Numero3501.

 

L A    M A R A N Z A

 

È di moda la “maranza”.

È la nuova delinquenza,

è una forma di arroganza

accoppiata a strafottenza,

che nasconde l’ignoranza

dietro la disubbidienza,

che trasuda tracotanza

di bieca escandescenza.

Non c’è più la tolleranza,

ma soltanto l’incoscienza,

ed, in ultima istanza,

è una becera scemenza.

Sa destare ripugnanza

per l’assoluta assenza

di un poco di creanza.

C’è gratuita prepotenza

nella disgustosa danza

degli atti di violenza.

Non è solo la baldanza

della giovane insolenza,

dell’idiota esuberanza,

ma è, purtroppo, la presenza

di totale intemperanza.

Questa lugubre veemenza

è il peggio che avanza:

di poterne stare senza

forse non c’è più speranza.

Numero2401.

 

Mi è arrivata su WHATSAPP, scritta e interpretata da Gianluca Apicella, con

chiaro riferimento alla poesia di Totò, ‘A LIVELLA, questa poesia recitata.

 

Ho cercato di scriverla, per quel che ne so di Napoletano: non vi

nascondo che è un po’ difficile, da capire e anche da scrivere.

Accetto, di buon grado, correzioni e suggerimenti per migliorare

la stesura di questo colorito, quanto condivisibile, testo.

 

‘O  RUSSO  È  N’ OMM’ ‘E  MERD !

 

Voglio parlà cu tte, cinque minuti,

soltanto pe’ te chiedere: Hai fernuto?

Ti rendi cunto di quanto staie facenno

e  quanta ggente tu staie distruggenno?

Pe’ colpa toia, campammo ‘nt’ a paura,

e tu ci guardi con disinvoltura.

Te si’ fissato ca vuò chiù potere,

ma staie pazzianno o staie facenno ‘o vero?!

E sulo pe’ te sèntere chiù grosso,

tu miette ‘o munno sano dint’ ‘o fuosso.

Vabbe’, ma tanto a te che te ne fotte,

se sape, nun si’ tu che vaie là sotto.

Tu, forse, ‘e vote, te siente chiù potente,

ma sta perdenno ‘a vita tanta ggente.

E tu, co’ tanto pilo in copp’ ‘o core,

staie fermo e guardi ‘o munno mentre more.

Chiagnenno, ‘na mugliera fuje luntano

e porta ‘na creatura, man’ in mano,

e ‘o marito sta là, co’ o mitra ‘n mano

e guarda ‘a vita mentre s’alluntana.

Pe’ miezz’ ‘e strade, sonano ‘e ssirene,

e a nuie se ggela ‘o sanghe dint’ ‘e vvene.

E vanno a terra n’ ‘ati doie palazzi.

Guagliò, sienteme a mme, tu si’ nu pazzo.

Ma che te serve tutto ‘stu cumanno?

‘O vuò capì ca tiene settant’anni?!

Si’ fatt’ ‘e carne e ossa, nun si’ eterno,

e doppo tu, ca cunt’ a ‘o patreterno?

Pe’ ‘a te conquistà ‘sti quattro mura,

haie massacrato tutte ‘sti creature?

Perciò, chiedi a te stesso a mmò,

e si nun sient’ a mme, siente a Totò.

Fernisci ‘e fare tutto ‘stu burdello,

‘a morte ‘o ssaie che d’è? È ‘na livella.                                       In corsivo: versi della poesia “‘A livella” di Totò.

‘Nu rre, ‘nu maggistrato, ‘nu grand’ommo,

trasenno ‘stu canciello ha fatto ‘o punto

c’ ha perso tutto, ‘a vita e ppure ‘o nomme,

e tu, non t’è fatto ancora chisto cunto.

E co’ rispetto de ‘sta poesia speciale,

m’aggio deciso ‘e càgnare ‘o finale.

Perciò, stamme a sentì, nun fa’ ‘o testardo,

si’ ancora a tiempo, nun è troppo tardi.

Tanto se sape, l’Ucraina perde,

ma tu si’ sempe ‘o russo, ma ‘o russo… è n’ omm’ ‘e merd.

 

N.d.R. : su consiglio del mio amico Efrem, presento qui la traduzione.
Non posso scriverla a fianco di ogni verso, perché sul cellulare non si potrebbe leggere.
Spero che, comunque, sia utile alla comprensione.

La poesia di Totò, ‘A livella, si trova al Numero1136.

 

Voglio parlare con te, cinque minuti,

soltanto per chiederti: Hai finito?

Ti rendi conto di quanto stai facendo,

e quanta gente tu stai distruggendo?

Per colpa tua, viviamo nella paura,

e tu ci guardi con disinvoltura (noncuranza).

Ti sei fissato che vuoi più potere,

ma stai dando di matto, o stai facendo sul serio?

E solo per sentirti più grande,

tu metti il mondo intero nella fossa.

Vabbè, ma tanto a te che te ne fotte,

si sa, non sei tu che vai là sotto.

Tu forse, a volte, ti senti più potente,

ma sta perdendo la vita tanta gente.

E tu, con tanto pelo sul cuore (come dire: con tanto pelo sullo stomaco)

stai fermo e guardi il mondo mentre muore.

Piangendo una moglie fugge lontano,

e porta un figlio (o figlia) per mano,

e il marito sta là, col mitra in mano,

e guarda la vita mentre si allontana.

In mezzo alle strade suonano le sirene,

e a noi si gela il sangue nelle vene.

E vanno a terra altri due palazzi:

ragazzo, stammi a sentire, tu sei un pazzo.

Ma che ti serve tutto questo comando?

lo vuoi capire che hai settant’anni?

Sei fatto di carne e ossa, non sei eterno,

e dopo tu, che racconti al padreterno?

Per accaparrarti queste quattro mura,

ha massacrato tutte queste creature?

Perciò, interroga te stesso, adesso,

e se non ascolti me, ascolta Totò,

Smetti di fare tutto ‘sto bordello,

la morte sai che è? È una livella.

Un re, un magistrato, un grand’uomo,

attraversando questo cancello ha ha fatto il punto (della situazione)

che ha perso tutto, la vita e pure il nome,

e tu, non hai fatto ancora questo conto?

E con rispetto di questa poesia speciale,

mi sono deciso a cambiare il finale.

Perciò, stammi a sentire, non fare il testardo,

sei ancora in tempo, non è troppo tardi,.

Tanto si sa, l’Ucraina perde,

ma tu sei sempre il russo, ma il russo…. è un uomo di merda.

 

 

 

 

Numero2321.

 

Dal FATTO QUOTIDIANO del 21 Gennaio 2022

 

Dal caso Spotlight fino al coinvolgimento di Ratzinger: ecco come gli scandali dei cardinali hanno svelato la pedofilia nella Chiesa, riscrivendone la storia recente

 

Appelli, riforme e nuove leggi, ma a che punto è la Chiesa cattolica nel contrasto della pedofilia del suo clero? La domanda diventa sempre più pressante dopo la pubblicazione dei rapporti sugli abusi sessuali sui minori commessi dai preti in Francia e Germania. Cifre spaventose che hanno scalfito perfino Benedetto XVI, accusato di quattro casi di negligenza quando era arcivescovo di Monaco e Frisinga, dal 1977 al 1981. Proprio sulla scrivania di Ratzinger, chiamato dopo il breve episcopato bavarese da san Giovanni Paolo II in Vaticano come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, sono arrivati per decenni i dossier mondiali della pedofilia. Una pentola difficilissima, se non impossibile da scoperchiare durante gli anni del pontificato wojtyliano, nonostante la storica denuncia di Ratzinger sulla “sporcizia nella Chiesa” riferita proprio alla piaga degli abusi. Divenuto Papa, il tappo che per decenni ha insabbiato migliaia di questi crimini è saltato, con il rischio di minare per sempre l’immagine del cattolicesimo mondiale.

Law – A dire il vero qualcosa si era iniziato a muovere negli ultimi anni del lungo regno di Karol Wojtyla. Nel 2002, ovvero tre anni prima della morte del Papa polacco, l’allora arcivescovo di Boston, il cardinale Bernard Francis Law, fu letteralmente travolto da un’accurata inchiesta del The Boston Globe. Inchiesta che vinse il Premio Pulitzer nel 2003 e che fu poi oggetto del film Il caso Spotlight vincitore del Premio Oscar nel 2016. Un lavoro che ebbe, tra l’altro, il merito di sfondare il muro di gomma dell’omertà sulla pedofilia nella Chiesa cattolica con lobby potentissime che rendevano quasi impossibile la ricostruzione degli abusi. Law, che guidava l’arcidiocesi di Boston dal 1984, fu smascherato per aver coperto per decenni centinaia di casi di pedofilia, occultando le denunce delle vittime e spostando gli abusatori di parrocchia in parrocchia. Ma fu semplicemente trasferito a Roma da Wojtyla con l’incarico onorifico di arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore. Incarico che mantenne fino al compimento degli 80 anni come previsto dalle norme canoniche. Nessun processo e nessuna sanzione. Nel conclave del 2005 entrò regolarmente nella Cappella Sistina per votare il successore del Papa polacco.

Maciel – Altrettanto inquietante è la vicenda del fondatore dei Legionari di Cristo, padre Marcial Maciel Degollado. Un prete messicano morto con tutti gli onori nel 2008, che aveva il merito di aver fondato una delle congregazioni religiose maschili con il maggior numero di vocazioni al mondo e che, invece, si era macchiato di crimini inenarrabili, costantemente coperti dai vertici della Curia romana. Le denunce arrivavano, ma venivano puntualmente occultate. Lo stesso cardinale Ratzinger, nel ruolo di prefetto dell’ex Sant’Uffizio, aveva provato ad agire contro Maciel, scontrandosi, però, contro il muro di altre figure apicali della Santa Sede. Un uomo potentissimo e con una disponibilità economica talmente alta da assicurarsi l’omertà del Vaticano. Alla sua morte il suo patrimonio personale segreto fu stimato intorno ai trenta milioni di dollari. Maciel aveva abusato dei suoi seminaristi, coperto centinaia di casi di pedofilia all’interno dei Legionari di Cristo, avuto diverse donne che gli avevano dato alcuni figli e assunto numerose identità false. Uno scenario satanico più che l’immagine perfetta del fondatore di una congregazione religiosa. Eppure per decenni, nonostante tutto, il ritratto a dir poco edulcorato, per usare un eufemismo, del santo sacerdote aveva prevalso sulla realtà criminale.

Eletto Papa, Benedetto XVI volle una radicale purificazione dei Legionari e ammise le colpe: “Purtroppo abbiamo affrontato la questione solo con molta lentezza e con grande ritardo. In qualche modo era molto ben coperta e solo dal 2000 abbiamo iniziato ad avere dei punti di riferimento concreti. Era necessario avere prove certe per essere sicuri che le accuse avessero un fondamento. Per me, Marcial Maciel rimane una figura misteriosa. Da un lato c’è un tipo di vita che, come ormai sappiamo, è al di là di ciò che è morale: un’esistenza avventurosa, sprecata, stramba. Dall’altro vediamo la dinamicità e la forza con cui ha costruito la comunità dei Legionari”. Proprio i suoi seguaci, una volta venuta alla luce la triste verità, fecero un mea culpa per i reati commessi dal loro fondatore: “Vogliamo esprimere il nostro profondo dolore per l’abuso di seminaristi minorenni, per gli atti immorali perpetrati verso uomini e donne, per l’uso arbitrario della sua autorità e dei beni, per il consumo smisurato di sostanze stupefacenti e per l’aver presentato come propri scritti pubblicati da terzi. Ci risulta incomprensibile l’incoerenza di essersi continuato a presentare per decenni come sacerdote e testimone della fede, mentre occultava questi comportamenti immorali”.

McCarrick – Uno scenario simile a quello che avveniva negli Stati Uniti dove, nonostante le gravissime accuse di pedofilia, nel 2000 l’ex cardinale Theodore Edgar McCarrick fu promosso arcivescovo di Washington e l’anno successivo ricevette la porpora da san Giovanni Paolo II. Anche in questa vicenda le coperture e la rete di omertà tra gli Usa e il Vaticano avevano nascosto una realtà terrificante. Francesco ha voluto far luce con un’inchiesta che, per la prima volta, ha svelato le numerose complicità di cui McCarrick godeva presso i vertici della Santa Sede. Complicità che, però, non hanno impedito a Bergoglio, una volta appurata la condotta criminosa dell’ex porporato, di ridurlo allo stato laicale. Un provvedimento radicale mai preso prima. Ciò che è inquietante nella vicenda di McCarrick è che la promozione, prima alla guida della prestigiosa sede di Washington e poi alla porpora, avvenne nonostante le denunce dei suoi crimini di pedofilia.

Pell – Diverso è il caso del cardinale australiano George Pell, travolto da un lungo processo per abusi nel suo Paese, che lo ha costretto a lasciare frettolosamente il ruolo di prefetto della Segreteria per l’economia. Il porporato, condannato in primo e secondo grado a sei anni di reclusione e costretto a 13 mesi di carcere in isolamento, è stato poi assolto con formula piena ed è ritornato a Roma. “Il mio processo – commentò Pell uscendo dal carcere – non è stato un referendum sulla Chiesa cattolica, né un referendum su come le autorità della Chiesa in Australia hanno affrontato il crimine della pedofilia nella Chiesa. Il punto era se avevo commesso questi terribili crimini e non l’ho fatto”. Aggiungendo che “l’unica base per la guarigione a lungo termine è la verità e l’unica base per la giustizia è la verità, perché giustizia significa verità per tutti”.

Benedetto XVI – Per anni l’ordine della Santa Sede era quello di insabbiare la pedofilia. Lo ammise lo stesso Benedetto XVI: “Perché in passato non si è reagito allo stesso modo di oggi? Anche la stampa prima non ha dato rilievo a queste cose, la coscienza a quel tempo era diversa. Sappiamo che le stesse vittime provavano grande vergogna e all’inizio non sempre vogliono essere messe subito sotto la luce dei riflettori. Molte sono state in grado di raccontare quello che era loro accaduto soltanto dopo decenni”. E aggiunse: “Quello però che non deve mai succedere è che si fugga e si faccia finta di non vedere e si lasci che i colpevoli continuino nei loro misfatti. È necessaria quindi vigilanza da parte della Chiesa, che punisca chi ha mancato e soprattutto che lo escluda da qualsiasi altra possibilità di entrare in contatto con dei bambini”.

Francesco – Il suo successore ha fatto molti passi avanti nella tolleranza zero della pedofilia del clero. Norme severissime non solo per i colpevoli, ma anche per coloro che insabbiano gli abusi. Provvedimenti a molti indigesti all’interno della Chiesa perché mettono i vescovi con le spalle al muro davanti alle loro responsabilità e alle loro omertà, ma resi necessari da una piaga decisamente devastante all’interno del cattolicesimo. Nel febbraio 2019 Bergoglio convocò in Vaticano i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo in un inedito summit sulla pedofilia del clero. Il Papa volle che a parlare fossero anche alcune vittime. Da quell’evento sono scaturiti provvedimenti concreti, come l’abolizione del segreto pontificio per gli abusi. Ma i passi da compiere sono ancora tanti. Nell’ultima assemblea generale straordinaria della Cei, nel novembre 2021, il vescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni, che è anche presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili nella Chiesa, aveva proposto un’indagine sulla pedofilia del clero anche in Italia. La stragrande maggioranza dell’episcopato italiano si è subito opposta con il timore di uno tsunami ingestibile e richieste risarcitorie impossibili da sostenere. L’ennesimo muro che fa ben comprendere quanto l’omertà sulla pedofilia nella Chiesa sia ancora difficile da far crollare.

Twitter: @FrancescoGrana

Numero1722.

L’Italiano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino  all’ammirazione di chi se ne serve a suo danno. Il furbo è in alto, in Italia, non soltanto per la propria furbizia, ma per la reverenza che l’Italiano, in generale, ha della furbizia stessa, alla quale principalmente fa appello per la riscossa e per la vendetta.
Nella famiglia, nella scuola, nelle carriere, l’esempio e la dottrina corrente – che non si trova nei libri – insegnano i sistemi della furbizia. La vittima si lamenta della furbizia che l’ha colpita, ma, in cuor suo, si ripromette di imparare la lezione per un’altra occasione. 
La diffidenza degli umili, che si riscontra in quasi tutta l’Italia, è appunto l’effetto di un secolare dominio dei furbi, contro i quali la corbelleria dei più si è andata corazzando di una corteccia di silenzio e di ottuso sospetto, non sufficiente, però, a porli al riparo dalle sempre nuove scaltrezze di quelli.
Giuseppe Prezzolini.

Numero1714.

SDRINDULE

Siamo a Camporosso. Di notte.
Fritz, ubriaco fradicio in macchina, viene fermato dai Carabinieri.
Il Maresciallo : “Ma quanto ha bevuto lei?”
“…….2 bottiglioni, 6 birre, 3 grappini, 4 cognacchini….”
“Venga, venga che facciamo il controllo”.
“….Perché?…. non mi credi?….”.
“Non faccia il furbo, che dobbiamo controllare l’alcool”.
“….Già che ci sei, controlla anche acqua e olio….”.
“Non faccia lo spiritoso con me, eh! mi dia la patente!”.
“…. Ve l’ho data un mese fa, l’avete già persa?….”
“Non prenda in giro un pubblico ufficiale, lei, nome e cognome.!”
“Non posso dirvelo! ….Sono un alcolista anonimo….”.