Numero1027.

R I C O R D O   D I   G I O V E N T U’

Testo di una canzone di più di 50 anni fa.

 

N O I   S I A M O   I   S E L V A G G I

 

Se c’è qualcuno, amici miei,

che non sa chi siamo noi,

se c’è qualcuno tra di voi

che non c’ha sentiti mai,

a lui vogliam dire la verità

che fa inorridire la società!

…Uh! Noi siamo i Selvaggi!

 

Se c’incontrate per la strada

salutiamo prima noi,

siamo civili ed educati

quando siamo in mezzo a voi.

Ma, se sentiamo il ritmo di una canzone,

dimentichiamo quasi l’educazione!

…Uh! Noi siamo i Selvaggi!

 

Dimenticate per un poco

l’etichetta e i vostri guai,

provate un po’ a comportarvi

da selvaggi come noi.

Se questa confusione non vi va giù,

allora non vi piace la gioventù!

…Uh! Noi siamo i Selvaggi!

 

Tricesimo, anno 1964.

Numero1025.

I    S O L I             Giorgio Gaber      (testo e musica).

 

I soli sono individui strani,

con il gusto di sentirsi soli, fuori dagli schemi,

non si sa bene cosa sono

forse ribelli, forse disertori,

nella follia di oggi i soli sono i nuovi pionieri.

 

I soli e le sole non hanno ideologie,

a parte una strana avversione per il numero due,

senza nessuna appartenenza,

senza pretesti o velleità sociali,

senza nessuno a casa a frizionarli con unguenti coniugali.

 

Ai soli non s’ addice l’intimità della famiglia,

magari solo un po’ d’amore, quando ne hanno voglia,

un attimo di smarrimento, un improvviso senso d’allegria,

allenarsi a sorridere per nascondere la fatica

soli, vivere da soli,

soli, uomini e donne soli.

 

I soli si annusano tra loro,

son così bravi a crearsi intorno un senso di mistero,

sono gli Humphrey Bogart dell’amore,

sono gli ambulanti, son gli dei del caso,

i soli sono gli eroi del nuovo mondo coraggioso.

 

I soli e le sole ormai sono tanti,

con quell’aria un po’ da saggi, un po’ d’adolescenti,

a volte pieni d’energia,

a volte tristi, fragili e depressi,

i soli c’han l’orgoglio di bastare a se stessi.

 

Ai soli non s’addice il quieto vivere sereno,

qualche volta è una scelta, qualche volta un po’ meno,

aver bisogno di qualcuno,

cercare un po’ di compagnia

e poi vivere in due e scoprire che siamo tutti

soli, vivere da soli,

soli, uomini e donne soli.

 

La solitudine non è malinconia,

un uomo solo è sempre in buona compagnia.

Numero1024.

N O N   I N S E G N A T E    A I    B A M B I N I

Giorgio Gaber         testo  Alessandro Luporini

 

Non insegnate ai bambini

non insegnate la vostra morale,

è così vecchia e malata

potrebbe far male.

Forse una grave imprudenza

è lasciarli in balia

di una falsa coscienza.

Non elogiate il pensiero

che è sempre più raro,

non indicate per loro

una via conosciuta,

ma, se proprio volete,

insegnate soltanto

la magia della vita.

 

Giro giro tondo, cambia il mondo.

 

Non insegnate ai bambini,

non divulgate illusioni sociali,

non gli riempite il futuro

di vecchi ideali.

L’unica cosa sicura

è tenerli lontano

dalla nostra cultura.

Non esaltate il talento

che è sempre più spento,

non li avviate al bel canto,

al teatro, alla danza,

ma, se proprio volete,

raccontategli il sogno

di un’antica speranza.

 

Non insegnate ai bambini,

ma coltivate voi stessi

il cuore e la mente.

Stategli sempre vicini,

date fiducia all’amore,

il resto è niente.

 

Giro giro tondo, cambia il mondo.

Numero1023.

L A   P A R O L A   I O                    Giorgio Gaber     testo Alessandro Luporini

La parola io

è un’idea che si fa strada a poco a poco,

nel bambino suona dolce come un’eco,

è una spinta per tentare i primi passi

verso l’intima certezza di se stessi.

 

La parola io

con il tempo assume un tono più preciso,

qualche volta rischia d’esser fastidioso,

ma è anche il segno di una logica infantile,

è un peccato ricorrente ma veniale.

 

Io, io, io,

ancora io.

 

Ma il vizio dell’adolescente

non si cancella con l’età

e negli adulti, stranamente,

diventa più allarmante e cresce.

 

La parola io

è uno strano grido che nasconde invano

la paura di non essere nessuno,

è un bisogno esagerato e un po’ morboso,

è l’immagine struggente del Narciso.

 

Io, io, io

e ancora io.

 

Io che non sono nato

per restare per sempre confuso nell’anonimato,

io mi faccio avanti,

non sopporto l’idea di sentirmi un numero fra tanti,

ogni giorno mi espando,

io posso essere il centro del mondo.

 

Io sono sempre presente

son disposto a qualsiasi bassezza per sentirmi importante,

devo fare presto,

esaltato da questa mania di affermarmi ad ogni costo,

mi inflaziono, mi svendo,

io voglio essere il centro del mondo.

 

Io non rispetto nessuno,

se mi serve, posso anche far finta di essere buono,

devo dominare,

sono un essere senza ideali assetato di potere,

sono io che comando,

io devo essere il centro del mondo.

 

Io vanitoso, presuntuoso,

esibizionista, borioso, tronfio,

io superbo, megalomane, sbruffone,

avido e invadente,

disgustoso, arrogante, prepotente

io, soltanto io,

ovunque io.

 

La parola io,

questo dolce monosillabo innocente

è fatale che diventi dilagante,

nella logica del mondo occidentale

forse è l’ultimo peccato originale.

Io.

Numero1022.

TESTO di una canzone da musicare:

C O M E   C Y R A N O

 

Io no ho paura

di te.

Fai la faccia scura

con me.

 

E’ la tua natura,

perciò,

tu sei molto dura,

ma so

 

che quest’avventura

per me,

dentro quattro mura

con te,

 

non sarà sicura,

oh no:

è una tortura

che avrò.

 

Adesso basta!

E’ ora di finirla!

Mi sono rotto

di sentirmi un pirla.

Per celebrare

“la fin della tenzone”,

mi sono scritto

perfino ‘sta canzone.

Lo confesso:

ho perso la pazienza

e, come Cyrano,

“giusto al fin della licenza,

io tocco!”      (ripetibile)

E scappo via da te!

 

E’ meglio la rottura

che vuoi,

che una fregatura

per noi.

 

Gennaio 2018.