da QUORA
A N C O R A S U L L ‘ A T E I S M O
Scrive Tere Riboli, corrispondente di QUORA.
L’ateismo e in generale il non credere in Dio ha sempre fatto paura al potere religioso, perché chi non crede in Dio è una persona che si pone delle domande e non accetta passivamente ciò che viene detto loro dalla religione.
In passato i pensatori liberi erano chiamati eretici dalla Chiesa e venivano uccisi o peggio ancora bruciati sulla pubblica piazza come monito alla popolazione: chi si ribellava avrebbe fatto la stessa fine.
Uno degli esempi più lampanti è Giordano Bruno bruciato perché non si è piegato al Papa.
In occidente il progresso e le conquiste sociali hanno permesso la libertà di potersi esprimere liberamente e la libertà di non seguire alcuna religione.
Mentre nel mondo islamico chi mette in dubbio i dettami della religione o si professa ateo viene frustato ed imprigionato.
Nel mondo occidentale chi si professa ateo fortunatamente non subisce conseguenze penali, ma e ancora molto forte l’ostilità verso chi non crede in Dio.
La Chiesa da secoli ha inculcato nel credente l’equazione “ateo = malvagio”, di conseguenza molti credenti si sentono autorizzati ad insultare chi non è credente.
L’ateo è un libero pensatore e non è allineato al pensiero religioso: non è controllabile, allora va attaccato, insultato e denigrato. Quantomeno suscita diffidenza e sospetto.
Scrive Roberto Piazzolla, corrispondente di QUORA
Qualcuno mi ha convinto a diventare ateo?
Si, un prete.
Ero poco più che bambino quando mi è morto il cane con cui ero cresciuto, che per me era praticamente un fratello.
All’epoca andavo a catechismo perché avrei dovuto fare a breve la cresima. Approfittai quindi per chiedere al prete-catechista se il mio cane sarebbe andato in paradiso.
Rispose di no, perché gli animali non hanno anima.
Mi sembrò profondamente ingiusto che Dio, dopo averlo condannato ad una vita troppo breve in rapporto alla mia, non avesse neppure concesso l’anima a mio fratello.
Questo pensiero aprì le prime crepe, che si ingrandirono molto rapidamente nei giorni successivi. Man mano che riflettevo su una simile insensatezza, mettevo in dubbio l’intero impianto della fede a cui mi avevano insegnato molto bene a credere, fino a quel momento.
Arrivato il giorno della cresima, alla fine della cerimonia, il prete raccomandò a tutti di non smettere mai di andare a messa, anche se ormai eravamo cresimati.
Ho ancora l’esatto ricordo di me bambino, che scendo le scale del sagrato fuori dalla chiesa pensando: “col cavolo che mi rivedrete”.
Peraltro, molti anni dopo, la chiesa in parte cambiò idea. Adesso infatti alcuni ecclesiasti sono possibilisti sul fatto che anche gli animali vadano in paradiso.
Era quello che mi serviva per capire definitivamente che la religione non viene da Dio, ma la inventano gli uomini, che poi la modificano al bisogno, a seconda delle variazioni dei costumi e delle convinzioni sociali.
Scrive Diego Lovato, corrispondente di QUORA
Le persone non diventano atee.
RITORNANO ad essere atee. L’uomo nasce ateo, e poi viene “educato” a credere in qualcosa che viene elaborato da istituzioni che sono a tutti gli effetti umane, anche se queste millantano autoispirazione divina.
Bisogna specificare un particolare: è vero che tutti nasciamo atei, ma con alcune caratteristiche che la psicologia chiama distorsioni cognitive.
Fra queste, ci terrei a sottolinearne alcune, che riguardano il nostro argomento: innanzitutto l’uomo non riesce a concepire l’annullamento del sé.
Nel senso che, sì, può immaginarsi un morto o immaginare sé stesso morto; ma dal momento che lo fa, lui ne è spettatore: quindi immagina sé stesso morto da vivo!
Dal momento che qualcuno pensa, vuol dire che neuroni e sinapsi compiono un lavoro od un movimento; pensarsi morti, nel senso di immaginare un enorme vuoto, ma che comunque nemmeno si vedrà appunto perché la rete neuronale adibita alla comprensione sarà immobile è appunto impossibile.
Insomma, pensare alla morte è un ossimoro! Quando si pensa si è vivi…quando si è morti, non si pensa.
Da questo “scherzo mentale” nasce l’idea di anima o concetti equiparabili: la percezione di una continuazione dell’esistenza anche quando il corpo e la mente sono tristemente ma evidentemente morti.
Un’altra distorsione cognitiva che caratterizza l’uomo è la pretesa di trovare uno scopo od un motivo per tutto lo svolgersi degli eventi, come la sua esistenza e l’intrinseco soffrire di questa vita terrena.
Ebbene la religione viene appresa dapprima perché viene insegnata da esegeti fin quando, da piccoli, siamo più manipolabili. E poi trova terreno fertile in molti di noi in quanto danno una conferma o una risposta alle esigenze di quelle distorsioni percettive descritte sopra.