essere vivente che respira e non solo come produttore e consumatore di sostanze inquinanti?
In merito alla sua figura sulla quale sto puntando il mio riflettore, tre sono le diverse valutazioni che trovano campo di diffusione e propaganda con sottolineature contrastanti, divergenti e, a volte, truffaldine.
Cosa dice la natura?
Oltre che l’utilizzo indiscriminato delle fonti inquinanti, deve essere limitato e, se possibile, diminuito gradualmente, anche il numero degli abitanti della terra, perché sono i più grandi inquinatori, come emettitori di anidride carbonica con la respirazione, oltre che essere utilizzatori spreconi delle risorse energetiche ambientali.
Cosa dice il mondo della scienza, delle tecnologie e delle economie di sfruttamento?
L’utilizzo delle fonti ergetiche non rinnovabili e non sostenibili, quali sono quelle ancora più universalmente diffuse, non va ridotto o eliminato perché sono sempre quelle più vantaggiose e sfruttabili. Quanto al numero degli abitanti della terra, secondo la legge del mercato, non andrebbe ridotto perchè la prolificazione aumenterebbe la platea della domanda di utilizzo e quindi manterrebbe in essere l’offerta dei produttori.
Cosa dice l’ambientalismo e, in particolare, le scuole di pensiero che si rifanno ai dettami moralistici delle religioni?
Bisogna ridurre ed eliminare tutte le produzioni di fonti energetiche inquinanti (nucleare, carbone, petrolio, gas ecc.) e sostituirle con altre fonti ecosostenibili (eoliche, solari, fluviali, marine ecc.), ma nulla si deve fare contro la vita umana che è sacra.
Perché sacra? In nome di una incartapecorita interpretazione della Bibbia, là dove Iahveh benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: “Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra”.
E questo dovrebbe valere ancora oggi per tutti?
Ma la Bibbia era considerata, e lo è ancora, la volontà scritta di Dio, la sua verità rivelata.
Peccato che a scriverla siano stati degli uomini, secondo il sapere del loro tempo di tantissimi secoli fa.
Non esistono verità sacre ed immutabili: oggi le condizioni sono cambiate.
Non solo le condizioni ambientali di vita, ma anche le facoltà mentali, le discrezionalità, la cultura esperienziale degli uomini sulla terra sono ora in grado di ragionare in difformità con fisime mentali fideistiche che, a ragion veduta, sembrano e sono ridicole.
E poi, a mio personale parere, parlando di “antiche credenze”, quelle della Bibbia sono state, restano e valgono come tali per moltissime persone, mentre per me sono solo dei mobili d’arredamento antiquario, se mi si permette la battuta.
Non ci azzeccano un bel nulla con il pensiero moderno e le conoscenze che oggi abbiamo tutti, a differenza di un tempo quando l’ignoranza e la credulità erano generali e diffuse.
Ribadisco ancora una volta che la verità va aggiornata costantemente a seconda dei mutamenti della realtà della natura e degli uomini e non può restare stereotipata e immodificabile, per i dettami dogmatici delle religioni.
La verità della fede è una contraddizione in termini.
La fede crede, la verità sa, e io non credo in ciò che so: lo so e basta, e se qualcosa la so, non la credo, non ce n’è bisogno.
Verità e fede sono due categorie mentali inconciliabili.
La fede ha a che fare con le cose invisibili: perciò non si sanno.
La filosofia, che significa “amore per il sapere”, si occupa della verità: non la sa ma, umilmente, la cerca.
La morale è fatta per gli uomini e non gli uomini per la morale.