Numero2810.

 

U N    L U S T R O

 

In questo mese di novembre, dell’anno 2018, questo BLOG emetteva i suoi primi vagiti.

Buon compleanno a MILLE E PIU’ MOTTI.

Sembra che sia diventato adulto: ora si occupa di argomenti più seri ed importanti. L’epoca e lo spirito dei piccoli proverbi di cinque anni fa sono superati, per far posto ad altre istanze ed interessi.

Anche chi scrive è diventato più vecchio e, forse, anche più saggio: molto ha imparato, cammin facendo, dalle sue stesse scritture, tramite le ricerche, le documentazioni, le recensioni; ha tratto spunto da ogni tipo di argomenti, i più svariati, ma sempre con spirito di curiosa criticità e persino, a volte, di partigianeria per i propri punti di vista.

Spero di non aver annoiato nessuno, io certo non mi sono annoiato e continuerò, pervicacemente, a pormi ancora tante domande per sviscerare delle risposte che spero non saranno deludenti per i lettori, ma sempre coinvolgenti e mai banali.

Grazie a chi mi ha seguito fin qui e….buona prosecuzione. Fino a quando non so….

 

3 Novembre 2023.

Numero2070.

 

Mi manda una cara amica:

 

SCHEI  A  VENESSIA.

 

Schèi è un termine veneto con il quale viene indicato in generale il denaro.

La probabile etimologia del termine è piuttosto singolare. Ai tempi del regno Lombardo-Veneto (1815-1866), quando il Veneto si trovava sotto l’egemonia austriaca, erano in circolazione alcune monete su cui era riportata la scritta scheide münze, cioè “moneta spicciola”. Questa veniva pronunciata popolarmente come schei, leggendo come in italiano la parola (la vera pronuncia in tedesco sarebbe “sciaide münze”), da cui poi derivò anche il singolare scheo per indicare la singola moneta.

Il termine è sopravvissuto sino all’epoca contemporanea. Il singolare, inoltre, indica per estensione qualcosa di piccole dimensioni, analogo all’italiano “soldo di cacio” (picoło fa un scheo, “piccolo come un soldo di cacio”), o anche una breve lunghezza, come un centimetro (spòsteło de vinti schei, “spostalo di 20 cm”). Si usa il gergale esar sensa schei per l'”essere senza soldi”, mentre averghe quatro schei (avere “quattro soldi” – cioè non averne – in italiano) nel Veneto significa, con un eufemismo ed in senso ironico, averne molti.

La parola franco è stata usata per indicare una somma di denaro, associata più alle vecchie lire che all’euro, ma ancora in uso. Per cui trenta franchi erano trenta lire; ‘na carta da mìłe (franchi) era una banconota da mille lire, ma rimane che averghe un franco significa ancora oggi “avere dei soldi”. Il termine deriva da un’altra moneta austriaca, che riportava l’abbreviazione Franc., indicante il nome dell’imperatore Francesco Giuseppe.

 

N.d.R.   Durante la dominazione austriaca a Venezia, la moneta corrente era la Krone (corona), i cui spiccioli erano i Pfenning.: sul bordo circolare del Pfenning, c’era la scritta SCHEIDE MÜNZE. Se consultate un vocabolario tedesco, trovate il verbo scheiden che significa “separare, dividere” ad indicare che la Krone era divisa in Pfenning. Ma trovate anche scheide che significa fodero e, in anatomia, vagina. Mentre münze significa moneta.
Ho il sospetto che sia questa la vera spiegazione del detto popolare, veneziano e veneto, “5 schei de mona”.
In Veneto, la mona è, gergalmente, l’organo sessuale femminile; il mona è invece l’equivalente di sciocco, stupido.
La mona (sheide) non avrebbe niente a che fare con la moneta (münze), come invece sostiene qualcuno, mentre si tratterebbe di una traduzione in dialetto Veneto del significato del termine scheide. Infatti le due parole sono distinte nella medesima locuzione.
La legge austriaca, all’epoca, imponeva che chi avesse in tasca meno di 5 scheidemünzen, venisse arrestato per vagabondaggio. Ecco allora che nacque un famoso modo di dire Veneziano: “Ghe vol sempre 5 schei de mona in scarsea” ( Ci vogliono sempre 5 schei de mona (scheidemünze) in tasca), per non essere arrestati. Ma mi chiedo: non sarebbe più azzeccato, nel contesto specifico, dire: 5 schei del mona = 5 soldi dello sciocco? Un bel pasticcio! Qui pro quo!
La frase è ancora oggi usatissima, per indicare che, quando necessario, per evitare problemi, è meglio, tutto sommato, passare un po’ per stupidi, che in Veneziano si dice “Pasar un fià par mona”. Oppure, magari, in una importante trattativa, conviene, a volte, fingere di non capire, quale espediente strategico, per ottenere invece il risultato sperato. Ecco perché, nella vita, “ghe vol sempre 5 schei de mona in scarsea”.