L’uomo mortale
ha una sola cosa
di immortale:
il ricordo che porta
e il ricordo che lascia.
Cesare Pavese
In questo BLOG, di quando in quando, di qua e di là, ho buttato giù delle “poesiole” su diversi argomenti, anche i più strampalati, così, senza pretese. Mi sono cimentato qui, in un’impresa un po’ greve: parlare di cose molto serie ed importanti che mi riguardano: la vita, la morte, la fede, l’aldilà. Ma appunto perché gli argomenti sono molto severi ed impegnativi, ho deciso, per parlarne, di ricorrere alla composizione, in strofe di quattro versi, di senari in rima alternata. Questo perché ho inteso togliere all’esposizione il tono austero, aulico e un po’ ridondante, che avrebbe avuto discorsivamente.
Scrivere versi non è facile. A me piace scriverli in maniera semplice, con un verseggiare magari banale e un po’ nazionalpopolare, proprio quando l’argomento è serioso e pedantesco. Per l’amor del cielo, non parliamo di poesia, ma, casomai, di filastrocca. Riesco, così, ad alleggerire il messaggio ed i concetti, rendendoli più scorrevoli e comprensibili: i versi, specialmente quelli corti, sono un concentrato, un nucleo, di pensieri appena accennati da sviluppare con la riflessione. La lettura poi è favorita dal ritmo della metrica. Sì, perché, oltre alle rime sono molto importanti le metriche, ossia le scansioni sillabiche di ogni verso. In questo caso ogni verso è composto di una successione di sei sillabe (senario). Mi raccomando, bisogna tener conto delle elisioni vocaliche.
Il duplice condizionamento della rima, in questo caso alternata (A B A B) e della scansione sillabica sempre uguale a se stessa, forma una specie di piano Cartesiano bidimensionale di ascisse e ordinate, oppure un tessuto, contesto di trama e ordito, che ingabbiano la composizione entro uno schema predefinito. Le parole, poi, cercano di restare quelle del senso comune e di immediata comprensione, evitando voli pindarici o afflati lirici che lascio a ben altri tipi letterari.
Provo così a devitalizzare, sdrammatizzare e rendere più accessibile la prosopopea delle affermazioni didascaliche od apodittiche.
Mi piace ricordare che questo modo di scrivere o verseggiare è tornato e resta di gran moda, tutt’oggi, fra i giovani con i loro idoli cantautori, i RAPPER, che scrivono e tentano di cantare dei versi rimati e ritmati. Di quello che dicono mi taccio, di come lo dicono, beh, ho qualcosa da dire: i versi hanno, magari, una rima o una assonanza, ma hanno una metrica, cioè una scansione ritmica, molto zoppicante ed approssimativa, per nulla rigorosa ed uniforme. Ci sono versi più lunghi, altri più corti, altri stiracchiati e pasticciati. Ma sembra che vada bene così. Parlando, poi, della musica, eviterei di chiamarla tale perché, tale non è. È solo ritmo ossessivo e tampinante senza un motivo musicale conduttore, con forse alcuni accordi per l’orchestrazione ritmica. Ma non so bene neanch’io di cosa sto parlando. So solo che, ascoltando, non ci capisco niente e che, delle loro canzonette, non ricordo un solo motivetto da fischiettare. E ai giovani ricordo, infine, che i testi delle composizioni epiche antiche, come l’Iliade, l’Odissea, l’Eneide, come anche tutte le produzioni poetiche e liriche, erano composte in versi solo scanditi ritmicamente e senza alcuna rima. Probabilmente perché si potevano raccontare meglio, senza leggere alcunché, perché gli Aedi, i cantautori dell’epoca, e Omero era uno di questi, li sapevano recitare, erano migliaia di versi, tutti a memoria. La carta era rara e la scrittura ancora di più.
LA VITA, LA MORTE, LA FEDE, L’ ALDILÀ
Mi sento onorato
e orgoglioso, certo,
per essere stato
me stesso, Alberto.
Ma sono invecchiato,
come tutti anch’io,
non sono malato
ma non sono più mio.
Il corpo è diverso
e non m’ubbidisce,
il filo s’è perso,
il fiore appassisce.
La morte è qui intorno,
ed attende anche me:
arriverà il giorno,
senza ma e senza se.
Grazie alla mia vita,
a chi me l’ha data,
a chi l’ha tradita,
a chi l’ha amata;
a chi voglio bene
e mi ha ricambiato,
alle gioie e alle pene
che abbiamo passato.
E grazie per tutto,
il dato e l’avuto,
il bello ed il brutto,
che ho conosciuto.
E ancora ringrazio,
ne sono sicuro,
se resta lo spazio,
in un certo futuro,
di un’altra presenza,
dove credo varrà
la mia esperienza
che ho avuto qua.
La vita è energia
che non muore mai,
qualunque cosa sia,
qualunque cosa fai.
Ma la morte esiste?
È una vita nuova
e non mi rende triste
mettermi alla prova.
Però non mi sfugge,
Lavoisier m’informa,
nulla si distrugge,
tutto si trasforma.
Se nell’universo
sono quasi zero,
che cosa avrò perso
in quel buco nero
che chiamano morte?
Il dono ch’ho avuto,
toccatomi in sorte,
non andrà perduto.
È un dono di vita
che per sempre resta,
anche se è finita
la corsa di questa.
L’anima non muore
e, se ho ben vissuto,,
diventa migliore
e nulla è perduto.
A chi devo la grazia
non lo so neppur io.
Dicono: “Ringrazia
sempre il buon Dio”
Una volta ho creduto,
ma ora non più,
da quando ho saputo
che è morto Gesù,
ma dopo è risorto
alla vita eterna.
Perché era morto?
Volontà paterna!
Il padre suo, forse,
si sarà pentito:
come lui risorse
non si è mai capito.
Io credo e penso
che noi risorgiamo:
se la vita ha senso
io le dico “Ti amo!”.
L’energia vitale
che sentiamo ora
rende naturale
il vivere ancora.
Lo spirito è anelo
di tornare in vita,
scendendo dal cielo
con forza infinita.
E così la natura
rinnova se stessa,
così s’assicura
che la vita non cessa.
N.d.R. : da qui in avanti, mi complico le cose, ricorrendo per ogni strofa ad una coppia di versi con rima fissa e ripetuta.
Non voglio morire,
non ancora, lo spero,
voglio solo dire
questo mio pensiero.
“Se vivi, morirai”.
Ma sono sincero:
questo non è mai
stato un gran mistero.
Alle fiabe non credo,
ciò che sembra vero
è quello che vedo
sia bianco, sia nero.
La Chiesa c’insegna
col suo magistero:
“La persona è indegna”
Non è proprio vero.
Perché il peccato,
detto per intero,
per me è sempre stato
invenzione del clero.
La mia protesta,
non come Lutero,
soltanto contesta
ciò ch’è menzognero.
Di ogni menzogna,
lo dico davvero,
io provo vergogna
e ne vado fiero.
Coi falsi e gli scaltri
sarò veritiero:
la fede degli altri
non è il mio sentiero.
Venite a trovarmi
là al cimitero
solo per portarmi
un fiore ed un cero.
Di preghiere pie,
non ditemi altero,
lasciatemi le mie,
con me sono severo.
Della mia libertà,
libertà di pensiero,
anche nell’aldilà
sarò messaggero.
E la pena che avrò
dal giudice austero
è che diventerò
“di luce prigioniero”.
N.d.R. : Del personaggio storico di Gesù Cristo mi hanno sempre affascinato il messaggio di giustizia sociale e la metafora (adoperata, però, a fini fideistici) della resurrezione dello spirito: per me è l’esempio emblematico della resurrezione di tutte le anime. Se è stata possibile per lui, perché non dovrebbe accadere per ogni uomo?
Tentare di capire, con il discernimento umano, è stato e sarà sempre considerato un atto di superbia, poiché a noi non è dato altro che credere acriticamente, come unico atto di fede possibile. Consideratemi pure un uomo superbo.
Caro amico,
ho letto più volte ( ma per davvero ! ) quella che tu chiami ” filastrocca ” e non poesia.
Può essere , non sono un esperto ( anzi !) in materia , ma a me è piaciuta tanto sia dal punto di vista metrico , estetico, ritmico e rimico ( utilizzo le tue parole…), che per i concetti espressi ancorché solo accennati.
Ti conoscevo come Persona intelligente , colta , poliedrica , ma non pensavo fossi capace di cotanta performance.
E sbagliavo io ; perchè avrei dovuto ricordare lo ” scherzetto ” che preparasti per la supplente di italiano ( bei tempi quelli dello Stellini )… se eri capace allora che eri solo un ragazzo , ora…
Complimenti Alberto ; di fronte a te mi sento tanto piccino.
Ripeto quanto scrissi ultimamente : è sempre un piacere leggerti.
Abbi cura di te.
Efrem
Carissimo, Efrem,
sei troppo buono: non merito tanto. Non credevo che, prima di morire, avrei trovato un sincero amico, estimatore attento e sensibile come te. Ti ringrazio, ma non ho le parole. Ti dico solo, per restare nel tema dello sproloquio: chissà a chi di noi due sarà caro il ricordo dell’altro. Per questo, MANDI, cioè MANE DIU, ovvero rimani a lungo sulla faccia di questa terra. Uomini come te non dovrebbero morire mai.
… una sola parola : ESAGERATO !!
Un affettuoso saluto per te carissimo Alberto, permettendomi di salutare anche il signor Cosmacini. Leggo il tuo scritto “aggrappato” via internet al vocabolario Treccani per venire a capo di quei vocaboli che la mia istruzione “geometrica” ovverosia di geometra non ha permesso di appropriarmene. A prescindere dai miei studi neanche il mio prosieguo nell’apprendimento di quello che è stato il percorso lavorativo mi ha portato a potenziare il tutto anche perché, avere inizialmente in mano una pala atta a far sì che il carbone venisse dal tender introdotto nel forno di una vaporiera, non era il massimo. Ebbi modo anch’io da giovanissimo di scrivere, ricordandola vagamente al momento, una poesia anche relativamente rimata, ma mi fermai lì. Sai bene che leggo molto, scrivo anche, studio di regolamenti calcistici, fantastico, ma non sono in possesso di quella vena poetico-narrativa che ammiro in te. I tuoi temi e le tue fonti sono distanti da una mia attività intellettuale e poi a prescindere dalla base classica degli studi la tua è realmente una cultura di livello eccelso. Confermo di aver letto il tutto, ripromettendomi di rileggerlo, anzi del tuo articolo “SUPERCALCIO E TIFO SPORTIVO” ne ho fatto persino una stampa come pure ho letto “L’ODIO” del quale mi riprometto di discuterne con te quando avremo modo di incontrarci personalmente.
Grazie anche a te, Corrado, Siete in pochi ma buoni a leggermi con questo piglio partecipativo ed empatico. Sono orgoglioso di suscitare un qualche interesse, qualunque sia l’argomento, serio, faceto, culturale o sportivo. È anche l’occasione e il modo di farmi conoscere meglio. Esponendo le mie riflessioni, provoco una reazione a catena che mette a fuoco tante sfaccettature diverse di ogni oggetto di discussione. Voi, che mi commentate, mi date il destro e il coraggio di andare avanti in questo cammino di ….scrittura. Un abbraccio. Mandi.