da QUORA
L’Italia è culturalmente arretrata?
Scrive Fabio Colasanti, corrispondente di QUORA
Gran parte dell’ultimo libro di Piero Angela (Dieci cose che ho imparato, Mondadori, 2022) è dedicata a rispondere, più o meno, a questa domanda.
La posizione di Piero Angela è ben riassunta in queste righe che vengono dalla pagina 13 del suo libro.
“Personalmente credo che vi sia soprattutto un gravissimo ritardo culturale a entrare nella modernità; cioè un deficit nella capacità di comprendere (e di investire in) quelli che sono oggi i veri acceleratori dello sviluppo: educazione, conoscenza, competenza, flessibilità, innovazione, capacità progettuale, etc. Tutte cose importanti anche in passato, naturalmente, ma che oggi sono deflagrate attraverso il moltiplicarsi delle scoperte scientifiche e delle invenzioni tecnologiche”.
Il punto di Piero Angela è che per il grosso degli italiani “Cultura” è solo cultura classica. Il grosso degli italiani non apprezza gli sviluppi scientifici e tecnologici, ne ha addirittura paura. Le nostre imprese non riescono a trovare abbastanza laureati in materie STEM (Science, Technology, Engineering and Math). E abbiamo tanti laureati in materie letterarie, scienza delle comunicazioni, scienze politiche e giurisprudenza che non trovano lavoro.
Nei vari capitoli del libro, Piero Angela fa un lunghissimo elenco di tutte le statistiche che mostrano il ritardo dell’Italia rispetto agli altri paesi industrializzati in tutti i campi che sono oggi cruciali per lo sviluppo.
Comincia con la qualità dell’istruzione. I nostri studenti di 15 anni escono molto male dalle inchieste PISA fatte dall’OCSE su di un larghissimo campione e come numero di laureati nella popolazione stiamo tra la Colombia e l’Arabia Saudita nelle statistiche OCSE (e siamo gli ultimi nell’UE).
Siamo poi tra gli ultimi paesi in Europa nell’uso dell’internet e delle altre tecnologie digitali. Non stiamo bene in termini di brevetti. La nostra spesa per la ricerca scientifica è tra le più basse in Europa.
Nel nostro paese c’è poca concorrenza e poco riconoscimento del merito.
E, comunque, c’è il fatto incontrovertibile che siamo il paese UE con la crescita media più bassa tra il 1991 ed oggi. Perfino la Grecia, con otto anni di recessione, è cresciuta un niente più di noi.
Aggiungo alcuni dati per aiutare chi sembra andare avanti solo sulla base di impressioni personali.