Numero2868.

 

da  QUORA

 

Qual è il caso di reincarnazione più convincente della storia?

 

Scrive Manuel Pietropaolo, corrispondente di QUORA

 

Dorothy Eady nacque nel 1904 nella periferia di Londra. Una bambina come tante, in una famiglia come tante. Ma a tre anni, la vita di Dorothy cambiò per sempre.

Mentre giocava sulle scale di casa, la bambina scivolò e cadde, battendo violentemente la testa. Dorothy perse conoscenza ma, al suo risveglio, sembrava non aver riportato alcuna ferita, e i genitori tirarono un sospiro di sollievo. Qualcosa, però, era cambiato. La bambina estroversa e allegra sembrava aver lasciato il posto ad una personalità introversa e nervosa. Dorothy si nascondeva, era intimorita da oggetti comuni, e spesso chiedeva ai genitori di riportarla “a casa”, sostenendo che quella non fosse la sua vera dimora. La bambina cominciò anche a soffrire di incubi notturni, nei quali vedeva “antiche costruzioni” e “maestose colonne”.

Ma fu durante una visita al British Museum di Londra, che la storia di Dorothy prese una piega alquanto strana.

Giunti nella sala dedicata all’Antico Egitto, Dorothy sembrò recuperare la vitalità di un tempo, si aggirava affascinata tra i reperti, si inchinava davanti alle statue delle divinità, recitando perfino una sorta di litania, in una lingua che nessuno riuscì a interpretare. Dorothy si recò moltissime volte al British Museum per pregare, dichiarando di voler rimanere “tra la sua gente”.

In quegli anni Dorothy decise di avvicinarsi allo studio dei geroglifici, riuscendo a tradurre simboli che altri studiosi avevano impiegato anni per decifrare.

Verso i 15 anni di età Dorothy affermò che uno spirito, Oh Ra, le aveva rivelato in sogno che lei era la reincarnazione di una antica sacerdotessa egizia. Stando ai racconti di Dorothy, Oh Ra la contattò diverse volte in sogno, rivelandole dettagli della sua vita precedente. Dorothy prese l’abitudine di trascrivere il tutto in un diario e, nel giro di qualche mese, aveva riempito 70 pagine di memorie, scritte interamente in geroglifici.

La vita di Dorothy proseguì in modo piuttosto ordinario: conobbe uno studente egiziano, e realizzò il suo sogno di trasferirsi in Egitto, dove, pur non possedendo alcun titolo di studio, divenne la prima donna a lavorare per il dipartimento di antichità di Giza. Più tardi si trasferì ad Abylos, la città dove avrebbe trascorso la sua vita precedente, e qui, indicò agli archeologi un preciso punto in cui scavare, dicendo di ricordare che, in quel luogo, ci fosse un giardino. Gli scavi portarono alla luce proprio dei giardini, di cui, fino a quel momento, non si conosceva l’esistenza.

Conosceva il contenuto di diversi scritti religiosi, senza mai averli letti, e, in diverse occasioni, localizzò rovine e manufatti sepolti.

Dorothy lavorò per il dipartimento di antichità fino al 1969, anno del suo pensionamento, anche se continuò a frequentare i luoghi e a condurre visite guidate fino al 1981, anno della sua morte.

Il New York Times la definisce “una delle storie di reincarnazione più intriganti e convincenti del mondo occidentale”.

 

Scrive Vincenzo Risi, un altro corrispondente di QUORA.

 

Senza scomodare il caso più famoso, quello di Dorothy Eady che sosteneva di aver vissuto nell’antico Egitto, c’é il caso di Shanti Devi, una donna indiana nata nel 1926 a Delhi in India e morta nel 1987.

Già all’età di quattro anni iniziò a parlare della sua vita passata, di suo marito e dei suoi due figli; che aveva vissuto con suo marito nella città di Mathura in cui lui era proprietario di un negozio di vestiti, che il suo nome passato era Chaudine ed era morta dando alla luce il terzo figlio. I suoi genitori la lasciarono fare convinti che fossero solo le fantasie di una bambina. Fu solo quando le affermazioni sulla sua vita passata divennero più insistenti che cominciarono a preoccuparsi. Shanti spesso raccontava dei cibi che cucinava alla sua famiglia, delle strade di Mathura, ecc. Più cresceva e più Shanti raccontava storie della sua vita passata, insistendo coi genitori di portarla a Mathura. Un giorno il suo insegnante, incuriosito inviò una lettera all’indirizzo del suo presunto marito descrivendo la situazione e con sua sorpresa l’uomo gli confermò tutto, dal nome della moglie a quello dei figli, l’indirizzo e i suoi parenti; ogni cosa detta da Shanti corrispondeva, perfino il colore della casa. L’insegnante chiese al “marito” di Shanti, Pantit Kedarnath Chaube, di venire a Delhi per incontrarla ma l’uomo temendo una truffa ci mandò suo cugino chiedendo di presentarsi col suo nome. All’arrivo dell’uomo alla stazione Shanti non si fece ingannare riconoscendo da subito il cugino del marito e rivelando altri dettagli della casa, sui suoi figli e su suo “marito”. Sconvolto, l’uomo tornò a casa e raccontò tutto al cugino convincendolo ad andare a Delhi per incontrarla ma Pandit non era ancora del tutto convinto, perciò quando il cugino bussò alla porta della casa di Shanti lo presentò come suo fratello. Anche questa volta la ragazza non si fece ingannare ed indicò Pandit come il suo marito nell’altra vita. A cena fece preparare i piatti preferiti da Pandit e come prova della sua reincarnazione gli descrisse la casa e il luogo dove aveva nascosto i suoi gioielli personali e una quantità di denaro. Quando Pandit e suo cugino presero il treno per Mathura la ragazza volle andare con loro ma non le fu permesso. Tempo dopo venne invitata da Pandit a visitare la sua casa insieme ai genitori e la ragazza fece il tragitto senza smarrirsi, dando prova di conoscere bene quelle strade sebbene fosse la prima volta che visitava quella città. Arrivata a destinazione riconobbe tutti i suoi “vicini di casa” chiamandoli per nome sebbene non li avesse mai visti prima, descrivendo le loro case e i figli, rimproverando Pandit perché aveva dipinto la casa con un altro colore, lasciando l’uomo ancora una volta stupefatto. Durante l’incontro riconobbe i suoi figli compreso quello che non aveva mai conosciuto, raccontando cose che solo la moglie defunta di Pandit poteva sapere e descrivendo il periodo di transizione tra un corpo e l’altro. Quando fu il momento di accomiatarsi pianse al pensiero di dover di nuovo lasciare i figli ma rimase sempre in contatto con la sua precedente famiglia. La ragazza divenne molto famosa in India al punto da essere presentata al Mahatma Ghandi e a molti membri del Parlamento indiano. Nel 1935 venne istituita un’apposita commissione d’indagine sul suo caso arrivando alla conclusione che Shanti Devi era un vero caso di reincarnazione. Questo é il caso di vita passata più documentato della storia, non solo per le indagini che sono state fatte ma perché il soggetto non ha descritto una sua vita in epoche lontane ma quella immediatamente precedente, fornendo al tempo stesso testimonianze e prove dirette.

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