Numero1857             (Approfondimenti al numero seguente).

MECCANICA  QUANTISTICA

Sessant’anni fa, quando io studiavo la fisica, questa era una materia abbastanza abbordabile e comprensibile con i criteri di apprendimento tradizionale, che consistevano nelle enunciazioni e formulazioni con modelli matematici, dei grandi principi fisici canonici e classici della storia della scienza. Studiosi eminenti, a cominciare da Galileo e Newton, erano i padri delle teorie più importanti che tentavano di spiegare i fenomeni fisici, quelli visibili.
Ma i fenomeni della fisica “invisibile”, il mondo atomico e subatomico, solo da non molti decenni aveva, allora, iniziato ad interessare una nuova generazione di giovani fisici. Era un campo molto difficile e tutte le teorie che, pian piano, venivano snocciolate erano di verificabilità parecchio ardua con gli strumenti, scarsissimi, della didattica tradizionale. Se, ad esempio, si parlava della struttura dell’atomo, chi mai avrebbe potuto verificare che gli elettroni girano attorno al nucleo, se nessun studente aveva mai osservato questo fenomeno. Si trattava di affermazioni che provenivano da “addetti ai lavori”, ai quali noi studenti, più o meno studiosi, dovevamo credere come per un atto di fede.
Ecco, la conoscenza della fisica cominciava a diventare una specie di religione.
Mentre certe equazioni delle formule fisiche come la “Legge di gravità universale”, potevano essere riscontrate e provate fisicamente, le leggi dell'”infinitamente piccolo” dovevano essere accettate come dogmi.
Gli scienziati del “microcosmo” dicevano e, anche oggi, ci dicono: “Credeteci, perché noi lo abbiamo sperimentato, in buona fede, con rigore e con metodo scientifico”, insomma con scienza e coscienza. Ma noi studenti, o la gente comune, sempre un atto di fede dovevamo e dobbiamo fare per imparare qualcosa di nuovo, ma , almeno secondo loro, di esatto.
Detto per inciso, non così hanno mai fatto le religioni. I dogmi, infatti, sono indimostrabili.
Usando termini oggi di moda, si può affermare che le religioni hanno realizzato una grande operazione di “marketing”, e di lavanderia cerebrale di massa. Non hanno mai dimostrato nulla, ma hanno sempre preteso di essere credute. E, per suffragare le loro apodittiche asserzioni hanno portato come prove dei “miracoli” che, per loro stessa natura e ammesso che siano tali, sono pur sempre delle eccezioni a regole di natura riscontrabili e verificabili, come sono quelle adoperate nei metodi di cui si avvalgono gli uomini di scienza.

Sessant’anni fa, nei programmi delle scuole superiori, non c’era la MECCANICA QUANTISTICA. Era materia di studio solo nei corsi delle Facoltà di Fisica nelle Università.  In questi ultimi tempi, non so come mai, m’ è venuta la curiosità di sapere qualcosa di più su questa branca della scienza, che sento dire, da diverse parti, essere molto importante.
Dopo molte ore di lettura, interessante, anzi, appassionante, e dopo aver filtrato quello che ho capito, vi premetto che non trascriverò, qui, la fase teorica di questa materia. Rimando i lettori alle informazioni reperibili su internet, che sono lunghe, approfondite e complete.
Mentre, invece, voglio trattare l’argomento, saltando subito alle possibili applicazioni tecnologiche, straordinariamente importanti, che sono comparse all’orizzonte del nostro futuro.
Lo farò, dopo aver riportato solo una breve definizione della materia in oggetto, ricavata da WIKIPEDIA:

La meccanica quantistica (o fisica quantistica o teoria dei quanti) è la teoria della meccanica attualmente più completa, in grado di descrivere il comportamento della materia, della radiazione e le reciproche interazioni con particolare riguardo ai fenomeni caratteristici della scala di lunghezza o di energia atomica e subatomica , dove le precedenti teorie classiche risultano inadeguate.
Come caratteristica fondamentale, la meccanica quantistica descrive la radiazione e la materia sia come fenomeno ondulatorio che come entità particellare, al contrario della meccanica classica, dove per esempio la luce è descritta solo come un’onda o l’elettrone solo come una particella. Questa inaspettata e controintuitiva proprietà della realtà fisica, chiamata dualismo onda-particella, è la principale ragione del fallimento delle teorie sviluppate fino al XIX secolo nella descrizione degli atomi e delle molecole. La relazione tra natura ondulatoria e corpuscolare è enunciata nel principio di complementarità e formalizzata nel principio di indeterminazione di Heisenberg .

Esistono numerosi formalismi matematici equivalenti della teoria, come la meccanica ondulatoria e la meccanica delle matrici; al contrario esistono numerose e discordanti interpretazioni riguardo l’essenza ultima del cosmo e della natura.

La meccanica quantistica rappresenta, assieme alla relatività, uno spartiacque rispetto alla fisica classica portando alla nascita della fisica moderna, e attraverso la teoria quantistica dei campi, generalizzazione della formulazione originale che include il principio di relatività ristretta, è a fondamento di molte altre branche della fisica, come la fisica atomica, la fisica della materia condensata, la fisica nucleare e subnucleare, la fisica delle particelle, la chimica quantistica.

Questi sono gli scienziati che, a partire dal 1900 hanno contribuito a fondare e sviluppare questa che sembra, sempre di più, la fisica moderna:
Max Planck, Albert Einstein, Niels Bohr, Werner Karl Heisenberg, Erwin Schroedinger, Paul Dirac, Wolfgang Pauli, Richard Feynman.

Mi rendo conto che l’argomento è ostico e poco invogliante, ma il mio scopo è quello di sapere cosa potremo fare di queste grandi novità, per poter migliorare la nostra vita di ogni giorno. In fondo, si tratta del progresso e non del pregresso.
Per questo, ho scelto una conferenza, tenuta da un giovane professore, Rosario Lo Franco, dell’Università di Palermo, che qui trascrivo.

LE  DIROMPENTI  CONSEGUENZE  TECNOLOGICHE  DELLA  MECCANICA  QUANTISTICA.

Consideriamo un corpo microscopico, delle dimensioni di un atomo, ovvero dell’ordine di un miliardesimo di metro.
Per darvi un’idea delle dimensioni, un pallone da calcio sta alla sfera terrestre, come un atomo sta ad una biglia di vetro del diametro di 1 centimetro.
Entriamo, adesso, nel cosiddetto MONDO QUANTISTICO e, da ora in poi, prendiamo la biglia come il nostro “oggetto quantistico”.
Innanzitutto, il nostro “oggetto quantistico” subisce il cosiddetto PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE (Superposition Principle of quantum object) o PARALLELISMO QUANTISTICO, nel senso che esso si può trovare, simultaneamente, in diverse configurazioni possibili.
Se, ad esempio, siamo interessati alla proprietà “colore”, bene, questo significa che la nostra biglia quantistica può trovarsi contemporaneamente nel colore giallo, blu, rosso o arancione.
Questo è molto strano, perché se pensiamo ad una biglia ordinaria, si vede bene che questa biglia è verde, o gialla, o blu, dipende da come è stata preparata: non diremo mai che questa biglia è simultaneamente di tutti questi colori.
Invece, un “oggetto quantistico” può esserlo.
Ma ancora più strano è, probabilmente, il concetto dell’ ENTAGLEMENT, che significa INTRECCIO, CORRELAZIONE, che si viene a creare quando  due “oggetti quantistici”, chiamiamoli A e B, vengono preparati in una condizione in cui sono, simultaneamente, entrambi rossi ed entrambi blu. Attenzione che, non appena avete preparato questa condizione, essa vale indipendentemente dalla distanza di questi due oggetti. Supponiamo, quindi, di lasciare A sulla terra e di portare B sulla luna. La condizione di ENTANGLEMENT significa che, se osservo A rosso, anche B sarà rosso; se osservo A blu, anche B diventerà blu. Ma, ancora più sconvolgente, se decido di cambiare il colore di A in un colore nel quale nessuna delle due biglie era stata precedentemente preparata, per esempio giallo, allora anche B diventa giallo, senza che nessuno abbia fatto qualcosa sulla luna.

Questo è sconcertante, perché significa che io sto facendo, ora e qui, qualcosa su di un oggetto e questo ha un effetto su un oggetto molto lontano.
Il fenomeno dell’ ENTANGLEMENT è talmente strano che stupì lo stesso Einstein che lo definì AZIONE SPETTRALE A DISTANZA (Spooky action at a distance).
Tuttavia, sia il PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE che l’ ENTAGLEMENT sono stati verificati in innumerevoli esperimenti e la MECCANICA QUANTISTICA rimane una delle teorie di maggior successo in tutta la storia della scienza.

Queste stranissime, bizzarre proprietà quantistiche hanno poi delle conseguenze inaspettate in campo tecnologico, con effetti potenzialmente dirompenti.
Possiamo, infatti, costruire un BIT QUANTISTICO (Quantum bit o QUBIT), associando il valore 0  (zero) al colore blu, e il valore 1 (uno) al colore rosso.
Quindi, il QUBIT è un oggetto quantistico che può trovarsi, contemporaneamente, nella configurazione 0 e 1.
Questo fa una grande differenza con un BIT DIGITALE classico, su cui si basano i nostri computer e smartphone classici, in cui un BIT classico può essere 0 oppure 1.
Se volete farvi un’idea di un BIT REALISTICO, potete pensare ad un atomo che può stare in due possibili livelli energetici, cioè due possibili orbite dell’elettrone attorno al nucleo, oppure pensate ad un FOTONE, che è il QUANTUM di luce, che può trovarsi in due possibili polarizzazioni diverse.
Polarizzazione è sostanzialmente la direzione in cui punta il campo elettromagnetico durante la propagazione.
Bene, ora che avete il QUBIT, potete costruire il computer quantistico (QUANTUM COMPUTER o Q.C.), il cui funzionamento si basa proprio su un assemblaggio di molti QUBIT. Facciamo N.

Le potenzialità in termini di calcolo di questo Q.C., rispetto ad un computer ordinario, sono potenzialmente enormi. Per capirlo, basta fare questo ragionamento: tutte le combinazioni possibili, in cui possono trovarsi gli N QUBIT, sono 2 elevato a N. Se avete due QUBIT, le combinazioni possibili sono 2 elevato alla seconda potenza , cioè 4:  00, 01,  10, 11.
A questo punto, il Q.C. grazie al PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE, può sfruttare, per elaborare l’informazione, contemporaneamente, tutte le 2 elevato alla N combinazioni degli N QUBIT.
Un computer ordinario questo non può farlo, perché, ogni volta, può utilizzare soltanto una delle configurazioni dei BIT classici: 0 oppure 1.
Capite che si tratta di un vantaggio, in linea di principio, di 2 elevato a N rispetto a 1.
A questo punto, voi potete collegare tanti Q.C., per creare una RETE QUANTISTICA (Quantum Network) e, in questa, potete trasferire un’informazione ed elaborarla, sfruttando le proprietà e le potenzialità dei QUBIT. Bene, che cosa ci possiamo fare di bello? Ci possiamo fare, ad esempio, il TELETRASPORTO QUANTISTICO (Quantum teleportation). Attenzione, però, per TELETRASPORTO QUANTISTICO, s’intende trasferimento di informazioni, cioè di proprietà fisiche di QUBIT e non di materia. Non c’è nulla che viene smontato, smaterializzato da una parte e rimontato da un’altra parte.
Inoltre, non andremo mai ad osservare e misurare le proprietà fisiche del QUBIT che si vuole trasmettere, per non comprometterle. Questo significa, se ben ci pensate, che è come se volessimo comunicare l’ora che segna il nostro orologio, senza mai guardare l’orologio.

Questo tipo di TELETRASPORTO si può fare, ad esempio, se abbiamo due QUBIT, chiamiamoli A e B, uno, A, in un osservatorio a terra, e uno, B, in una stazione spaziale orbitante, a patto che questi due QUBIT siano, entrambi, nella condizione di ENTANGLEMENT che abbiamo descritta.
A questo punto, se voi avete un terzo QUBIT, chiamiamolo C, e volete trasferire le sue proprietà fisiche da esso a B, che è il QUBIT che sta sulla stazione spaziale orbitante, potete farlo, mettendo a punto opportune operazioni locali, nell’osservatorio e nella stazione spaziale. L’effetto finale è che B, ad esempio, è diventato blu, come lo era C, cioè ha assunto esattamente le stesse proprietà di C. Siamo contenti! A questo punto, bisogna rendersi conto che poter realizzare il TELETRASPORTO è essenziale per costruire delle efficienti RETI QUANTISTICHE.
E considerate pure che sono stati fatti moltissimi esperimenti di TELETRASPORTO, tra un laboratorio ed un altro, utilizzando i FOTONI, i QUANTUM di luce. Recentemente, un team di ricercatori cinesi ha, addirittura, realizzato un TELETRASPORTO tra un laboratorio sul pianeta terra ed un satellite in orbita.

Un altro aspetto interessante è la FATTORIZZAZIONE dei fattori primi.
Se voi prendete un numero molto grande, ad esempio di 300 cifre, il più potente calcolatore digitale, esistente ora sulla terra, impiegherebbe 600.000 anni per scomporlo in fattori primi.
Invece, un Q.C. ideale, tramite un opportuno algoritmo, ci metterebbe 1 secondo.
(N.d.R.) Io faccio una moltiplicazione, ad esempio, 3 X 5 = 15; in matematica, il suo contrario è la divisione, 15 : 3 = 5; in termini digitali è la scomposizione: 15 = 3 X 5. Ora, bisogna sapere che un computer digitale classico è molto veloce a fare la moltiplicazione, ma è lentissimo a fare la scomposizione in fattori primi.

Attenzione, però, che questo clamoroso vantaggio in termini di velocità di calcolo, andrebbe a compromettere i sistemi di sicurezza delle nostre carte di credito e delle password, che sono basate proprio sulla difficoltà di scomporre un grande numero in fattori primi.
Tuttavia, possiamo andare ad intervenire con la CRIPTOGRAFIA QUANTISTICA (Quantum Cryptography), che permette di trasmettere informazioni e dati in totale sicurezza, a prova di spia, tra un mittente e un ricevente. Di fatto, ogni intervento della spia all’interno della comunicazione, inevitabilmente andrebbe a modificare le proprietà fisiche dei QUBIT trasferiti. E queste modifiche verrebbero, immediatamente, rilevate dal ricevente che, a questo punto, può tranquillamente decidere di interrompere la comunicazione per riprenderla in seguito.
Anche in questo caso, sono stati fatti, in laboratorio, svariati esperimenti che realizzano la CRIPTOGRAFIA QUANTISTICA e la comunicazione sicura, tramite FOTONI, i Quantum di luce. Ci sono alcune compagnie che cominciano a commercializzare dispositivi che realizzano la CRIPTOGRAFIA  QUANTISTICA.

Ma, adesso, la vera, grande domanda è: quanto siamo distanti dall’avere un COMPUTER QUANTISTICO pratico, efficiente, da poter adoperare con le nostre mani?
Vi posso dire subito che i più grandi colossi dell’informatica come IBM, GOOGLE in collaborazione con la NASA, APPLE, INTEL, MICROSOFT  le industrie cinesi e russe e, da poco, anche l’Europa stanno investendo grandi risorse in questa direzione.
Ciascuna di queste compagnie ha un prototipo di Q.C. con un piccolo numero di QUBIT (circa una decina).
Ad esempio, l’IBM ha messo a disposizione, online e opensource, il proprio prototipo di Q.C. essenzialmente per finalità accademiche.
Ovviamente, lo scopo ultimo è quello di costruire un Q.C. con molti QUBIT, per sfruttarne le enormi potenzialità di calcolo, in campi, per esempio, come l’intelligenza artificiale, oppure la simulazione di sistemi molto complessi per poter prevedere e comprendere sempre meglio il loro comportamento.
Applicazioni molto importanti e clamorose sono previste in campo medico e per la progettazione di farmaci (personalizzabili?).

Capite bene che queste mostruose potenzialità hanno suscitato grandissimo interesse da parte dell’opinione pubblica, e anche dei governi, verso la MECCANICA QUANTISTICA e verso l’impatto tecnologico di questa.
Ci sono un sacco di notizie che circolano su questi argomenti, nei canali di comunicazione di massa, ma anche per quanto riguarda gli investimenti che vengono fatti in questo senso.
Per darvi un’idea di come la parola QUANTUM sia diventata di moda, adesso, vi informo che, nel quartiere “Palermo” di Buenos Aires, è stato eretto un bellissimo grattacielo che viene chiamato QUANTUM PALERMO.

Debbo dirvi una cosa importante.
I prototipi di Q.C. che abbiamo per le mani, fino ad ora, non riescono ancora a manifestare davvero i grandi vantaggi rispetto ai computer ordinari.
Rimangono, infatti, da risolvere importanti problemi pratici.
Innanzitutto, la SCALABILITÀ, nel senso che è difficile produrre Q.C. molto efficienti, con un numero sempre più grande di QUBIT.
Inoltre, c’è il problema della CORREZIONE degli inevitabili errori che avvengono durante i normali processi di calcolo e che richiedono ulteriori QUBIT, che vanno a complicare ancora di più il sistema.
E poi, c’è il problema del RUMORE dovuto alla inevitabile interazione dei QUBIT con l’ambiente circostante e che tende a distruggere, in tempi brevissimi, le proprietà quantistiche,come la SOVRAPPOSIZIONE E l’ENTAGLEMENT che noi vogliamo mantenere il più a lungo possibile, per sfruttarle per i nostri scopi.
La comunità scientifica sta facendo sforzi enormi per cercare di risolvere questi problemi. Possiamo sicuramente dire che passerà ancora del tempo prima di vedere una diffusione, su larga scala, dei Q.C..

Voglio adesso citare Richard P. Feynman, uno dei più grandi fisici del ‘900, ed un suo aforisma: “I learned very early the difference between knowing the name of something and knowing something”.
“Ho imparato molto presto la differenza fra conoscere il nome di qualcosa e conoscere questo qualcosa”.
Questa frase mi piace un sacco, perché sintetizza l’essenza del fare ricerca, perché fare ricerca significa approfondire, conoscere sempre di più come si comportano le cose che ci circondano, non limitandoci semplicemente al nome di queste cose. E, in più, questa bella frase mi permette di fare questa riflessione finale.
Viviamo in un periodo storico in cui si sta diffondendo una certa cultura antiscientifica. C’è molta gente che crede ad assurde teorie del complotto. Basti pesare che c’è ancora una certa quantità di persone, che è convinta che la terra sia piatta. È così, anche se basta mettersi sul molo di un porto per vedere una nave scomparire  all’orizzonte. La nave scompare  non perché la vista non ci aiuta; possiamo prendere un binocolo, un cannocchiale, un telescopio , non la vedrete più comunque, perché è scomparsa sotto la linea dell’orizzonte, a causa della curvatura terrestre. E si potrebbe continuare con chi afferma che non ci sarebbe mai stato lo sbarco sulla luna, quando ci sono state svariate missioni “Apollo”, ben 11 e ben documentate, che dicono il contrario. Per non parlare delle scie chimiche e dei discorsi sui vaccini.
Allora, permettetemi di concludere con questo messaggio.
Fidatevi, per favore,  degli scienziati che dedicano la loro vita per cercare di capire come funzionano veramente le cose. Lo fanno con rigore e metodo scientifico.
Questo non è un atto di debolezza, ma un atto di grande intelligenza.

 

Prof. Rosario Lo Franco
Dipartimento di Energia, Ingegneria dell’Informazione e Modelli Matematici.
Università degli Studi di Palermo.

 

Aggiungo alcune definizioni esplicative ricavate da WIKIPEDIA.

Quante informazioni possono essere rappresentate da un qubit?

Paradossalmente ci sono un numero infinito di combinazioni lineari della base ortonormale così da permettere, almeno in linea di principio, la rappresentazione in un unico qubit di tutto lo scibile umano.

Ma è una conclusione erronea in virtù del comportamento del qubit in fase di misurazione. Va tenuto presente, infatti, che l’esito della misurazione dello stato di un qubit può essere soltanto 0 o 1. Di più, la misurazione del qubit ne cambia inesorabilmente lo stato, riducendo la sovrapposizione in uno dei due specifici stati rappresentati dai vettori della base computazionale.

Quindi, dalla misurazione di un qubit, è possibile ottenere la stessa quantità di informazione rappresentabile con un bit classico. Questo risultato è stato dimostrato rigorosamente dal Teorema di Holevo.

Sovrapposizione e entanglement nell’informatica quantistica.

Mentre il bit classico è immaginabile come una moneta che, una volta lanciata, cadrà a terra mostrando inesorabilmente una delle due facce, il qubit è immaginabile come una moneta che, una volta lanciata, cadrà a terra continuando a ruotare su sé stessa senza arrestarsi finché qualcuno non ne blocchi la rotazione, obbligandola a mostrare una delle sue facce.

Tuttavia la natura continua dello stato del qubit (che permette l’esistenza degli stati di sovrapposizione) non è l’unica caratteristica distintiva del qubit rispetto al cugino classico.

Nel pieno rispetto delle leggi della meccanica quantistica, una combinazione di più qubit è soggetta ad una caratteristica chiamata entanglement.

Il termine inglese letteralmente significa “ingarbugliamento”, “intreccio”. Una buona traduzione potrebbe essere “legatura”: in condizione di entanglement, due qubit perdono la loro natura individuale per assumere una unità di coppia. In tale condizione lo stato di un qubit influenza lo stato dell’altro e viceversa.

Rappresentazione geometrica del qubit.

L’unico modo sinora individuato per fornire una efficace rappresentazione geometrica di un qubit consiste nella cosiddetta sfera di Bloch. Formalmente il qubit, in quanto punto di uno spazio vettoriale bidimensionale a coefficienti complessi, avrebbe quattro gradi di libertà, ma la condizione di completezza da un lato e l’impossibilità di osservare il fattore di fase dall’altro li riducono a 2.

Dunque un qubit può essere rappresentato come punto sulla superficie di una sfera di raggio unitario.

Numero1856.

AD  ULTERIORE  INTEGRAZIONE  ED APPROFONDIMENTO  DEL  NUMERO  1857

Computer QuantisticoLo sviluppo dei computer quantistici affonda le sue origini negli anni ’80. Fu allora che i ricercatori cominciarono ad intravedere la possibilità di creare un super elaboratore in grado di sfruttare le leggi della meccanica e della fisica quantistica per oltrepassare finalmente i limiti dei cosiddetti super computer, spalancando di fatto le porte ai nuovi e interessantissimi orizzonti dell’Intelligenza Artificiale. Ad oggi, sono già stati creati sistemi avanzati basati su pochi qubit (bit quantistici), ma la vera sfida di scienziati e ricercatori è realizzare computer quantistici basati su migliaia di qubit entro pochi anni. Soltanto questa condizione consentirebbe un vero e proprio “salto quantico” nella qualità dei calcoli che un computer riesce ad eseguire. In sostanza, stiamo parlando di sistemi contenenti infiniti qubit (e non i bit utilizzati dai computer che conosciamo), capaci di effettuare centinaia di migliaia di calcoli al secondo. Gli studi tuttora in corso fanno sapere che ci vorranno almeno dieci anni per raggiungere una maturità tecnologica tale da poter realizzare una macchina di questo genere. A contendersi la partita al momento sono Google, IBM, Intel e Microsoft, ma anche alcuni centri specializzati come quello di Harvard e il MIT (Massachusetts Institute of Technology), che si scontrano con le ingerenze di alcuni studi russi e cinesi. Di recente, anche l’Unione Europea ha finalmente deciso di investire nella ricerca, destinando un miliardo di euro per i prossimi dieci anni.

Cos’è e come è fatto un computer quantistico?

Bit e QubitTutti i computer che usiamo si basano sulla logica binaria. Ogni unità (il bit) prevede due possibilità di scelta (0 e 1) e tutte le informazioni offerte (più o meno complesse) vengono elaborate con una stringa di valori composta da tanti 0 e 1. Questo non è il caso del computer quantistico, che punta a sfruttare le diverse proprietà della fisica e della meccanica quantistica, consentendo al sistema di ragionare in maniera profondamente diversa dai computer precedenti e, quindi, non lineare. Il bit, infatti, è stato sostituito con il qubit, in grado di analizzare qualsiasi query o problema in maniera simultanea, anziché binaria. Il computer quantistico, pertanto, non funziona in parallelo e la sua rapidità non dipende da una mera questione di potenza, ma è legata semplicemente a un modo totalmente nuovo di elaborare le informazioni. Se gli attuali computer seguono le regole della fisica classica, questo non è il caso dei computer quantistici, i quali grazie alla fisica quantistica sarebbero in grado di processare informazioni che con gli attuali sistemi richiederebbero migliaia di anni. Non si tratta di una tecnologia che darà vantaggi in ogni ambito, motivo per il quale i computer tradizionali non verranno accantonati. Ciò nonostante, questo nuovo approccio lascia intravedere possibilità di applicazione enormi e, già attualmente, esistono settori nei quali il salto sembra molto interessante. Tra questi la chimica, la fisica, la farmaceutica e la crittografia. Per adesso, queste macchine sono ancora in fase embrionale, soprattutto dal punto di vista dell’hardware. Malgrado gli investimenti effettuati negli ultimi anni da molte aziende attive nel settore informatico, la sperimentazione procede ancora a tentoni. Il motivo principale sta nella mancanza degli standard e, soprattutto, nella scarsità di specialisti in grado di lavorarvi, essendo questi poche centinaia in tutto il mondo. Per capire come la scienza sia arrivata alla realizzazione dei computer quantistici è necessario tirare in ballo la Legge di Moore e la miniaturizzazione dei circuiti: a partire dagli anni ’60, si è assistito a un miglioramento progressivo della potenza di calcolo dei Pc, incremento legato a doppio filo con la parallela e costante miniaturizzazione dei circuiti elettronici da cui deriva anche la celebre Legge di Moore. Secondo questa regola, la complessità dei microcircuiti, misurata attraverso il numero di transistor presenti in un chip (il processore) e la conseguente velocità di calcolo, raddoppiano ogni 18 mesi. Tuttavia, questa legge oggi non risulta quasi più applicabile e il motivo principale sta nel raggiungimento dei limiti imposti dalla meccanica, che rendono molto più difficile che in passato proseguire sulla strada della miniaturizzazione. Limite questo, che in un certo senso ha spalancato le porte a un netto cambio di paradigma, basato sulla necessità di sfruttare le potenzialità della meccanica e della fisica quantistica, allo scopo di raggiungere una maggior potenza e fluidità di calcolo. Ed ecco che i bit sono stati sostituiti dai qubit, non codificati medianti i simboli 1 e 0, ma relativi allo stato quantistico in cui si trovano le particelle o gli atomi impiegati. Questi ultimi possono avere contemporaneamente valore 1 e 0, tra l’altro in una varietà di combinazioni tali da produrre milioni di stati quantistici differenti. Una condizione che assume significati vastissimi se pensata in relazione alla progressione matematica: 2 qubit possono avere ben 4 stati contemporaneamente, 4 qubit corrispondono a 16 stati, 16 qubit a 256 stati e così via fino a quantità che nessuno strumento elettronico attuale è in grado di immaginare. Grazie a questi sistemi le capacità di codifica si amplierebbero talmente tanto da poter processare informazioni estremamente complesse, come quelle che regolano l’Intelligenza Artificiale. In poche parole, un computer quantistico sarebbe capace di elaborare nello stesso momento, in virtù delle sue capacità di calcolo parallelo, diverse soluzioni per un singolo problema, anziché semplici calcoli sequenziali come avviene attualmente per i pc tradizionali.

Come funzionano i computer quantistici?

Per il momento, a frenare gli scienziati che stanno lavorando a questi sistemi, è stata la manipolazione controllata degli atomi e delle particelle (finora realizzata con successo soltanto in presenza di pochi qubit ma mai per elaborazioni più complesse, che necessitano di centinaia o migliaia di qubit). La gestione degli atomi riguarda principalmente la loro comunicazione e connessione. Inoltre, è fondamentale uno sviluppo parallelo degli algoritmi dedicati. Il funzionamento di questi sistemi avanzati si basa essenzialmente su due delle leggi che regolano la meccanica quantistica:

  • il principio di sovrapposizione“, da cui ha origine la capacità delle particelle di trovarsi in più stati diversi contemporaneamente (dando la possibilità anche al qubit di poter essere sia 1 che 0 simultaneamente);
  • la correlazione quantistica” (entanglement), che indica il vincolo esistente tra due particelle e, in questo caso, due qubit; secondo tale principio, è possibile individuare lo stato di una particella (e di un qubit) osservando quella a cui è vincolata.

Dal punto di vista puramente pratico, il funzionamento dei computer quantistici prevede due approcci fondamentali:

  • il primo, che avviene attraverso il raffreddamento dei circuiti con il raggiungimento del cosiddetto zero assoluto(indicato con il valore di 0 gradi Kelvin, corrispondenti a -273,15 gradi Celsius). In questo modo i circuiti funzionano come conduttori senza alcuna resistenza che interferisca sulla corrente; in tal caso è possibile parlare di “punti quantici“, termine usato per indicare una nanostruttura dotata di uno speciale materiale semiconduttore, situata in un altro semiconduttore con un intervallo di energia più ampio;
  • il secondo metodo previsto, invece, ricorre ai cosiddetti ioni intrappolati, ovvero quegli atomi e molecole dotati di una carica elettrica e intrappolati in un campo elettromagnetico. Questi atomi vengono manipolati affinché il dislocamento degli elettroni sia in grado di produrre una trasformazione dello stato degli ioni e di conseguenza possa funzionare come qubit;

Seguendo tali principi, il computer quantistico è in grado di sfruttare i qubit per processare calcoli infinitamente complessi, a una velocità che attualmente risulta inimmaginabile (rispetto alle macchine odierne, sarebbero capaci di impiegare secondi anziché anni, garantendo risultati nettamente più affidabili). Come affermato in precedenza, esistono ancora molti ostacoli da superare, tra cui la manipolazione corretta delle particelle (particolarmente fragili e volatili, proprio perché soggette a cambiamenti di stato repentini), la creazione di infrastrutture hardware adeguate (attualmente per il raffreddamento di questi particolari sistemi viene impiegato l’elio e le macchine devono essere conservate in ambienti senza vibrazioni) e lo sviluppo di algoritmi espressamente dedicati al quantum computing.

La storia del computer quantistico

Murray Gell-Mann

Il primo a pensare ad un computer basato sull’uso delle particelle elementari fu Murray Gell-Mann (cui fu assegnato il premio Nobel per la fisica nel 1969). Il fisico statunitense, nel 1982, aveva già intravisto la possibilità di sfruttare talune proprietà degli atomi per dar vita a una tipologia innovativa di scienza informatica. Richard Feynman raccolse le idee di Gell-Mann e introdusse il metodo della sovrapposizione degli stati delle particelle elementari. Tre anni dopo, nel 1985, David Deutsch dimostrò l’assoluta validità di queste indicazioni e lavorò per metterle in pratica. Nel 1998 fu realizzato il primo prototipo di computer quantistico. A rendere realtà le intuizioni dei colleghi che l’avevano preceduto fu il fisico Bruce Kane, che realizzò un elaboratore basato su atomi di fosforo disposti su uno strato di silicio spesso soltanto 25 nanometri. Nel 2001, IBM ha realizzato uno dei primissimi elaboratori quantistici a 7 qubit, mentre nel 2013 è stato presentato al pubblico il computer quantistico D-Wave. Nel 2016, dopo che IBM ha messo pubblicamente a disposizione il primo computer quantistico in modalità cloud (Quantum Experience, dotato di un processore a 5 qubit), il governo cinese ha lanciato in orbita il satellite Micius, il primo della storia ad usare standard di comunicazioni quantistiche, avviando di fatto una competizione serrata tra Cina e Stati Uniti. Nel 2017, IBM ha aggiornato i suoi elaboratori quantistici via cloud, dotandoli di processori a 16 e a 20 qubit. Il primato di IBM, tuttavia, è durato soltanto pochi mesi, poiché nel marzo del 2018 a strapparlo all’azienda informatica americana ci ha pensato Google, con il suo nuovissimo Quantum AI Lab, dotato di un processore Bristlecone a 72 qubit. Sempre nel marzo del 2018 l’Istituto di Fisica e di Tecnologia di Mosca ha lanciato una nuova affascinante sfida, presentando al mondo intero un articolo relativo agli sviluppi di una connessione Internet quantistica ad alta velocità, un’innovazione che aprirebbe scenari inimmaginabili.

Gli ambiti interessati: chimica, biologia, farmaceutica e crittografia

Quantum Computing e Blockchain

Le future applicazioni dei computer quantistici cominceranno laddove le macchine tradizionali non sono in grado di arrivare. I computer del prossimo futuro, infatti, puntano a risolvere problemi estremamente complessi, sia definendo simulazioni basate sulle regole della natura, sia velocizzando in maniera esponenziale le operazioni richieste. Scendendo più nel dettaglio, una delle applicazioni future che pare maggiormente alla portata del quantum computing sembra essere quella relativa al settore chimico-biologico. In questo caso, le simulazioni possono essere utili per comprendere meglio le possibili interazioni tra le molecole da impiegare nello sviluppo dei farmaci. In futuro, potremmo produrre in maniera più efficiente e aderente alle nostre esigenze prodotti quali medicinali e concimi. E per ottenere quanto appena detto potrebbero bastare processori costituiti da 100/200 qubit. Oggi, le macchine più evolute ed affidabili raggiungono i 70-75 qubit. Qualora si riuscissero a creare computer quantistici animati da migliaia di qubit, potremmo accedere a simulazioni e informazioni sempre più complesse e, quindi, ad ulteriori applicazioni in grado di abbracciare un gran numero di settori diversi. L’altro campo interessato dalle sperimentazioni è la crittografia, ovvero la tecnologia che consente di cifrare i messaggi rendendoli incomprensibili a tutti coloro che non sono in possesso delle chiavi che permettono di renderli leggibili.

Oltre che per cifrare meglio le proprie informazioni, i computer quantistici potrebbero essere anche lo strumento per svelare e decifrare i messaggi di eventuali vittime o avversari. In teoria, con questi sistemi sarebbe possibile persino “bucare” una blockchain, oggi praticamente inattaccabili con i computer tradizionali. Al momento, soltanto i governi e le più importanti aziende di ricerca hanno accesso ad applicazioni di questo tipo, ma è ovvio che nel prossimo futuro andrà messa in piedi anche una discussione relativa al tema delle competenze, onde evitare spiacevoli inconvenienti.

I computer quantistici di IBM e Google

IBM è stata una delle prime realtà ad aver investito nello sviluppo del Quantum Computing e nella realizzazione di computer quantistici generalisti ed accessibili a tutti. Oggi, sono disponibili sistemi da 20 qubit pronti all’uso e, a breve, anche macchine dotate di processori da 50 e più qubit. I sistemi IBM Q online dotati di processori da 20 qubit, a partire dall’anno in corso vedranno miglioramenti nella progettazione degli stessi qubit, oltre che nel packaging, nell’hardware e nella connettività. I tempi di coerenza (ovvero la quantità di tempo necessaria per eseguire i calcoli) si attestano attualmente sui 90 microsecondi. Oltre che per l’elevata velocità di calcolo, questi sistemi di nuova generazione si differenziano anche per un’eccellente affidabilità. Su quantità di qubit infinitamente più elevate si attestano i computer quantistici realizzati in collaborazione da NASA e Google, presso uno dei poli di sviluppo informatico più noti al mondo: il Quantum Artificial Intelligence Lab in California. Il dispositivo realizzato più di recente prende il nome di D-Wave Two, un computer quantistico a 512 qubit derivato direttamente dal D-Wave, nato nel 2011 e dotato di un processore da 128 qubit. Il D-Wave Two è un computer quantistico in cui ogni qubit si presenta come un circuito superconduttore tenuto a temperature bassissime (circa -271 gradi Celsius), grazie all’impiego dell’elio e di alcuni dischi in rame che provvedono a schermare il sistema dalle interferenze elettromagnetiche e a dissipare il calore prodotto dalla macchina. Il problema principale che i computer quantistici sono chiamati ad affrontare riguarda l’ancora elevata percentuale di errore. Questi dispositivi funzionano a temperature bassissime e vanno schermati dall’ambiente circostante in quanto i bit quantistici usati attualmente risultano ancora molto instabili e ogni genere di rumore o cambio di temperatura può generare errori. Proprio per questo motivo, i qubit presenti nei processori quantistici non sono in realtà singoli qubit, ma spesso combinazioni di bit in grado di ridurre gli eventuali errori. Un altro fattore che limita la ricerca e la produzione di sistemi super intelligenti è relativo al fatto che la maggior parte di questi computer è in grado di conservare il proprio stato per meno di 100 microsecondi. I sistemi realizzati da Google hanno evidenziato tassi di errore ancora elevati, pari all’1% per quanto riguarda la lettura, allo 0,1% per i single-qubit e allo 0,6% nel caso delle porte a due-qubit. Ciascuno dei chip Bristlecone a basso errore realizzati da Google è munito di 72 qubit. Google, oltre che sui qubit, sta lavorando anche per migliorare la sincronizzazione di tutte le tecnologie presenti in un computer di questo genere (il software, l’elettronica di controllo e il processore stesso).

Il futuro dei computer quantistici

IonQ sta attualmente lavorando alla realizzazione di un computer quantistico che impiega il metodo degli ioni intrappolati. Secondo Christopher Monroe, fisico e fondatore di IonQ, la scienza si sta attualmente concentrando su due modelli distinti, ovvero i circuiti superconduttori (la strada percorsa da IBM e Google) e gli ioni intrappolati (sui quali sta lavorando il centro di ricerca di Harvard). Facendo delle comparazioni tra i due sistemi, Monroe è giunto alla conclusione che le prestazioni ottenute attraverso tali tecnologie siano molto simili. A fare la differenza, però, sarebbe il collegamento tra i qubit: tutti gli ioni intrappolati sono collegati fra loro mediante forze elettromagnetiche; nei circuiti superconduttori, invece, soltanto alcuni qubit sono connessi, condizione in grado di rallentare il passaggio delle informazioni. Sempre secondo Monroe, l’umanità potrà salutare la comparsa dei primi sistemi dotati di migliaia di qubit entro poco più di un decennio. Ovviamente, scienziati e ricercatori intuiranno meglio le possibili applicazioni man mano che questi sistemi verranno migliorati.

 

Numero1473.

 

NikolaTesla nacque il 10 luglio 1856 come suddito dell’Impero austriaco a Smiljan vicino Gospić, nella regione della Lika-Krbava, facente parte allora della frontiera militare croata del Regno di Croazia e Slavonia. Il padre, Milutin Tesla, nato nel 1819, era un ministro del culto ortodosso e ricordava a memoria passi della Bibbia e poemi epici serbi. La madre, Georgina-Đuka Mandić, nata nel 1822, figlia di un prete ortodosso, pure se analfabeta, aveva talento nell’inventare oggetti d’uso casalingo. Nikola ebbe un fratello, che morì a 12 anni cadendo da cavallo, e tre sorelle.
Si racconta che, durante la notte in cui Nikola Tesla fu partorito (in casa, ovviamente), e precisamente nel momento in cui vide la luce, si scatenò un furioso, tremendo temporale con una quantità enorme di lampi, fulmini, saette e tuoni, come mai si ricordava, a memoria d’uomo, nella zona, con l’emissione di grande energia elettrica ed elettromagnetica nell’atmosfera. Questo aneddoto potrebbe farci intuire qualcosa.

Andò a scuola a Karlovac, quindi studiò ingegneria elettrica all’Università tecnica di Graz (Austria), a quel tempo considerata uno degli istituti migliori al mondo. Durante gli studi si interessò agli impieghi della corrente alternata. Frequentò solo fino al primo semestre del terzo anno, non raggiungendo quindi il conseguimento della laurea. Poi, per un’estate, seguì i corsi dell’Università di Praga, studiando fisica e matematica avanzata. Si dedicò alla lettura di molti lavori, imparando a memoria interi libri grazie alla sua memoria prodigiosa, e leggendo l’intera opera di Voltaire (circa 100 volumi). Tesla affermò, nella sua autobiografia, di avere avuto numerosi momenti di ispirazione.

Nei primi anni di vita egli fu spesso malato: gli apparivano lampi luminosi accecanti, spesso accompagnati da allucinazioni. Molte di queste visioni erano connesse a parole o idee.Tali sintomi oggi segnalerebbero una forma di sinestesia.

Nikola Tesla era alto 188 cm e di corporatura assai magra (sembra che il suo peso tra il 1888 e il 1926 sia rimasto attorno ai 64 kg).

Per il resto che c’è da sapere della sua vita e delle sue scoperte ed invenzioni, rimando alla consultazione di Wikipedia.

Nikola Tesla morì, all’età di 87 anni, il 7 Gennaio 1943.

A mio modesto avviso, egli può essere considerato uno dei più grandi geni dell’Umanità. Tuttora, noi stiamo godendo dei vantaggi, in termini di benessere di vita, derivanti dalle numerosissime scoperte da lui concepite e realizzate, e chissà quante ne conosceremo e apprezzeremo nel futuro, perché diverse applicazioni tecniche e tecnologiche, sono ancora da mettere a punto e da utilizzare opportunamente.
Qui, dopo averne elencate alcune fra le più importanti, a me interessa sottolineare la figura di Tesla dal punto di vista umano nel suo essere e nei suoi rapporti con il mondo del suo tempo.

Apparecchi elettromeccanici e principi sviluppati da Nikola Tesla
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  • Vari apparecchi che usano campi magnetici rotanti (1882)
  • Il motore a induzione, trasformatori rotanti, e alternatori ad “alta” frequenza
  • La bobina di Tesla, il trasmettitore d’amplificazione, e altri mezzi per incrementare l’intensità di oscillazioni elettriche (incluso trasformazioni di scarica di condensatori e oscillatori di Tesla).
  • Sistema di trasmissione di corrente alternata elettrica per lunghe distanze (1888) e altri metodi e strumenti per trasmissione di potenza
  • Sistemi per comunicazioni senza fili (prior art per l’invenzione della radio) e oscillatori a radio frequenza.
  • La prima implementazione della porta logica “AND
  • Correnti di Tesla per Elettroterapia
  • Trasferimento di elettricità senza fili e l’effetto Tesla
  • Il fenomeno dell’impedenza Tesla
  • Il campo elettrostatico Tesla
  • Principio di Tesla
  • Bobina bifilare
  • Telegeodinamica
  • Isolazione di Tesla
  • Impulsi di Tesla
  • Frequenze di Tesla
  • Scarica di Tesla
  • Forma di commutatori e metodi di regolazione di terze spazzole
  • Turbine di Tesla (p.e., turbine senza pale) per acqua, vapore e gas e pompe di Tesla
  • Iniettore di Tesla
  • Compressore di Tesla
  • Tubi a raggi X che usano il processo bremsstrahlung
  • Apparecchi per gas ionizzati e “Caldi Fuochi di S.Elmo”
  • Strumenti per emissioni di grandi campi
  • Apparecchiature per raggi di particelle cariche
  • Strumenti per raggi ‘fantasma”
  • Sistemi di luce ad arco
  • Metodi per procurare livelli di resistenza estremamente bassi al passaggio di corrente elettrica
  • Circuiti per la moltiplicazione di tensione
  • Apparecchi per scariche ad alta tensione
  • Strumenti per la protezione dalla luce
  • Aeromobili a decollo verticale VTOL
  • Teoria dinamica della gravità
  • Concetti per veicoli elettrici
  • Sistemi polifase

 

Personalità eccentrica e giudizio dei contemporanei
A causa della sua personalità eccentrica e delle sue affermazioni talvolta apparentemente bizzarre e incredibili, negli ultimi anni della sua vita Tesla fu ostracizzato e considerato una sorta di “scienziato pazzo“, pur attribuendogli talora curiose anticipazioni di sviluppi scientifici successivi. Molti dei suoi risultati sono stati usati, spesso polemicamente, per appoggiare diverse pseudoscienze, teorie sugli UFO e occultismo New Age. Ciò è dovuto al fatto che Tesla lasciò scarsa documentazione sui risultati ottenuti, e anche questa spesso sotto forma di appunti, non di lavori organizzati e comprensibili a tutti . Pertanto è stato relativamente facile attribuirgli le idee più strampalate, o la paternità di invenzioni mirabolanti non accettate dalla “scienza ufficiale“. Negli anni seguenti alla sua morte, molte delle sue innovazioni, teorie e affermazioni furono usate per sostenere varie voci, ipotesi e teorie non scientifiche. Molti dei lavori di Tesla erano conformi ai principi e ai metodi accettati dalla comunità scientifica, ma la sua stravagante personalità e le sue pretese talvolta irrealistiche, combinate con il suo indiscutibile genio, lo hanno reso una figura popolare tra i teorici delle cospirazioni dell’occulto. Alcuni di essi, in effetti, credevano addirittura che lo scienziato fosse un essere angelico mandato sulla Terra da Venere per rivelare la conoscenza scientifica all’umanità.

Negli anni centrali della sua vita, Tesla strinse una forte amicizia con Mark Twain, il quale trascorreva molto tempo insieme a lui, anche nel suo laboratorio. Tesla era rimasto molto amareggiato dalle ripercussioni del suo battibecco con Edison; tanto che, il giorno dopo la morte di quest’ultimo, il New York Times conteneva numerosi encomi della vita del ricercatore, con un’unica opinione negativa scritta da Tesla:

«… Non aveva hobby, non apprezzava alcun divertimento di qualunque tipo e viveva trascurando completamente le più elementari regole d’igiene. … Il suo metodo era estremamente inefficiente, a tal punto che egli dovette coprire un immenso campo di ricerche per giungere assolutamente a nulla, finché la cieca fortuna intervenne e, dapprima, io fui quasi uno spettatore dispiaciuto per ciò che lui faceva, sapendo che appena un po’ di teoria e calcoli gli avrebbero evitato il 90% della fatica. Ma egli nutriva un autentico disprezzo per la cultura dei libri e la conoscenza matematica, fidandosi interamente del suo istinto di inventore e del suo senso pratico da americano.»

Quando Edison era già molto vecchio, giunse al punto di dire che, guardandosi indietro, il più grande errore che avesse mai commesso era quello di non aver mai rispettato Tesla o il suo lavoro. Questo giovò davvero poco ai loro rapporti pressoché inesistenti.

Tesla conosceva bene anche Robert Underwood Johnson. Aveva rapporti di amicizia con Francis Marion CrawfordStanford White, Fritz Lowenstein, George Scherff e Kenneth Swezey. Ciononostante, era considerato dai più un cinico.

Sessualità e relazioni

Tesla non fu mai sposato. Era celibe e asessuale e sostenne, come Newton, che la sua castità era molto utile alle sue doti scientifiche. Alla domanda se credesse nel matrimonio rispose:

«Per un artista, sì; per un musicista, sì; per uno scrittore, sì; ma per un inventore no. I primi tre possono prendere ispirazione dalla presenza femminile ed essere condotti dal loro amore verso risultati migliori. Un inventore possiede una natura così intensa, ricca di caratteristiche così selvagge e passionali che, nel dare sé stesso a una donna che potrebbe amare, perderebbe tutte le sue qualità. Credo che non siate in grado di citare alcuna grande invenzione fatta da un uomo sposato.»

Eccetto per le cene formali, egli mangiava sempre da solo, e mai, in alcuna circostanza, avrebbe cenato di sua spontanea volontà con una donna. Al Waldorf-Astoria e al famoso ristorante Delmonico’s selezionava sempre particolari tavoli in disparte, che erano riservati a lui. Anche se veniva sempre descritto come una persona attraente quando interagiva con gli altri, Tesla spesso fingeva nel suo comportamento. L’unica donna con cui ebbe un rapporto di affetto intenso, seppur platonico, fu Katharine MacMahon Johnson, moglie del suo amico Robert Underwood Johnson.

Vegetarianismo e animali

Negli ultimi anni della sua vita Tesla divenne integralmente vegetariano, nutrendosi solo di lattepanemielefrutta e succhi vegetali. Nel 1900 si era così espresso:

«Come principio generale, l’allevamento del bestiame come mezzo per fornire cibo è discutibile, perché, nel senso di cui sopra, indubbiamente porta all’aumento di una popolazione di una “velocità inferiore”. È certamente preferibile coltivare vegetali, e credo quindi che il vegetarianismo sia un allontanamento raccomandabile dalla radicata barbara abitudine. Che si possa vivere di alimenti vegetali e compiere il proprio lavoro ancora meglio non è una teoria, ma un fatto ben dimostrato. Molte razze che vivono quasi esclusivamente di verdure sono di corporatura e forza superiori. Non c’è dubbio che alcuni alimenti vegetali, come la farina d’avena, sono più economici della carne, e superiori ad essa per prestazioni meccaniche e mentali. Tali cibi superiori, inoltre, gravano decisamente meno sui nostri organi digestivi, e, rendendoci più contenti e socievoli, producono una quantità di bene difficile da stimare. Alla luce di questi fatti tutti gli sforzi dovrebbero essere fatti per fermare lo sfrenato e crudele massacro di animali, che è distruttivo per il nostro morale.

Era affascinato dagli animali, specialmente dai gatti (fu il gatto di famiglia che gli accese, da ragazzo, l’interesse verso l’elettricità statica e i fenomeni elettrici, dopo aver visto le scintille che si sprigionavano dal pelo quando veniva accarezzato), e dai piccioni domestici.

Eugenetica e visione del futuro

Come tanti in questo momento storico, Tesla, scapolo a vita, divenne un acceso sostenitore di una versione, autoimposta con la riproduzione selettiva, dell’eugenetica. In un’intervista del 1937, egli affermò:

«[…] il nuovo senso di compassione dell’uomo iniziò ad interferire con lo spietato meccanismo della natura. L’unico metodo compatibile con le nostre nozioni di civilizzazione e di razza è quello di impedire la proliferazione degli esseri non adatti per mezzo della sterilizzazione e della guida consapevole dell’istinto riproduttivo […]. Fra gli eugenisti, è opinione comune che bisognerebbe rendere più difficile il matrimonio. È innegabile che, a chiunque appaia come un genitore poco raccomandabile, dovrebbe essere proibita la generazione di figli. Nel giro di un secolo, il caso di una persona normale che si unisca con una eugeneticamente non adatta, sarà improbabile quanto il caso che la veda sposata ad un criminale incallito.»

Sosteneva che in futuro il mondo sarebbe stato dominato dalle donne, governato da “api regine”.

Disinteresse per il denaro

Lo scienziato mise da parte il suo primo milione di dollari all’età di 40 anni, ma donò quasi tutti i suoi diritti d’autore e di proprietà industriale sulle invenzioni future. Era poco concentrato nel gestire le sue finanze, completamente incurante della ricchezza materiale. Egli strappò addirittura un contratto con Westinghouse, che lo avrebbe reso il primo miliardario in dollari del mondo, in parte a causa delle implicazioni che questo avrebbe avuto sulla sua visione futura dell’energia libera, e in parte perché avrebbe escluso Westinghouse dal trattare gli affari direttamente, e Tesla non aveva alcuna intenzione di avere rapporti diretti con i clienti e i creditori.

Ossessioni e disturbi

«Diciotto tovaglioli di lino puliti erano come sempre impilati accanto al suo piatto. Nikola Tesla non sapeva spiegare la sua preferenza per i numeri divisibili per tre, più di quanto non riuscisse a spiegare la sua paura morbosa dei germi, né per quale motivo fosse perseguitato da una moltitudine di altre strane ossessioni che gli tormentavano la vita.»

Tesla, affetto da disturbo ossessivo-compulsivo, aveva numerose quanto inusuali abitudini e idiosincrasie. Era particolarmente fissato con il numero “tre” e i suoi multipli, ed esigeva che la camera d’albergo dove alloggiava avesse un numero divisibile per tre.

Si sa che egli era contrario alla gioielleria, specialmente, per motivi sconosciuti, alle collane di perle: nel 1893 gli fu presentata la sua ammiratrice Anne Morgan, figlia di J.P. Morgan. Tesla affermò poi che avrebbe avuto piacere di parlare con lei, ma quando vide i suoi orecchini di perle ne fu così disgustato che cominciò a digrignare i denti e da allora cercò sempre di evitarla

Era inoltre infastidito in maniera fobica dalle persone in sovrappeso o con obesità; pur essendo solitamente un uomo gentile e affabile, quando una delle sue segretarie, che era sovrappeso, urtò un tavolo facendo cadere a terra un oggetto, Tesla la licenziò in tronco, non cambiando idea nemmeno quando lei lo supplicò di riassumerla.

Soffriva di insonnia, e dormiva al massimo due ore per notte senza che questo gli causasse difficoltà nel lavoro, e di sinestesia, un disturbo neurologico per cui in corrispondenza di un’idea vedeva lampi di luce e a volte anche allucinazioni. Nel 1890 ebbe una crisi di amnesia a causa dello stress della guerra delle correnti tra Edison e Westinghouse, nonostante fosse nota la sua memoria eidetica prodigiosa. Mostrava anche, a detta di alcuni, caratteristiche tipiche della sindrome di Asperger, come la sua tendenza all’isolamento, la grande memoria, l’udito sviluppato, i suoi interessi specifici e ripetitivi, e il suo disinteresse per la sessualità] Tesla era anche molto severo circa l’igiene e la pulizia, in un periodo in cui un comportamento così estremo era visto come una stranezza. Era altamente meticoloso e organizzato, sovente lasciava note e appunti per gli altri, per evitare di dover riorganizzare i suoi lavori.

I piccioni di Tesla

Tesla era particolarmente ossessionato dai piccioni: ordinava speciali semi per i volatili che nutriva nel Central Park, portandone alcuni nella sua stanza in hotel; a volte i piccioni entravano dalla finestra aperta. Per sua volontà, visse gli ultimi anni della sua vita in una suite di due stanze al 33º piano del New Yorker Hotel, nella Room 3327, dove avrebbe chiesto di esser visitato quotidianamente da un particolare piccione femmina di colore bianco, di cui esiste anche una fotografia. Egli avrebbe affermato che il volatile era molto prezioso per lui. L’aneddoto racconta che un giorno del 1922, il piccione si ammalò; Nikola tentò di soccorrerlo per rimetterlo in salute, ma esso morì tra le sue braccia. L’inventore aveva posizioni contrastanti verso la religione; pur ammirando apertamente cristianesimo e buddhismo, credeva infatti che dovesse esserci una spiegazione scientifica per ogni cosa. Ma quando quel piccione bianco morì, Tesla giurava di aver visto una luce molto chiara venir fuori dai suoi occhi, così luminosa che nemmeno lui sarebbe riuscito a crearne una di pari intensità. Questo episodio lo portò a dichiarare, negli ultimi anni di vita, secondo alcuni in uno stato mentale ormai alterato, che il candido uccello fosse in origine qualcosa di spirituale. Tesla dichiarò: «Amavo quel piccione come un uomo ama una donna e anche lei mi amava. Finché è stato con me, la mia vita aveva uno scopo». Molti biografi annotano che Tesla considerò la morte del piccione come il “colpo finale” per lui e per il suo lavoro, che considerò ormai come finito.

Guerra

Lo scienziato credeva che la guerra non potesse essere evitata finché la causa del suo ritorno non fosse stata rimossa, ma si opponeva alle guerre, in generale. Egli cercava di ridurre le distanze, come nella comunicazione per una miglior comprensione, così nei trasporti e nella trasmissione dell’energia, come un modo per stringere amichevoli relazioni internazionali.

Egli predisse che:

«un giorno l’uomo connetterà il suo apparato con i moti originari dell’universo… e le vere forze che spingono i pianeti sulle loro orbite e li fanno ruotare spingeranno i suoi macchinari.»

Istruzione

Tesla era un poliglotta. Accanto al serbo e al croato, conosceva perfettamente altre sette lingue: il ceco, l’inglese, il francese, il tedesco, l’ungherese, l’italiano e il latino.

Lauree e diplomi universitari

Tesla studiò matematicafisica e ingegneria alla Scuola Politecnica di Graz, in Austria, l’odierna Technische Universität Graz. Due fonti sostengono che egli ricevette la laurea magistrale dall’Università di Graz. L’Ateneo nega di avergli conferito tale titolo e informa che egli non proseguì mai gli studi oltre il primo semestre del suo terzo anno, durante il quale Tesla smise di seguire le lezioni. Altri affermano che l’inventore fu espulso senza aver conseguito la laurea per il mancato pagamento delle tasse universitarie del primo semestre del primo anno da matricola.] Secondo un suo compagno di stanza nel college, egli non ottenne alcun titolo universitario. Tesla fu persuaso più tardi dal padre ad iscriversi all’Università Carolino-Ferdinandea di Praga, che egli frequentò per la sessione estiva del 1880. Dopo la morte del padre, si trasferì a Budapest nel gennaio del 1881, dove trovò un impiego come progettista e disegnatore all’Ufficio telegrafico centrale.

Doctor Honoris Causa

Per il suo lavoro Tesla ricevette numerose lauree honoris causa da molti Atenei, tra i quali: Columbia UniversityTechnische Universität GrazUniversità di ZagabriaIstituto Politecnico di BucarestUniversità di BelgradoUniversità di BrnoUniversità di GrenobleUniversità di ParigiUniversità di PoitiersUniversità Carolina di PragaUniversità di SofiaTechnische Universität Wien, e Yale University.

Interessi culturali

Grande appassionato di letteratura fin da ragazzo, nella sua autobiografia cita in particolare il romanzo Abafi (“Il figlio di Aba”) dell’ungherese Miklós Jósika come una delle letture più importanti della sua vita, e che avrebbe comportato una svolta nettissima nella sua esistenza, ispirandogli il suo celebre “autocontrollo”.

Numero1465 (dal Numero1465 al Numero1455: la serie completa).

Sulla supposta scomparsa di Ettore Majorana si sono scritti decine e decine di libri e sono presenti, su YOUTUBE, innumerevoli documentari, conferenze, interviste, recensioni. Ma, in questi ultimi anni, sono affiorate delle verità, a dir poco, sconvolgenti e che riguardano, molto da vicino, la soluzione di problemi di stringente attualità, come quelli delle condizioni biologiche e climatiche della terra. Il personaggio tramite, fra Ettore Majorana e il mondo è Rolando Pelizza. Nato nel 1938 a Chiari, nel Bresciano, di buona famiglia benestante di commercianti, nel campo delle calzature, ebbe modo di essere avvicinato, nel 1958, quasi per caso, in un convento della Sila Calabrese, la Certosa di Serra San Bruno (Provincia di Vibo Valentia), da un frate certosino, che frate non era, ma che vestiva il saio, per dissimulare la propria condizione laicale: si trattava di Ettore Majorana. Su come si sono svolte le cose, da quell’incontro in poi, ci sono, anche qui, decine di racconti, di libri, di filmati, di dichiarazioni e di sviluppi, che niente hanno da invidiare ai più immaginifici parti della fantasia, o della fantascienza vera e propria. La realtà è sempre, come dice Dostojevski, più inverosimile della fantasia. Invito chi è curioso di approfondire, a guardarsi, con santa pazienza, (si tratta di filmati che durano ore) su YOUTUBE, tutto ciò che concerne la vicenda del rapporto Majorana- Pelizza. In particolare, quello che riguarda la messa a punto e la realizzazione della cosiddetta “Macchina” di Majorana. Annuncio, senza clamore, ma molto sommessamente, che chi vorrà documentarsi resterà sbalordito. Io stesso, che seguo questo argomento da almeno 5 anni, ogni volta che leggo un aggiornamento, resto esterrefatto.
Qui, di seguito, riporto una dichiarazione di Rolando Pelizza, che non mancherà di suscitare, se non scalpore, almeno interesse e curiosità.

Sono Rolando Pelizza e questa vicenda ebbe inizio nel 1958, quando avevo venti anni.

Dopo un breve periodo di frequentazione con il Prof. Majorana e di apprendimento dei “Suoi” rivoluzionari principi di matematica e fisica, Egli mi disse: “se decidi di seguire i miei insegnamenti, sappi che dovrai lavorare intensamente, ed a risultato raggiunto potresti avere molti problemi”.

Accettai senza tentennamenti e riserva alcuna: ero entusiasta e lusingato di quanto mi stava accadendo.

Oggi sono trascorsi 59 anni e la predizione di Ettore si è pienamente avverata.

Con grande amarezza dichiaro quanto segue…

Oltre mezzo secolo di studi da parte di Ettore Majorana e di mie sperimentazioni hanno permesso la realizzazione di una macchina che avrebbe potuto portare benessere ed incalcolabili benefici all’Umanità.

Essendo la realizzazione pratica di nuovi principi di matematica e di fisica che tuttora non trovano riscontro nelle conoscenze ufficiali, questa scoperta è in grado di produrre calore praticamente a costo zero (essendo alimentata solamente da una batteria da 12 volt) e successivamente utilizzarlo per produrre energia elettrica. Inoltre può trasmutare qualsiasi elemento della materia in un altro. Gli impieghi, come ben si può immaginare, sarebbero innumerevoli, basti pensare che potrebbe eliminare l’anidride carbonica nell’atmosfera e ricostruire lo strato di ozono, che ormai sappiamo essere insufficiente per la protezione del nostro pianeta dai raggi solari. Devo purtroppo usare il condizionale in quanto l’Umanità è stata privata di tutti questi possibili benefici a causa del volere di pochi.

Nel rendere pubblici gli esperimenti da me eseguiti per mettere a punto la “macchina”, mi sono sempre raccomandato che fossero evidenziati gli scopi di questa mia scelta, ossia

  • che questo fosse l’unico modo per rendere tutti consapevoli delle grandi opportunità che la realizzazione della macchina offriva
  • che il grande merito scientifico dell’elaborazione della teoria fisica sulla quale si basa la “macchina” non è dovuto a me, bensì a Ettore Majorana
  • che, ancor prima che uno “strumento”, questa è da considerarsi un grande dono che Dio ha concesso a tutta l’Umanità, dono che non dovrà mai essere utilizzato per accrescere il potere di questo o quell’altro “grande” della Terra, inteso come Stato o Centro di potere. Al contrario, dovrà essere gestito a vantaggio di tutti gli esseri del creato, proiettandoli verso un futuro migliore o meglio garantendo loro un futuro, visto che il nostro è seriamente messo a grave rischio.
    Purtroppo questo straordinario ritrovato tecnologico, la “macchina”, già dai primi esperimenti non fu considerato come strumento utile all’Umanità intera, ma pressoché unicamente come “arma” dagli effetti sconvolgenti, in grado di modificare gli equilibri mondiali. Il risultato fu che si crearono bramosie, si configurarono intrighi e furono messi in atto veri e propri ricatti nei confronti miei e del mio Maestro. Oltretutto, siamo stati oggetto di reiterati e sistematici furti di documenti, materiali, prototipi e “macchine” già completate.
    La mia conoscenza e frequentazione, sia pur saltuaria, con Ettore è stata dimostrata sia direttamente tramite foto, filmati e documenti eccezionali presenti in questo sito (e ancora di più nel libro “2006: Majorana era vivo!” , che riprende e amplia i precedenti due libri “Il Dito di Dio”, “Il Segreto di Majorana, due uomini una macchina“). A questi si aggiungono una serie di esperimenti da me eseguiti su indicazione del mio Maestro, che restano ancora oggi incomprensibili ai più preparati fisici.
    Fin dall’inizio, siamo stati costantemente ostacolati ed è stata impedita qualsiasi nostra iniziativa o applicazione pratica della ”macchina” per il beneficio collettivo. Non solo, anche le mie iniziative imprenditoriali sono state sistematicamente boicottate, anche se nulla avevano a che vedere con questa. Un esempio: già nel 1972 avevo messo a punto una spugna idrorepellente e oleofila in grado di assorbire in modo ecologico eventuali versamenti di idrocarburi nelle acque in caso di disastri ambientali; profondamente immerso nei miei esperimenti sulla “macchina” in quegli anni non ebbi modo di commercializzarla. Nel 2007 gli stessi che mi osteggiavano nei miei progetti umanitari mi proposero, in cambio dei materiali che avevo prodotto, un pagamento dell’ordine del 50% del valore. Per giustificare questo pagamento proposero di notiziare il know how della spugna creando così il contesto per giustificare il pagamento. Venne così organizzata, da miei conoscenti, una mia intervista con il giornalista Dott Colavolpe sull’argomento “spugna”, andata in onda su RAI2, che non mi procurò nient’altro che un’ulteriore inutile attesa del mantenimento di tante promesse.L’ultimo episodio di vera e propria vessazione nei miei confronti è avvenuto quando un gruppo armato si presentò a noi intimandoci di seguirli per una destinazione non specificata; Ettore si oppose fermamente temendo per la probabile separazione dalla mia famiglia e si offrì di seguirli spontaneamente in cambio della mia libertà. Così avvenne e in quell’occasione ci furono sottratte due macchine complete ed una in costruzione, oltre agli scritti del maestro riportanti i suoi progressi nel perfezionamento della IV fase dell’utilizzo della “macchina”.Nell’anno 2000, Majorana in una lettera mi esortò ad abbandonare ogni progetto riguardante la “macchina” poiché temeva per la mia incolumità e pensava che di fronte a certe potenze tutto sarebbe stato vano. Io proseguii per la mia strada seguendo la mia coscienza, che non mi permetteva di abbandonare un progetto così importante per l’Umanità che ora, con il senno di poi, devo considerare ahimè solo come un enorme insieme di problemi e traversie che hanno costellato la mia vita, impedendomi di vivere a fondo il rapporto con i miei cari, un diritto di cui ogni uomo dovrebbe poter godere. Nel 2014 ho rivolto un pubblico appello a tutti gli uomini liberi e di buona volontà. Ho divulgato l’esistenza di questa tecnologia di cui ho dato ampia dimostrazione a ben 3 stati (gli USA, l’Italia, il Belgio di fronte alla stessa Nato), ho anche spiegato le sue applicazioni concrete che potrebbero migliorare, o meglio, salvaguardare l’esistenza dell’Umanità, come voleva Ettore Majorana e come voglio io che l’ho costruita. Non chiedevo finanziamenti, ma la possibilità di metterla a disposizione per tutti i possibili usi pacifici e a vantaggio innanzitutto del mio Paese, dell’Europa e di tutto il resto del mondo, ma questo mio appello, probabilmente per contrari interessi superiori, è rimasto “lettera morta”. Ora sono logorato da tanti anni di ricatti e battaglie con i maggiori gruppi di potere, i quali hanno già avuto e vorrebbero continuare a pretendere di avere gli esclusivi benefici dell’uso di questa “macchina”. D’ora in poi mi dedicherò solo allo sviluppo ed alla commercializzazione di altre mie invenzioni tecnologiche a cominciare dalla “spugna”. Lo devo innanzitutto ai miei cari, a me stesso e anche a Ettore Majorana che già mi aveva esortato di abbandonare il progetto “macchina”. Con oggi ho deciso quindi di non fare più nulla che sia inerente a questa scoperta e ho distrutto tutto ciò che mi era rimasto del progetto, compresi alcuni codici indispensabili per l’utilizzo della “macchina”.

Con tanta amarezza, Rolando Pelizza

P.S.: I documenti, filmati e fotografie sono copie degli unici originali di esclusiva proprietà di Rolando Pelizza. Tutto il materiale pubblicato e stato periziato da esperti qualificati che ne confermano l’origine, senza aver subito alterazioni. Chi volesse copiare o riprodurre il materiale in questione può farlo solo a condizione di citarne la fonte, non alterarne in nessun modo il contenuto e non utilizzarlo per fini commerciali. Questo è l’unico sito ufficiale di Rolando Pelizza, e qualsiasi pubblicazione presente nel web non può essere a lui attribuita, né direttamente riconducibile.

Il sito non ha personale che cura e risponde agli eventuali quesiti che porrete, e quindi ci scusiamo fin d’ora se non riceverete puntuale risposta ai vostri post.
Nei limiti del possibile potremo eventualmente rispondere solo ad alcuni di essi.

 

Numero1464 (dal Numero1465 al Numero1455: la serie completa).

I   RAGAZZI  DI  VIA  PANISPERNA

Il gruppo nacque grazie all’interessamento di Orso Mario Corbino, fisico, già ministro, senatore e direttore dell’Istituto di Fisica dell’Università di Roma, in Via Panisperna, il quale riconobbe le qualità di Enrico Fermi e si adoperò perché fosse istituita per lui, nel 1926, la prima cattedra italiana di Fisica Teorica. Per il settore sperimentale, Fermi potè contare su un gruppo di giovani  fisici, a partire dal 1929: Edoardo Amaldi, Franco Rasetti, Emilio Segrè, ai quali, nel 1934 si aggiunsero Bruno Pontecorvo, il chimico Oscar D’Agostino e, nel campo teorico., spiccava la figura di quello che ,oggi, viene considerato il più grande scienziato dell’era moderna, nel campo della Fisica teorica: Ettore Majorana.

Una curiosità: quasi tutti avevano dei nomignoli, mediati in gran parte dalla gerarchia ecclesiastica.
Enrico Fermi era “Il Papa”.
Franco Rasetti, che spesso sostituiva Fermi, era “Il Cardinale Vicario”.
Orso Mario Corbino, il fondatore dell’Istituto, era “il Padreterno”.
Emilio Segrè, per il suo carattere mordace, era “Il Basilisco”.
Edoardo Amaldi, dalle delicate fattezze femminee, era chiamato “Gote rosse” o “Adone”.
A Ettore Majorana, per il carattere critico e scontroso, ma, allo stesso tempo, autocritico e modesto, fu affibbiato il nomignolo di “Il grande Inquisitore”.

Numero1463 (dal Numero1465 al Numero1455: la serie completa).

Cosa è capace di fare la “Macchina” di Majorana- Pelizza:

Molto schematicamente, la macchina progettata teoricamente da Ettore Majorana e realizzata, praticamente da solo, da Rolando Pelizza è in grado di concretizzare 4 fasi:

FASE 1

Annichilazione selettiva della materia, mediante emissione di un fascio di positroni. Si lavora sull’antimateria. Energia richiesta per attivare la macchina: una batteria da automobile utilitaria (circa 40 watt). Scorie prodotte: zero. Emissioni radioattive (raggi gamma, ad esempio): zero.

FASE 2

Riscaldamento della materia ad una temperatura controllabile, attraverso la taratura dello “spin” delle particelle, per gli utilizzi tecnologici più svariati (pensiamo, ad esempio, alle centrali termoelettriche).

FASE 3

Trasmutazione della materia, di qualunque tipo (tutti i 96 elementi chimici della tabella di Mendeleev). Nei filmati, prodotti come prove, si realizza la trasformazione di cubi di polistirolo espanso, la comune gommapiuma, (peso specifico circa 15 g/dm cubo), di 15 cm di lato e, quindi di peso di circa 50 grammi, in cubi di oro delle stesse dimensioni, del peso di 65 Kg ciascuno (il peso specifico dell’oro è 19,25 Kg/dm cubo).

FASE 4

Traslazione di qualunque corpo fisico materiale in una, o più, altre dimensioni. Noi ne conosciamo 4: 3 sono quelle “spaziali”, 1 è quella “temporale”. Ebbene, è possibile spostare, ad esempio anche cronologicamente, un corpo, anche umano, avanti e indietro nel tempo.
La “Nuova Fisica” di Majorana contempla l’esistenza di ben 11 dimensioni. 

Vi chiederete: questa è scienza , fantascienza o fantascemenza?

Datevi una risposta da soli, dopo, però, esservi documentati meglio, sulle vicende di questo stupefacente “giallo” storico/scientifico che è ancora in atto.

Numero1462 (dal Numero1465 al Numero1455. la serie completa).

 

LA MACCHINA

La “Macchina”: le origini nella sintesi dell’unica realtà storica.

Nell’anno 1972, dopo tanto lavoro personale e notevolissimo impegno finanziario (ben 228 prototipi di macchine andarono distrutte nelle numerose prove), Rolando Pelizza ebbe finalmente la conferma del funzionamento della sua “macchina”, che aveva realizzato applicando concretamente quei principi di fisica elaborati da Ettore Majorana, il quale ne aveva costantemente supervisionato gli sviluppi.

Il primo esperimento pratico al di fuori del suo laboratorio venne eseguito da Rolando in gran segreto ed in piena solitudine, in montagna, dove nel raggio di molti chilometri non era presente alcun essere umano, ed il fascio che uscì dalla macchina, nel punto dove era stato diretto, provocò una fiammata di notevole intensità ed un grande foro nella roccia: dopo qualche secondo, tutto era gradatamente tornato alla normalità, ma l’impressione e lo sgomento furono fortissimi, tanto che Egli si rese conto che la macchina necessitava ancora di laboriosi interventi di regolazione e messa a punto.

Successivamente, in occasione di una singolare ed assurda vicenda anche giudiziaria nella quale era stato incolpevolmente coinvolto, dalla quale uscì comunque indenne, Rolando ebbe la percezione che qualcuno avesse scoperto il risultato del suo primo esperimento segreto, e quindi di essere stato controllato e poi “incastrato”.

Nel 1976, il funzionamento della macchina per la prima fase era ormai a punto, Rolando decide di riunire le persone che riteneva a Lui più vicine: Pietro Panetta, Antonio Taini, Mario Calvi e Massimo Pugliese, con l’intento di renderli partecipi alla sua scoperta e segnalare le sue sensazioni in merito a quanto a lui accaduto.

Comunica loro l’esistenza della sua macchina e cosa in quel momento era in grado di fare, precisando tuttavia che non era disposto ad alcun accordo per il suo sfruttamento, fino al momento in cui fosse riuscito ad evolvere i poteri della macchina da distruttivi alla sola generazione di energia. In altre parole, essa non doveva essere utilizzata come arma. Imponeva quindi ai partecipanti di impegnarsi a questo fine, ed a non prendere nessuna iniziativa, senza aver preventivamente concordato una strategia operativa.

La riunione fu sciolta con stupore innanzitutto, unito ad una entusiastica soddisfazione, ma comunque con l’impegno di tutti alla massima riservatezza.

Tutti rispettarono l’impegno assunto, ad eccezione di Massimo Pugliese, il quale, si venne a sapere poi solo molto tempo dopo, era segretamente assegnato ai Servizi Segreti Italiani, all’epoca comandati dal gen. Santovito ed asserviti a quelli americani. Tale divieto per lui equivalse a dire: “parti come un missile e vai all’Ambasciata Americana”. La conferma dell’operato di Pugliese viene dimostrata dai documenti segreti che provano il coinvolgimento degli USA in questa vicenda, ormai diffusi dal  sito WikiLeaks di Julian Assange, laddove si rinvengono tre documenti con oggetto “Possibile generatore ad alta energia” (Vedi allegati).

Subito dopo Rolando Pelizza, ignaro della duplice veste di spia dell’amico Pugliese, si faceva convincere a fornire la prova delle capacità della macchina, tanto che venivano concordati ed eseguiti i seguenti esperimenti:

  1. Il 16 giugno 1976 viene tele tramesso sul canale CH, dal monte Baremone, un esperimento su di una lastra di ferro di oltre un centimetro di spessore, di circa 90 Kg, il cui effetto è stato quello di produrre un foro delle dimensioni di più di 10 cm. La trasmissione fu vista a distanza a Brescia da due postazioni: in una erano presenti Antonio Taini, Mario Calvi e l’allora Sindaco di Brescia Guido Boni; nell’altra Piero Panetta, Massimo Pugliese e il collega d’arma Guido Giuliani. Non sono state eseguite registrazioni audio e neppure video.
  2. Il 18 agosto 1976 viene eseguito un secondo esperimento – vedi allegato (Film_01_01h264.mp4), che finisce nelle mani di John Louis Manniello, consulente per gli affari scientifici e tecnologici dell’ambasciata Usa a Roma. I dettagli sono documentati sul sito WikiLeaks (Vedi i documenti).
  3. Il 26 novembre 1976 si eseguono le prove indicate dal Prof. Ezio Clementel, allora Presidente del CNEN vedi allegato (Film_02_01h264.mp4). Quanto al loro esito vedi (Esito-Clementel).

Infatti, tra agosto e novembre, Pugliese cerca in tutti i modi di rientrare in scena dopo gli insuccessi con gli americani. Si fa accreditare dall’On. Flaminio Piccoli che lo indirizza al Presidente del CNEN (Comitato Nazionale per l’Energia) Ezio Clementel. A dare manforte viene interessato anche l’Onorevole Loris Fortuna. Inizia così l’interessamento del Governo Italiano, Tramite il Ministro Plenipotenziario Antonio Mancini incaricato di seguire gli sviluppi.

Contestualmente, propone ad un imprenditore sardo, Giuseppe Piras, di investire in questa ricerca prospettandogli che con qualche centinaio di milioni (di vecchie lire) avrebbe acquisito una partecipazione che gli avrebbe fruttato svariati miliardi (sempre di vecchie lire): Piras, per poter finanziare l’operazione, ricorre a suoi conoscenti in Belgio.

Questa è un’estrema e quindi frammentaria sintesi dei fatti fino al 1976, ormai inutili ai nostri attuali fini, ma utile per comprendere il susseguirsi della vicenda fino ai giorni nostri. Per coloro che volessero approfondire possono consultare il libro “Il Dito di Dio” di Alfredo Ravelli.

Il successivo e quarto esperimento, documentato e filmato alla presenza di un Notaio, si tenne il 29/30 aprile 1977, nel laboratorio di Rolando in Chiari, e consisteva nel riscaldare una lastrina di rame e portare ad ebollizione l’acqua contenuta in un vaso. Il 29 aprile, in tarda serata, il notaio Leroy, Pelizza e Panetta, mostravano la macchina alimentata da una batteria ed i materiali che si sarebbero utilizzati (vedi Film_03_01h264.mp4 a un minuto e 35). Il giorno successivo, la prova vera e propria avvenne in presenza di Roger Goeders, delegato in sostituzione del notaio Leroy, Giuseppe Piras, Pierluigi Bossoni, Pietro Panetta, Antonio Taini e Rolando Pelizza che operava sulla macchina. La prima prova andò bene, nel senso che la macchina portò ad immediato riscaldamento la lastrina di rame, mentre la seconda prova sull’acqua, per un errore di Piras che dette l’impulso in ritardo, fu inevitabile l’implosione. (Si consiglia di vedere i filmati ripresi da due prospettive diverse: la prima andata a buon fine (Film_03_01h264.mp4 a minuti 2:40), e la seconda che ha causato l’implosione della macchina (Film_04_01h264.mp4). La nota importante di questo episodio consiste nella conferma del funzionamento della fase “DUE”, ossia il riscaldamento della materia senza usura e/o radiazioni.

Contemporaneamente erano state avviate le trattative con emissari del Governo belga.  Il 9 giugno 1977, sul monte Baremone, in un vecchio e abbandonato forte alpino ebbe luogo un esperimento che consisteva nell’indirizzare il fascio distruttivo su un grosso pezzo di cemento armato a considerevole distanza. La prova ebbe esito positivo alla presenza di Piras, Taini, Bossoni, Panetta e l’emissario belga, tecnico di raggi laser, Colonnello Jack Leclerc, che con cura posizionava le bombolette di vernice spray a meno di un metro ai lati del masso di cemento. Finita la prova le bombolette sono rimaste al loro posto senza subire nessun spostamento d’aria. A quel punto Leclerc commentò: “dirò a Bastogne di buttar via i carri armati”. Il filmato ripreso e realizzato da Leclerc fu consegnato alle Autorità belghe.

Si arriva all’accordo col Governo del Belgio del 5 agosto 1977, che fu sottoscritto dall’allora presidente Tindemans, da Rolando Pelizza, dall’Avvocato dello Stato Belga Jean Ronse, e da Pierluigi Bossone, per conto della “Exclusive”, società fiduciaria di Rolando costituita per l’occasione.

Il contratto prevedeva la costituzione di una nuova società mista tra Belgio ed Exclusive, dove, in sintesi, il Belgio avrebbe conferito la somma di cinque miliardi di franchi belgi, oltre all’impegno di finanziare la necessaria ricerca per il perfezionamento della macchina, acquisendo così il 50% di partecipazione: il tutto condizionato all’esito positivo di una serie di esperimenti da eseguirsi in Belgio entro maggio 1978.

Fin dai primi accordi veniva chiaramente precisato che la macchina non avrebbe potuto essere in alcun modo utilizzata ai fini bellici, e ulteriore impegno, da parte dello stato, a non applicare la clausola di confisca per pubblica utilità.

Veniva quindi dato corso al deposito dei documenti descrittivi della costruzione della macchina presso una cassetta di sicurezza nella Banque General del Belgio, con due chiavi per accedere ed una password di 4 cifre, di cui due a conoscenza di Pelizza.

Riesaminando attentamente il contratto, stilato in lingua francese, ci si rendeva tuttavia conto che con una clausola piuttosto “ambigua”, lo Stato Belga non rinunciava alla facoltà di confisca per pubblica utilità, ma veniva pattuito come “impegno tra gentiluomini” con i Ministri firmatari. Lasciando così aperta la possibilità di una potenziale utilizzazione per quei fini che Rolando voleva fermamente escludere.

Ne nasce un contenzioso “informale”, in conseguenza del quale, dopo vari incontri tra Piero Panetta che deteneva il 95% delle quote della Exclusive, ed il prof. Avv. Jean Ronse, si giungeva alla conclusione che non essendo possibile per motivi “politici” ritrattare e modificare il contratto firmato, si sarebbe dato egualmente corso alla sua esecuzione, ma laddove l’esperimento non avesse avuto esito positivo questo sarebbe stato “annullato”.

Il giorno della prova erano presenti: Pelizza, il ministro Mancini, Adonnino, Bossoni e Panetta da una parte, e Piras, Loroy, Leclerc dall’altra, unitamente ad altri osservatori da parte belga ed italiana, compreso il Prof. Ezio Clementel. Dopo alcune prove, che dettero esito positivo, nell’eseguire il programmato protocollo la macchina implose, generando un gran fumo bianco nel bunker dove era stata posta. Subito dopo arrivava il Prof. Avv. Jean Ronse, con la lettera in mano “già pronta” che annullava il contratto e qualsiasi trattativa. Nella consueta stretta di mano di commiato, Egli, rivolgendosi in disparte a Pelizza e Panetta, aggiungeva “per voi la porta è sempre aperta”.

Si chiuse così questa vicenda, con la grande delusione di chi già pregustava lauti incassi, e certamente con un certo rammarico anche da parte di Rolando per essere stato oggetto di un tentato “raggiro”, ma con la soddisfazione di aver evitato il peggio!

Alcuni anni dopo, il 21 marzo 1981, con Mancini, Adonnino e Panetta, Rolando sperimentava positivamente la seconda fase di riscaldamento nel laboratorio di Chiari, portando in ebollizione l’acqua in circolo in tubi di PVC. Il Ministro Mancini, entusiasta, scriveva sulla macchina: “Inizio nuova era” controfirmato da tutti i presenti. Egli, fervido sostenitore del progetto, comunicava ai suoi “capi” l’esito positivo di quanto era stato testimone oculare con Adonnino. Tuttavia, dall’alto, gli consigliavano di riportare le funzioni della macchina allo stato distruttivo per impieghi più “immediati”. Seppur contrariato, riportava il messaggio a Rolando e questi costruisce la macchina visibile nell’allegato filmato (Film_05_01h264.mp4), la quale, portata in montagna per l’ennesima prova, viene puntata sul monte opposto con l’effetto di provocare un visibile bagliore e un foro di circa due metri di lato. Tutto ciò alla presenza di Mancini che verificava gli effetti con un binocolo e di Panetta. Tornati poi in sede, il mattino seguente Rolando consegnava a Mancini la mannaia da egli fornita ed il mattone usato per la prova di laboratorio: entrambi erano stati “bucati” (vedi Mattone e Mannaia). Questa era la risposta e l’avvertimento di Rolando al messaggio pervenuto dai “capi” di Mancini, ovvero la conferma che la macchina poteva tornare in ogni momento ad essere distruttiva come richiesto, ma sarebbe stata a sua volta distrutta dopo le prove.

Sempre nel 1981 seguirono altre prove in montagna alla presenza del Dott. Carlo Rocchi (CIA) e del suo collaboratore Daniele Brunella, ma i filmati e le fotografie sono rimaste in loro possesso.


P.S.: Il Film_dvd_stanley_productions, citato nella perizia per esigenze di server è stato posto su YouTube. Ripropone i filmati già trattati sopra, ma più completi. Precisiamo che tutti i filmati sono stati adattati alla migliore visione sul WEB.

Numero1461 (dal Numero1465 al Numero 1455: la serie completa).

 

Chi è Rolando Pelizza.

PELIZZA: LE ATTIVITÀ

Le “altre” molteplici attività imprenditoriali di Rolando Pelizza.

Si può dire senza tema di smentite che egli si dedicò ed ebbe come unico scopo della sua vita e della sua attività (pur nel turbinio delle vicende e delle difficoltà) la costruzione della macchina ideata da Ettore Majorana. Tutto il suo tempo e la sua genialità erano rivolti a questo scopo.

Per il raggiungimento di questo grande obiettivo impiegò ogni mezzo economico a sua disposizione. Ogni attività fu concepita esclusivamente per avere i mezzi economici necessari a realizzare il suo primario obiettivo.

All’inizio nel 1964 iniziò ad utilizzare le cospicue risorse finanziarie familiari, ben 875 milioni di lire, una cifra ingentissima per quei tempi. Ben presto, esaurite queste riserve, ricorse alla sua imprenditorialità per generare altri introiti.

Così, già intorno negli anni ’63/64 del secolo scorso, Rolando ebbe la genialità di produrre, per primo, tomaie per scarpe in materiale plastico, con vari colori, che applicò a sandali e calzature da mare. Fu il primo a dare a questi prodotti colori vivaci e diversificati, impiegando una sua particolare tecnica, divenuta in seguito di dominio pubblico.

Brevettò e applicò la stessa tecnica di colore ai palloni di plastica prima, e poi anche a quelli in cuoio, usati nel calcio professionale.

Sempre nel campo delle calzature, preparò una particolare suola di “gomma a scatola” per scarpe normali. Si deve a lui se, ancor oggi, in questo settore si può risparmiare sui costi di produzione.

Nell’ambito delle calzature sportive brevettò invece le prime suole di gomma per calciatori.

Brevettò inoltre un particolare filo di acciaio ricoperto in PVC sintetico, utilizzabile per coperture mimetiche.

Brevettò una particolare resina che poteva inglobare edifici, principalmente storici, al fine di proteggerli da possibili crolli durante la fase di manutenzione.

Mise a punto una nuova mescola che poteva essere utilizzata anche per pavimenti, rendendo il tutto quasi indistruttibile al consumo.

In Spagna, come compenso per la cessione di un suo brevetto nell’ambito delle materie plastiche, acquisì la collezione d’Arte Cobo di Siviglia, composta da 193 quadri antichi, opere interessantissime e di notevole valore, che gli venne tuttavia in gran parte sottratta durante le traversie di quegli anni.

La sua imprenditorialità non venne mai meno anche nei momenti più difficili.

Fino al 1979 aveva gestito lo sviluppo e la valorizzazione delle sue tecnologie mediante la società Test-Uno spa; intestò poi alle società produttive dell’organigramma le varie opportunità tecnologiche di cui disponeva e di cui si sentiva sicuro per i brevetti che aveva già trattato.

Una di queste società instaurò una collaborazione con la Montedison, da cui derivò la produzione, per la consociata Rol Oil, di un contenitore monoblocco in plastica dalla capacità inusuale, per quei tempi, di mille litri. Questo manufatto sopportava altri due contenitori sovrapposti, naturalmente carichi, senza cedimenti.

A Brescia, in via Reverberi 36, Rolando aprì, con un’altra società, uno stabilimento che risultava essere all’avanguardia nel settore in cui andava ad operare. Riusciva a produrre PVC di qualità attingendo a materia di scarto, che non solo non costava nulla, anzi i grandi produttori come la Montedison pagavano le Imprese il suo smaltimento.

Strinse un accordo con la Montedison, tramite la consociata Marco Polo, per il trattamento e il recupero dei fanghi in PVC, altamente inquinanti, rilasciati nelle vasche di decantazione a Porto Marghera e poi recuperati come riutilizzabili anche per attività in cui necessitavano materie di prima qualità.

Rolando, tramite il Prof. Luigi Brolio, fece un accordo con la Lys Fusion spa di Hone (Aosta), la quale partecipava alla realizzazione di parti di autoveicoli nel progetto denominato VSS, riguardante parti in plastica per le autovetture. In tale ambito fu fornito dalla società aostana un cofano anteriore dell’autovettura Ritmo, in lamiera, e dopo soli otto giorni fu restituito un cofano identico in materiale plastico, frutto dell’ingegno di Rolando, che il centro controllo FIAT sottoponeva alle prove di torsione e resistenza, il cui esito superava di cento chilogrammi la prova di trazione comparata rispetto al cofano di lamiera.

Altro grande ed attualissimo ritrovato tecnologico di Rolando Pelizza è la “spugna”, risalente al 1972, che è in grado di assorbire gli idrocarburi che si siano riversati in acqua. Le sue caratteristiche sono spiegate nei filmato allegato, ed in merito a questo innovativo prodotto già nel 2007 Rolando era stato intervistato dal giornalista RAI Dott. Giulio Colavolpe.

Più di recente, congiuntamente all’amico Dott. Giuseppe Peroni, esperto e già consulente di importanti aziende nel settore della plastica. E da Peroni che Rolando ha appreso, fin dagli anni ’60, le importanti conoscenze sui materiali plastici. Oggi Peroni e Rolando hanno brevettato questo straordinario ritrovato sotto il nome della Test 1 s.r.l. Basti pensare che questa “spugna” ha una grande capacità di assorbimento: un chilo di spugna può assorbire 30 chilogrammi di idrocarburi versati nelle acque, i quali possono poi essere interamente recuperati mediante un processo di semplice “strizzatura” della spugna medesima!

Ebbene, nonostante questo prodotto sia in grado di risolvere anche i grandi disastri ambientali causati dalla perdita dei pozzi di petrolio e delle gigantesche petroliere, e nonostante le attestazioni altamente positive di laboratori qualificati e indipendenti al massimo livello, nonché di Enti come ad esempio l’ENI, ogni tentativo di commercializzazione su larga scala, dopo i preliminari ed entusiastici accordi con i grandi gruppi interessati si “dissolve” inspiegabilmente nel nulla di fatto.  Il motivo?

Sta nei fatti precedentemente esposti e soprattutto in quelli che seguono.

Numero1460 (dal Numero1465 al numero1455: la serie completa).

 

Qui, di seguito, una straordinaria comunicazione di Rolando Pelizza. Sul contenuto del “messaggio” pretendo da tutti i lettori il massimo rispetto
umano e la più completa, incondizionata, onestà intellettuale.

Oltre la scienza
Nei miei incontri con Ettore Majorana, ho ricevuto da lui insegnamenti riguardo
la sua “nuova” matematica e sulla base di questa ho potuto costruire la
“macchina” da lui progettata, ma anche raggiungere sperimentalmente la terza fase della sua teoria: la trasmutazione della materia.
Ora mi preme evidenziare che l’insegnamento che ho ricevuto non è stato completato e questo non tanto per le vicissitudini della mia vita (chi ha letto la parte della mia biografia finora pubblicata se ne renderà ben conto), ma soprattutto per un preciso “vincolo” che era stato dato al Maestro. Dunque, le nozioni matematiche che mi ha trasmesso si sono limitate al 66% della sua conoscenza; che ci fosse questo vincolo ne ho piena certezza, non solo per quanto mi disse Ettore, ma anche per un altro avvenimento che accadde
nell’anno 2006. Anche per un solo breve accenno di questo episodio devo dare alcune spiegazioni.
Non è stato semplice costruire la “macchina”, si trattava pur sempre di agire
sull’antimateria! Basti pensare che ne ho distrutte ben 228 nel periodo attorno agli anni ’70 prima di ottenere per la prima volta l’annichilazione degli elementi.
Le difficoltà tecniche erano enormi, risolto un problema ne sorgeva un altro e ogniqualvolta mi capitava di addormentarmi con la preoccupazione di non riuscire a risolverlo, immancabilmente il mattino la soluzione era lì chiara, nella mia testa. All’inizio pensai che di notte la mia mente, pur nel riposo notturno, lavorasse alla risoluzione del problema. Poi ebbi, e non dormivo, delle fugaci visioni. Non riuscivo neppure a interloquire con queste presenze che subito svanivano, ma già nella mia mente c’era la soluzione del problema tecnico riguardante la “macchina”. Al mattino tutto veniva risolto, i suggerimenti erano
esatti. Raccontai questi eventi al mio confessore spirituale, Don Galli, che a Chiari aveva fama di santità per via della vita che conduceva. Per niente stupito, lui mi esortò ad avere fede. In seguito durante queste apparizioni incominciai a dialogare con quella che decisi di chiamare “Entità” sempre su argomenti attinenti la “macchina” e il progetto umanitario collegato ad essa.
Nel 1998 la mia “Entità” mi annunciò che si sarebbe mostrata non più come visione, ma come persona fisica in carne e ossa. Conobbi così questo mio singolare aiuto nel giovane Alfonso Salvi. Tralasciando tanti episodi e tantissimi particolari, se pur di notevole importanza, voglio qui testimoniare come lui profetizzò che sarebbe morto il 15 gennaio dell’anno 2006 e che nello stesso giorno Majorana avrebbe messo a punto la quarta fase della sua teoria fisica (traslazione della materia in un’altra dimensione), mediante un esperimento che io dovevo condurre utilizzando la “macchina”.
Ebbene, se tutte le precedenti indicazioni e previsioni della mia “Entità” si avverarono, quest’ultima non lo fece. Alfonso morì l’8 gennaio di quell’anno, sette giorni prima di quanto preannunciato. In quello stesso giorno Ettore Majorana, impaziente di aspettare la data, tentava senza successo la prova sperimentale della quarta fase. Da qui la sua lettera datata 8 gennaio che esprime chiaramente la sua (per lui impensata) delusione e la mia risposta datata 11 gennaio che riferisce proprio della morte di Alfonso Salvi. Su questo fatto ne parlammo a lungo prima che lui accettasse di seguire spontaneamente quelli che volevano portarci via entrambi.
Negli ultimi tempi, se pur con minore frequenza, mi appare l’”Entità” sia in forma di visione sia come persona fisica. Ormai per la confidenza che ho nei suoi confronti, a volte mi rammarico con Lei per quanto mi sta ancora accadendo. Con calma mi rassicura dicendomi che tutto andrà per il meglio; invero sto ancora oggi aspettando che questo avvenga.
Ho voluto accennare a questi episodi, argomenti particolari e delicati sui quali avrei potuto soprassedere per non suscitare dubbi sulla veridicità degli altri fatti avvenuti, ma mi sono prefisso di narrare anche questi aspetti delle vicende riguardanti la “macchina” di Majorana, aspetti che solo poche persone a me vicine conoscono, sperando che ciò contribuisca a mostrare che esistono uomini mossi da fede e volontà tese solo a fare del bene, anche a costo di sacrificare tutti i loro affetti come abbiamo fatto io ed fatto Ettore
Majorana.

Numero1459 (dal Numero1465 al Numero1455: la serie completa).

 

Chi era (o é?) Ettore Majorana?

Il Prof. Antonio Carrelli, già vicepresidente dell’EURATOM, allora Preside dell’Istituto di Fisica dell’Università di Napoli, presso il quale, nel 1937, fu nominato, “per chiara fama”, Ettore Majorana alla cattedra di Professore Ordinario di Fisica Teorica, disse di lui:
“Era il più grande di tutti. Non oso dire dove sarebbe arrivato, se fosse vissuto”.

 

Emilio Segrè, premio Nobel per la Fisica, nel 1959, suo collega di studi e di lavoro, disse di lui:
“….aveva l’aria di chi, in una serata tra amici, si improvvisa giocoliere, prestigiatore, ma se ne ritrae appena scoppia l’applauso”.

 

….al mondo, ci son varie categorie di scienziati, gente di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio, ma non vanno molto lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza.
Ma poi ci sono i geni, come Galileo e Newton. Ebbene Ettore era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessun altro al mondo ha….

Enrico Fermi     1938

 

….capace, nello stesso tempo, di svolgere ardite ipotesi e di criticare acutamente l’opera sua e di altri; calcolatore espertissimo, matematico profondo, che mai, per altro, perde di vista, dietro il velo delle cifre e degli algoritmi, l’essenza reale del problema fisico, Ettore Majorana ha, al massimo grado, quel raro complesso di attitudini che formano il fisico teorico di gran classe. Ed invero, nei pochi anni (nemmeno 10 ndr), durante i quali si è svolta finora la sua attività, egli ha saputo imporsi all’attenzione degli studiosi di tutto il mondo, che hanno riconosciuto, nelle sue opere, l’impronta di uno dei più forti ingegni del nostro tempo e la promessa di ulteriori conquiste.

Enrico Fermi    Luglio 1938

Così scriveva, al Duce Benito Mussolini, sempre Enrico Fermi, Accademico d’Italia e, pochi mesi più tardi, Premio Nobel per la Fisica 1938, su pressione della famiglia di Majorana, al fine di far intensificare le ricerche, dopo la scomparsa del giovane scienziato.

 

Numero1458 (dal Numero1465 al Numero 1455: la serie completa).

A proposito della vicenda della scomparsa di Ettore Majorana, un fisico Russo ha formulato un’ipotesi illuminante: non sappiamo come abbia fatto, ma, in qualche modo strategicamente singolare, pare che Majorana abbia voluto lasciare, anche attraverso la testimonianza di diverse persone, degli indizi, dei tasselli, in ognuna delle possibili versioni ipotetiche della sua scomparsa (vedere in fondo).
E’ un po’ come il comportamento delle “particelle quantiche” infinitamente piccole ( i “quantum” della Teoria Quantistica di Max Planck). Queste particelle non vivono in un solo stato, ma in una sovrapposizione di stati e, solo quando le osserviamo, precipitano, o collassano, in un determinato preciso stato. Ma, finché non riusciamo ad osservarle, è come se, contemporaneamente, stessero in tutte le posizioni possibili o probabili (teoria della probabilità quantica), ma secondo un criterio di casualità (Principio di indeterminazione). Mettendo a fuoco l’osservazione, si determina una serie di “salti” da una orbita ad un’altra degli elettroni, che provoca una generazione di energia rilevabile e sfruttabile. In questo contesto si inquadra anche la formula famigerata di Einstein, secondo cui la massa si trasforma in energia.
E così è di Majorana, una sovrapposizione di stati, ma nel mondo macroscopico.
Sulle capacità di Majorana nel campo della Fisica Teorica, sentirete le valutazioni e gli apprezzamenti di altri che lo conobbero e capirono quello che stava facendo. Io ricorderò, soltanto, un paio di aneddoti che ci dicono delle sue doti di calcolatore e di stratega. All’età di quattro anni, in occasione delle visite di parenti ed amici in casa Majorana, era consuetudine porre al bimbo Ettore , delle domande sul calcolo di moltiplicazioni complesse, di numeri di 3 cifre per numeri di altre 3 cifre. Il bambino aveva l’abitudine, per concentrarsi, di sedersi sotto il tavolo, e da lì rispondeva esattamente a tutti i quesiti. Si racconta poi, che, all’età di 7 anni, partecipò ad un torneo di scacchi, nella città di Catania. Affrontò la sfida con molti giocatori adulti ed esperti, ma li sconfisse tutti brillantemente, senza sforzo alcuno. Non mi meraviglia affatto che lui abbia giocato una partita a scacchi, nella sua vita, con un piano strategico di grande respiro, ispirato al comportamento, nell’ infinitamente piccolo, delle particelle quantiche. Secondo la Fisica, che potremmo chiamare, del Terzo Millennio, fece della sua stessa vita un paradigma esemplificativo. Lui era, anche, molto appassionato al pensiero e alle opere di Luigi Pirandello, il cui fervore immaginativo era molto vicino alle sue tracce mentali: “Uno, nessuno, centomila”, “Così è, se vi pare”. La scomparsa di Ettore Majorana appare come un istrionico “colpo di teatro” pirandelliano, parzialmente casuale e parzialmente voluto, come accade nel personaggio de “Il fu Mattia Pascal”: in tale opera, il protagonista si cerca una nuova identità, dopo essere stato creduto morto, salvo, alla fine, inscenare il suicidio del suo “doppio” per tornare se stesso. Che Majorana abbia voluto emulare il suo eroe, modificando il finale della storia?
Ettore Majorana: un grandissimo genio dell’era moderna. Ha concepito le basi di una Fisica nuova e diversa da quelle accademiche e tradizionali, per traghettare il futuro dell’uomo nel Terzo Millennio.

Accenno, qui di seguito, sinteticamente alle varie piste, ipoteticamente possibili, sulla scomparsa di Majorana:

Pista suicidio (esaurimento nervoso, crisi esistenziale, sindrome di Asperger, omosessualità).

Pista Siciliana ( tale Tommaso Lipari, un barbone con il pallino della matematica, che andava i giro in quel di Mazara del Vallo, risolvendo i problemi di matematica agli studenti).

Pista Tedesca ( rapito dai Tedeschi per sfruttare le sue capacità nel campo nucleare).

Pista Argentina (dopo la fine della guerra potrebbe essere emigrato clandestinamente, come tanti Tedeschi, per rifugiarsi in questo paese, o direttamente dall’Italia).

Pista Venezuelana ( dall’Argentina potrebbe essersi spostato in Venezuela, negli anni 1955-59, ci sono varie testimonianze).

Pista conventuale (accreditata da Leonardo Sciascia e da altri).

Numero1457 (dal Numero1465 al Numero1455: la serie completa).

Venite verso l’orlo del dirupo.

Potremmo precipitare.

Venite verso l’orlo del dirupo.

E’ troppo alto!

VENITE VERSO L’ORLO DEL DIRUPO!

Ed essi vennero.

E lui li sospinse.

Ed essi volarono.

Christopher Logue.

 

IL CODICE DELLA MACCHINA DI MAJORANA

Il Codice, come lo chiama l’autore, consiste in una specie di guida scientifica con i principi della fisica del futuro. Una fisica a noi sconosciuta che, se applicata nella vita reale, potrebbe portare al superamento dell’era dell’energia prodotta da combustibili fossili. Niente più petrolio, né gas, né carbone. Una nuova epoca che, stante l’attuale situazione mondiale, i potentati economici farebbero di tutto per impedire. Il testo del Codice dovrebbe essere di circa 200 pagine, forse qualcosa di più o qualcosa di meno. E dovrebbe contenere, se i documenti in nostro possesso fossero veritieri, anche le istruzioni dettagliate per costruire e collaudare un’incredibile macchina per annichilire la materia trasformandola in energia pura, ma anche riscaldarla, trasmutarla o traslarla in altre dimensioni. Stiamo parlando del Codice Majorana, e cioè della guida che, se fosse vera la storia raccontata da Rolando Pelizza, egli avrebbe ricevuto dallo scienziato scomparso nel nulla il 27 marzo del 1938. Come ormai è noto, Pelizza sostiene che avrebbe conosciuto Majorana in un convento di clausura nel 1958 e ne sarebbe divenuto il discepolo. Per anni, egli afferma, avrebbe seguito gli insegnamenti del grande scienziato e avrebbe appreso da lui le nozioni della nuova fisica. Quello che Pelizza non dice (ma sono davvero tante le cose che egli non vuole rivelare in quanto afferma di essere vincolato da un segreto che per nessuna ragione può divulgare) è che il suo Maestro, come egli lo definisce, gli avrebbe consegnato un Codice da consultare ogni volta che avesse qualche dubbio di carattere tecnico-scientifico. L’unica prova che abbiamo di questa presunta operazione la possiamo trovare nella lettera che Majorana gli avrebbe inviato il 12 Ottobre 1968. In questa missiva, che come le altre è stata pubblicata nel sito www.Majorana-Pelizza.it, tra le altre cose si legge:

“Vai sul codice da pag. 11 a pag. 20, applica ogni singola formula seguendo l’ordine, una per ogni test, e vedrai che, forse, prima di arrivare alla fine, dovresti avere il risultato. Tieni presente (senza usare il tuo intuito) che ad ogni formula aggiunta ci sono X variabili da realizzare. Ripeto, non saltartene neanche una, seguendo il tuo istinto, per accelerare i tempi, perché, invece, potresti allungarli di molto, sai bene il perché”.

Dunque, anche se Pelizza continua a negare tutto quello che potrebbe servire a chiarire razionalmente l’impianto di questa incredibile e controversa storia, ci troveremmo di fronte ad un documento, appunto il Codice Majorana, che spiegherebbe in termini La sezione verticale della macchina di Pelizza in corrispondenza della zona centralescientifici il pensiero di uno dei più grandi scienziati che l’Italia abbia mai avuto nella sua storia millenaria. Dal momento che abbiamo la certezza che questa incredibile macchina sia esistita nel passato (ci sono prove, anche di carattere giudiziario, che ci confermano la presenza di questa tecnologia negli anni Settanta e Novanta del secolo scorso), si dovrebbe supporre che se c’era la macchina, c’era anche il Codice Majorana. Pelizza se lo terrà nascosto da qualche parte, magari nel fondo di un cassetto di chissà quale mobile, Dio solo sa dove. Ma deve pur esserci. Pensiamo per un solo istante, anche in via del tutto ipotetica, che effetto avrebbe la lettura di quel testo se dovesse finire sulle scrivanie di diversi docenti universitari. Ciò che oggi viene definita fantascienza, improvvisamente diventerebbe materia di studio e approfondimento. Con conseguenze del tutto imprevedibili.

Ma lasciamo stare le fantasie e torniamo con i piedi per terra. Visto che non ci è dato sapere quale sia questa insondabile fisica del futuro, cerchiamo di ipotizzare come e perché la macchina di Pelizza, ammesso e non concesso che nel presente esista, possa funzionare. L’unico indizio concreto ci viene dagli studi che Majorana fece negli anni Trenta, poco prima di sparire, sul monopolo magnetico. Infatti, in via del tutto teorica, la potenziale energia della macchina di Pelizza potrebbe trovare una qualche spiegazione scientifica se in qualche modo fosse correlata con le ricerche sul monopolo magnetico.

 

 

 

Numero1456 (dal Numero1465 al Numero1455: la serie completa).

Il mondo viene creato dai vostri sogni

Avete sognato fabbriche gigantesche,

altissimi palazzi, tante automobili quante

sono le gocce d’acqua di questo fiume.

Ora cominciate a riconoscere che

il vostro sogno è, in realtà, un incubo.

Affinché la vita possa continuare,

dovete insegnare ai vostri figli

a sognare un sogno nuovo.

Numi    sciamano dell’Equador.

 

UNA  NUOVA  FISICA  PER  IL  MONDO

Mi chiamo Rolando Pelizza, ho 78 anni, e vorrei spiegare perché ho dato l’autorizzazione a pubblicare su Internet i progetti relativi alla costruzione della mia “Macchina” in grado di intervenire sulla materia. Vorrei precisare che non ne sono l’inventore, bensì soltanto colui che la manovra. A ideare questo strumento, che può annichilire, riscaldare, trasmutare e traslare la materia, è stato, invece, lo scienziato Ettore Majorana, da me conosciuto casualmente in un convento, nell’ormai lontano 1958. Ne divenni l’allievo e, tramite lui, venni a conoscenza delle regole di una nuova fisica in grado di cambiare il mondo, come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.
Majorana, tra l’altro, non usava calcolatrici o computer. Eseguiva, infatti, i sui calcoli basandosi su formule contenute in un programma/codice di cui solo lui (e, in parte, anche io) era a conoscenza.
Fu, dunque, grazie ai suoi studi sulla materia che elaborò il progetto della macchina che cominciammo a costruire, intorno agli anni Sessanta. In un primo tempo, ci furono dei problemi operativi, dovuti alla sperimentazione pratica. Ben 228 macchine andarono distrutte durante la fase operativa, e solo nel 1972 fu possibile arrivare al primo esperimento pienamente riuscito.
Questa macchina, della quale oggi pubblichiamo i disegni, è in grado di espellere particelle di antimateria selettiva che, a contatto con analoga materia, si distruggono, provocando l’emissione di grande energia.
L’attuale macchina è rivestita da un cubo di alluminio di circa 55 cm per lato e il meccanismo della struttura è alimentato da una piccola batteria d’automobile, che serve ad azionare il sistema interno. Quest’ultima genera le antiparticelle che poi vengono espulse da un condotto, la cui estremità termina con un foro a quadrifoglio sul frontale della macchina. Dall’esterno, dunque, la macchina appare come un perfetto cubo, senza alcuna estremità. Le antiparticelle hanno una vita di 5 millesimi di secondo e fuoriescono, per “motu proprio”, alla velocità della luce, fino ad una distanza massima di circa 1500 Km.
Per essere più precisi, la macchina è in grado di gestire tutti gli elementi della Tavola Periodica di Mendeleev e può emettere particelle per ogni singolo elemento, graduandone la distanza e le dimensioni, da 1 centimetro cubo, fino ad un volume di 20 metri per lato, pari a 8000 metri cubi. L’emissione è controllabile anche nell’intensità, andando dal solo riscaldamento della materia colpita (rallentando il flusso delle particelle), fino al completo annichilimento della stessa. Ponendo, quindi, l’oggetto che si vuole annichilire o riscaldare ad una certa distanza dalla macchina, l’uscita delle antiparticelle si esaurirà nel rispetto dei comandi impartiti.
Vorrei ricordare che, per far funzionare la macchina, è necessario adottare la formulazione che io ho depositato, affinché venga consegnata al momento dell’esperimento, previa sottoscrizione , da parte degli interessati, di un protocollo molto dettagliato, che garantisca l’uso della macchina esclusivamente per scopi civili.
Aggiungo che la macchina è, dal 2008, coperta da brevetto.
Per quanto riguarda la parte storica, questa macchina venne testata ufficialmente, per la prima volta, nel 1976, con un protocollo elaborato dal Prof. Ezio Clementel, Presidente del CNEN, su mandato del Governo Italiano (III Governo Andreotti). L’esperimento più significativo è quello che avvenne, sempre nel 1976, a Forte Baremone (BS), alla presenza di numerose persone, tra cui l’allora colonnello belga della NATO, Jacques Leclerc.
Successivamente, c’è stato l’interesse del Governo Americano, che mi aveva chiesto di abbattere un satellite geostazionario., e, quindi, del Governo Belga, i cui responsabili mi avevano proposto di distruggere un carro armato. Al mio netto rifiuto, motivato dal fatto che Ettore Majorana ed io non abbiamo mai voluto che la macchina fosse utilizzata per fini bellici, ho cominciato ad accusare i pesanti contraccolpi di quelli che possono essere  definiti “poteri forti”. Questa gente mi ha sottomesso al proprio volere, costringendomi, per decine d’anni, ad operare per loro conto ed, esclusivamente, nel loro unico interesse. Ora, arrivato alla soglia degli 80 anni,, lascio questi disegni alla conoscenza del mondo scientifico, perché qualcuno, dopo di me, possa continuare l’opera che mi è stata impedita.
Voglia il cielo che persone di buona volontà raccolgano il mio testimone, con la sola ed unica motivazione del bene dell’Umanità.

In fede
Rolando Pelizza                                                01.03.2016.

Numero1455 (dal Numero1465 al Numero1455: la serie completa).

Ci sono due modi per cadere in un tranello:

uno sta nel credere in ciò che non è vero,

l’altro è rifiutarsi di credere in ciò che è vero.

Soeren Kirkegaard   (1813-1855)

 

Il mistero Pelizza-Majorana
svelato al mondo accademico
in un congresso scientifico
internazionale in California

Gli studiosi Franco Alessandrini, ingegnere e docente universitario,
e Roberta Rio, storica austriaca, hanno partecipato
al convegno “Scienza e Coscienza” dal 5 al 10 Giugno 2017
a San Diego, con la relazione “La Fisica del Terzo Millennio,
Il ponte tra la scienza e l’Oltre”. Rivelati i segreti della macchina
“che annichilisce la materia, produce energia, trasmuta i metalli
e trasferisce cose e esseri viventi in altre dimensioni”

di Rino Di Stefano

(RinoDiStefano.com, Sabato 1 Luglio 2017)

Il   mondo accademico internazionale comincia a porsi domande sull’incredibile storia di Rolando Pelizza circa la vita e le scoperte scientifiche di Ettore Majorana, dopo la sua scomparsa nel 1938. A esporre pubblicamente quella che è stata definita la Fisica del Terzo Millennio, sono stati Francesco Alessandrini, ingegnere civile e docente di materie geotecniche presso l’Università di Udine, e Roberta Rio, storica austriaca di origini italiane, specializzata in Paleografia, Archivistica e Diplomatica, nonché membro dell’Associazione degli Storici della Germania. La presentazione pubblica della storia Pelizza-Majorana è avvenuta durante il convegno mondiale “The science of consciousness” (La scienza della coscienza), svoltosi a San Diego, in California, dal 5 al 10 giugno 2017. La relazione “Third Millennium Physics – The bridge between science and the Beyond” (La Fisica del terzo Millennio – Il ponte tra la scienza e l’Oltre) è stata presentata nel pomeriggio di giovedì 7 giugno nell’ambito della sessione C15 “Consciousness and Models of Reality” (Coscienza e Modelli della Realtà) direttamente dall’ingegner Alessandrini. In contemporanea con questo evento, in Italia e nel mondo usciva in autopubblicazione (Ilmiolibro self publishing) un volume in due versioni: “La macchina – Il ponte tra la scienza e l’Oltre” nell’edizione italiana, e “The Machine – The bridge between science and the Beyond”, nell’edizione inglese, sempre degli autori Roberta Rio e Francesco Alessandrini.
Ma cosa c’è di tanto inusuale nella presentazione della relazione al convegno scientifico mondiale di San Diego e nella pubblicazione di quel volume? La risposta è semplice: per la prima volta due studiosi accademici italiani hanno parlato in un contesto internazionale della storia di Rolando Pelizza e della famosa macchina, attribuita a Ettore Majorana, in grado di annichilire la materia trasformandola in energia pura, e non solo. Tra l’altro, questa relazione, sempre in inglese, è stata pubblicata sul sito scientifico mondiale ACADEMIA.EDU, che conta 53.084.680 accademici iscritti in tutto il mondo. Basterebbe questo numero per rendersi conto di quale sia stata la divulgazione della notizia a livello internazionale. L’evento, inoltre, è rilevante anche perché in Italia, nonostante la documentazione, le foto, le perizie e le prove inerenti l’esistenza e l’operatività della famosa macchina, la scienza ufficiale ignora volutamente la storia di Rolando Pelizza e non prende in alcuna considerazione l’ipotesi che, effettivamente, Ettore Majorana potrebbe davvero essersi nascosto in un convento di clausura quel 27 marzo del lontano 1938, appena sbarcato nel porto di Napoli dal traghetto Tirrenia proveniente da Palermo. Così come, vent’anni dopo, nel 1958, potrebbe aver conosciuto casualmente un giovane bresciano, rispondente al nome di Rolando Pelizza, e potrebbe averlo fatto diventare il suo discepolo insegnandogli le nozioni di una nuova e rivoluzionaria fisica. Quella stessa fisica che negli anni Settanta sarebbe poi diventata una macchina in grado di compiere operazioni che, alla luce di quanto sappiamo fino ad oggi, non può che apparire assolutamente fantascientifica. Il condizionale è d’obbligo, ovviamente, non essendoci alcun atto ufficiale o giudiziario che certifichi tale presunta realtà. Ma è pur vero che esiste una tale valanga di prove e indizi da far nascere il ragionevole dubbio che, se questa storia non è stata ancora ufficialmente indagata, forse è perché qualcuno non vuole che si conosca. Ma limitiamoci a prendere atto di quanto è accaduto e vediamo che cosa c’è scritto nella relazione presentata a San Diego. Con una premessa: quel documento altro non è che la sintesi di quanto c’è scritto nel libro del duo Rio-Alessandrini. Il volume, in pratica, costituisce un ulteriore approfondimento del messaggio che i due autori hanno voluto lanciare al mondo, cogliendo l’occasione del convegno scientifico californiano.
Già dal titolo, La Fisica del Terzo Millennio, si capisce che la relazione presenta un contenuto alternativo rispetto alla realtà attuale. E la premessa non è sbagliata, visto che fin dalla sinossi, viene spiegato che “La mente illuminata di Ettore Majorana, dal silenzio di un convento in cui si è volontariamente rinchiuso per decenni, ha prodotto una nuova matematica e una nuova fisica che alimentano un salto epocale nella conoscenza umana.
Qui si richiamano la sua teoria e alcuni aspetti salienti della costruzione di una macchina, realizzata da Rolando Pelizza, che ha dimostrato quanto esatte e reali fossero le ipotesi di Ettore.
Il mondo ha ora nuove grandiose possibilità: può annichilire la materia, può produrre energia infinita a costo zero, può trasmutare la materia e può spostarsi in altre dimensioni.
Ma questa conoscenza, da noi definita la Fisica del Terzo Millennio, non sarà subito disponibile all’umanità … è prima necessario un percorso di graduale presa di coscienza e di cambiamento degli atteggiamenti umani.”
.
E’ così, con questa presentazione che sposa in pieno la storia di Rolando Pelizza e il suo racconto su Ettore Majorana, che Rio e Alessandrini preparano il lettore a quanto di sconvolgente stanno per dire.
Secondo i due autori, la grande innovazione portata dalla scienza di Majorana consiste nell’interpretazione delle leggi della materia attraverso un nuovo modo di concepirle. “Ma, soprattutto, è una fisica che ‘fa pace’ tra Scienza e Spiritualità, riuscendo a colmare quell’enorme iato che l’uomo moderno, piuttosto scioccamente, ha aperto fra i due principali modi di percepire la realtà. La Scienza ha finalmente accesso alla comprensione di ciò che sta Oltre quel che è avvezza a considerare come mondo fisico, per penetrare un ambito dove è posizionato il vero ‘centro decisionale e organizzatore’ della vita nella Materia”.
Questo posto, aggiungono gli autori, avrebbe poco a che fare con la dimensione fisica alla quale siamo abituati, in quanto sarebbe sempre stato nascosto al nostro mondo puramente razionale. Ma che cosa avrebbe scoperto, di preciso, Majorana? “Una conoscenza grandiosa e nel contempo infinitamente semplice – risponde Pelizza – Oggi stiamo spendendo somme enormi di denaro negli acceleratori di particelle e nelle ricerche sulla fusione nucleare, tutti tentativi che cercano di violentare l’atomo per estrargli in modo estremamente forzato la grande energia che gli è stata racchiusa dentro”.
A quanto pare, invece, la fisica di Majorana seguirebbe il cammino della comprensione e della non violenza, per dirla alla maniera di Gandhi. “Ettore è entrato in contatto con ‘l’intimità’ della Materia – si legge nel documento – e a questo livello di ‘rapporto’, la Materia, se adeguatamente e pacatamente assecondata, è in grado di dare tutta sé stessa”.
Entrando nel dettaglio scientifico, Rio e Alessandrini illustrano ciò che, anche allo stato attuale delle cose, si conosce circa il pensiero del grande scienziato scomparso. “Le conoscenze principali di Ettore – viene spiegato – sono riconducibili alla ‘Teoria Generale degli Esponenti’ in cui si percepisce che ‘tutte le leggi della natura sono simmetriche rispetto ai due versi del tempo e che tutti i fenomeni dell’universo sono costituiti da onde sferiche le quali, per detta simmetria, possono essere non solo divergenti – fenomeni ‘entropici’ – come quelle comunemente osservate, ma anche ‘convergenti’ – fenomeni ‘sintropici’. In pratica si riconosce che il mondo non funziona solamente in maniera entropica, ovvero solo con un accrescimento del disordine come asserito dal secondo principio della termodinamica, ma anche in maniera sintropica, ovvero con un accrescimento dell’ordine. La sintropia viene introdotta non come ipotesi arbitraria, ma come conseguenza logica necessaria alla struttura quantistica (meccanica quantistica) e relativistica (relatività Einsteiniana) dell’universo. A valle di questo, casualità e finalità vengono portate sullo stesso piano logico, ‘come sono due le soluzioni di un’equazione di secondo grado’ ”.
Tutto questo, secondo l’esposizione di Rio e Alessandrini, porterebbe ad un nuovo modo, completamente diverso rispetto a quello attuale, di vedere la scienza e la realtà. “Ettore – sostengono – perviene alla formulazione di una teoria unitaria dove vengono riuniti i fenomeni fisici e biologici, introducendo nella scienza esatta il finalismo. Nella teoria assume un particolare rilievo un diverso approccio matematico rispetto a quelli classici. Si comprende che l’ordine matematico naturale non è quello sostenuto dalla base decimale elaborata dall’uomo, ma sottostà ad altre basi, come per esempio, in alcuni casi, a quella del funzionamento atomico a base otto (sistema numerico ottale)”.
Senza voler andare troppo nello specifico, la relazione racconta che, sempre secondo il presunto pensiero di Majorana, subito dopo la creazione dell’universo ci fossero undici dimensioni e nel momento del Big Bang sette dimensioni spaziali si sarebbero “arrotolate”, lasciandone “estese ed esplicite” le quattro che conosciamo: tre spaziali e una temporale. Tuttavia, “le sette dimensioni nascoste hanno un’influenza assolutamente fondamentale sul funzionamento delle altre quattro distese. Se non si considerano e conoscono queste dimensioni nascoste, il funzionamento delle altre 4 diventa solo parzialmente e impropriamente conoscibile”.
Insomma, Majorana sarebbe riuscito a comprendere, per via matematica, la presenza di questa realtà occultata alla nostra vista. Messa in altri termini: “La teoria di Ettore studia un sottoinsieme del Creato ed è in grado di portare una conoscenza ‘scientifica’ completa su ciò che presenta una qualche ‘dimensione’, ovvero ciò che indichiamo come Materia + Oltre Materia (11 dimensioni)”.
La conclusione dialettica è che “Tutta questa conoscenza è stata raggiunta, dunque, perché alla base del nostro Creato c’è una struttura geometrica e, dunque, matematica!”.
Il fatto eclatante è che questa “teoria fantastica” assume incredibili connotazioni reali quando diventa “teoria convalidata dalla sperimentazione”, grazie alla famosa macchina che Rolando Pelizza avrebbe costruito sotto la guida dello stesso Majorana.
Una piccola parentesi prima di continuare nell’esposizione della relazione scientifica che ormai ha fatto il giro del mondo: che la macchina di cui si parla sia stata un fatto reale e concreto tra gli anni Settanta e Ottanta, non c’è dubbio alcuno. Così come è altrettanto certo che nella storia di questa apparecchiatura siano stati coinvolti, a più riprese, i governi italiano, americano e belga. Esiste una tale documentazione a questo riguardo da non lasciare incertezze di sorta su come si svolsero effettivamente i fatti in quell’epoca. Il problema riguarda il presente: nessuno, infatti, ha la più pallida idea se quella macchina esista ancora, eventualmente dove sia nascosta e, nel caso, quali sarebbero gli eventuali interessi che girerebbero attorno ad essa. Detto questo, vediamo come funzionerebbe l’incredibile macchina, anche perché questa è la prima volta che una spiegazione completa viene proposta al mondo accademico e al grande pubblico. Cominciamo col dire che la macchina sarebbe in grado di operare su sei fasi diverse, ma fino ad oggi ne sarebbero state completate solo le prime quattro. La prima prevede l’eliminazione controllata della materia: “La macchina di Rolando riesce a liberare in forma organizzata dell’antimateria. Essa ‘proietta’ atomi uguali e contrari a quelli della materia in esame, ‘cancellandola’ ovvero annichilendola. Rolando riesce a provocare un’annichilazione selettiva, e cioè può decidere quale materiale annullare, anche selezionandolo tra diversi adiacenti o sovrapposti. Inoltre le antiparticelle si possono mescolare, in modo da annichilire oggetti costituiti da materiali diversi”.
Considerando che chi volesse può trovare nel mio sito i link per vedere i video della macchina in funzione nel 1976, non ci vuole molta immaginazione per comprendere che un simile meccanismo, se fosse utilizzato per fini bellici, potrebbe essere definito l’arma perfetta.
Vediamo adesso la seconda fase, cioè la produzione di energia. “La macchina di Rolando – è spiegato – in questa fase viene predisposta per rallentare lo spin delle particelle costituenti il materiale in esame. Tale rallentamento induce nella materia una sorta di attrito ‘interno’, un po’ come succede quando il freno rallenta la ruota della vostra bicicletta, il cui effetto evidente è un riscaldamento. Calibrando bene il rallentamento si può portare la materia trattata a una temperatura inferiore a quella che la farebbe sciogliere, diciamo dell’ordine del 40% di quella di fusione o di ebollizione. Questo in modo da stare sufficientemente lontani dalla fusione stessa che corrisponde, di fatto, alla sparizione della materia.
La particolarità è che si può così disporre di un corpo caldo, sempre alla stessa temperatura – le oscillazioni misurate sono minime – che non si riscalda ulteriormente, anche se il calore non viene assorbito dall’esterno.
Se il calore, viceversa, viene assorbito – per esempio con un sistema di circolazione d’acqua attorno al materiale riscaldato –, il corpo continua a rimanere alla stessa temperatura mentre si ha a disposizione dell’acqua calda a qualche centinaio di gradi per produrre energia. Ve la immaginate un’energia infinita, senza consumo di materia prima, a un costo praticamente zero!?”
.
Ci pensate a quanti potrebbero essere interessati a utilizzare questa fase? Ma siamo ancora lontani dal restare a bocca aperta per la sorpresa. Passiamo alla terza fase: la trasmutazione. In altre parole, trasformare un materiale in un altro, cambiandone il numero degli elettroni. Rio e Alessandrini sono molto chiari nella descrizione: “In questa fase, giunta a un livello di completa messa a punto già nel 1992, si può prendere un volume di materia, diciamo un blocco di polistirolo e trasformarlo in un blocco di oro, conservandone volume e forma. Qui lasciamo a voi immaginare cosa potrebbe rendere possibile questa fase; vi assicuriamo solo che questa possibilità può portare alla soluzione di molti dei problemi in cui il mondo si sta dibattendo attualmente. Siccome sappiamo che quello che stiamo dicendo potrebbe suscitare una certa perplessità, vi mostriamo nella figura 3 una sequenza di fotogrammi, ripresi da una telecamera, in cui si vede la trasmutazione di un blocco di gommapiuma in oro. Tutta la sequenza della trasmutazione che vi mostriamo si sviluppa in 25 centesimi di secondo”.
In questo caso è necessaria una spiegazione supplementare. I fotogrammi di cui parlano i due autori fanno parte di un filmato dell’ottobre 1992 quando Rolando Pelizza, che si trovava in un garage nei pressi di Barcellona, fece una ripresa televisiva di se stesso mentre trasformava in oro decine di cubi di gommapiuma. Il filmato dura 103 minuti, comprende due giorni di riprese, e mostra l’intraprendente bresciano con la sua riserva personale d’oro: 125 cubi del peso di circa 65 chili l’uno. E cioè 8 tonnellate e 125 chili di oro al 100%, una percentuale inesistente in natura. Tanto per avere un ordine di grandezza, nel 2007 l’oro valeva circa 18,35 euro al grammo. Quindi parliamo di quasi 150 milioni di euro dell’epoca. Oggi, invece, l’oro viene valutato circa 35,45 euro al grammo, quindi più o meno 288 milioni di euro. Pelizza avrebbe potuto essere l’uomo più ricco del mondo, con l’andazzo di quella produzione. Ma c’è un però: a quanto racconta egli stesso, pare che si fosse messo d’accordo con non meglio precisati “americani” per cedere quel tesoro, a un “prezzo di favore”: il 50% del valore effettivo. La consegna dei cubi avvenne alla fine del giugno 2007, alla presenza di un magistrato donna spagnolo, e venne redatto un verbale. Tutto regolare, quindi, ma quei soldi non vennero mai versati.
Ma non è finita qui. Quel video, da allora, è finito in diverse mani. Si sa per certo che copie del filmato sono finite in Svizzera e in Russia. E chissà in quante altre parti del mondo. Insomma, sono in tanti ormai a sapere che cosa quella macchina sia in grado di fare.
Adesso una copia è anche in mano di Roberto Giacobbo, il noto conduttore di Voyager su RAI2. Nell’intervista a Pelizza mandata in onda il primo agosto 2016, ha mostrato molto velocemente il fotogramma finale della trasmutazione in oro di un cubo di gommapiuma. Pare che a breve ci sarà un altro programma con una nuova intervista a Pelizza.
Ora veniamo alla parte più sconvolgente, e cioè alla quarta fase: il trasferimento dimensionale. “Con la macchina – infatti – è possibile trasferire persone e oggetti in altre dimensioni, nel tempo e nello spazio, e eventualmente ritornare al punto di partenza originale. Ciò significa, ad esempio, far scomparire qualcosa dal mondo fisico e portarlo in una dimensione invisibile. Ma significa anche ringiovanire un corpo di dieci, venticinque, trenta o settant’anni, mantenendo intatti l’intero pacchetto di conoscenze e ricordi: in breve, una volta invecchiati, potremmo far tornare i nostri corpi giovanili, mantenendo tutti i ricordi delle nostre esperienze così come la conoscenza di un’intera vita”.
Spiegata con parole semplici, ciò significa che una persona molto anziana potrebbe tornare agli anni della gioventù, mantenendo l’aspetto e lo stato fisico totale del giovanotto di una volta. A questo proposito, leggete quanto c’è scritto nel libro di Rio e Alessandrini a pagina 91: “Nel monastero dove si trovava Ettore, venne eseguito un primo esperimento conclusivo. Si trattava di ringiovanire un cagnolino, ormai anziano e morente, molto caro ai frati del convento. Essi gli avevano insegnato nel corso della vita a saltare attraverso i cerchi, cosa assolutamente non innata nell’animale. Usando la macchina, lo riportarono all’età di circa un anno. La cosa eccezionale è che, subito dopo l’esperimento, il cagnolino si mise a saltare attraverso i cerchi. Questo fatto fece luce su uno dei dubbi ancora aperti che avevano, ovvero sul fatto se, nel ringiovanimento del corpo fisico, si sarebbe conservata o meno la memoria e la personalità che l’essere aveva prima dell’esperimento. Il fatto di vedere saltare gioiosamente attraverso i cerchi fu la prova che li convinse che tutto era pronto e che si poteva fare il passo successivo. Rolando ricorda con gioia il momento in cui, dopo l’esperimento, lui ed Ettore si misero a giocare con l’animale giovane e vivace. Ma ricorda anche l’efficacia della strumentazione spionistica americana: qualche tempo dopo, infatti, gli venne fatta vedere una foto satellitare in cui si vedevano, in maniera nitida, Ettore e Rolando giocare con il cagnolino ringiovanito”.
A questo punto è ovvio domandarsi se l’anziano Majorana abbia o meno usufruito della sua macchina per ringiovanirsi. Pelizza non si pronuncia a questo riguardo e, comunque, almeno per il momento, non è disponibile alcuna documentazione in merito.
Concludendo la loro relazione per il pubblico mondiale, Rio e Alessandrini ammettono quanto sia difficile credere in tutto quello che hanno esposto. “Siamo consapevoli che la storia che vi raccontiamo possa suscitare in voi un certo scetticismo: è la naturale, potremmo dire biologica, reazione provocata dalla nostra mente razionale, che non può accettare l’esistenza di qualcosa che vada oltre l’ordine costituito – dicono – Anche noi all’inizio eravamo decisamente scettici ma poi, gradualmente, l’evidenza dei fatti ci ha costretti ad ammettere che tutto quello che vi abbiamo raccontato è vero e realmente sperimentato. Siamo di fronte a un ‘colossale’ avanzamento delle conoscenze, un vero salto quantico, come si dice oggi, senza ben sapere cosa voglia dire ‘quantico’. Questa grandiosa scoperta ha però un altrettanto grande limite, come tutta la conoscenza discesa in ambito umano: essa può essere usata per il bene dell’umanità o per il suo male. Siamo di fronte a qualcosa che può salvare un pianeta ormai sull’orlo del collasso o, viceversa, distruggerlo in poche ‘mosse’. Dipende dall’uso che ne facciamo. Ettore e Rolando si sono sempre strenuamente opposti a un uso nefasto della macchina, rendendo la propria vita certamente non semplice e in aperto contrasto con chi voleva farne un’arma. Ci auguriamo che essa diventi di pubblico utilizzo al più presto, operata esclusivamente da persone dedite solo al bene del mondo”.
E Pelizza? Oggi l’anziano bresciano, ormai sulla strada dell’ottantesimo compleanno, è un uomo solo e senza mezzi, che sopravvive grazie all’aiuto di alcuni amici. Non ha più la macchina e non può continuare i suoi amati esperimenti, ma continua a bussare alle porte dei suoi debitori per riscuotere quanto gli è dovuto per quei 125 cubi d’oro. Gli avrebbero fatto molte promesse dal 2007, ma continua a ripetere di non aver mai ricevuto un solo euro. L’unica soddisfazione è che la sua singolarissima storia ha suscitato l’interesse di due grandi università italiane che adesso sono in qualche modo coinvolte nello studio della misteriosa tecnologia. Non è molto, ma è pur sempre un buon inizio per fornire una spiegazione scientifica e razionale ad uno dei più grandi enigmi del Novecento.
Intanto, avvilito per tutte le inesattezze che sono state dette su di lui, alla fine Pelizza ha deciso di uscire allo scoperto inserendo la sua verità (foto, documenti, filmati e perizie) in un sito web dove racconta le esperienze di una vita (Majorana-Pelizza.it). Molti di questi contenuti sono assolutamente inediti, per esempio il filmato dove si vedono Pelizza e Majorana passeggiare nel parco. Oppure vari esperimenti effettuati con la macchina. Le lettere sono state periziate dalla dottoressa Chantal Sala, grafologa specializzata in ambito forense; immagini e filmati sono stati periziati dall’ingegner Michele Vitiello, titolare dello Studio Ingegneria Informatica Forense. Forse la cosa che colpisce di più è il titolo d’apertura di questo materiale: “Con grande amarezza pubblichiamo il contenuto di questo sito”. Infatti, Pelizza spiega che, nonostante tutti i suoi sforzi per far conoscere la nuova tecnologia e donarla allo Stato italiano per il benessere della nazione e del mondo, non c’è riuscito a causa degli intricatissimi giochi di potere in cui si è trovato. Da qui la sua amarezza. Adesso, stanco di combattere, fa conoscere i suoi antichi segreti e si ritira in buon ordine, ammettendo la sconfitta. La verità è che non basta voler cambiare il mondo, anche se ce ne sarebbe un gran bisogno. Qualcuno, e non è difficile immaginare chi, desidera che tutto resti com’è, macchina o non macchina. Con buona pace degli eventuali geni che, come Majorana, ogni tanto fanno capolino su questa piccola e tormentata terra.

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Articolo redatto da Francesco Alessandrini e Roberta Rio
per la presentazione a
The Science of Consciousness (TSC) 2017
a San Diego – CA
Giugno 2017

© 2017 Francesco Alessandrini e Roberta Rio

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