Numero1442.

“Se mi faccio comprare, non sono più libera e non potrò più studiare: è così che funziona una mente libera”.

Le notizie sulla vita di Ipazia di Alessandria d’Egitto sono alquanto scarse: le due principali fonti antiche sono la Storia Ecclesiastica di Socrate Scolastico, avvocato presso la Corte di Costantinopoli e contemporaneo di Ipazia, e gli scritti di Damascio, filosofo neoplatonico vissuto un secolo più tardi. A ciò si aggiunge il fatto che gli scritti di Ipazia sono andati perduti o incorporati in pubblicazioni di altri autori.
Ipazia nacque intorno al 370 dopo Cristo ad Alessandria d’Egitto e venne avviata dal padre, Teone d’Alessandria, allo studio della matematica, della geometria e della astronomia. Egli stesso, nella intestazione del III Libro del Commento al Sistema Matematico di Tolomeo scrive: “Commento di Teone di Alessandria al III Libro del Sistema Matematico di Tolomeo. Edizione controllata dalla filosofa Ipazia, mia figlia”.
La principale attività di Ipazia fu la divulgazione del sapere matematico, geometrico ed astronomico. Oltre a questi ambiti del sapere scientifico, si dedicò, a quanto pare diversamente dal padre, anche alla filosofia vera e propria, relativa a pensatori come Platone, Plotino (fondatore del Neoplatonismo), ed Aristotele.
Ipazia succedette al padre nell’insegnamento presso il Museo di Alessandria d’Egitto già dal 393. Nota era pure la sua bellezza, tanto che uno dei suoi allievi s’innamorò di lei, ma Ipazia non si sposò mai e, all’età di 31 anni, assunse la direzione della Scuola Neoplatonica di Alessandria.
Filostorgio, storico della Chiesa, afferma che la donna “introdusse molti alle scienze matematiche”. Sua caratteristica principale fu, infatti, la generosità con cui tramandava pubblicamente il sapere, tanto che ella divenne un’autorità e un indiscusso punto di riferimento culturale nello scenario dell’epoca.
Socrate Scolastico scrive che, per le sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale.
Ipazia era amata dal popolo perché non fu mai gelosa del proprio sapere, ma sempre disposta a condividerlo con gli altri e, al contempo, era rispettata da molte autorità cittadine.
Filosofa e scienziata, scopritrice e studiosa, Ipazia riuscì ad ottenere un forte peso politico e culturale in un’epoca in cui le donne non avevano la possibilità di distinguersi nella scienza.
La fama contemporanea circa la figura di Ipazia sembra essere dovuta alla sua tragica morte, avvenuta nel 415 dopo Cristo. Nella Vita di Isidoro, scritta 100 anni dopo i fatti narrati, Damascio scrive: “Così accadde che un giorno Cirillo, vescovo della setta di opposizione ( il Cristianesimo), passò presso la casa di Ipazia e vide una gran folla di persone e di cavalli di fronte alla sua porta. Alcuni stavano arrivando, altri partendo, ed altri sostavano. Quando lui chiese perché c’era là una tale folla ed il motivo di tutto il clamore, gli fu detto, dai seguaci della donna, che era la casa di Ipazia la filosofa e che lei stava per salutarli. Quando Cirillo seppe questo, fu così colpito dall’invidia che cominciò immediatamente a progettare il suo assassinio e la forma più atroce di assassinio che si potesse immaginare”.
Fu così che le venne teso un agguato: un gruppo di fanatici cristiani la sorprese mentre faceva ritorno a casa e, dopo averla tirata giù dal carro, la trascinò fino ad una chiesa. Lì furono strappate ad Ipazia tutte le vesti e la donna venne letteralmente fatta a pezzi. Le varie parti smembrate del suo corpo furono portate al cosiddetto “Cinerone”, dove si dava fuoco a tutti gli scarti, e furono bruciate perché di Ipazia non rimanesse nulla.

Onore ad una delle prime martiri della libertà di pensiero.
Vergogna all’oscurantismo di tutte le religioni. Specialmente contro le donne.

 

Lascia un commento

Lascia un commento