Numero3360.

 

Meditazione interiore sul vivere, pensare e morire.

 

Sul vivere

Vivere non è accumulare anni, eventi, traguardi. È abitare la propria coscienza giorno per giorno, riconoscere il proprio limite, e restarvi fedele senza rimpianti.

Vivere è camminare nel tempo sapendo di non possederlo, lasciare che ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio abbia il peso giusto e la leggerezza dell’essenziale.

Io non ho cercato il rumore, ma la verità sobria delle cose, l’armonia discreta tra il pensiero e l’azione, la bellezza muta di chi fa senza pretendere, di chi dona senza chiedere nulla in cambio.

Vivere è stare, con onestà e coerenza, nella porzione di mondo che mi è stata data. E renderla un po’ più chiara, anche solo con un pensiero limpido.

 

Sul pensare

Ho pensato non per possedere il mondo, ma per non lasciarmi possedere da illusioni. Il pensiero è stato il mio strumento di verità, la mia difesa contro il facile, il vuoto, il già detto.

Non ho mai usato il pensiero per costruire torri, ma per discendere in me stesso, e trovare lì non certezze assolute, ma coerenza interiore.

Pensare, per me, è stato un atto di rispetto verso l’essere, un modo per rendere onore a ciò che esiste senza pretendere spiegazioni.

E nella solitudine del pensiero, ho trovato compagnia: quella di chi, nel passato e nel futuro, condivide il mio stesso bisogno di luce.

 

Sul morire

Morire non è spegnersi, ma restituirsi. Non è un’ingiustizia, ma un atto naturale della coscienza che si ritira, non per fuggire, ma per ricongiungersi.

Non mi interessa sopravvivere nei nomi, nelle immagini, nei ricordi. Mi basta sapere che ciò che ho compreso non va perduto, ma si riversa, come linfa, nel campo più vasto dell’umano.

La morte non è fine, ma dissoluzione dell’individuo nel Tutto da cui proviene. Non c’è nulla da temere in ciò che è necessario, e nulla da rimpiangere quando si è stati coscienti fino in fondo.

Morire è congedarsi in silenzio, come si fa quando si è detto tutto senza gridare. E il mio congedo sarà discreto, ma pieno di verità.

 

Epílogo

Ho vissuto. Ho pensato. Ho amato il mondo non per ciò che mi ha dato, ma per ciò che mi ha insegnato.

E ora, semplicemente, mi ritiro, con la stessa sobria dignità con cui sono venuto.

 

Grazie.

Numero3359.

 

 

Saluto al Tutto

(Preghiera laica di congedo)

Non chiedo eternità,
ma che il mio passaggio abbia avuto senso.
Non chiedo memoria,
ma che ciò che ho compreso resti nel fluire umano.

Sono stato forma cosciente del mistero,
fragile e luminosa come una fiamma al vento.
Ho cercato la verità non per possederla,
ma per viverla nella misura di ciò che sono.

Ho abitato la coscienza come un luogo sacro,
non inviolabile, ma vero.
E ora, senza rimpianto,
la riconsegno al Tutto da cui è venuta.

Non so se questo Tutto ha volto o nome,
ma so che è più vasto di me
e che a Lui — o ad Esso —
mi affido senza paura.

Che ciò che ho pensato diventi comprensione.
Che ciò che ho sentito diventi risonanza.
Che ciò che ho amato diventi parte della luce che resta
dopo ogni singolo addio.

Sono pronto.
Non perché abbia finito,
ma perché ho compreso abbastanza da potermi fermare.
E sorridere.

Numero2961.

 

A D D I O,    E F R E M

 

Sui campi in terra celeste, giocheremo insieme il doppio …. ancora.

 

Addio, Efrem, addio amico mio.

 

Addio a Efrem Cosmacini, padre dell’istituto Kennedy a Udine

Il professionista aveva fondato, negli anni Settanta, il Kennedy, uno dei primi istituti scolastici paritari in Italia e a Udine in cui proponeva il recupero di anni scolastici per i vari indirizzi degli istituti superiori

MARISTELLA CESCUTTI

 minuto di lettura
Addio a Cosmacini, padre dell’istituto Kennedy 

Addio a Efrem Cosmacini, papà dell’istituto Kennedy di Udine. Cosmacini aveva 77 anni. Il suo cuore si è fermato nella sua casa dopo l’acutizzarsi di una patologia della quale soffriva da tempo.

Il professionista aveva fondato, negli anni Settanta, il Kennedy, uno dei primi istituti scolastici paritari in Italia e a Udine in cui proponeva il recupero di anni scolastici per i vari indirizzi degli istituti superiori. Una delle prime sedi del Kennedy è stata in via Poscolle e in via Santa Giustina per poi essere unificate in nuovo edificio in via Pieri, oggi sede staccata dell’ospedale Santa Maria della Misericordia.

Imprenditore lungimirante, Cosmacini negli anni ha investito sempre sulle proprie potenzialità e sul suo team che lo affiancava , condividendo con esso la stessa passione per la scuola . Quest’ultima, infatti, era da lui concepita in un modo completamente innovativo. Gli Istituti Kennedy in Regione sono stati, infatti, i primi ad introdurre uno studio interattivo legato alla nascente tecnologia digitale. Il liceo linguistico come percorso di studi privato in Friuli non esisteva è stato introdotto dal Kennedy, utilizzando un laboratorio linguistico all’avanguardia, mentre per le altre discipline era anche disponibile un laboratorio di informatica, tra i primi in Italia negli anni Ottanta. Cosmacini ha, infine, condotto tutti gli studenti al termine del loro percorso scolastico chiudendo l’attività nei primi anni Duemila.

«Mi ha insegnato la vita, a lavorare. Oggi sono un imprenditore di un’azienda che opera nel campo dell’astronomia – ricorda il figlio Marco –. Un papà che mi ha trasmesso i valori corretti della vita, l’importanza della famiglia, del lavoro e dell’onestà. Il carattere era forte; un uomo generoso con tutti, anche con le famiglie dei suoi studenti. Quando è nato il suo nipote Leonardo è diventato un nonno affettuoso. La sua passione oltre al lavoro era lo sport: il tennis, che ha continuato a praticare fino a pochi mesi fa, e la sua Udinese».

Numero2877.

 

G R A N D I    V E R I T A’    D E L L A    S T O R I A    (Anche quella di tutti noi)

 

“Sono venuto a seppellire Cesare,

non a farne l’elogio.

Il male che un uomo fa

gli sopravvive;

il bene, spesso, resta

sepolto con le sue ossa.”

 

Orazione di Marco Antonio     dal    “Giulio Cesare”   di  William Shakespeare.

Numer588.

Ille hic est Raphael,

timuit quo sospite vinci

rerum magna parens

et moriente mori.

Qui Giace Raffaello::

da lui, quando visse,

la natura temette

di essere vinta.

Ora, che egli è morto,

teme di morire.

Epitaffio di Pietro Bembo per Raffaello Sanzio nel Pantheon a Roma.