Numero2188.

 

Da   IL   GIORNALE

 

Arriva la sentenza mortale sul reddito di cittadinanza

I percettori del reddito grillino non hanno mai trovato un lavoro, i navigator sono stati assunti inutilmente e ora a pagare lo scotto del fallimento della misura sono i Comuni, già in crisi economica

È uno degli effetti collaterali più sottaciuti e meno discussi del Reddito di Cittadinanza che, oltre a collezionare fallimenti come misura in sé, si sta traducendo sempre più in una bega da gestire per i Comuni. Come dimostrano i Progetti utili alla collettività (PUC).

Gli aiuti che avrebbero dovuto “abolire la povertà”, è bene ricordarlo, nascono con lo scopo di erogare un sostegno temporaneo a cittadini in cerca di occupazione (o almeno in parte) i quali, grazie al supporto dei navigator e dei Centri per l’Impiego, dovrebbero trovare un lavoro, vero, nel giro di alcuni mesi, 18 mesi, rinnovabili fino a 36. I condizionali sono tutti d’obbligo, poiché, il Reddito grillino continua a inanellare tragicomici disastri. Dalla totale assenza di selezione dei profili con effettiva necessità che ha comportato l’erogazione di soldi pubblici a migliaia di persone che oltre a non averne diritto sono “già impegnate” in attività tutt’altro che legali (e di nuovi casi ne emergono con cadenza quasi quotidiana), ai misteriosi navigator pagati dalla collettività che sono diventati “pienamente operativi” con oltre un anno di ritardo, fino all’effettiva carenza di posti di lavoro che rendono di fatto impossibile collocare i percettori di reddito.

La pandemia non ha certo aiutato (anzi, durante l’emergenza Covid i percettori del RdC sono aumentati del 12%), vista l’emorragia occupazionale che sta colpendo centinaia di migliaia di attività e che per molti versi non potrà far altro che peggiorare. Ma che il Reddito di cittadinanza si stia rivelando un colossale, dispendioso e prevedibile fallimento lo certificano i numeri, con le sole 220mila tra offerte di lavoro e opportunità formative fornite dai navigator a fronte di circa 1,23 milioni di maggiorenni tenuti a rispettare il Patto per il Lavoro firmato con i Centri per l’Impiego. Già, perché ovviamente non tutti coloro che incassano l’assegno statale sono effettivamente “impiegabili”, anche se di mansioni ne fioccassero. I firmatari del Patto, infatti, sono tutti i componenti maggiorenni delle famiglie percettrici che non siano già occupati e che non frequentino un corso di studio. Gli altri (come over 65, o persone con problemi di salute di varia natura, o genitori soli etc.) sono comunque inglobati nella misura pur non essendo impiegabili.

Per provare a negare la natura totalmente assistenziale ed elettorale del Reddito, durante il Governo Conte I è stata approvata una misura integrativa, quella dell’attivazione dei Progetti utili alla collettività, appunto, che sono a carattere comunale. Si tratta di iniziative “socialmente utili” da svolgere in favore della comunità come la pulizia dei parchi, o l’assistenza a persone fragili, o la sorveglianza nei pressi delle scuole, o il contributo al decoro urbano etc. I criteri per la realizzazione di questi progetti sono stati fissati dal Conte II (con decreto ministeriale 22 ottobre 2019), ma dopo un anno e mezzo su un totale di oltre 8mila Comuni italiani ne sono stati attivati in meno di 1500. A inizio del 2021 risultavano in fase di svolgimento meno di 5000 progetti, 3,5 in media a Comune tra quelli che li hanno avviati. Le persone impiegate sono una manciata: 5/6mila al massimo.

Ora i sindaci stanno dando via a una corsa contro il tempo per attivare più PUC possibile, ma è evidente che si tratti di un modo come un altro da parte del Ministero del Lavoro (oggi è Andrea Orlando, ma la genialata spetta a Luigi Di Maio) per scaricare le incombenze sugli enti locali. Perché per un Comune si tratta di un onere spaventoso, sotto diversi punti di vista: ideazione dei progetti, profilazione dei candidati, (altre) risorse da spendere in modo diretto o indiretto avvalendosi di cooperative, impiego di personale comunale che dovrebbe assistere direttamente alle attività e soprattutto riportare le eventuali criticità (infortuni, assenze, problematiche di varia natura).

Inoltre, se da un lato l’intento dei PUC sarebbe quello di offrire ai percettori del Reddito pentastellato la possibilità di potenziare le proprie capacità, professionali e umane, molti dei progetti che risultano attivi al momento consultando la piattaforma GePI sono praticamente equiparabili al volontariato, col piccolo particolare che a partecipare a progetti simili i Comuni possono già schierare: firmatari del “Patto per l’Inclusione Sociale”, richiedenti asilo, membri del Servizio Civile Nazionale, ex percettori di ammortizzatori sociali, ex detenuti e cittadini ammessi a misure alternative alla detenzione.
Senza peraltro il contributo del Terzo settore, che il decreto ministeriale definisce “auspicabile”, vista anche la natura dei progetti, ma al momento totalmente assente. Le organizzazioni per il sociale, difatti, sommano lo scetticismo per le collaborazioni con la pubblica amministratore, non fosse altro per via della montagna di burocrazie necessarie, alla percezione che le realtà impegnate socialmente possano essere considerate in modo del tutto strumentale.

Così, a doversi occupare di programmazione, raccordi con i nuclei familiari, predisposizione di bandi, stipula di convenzioni e assicurazioni, formazione, tutoraggio, acquisto dei dispositivi di protezione, predisposizione di schede e via di seguito restano i singoli assessori alle politiche sociali, caricati di attività che necessitano non solo di personale e fondi, ma che vanno spesso a sottrarre risorse ad altri compiti. Il Reddito di cittadinanza quindi, oltre ad essere già costato 9 miliardi di euro, col tassametro che continua a correre, non sta affatto risolvendo il problema della disoccupazione né tantomeno quello della povertà. Perché i poveri aumentano, i posti di lavoro diminuiscono e tutto ciò che si sta creando è un esercito di nuovi lavoratori socialmente utili.

N.d.R. : Ricordo un memorabile adagio della millenaria saggezza umana, non solo orientale:
“A tuo figlio non dare il pesce,
dagli la canna da pesca”.
Confucio.

Numero2180.

 

T R O P P E   R I E V O C A Z I O N I :  POVERO  IL  POPOLO  CHE  HA  BISOGNO  DI  EROI !

 

Ne ho abbastanza! Ho bisogno di sbroccare!
Da qualche tempo (su per giù da quando si è insediato questo tipo di governi degli ultimi tempi), si è instaurata, subdolamente e surrettiziamente all’esordio, poi con frequenza dilagante e urtante, la moda delle rievocazioni.
Non passa giorno che ci viene proposta dal mondo dell’informazione, a cura di solerti giornalistini, evidentemente su incarico di dirigenti a loro volta ispirati da esponenti politici, una serie interminabile ma puntuale di ricorrenze, di anniversari di nascite o di morti, di giorni del ricordo, della memoria, riesumazioni di personaggi e rievocazioni di avvenimenti passati, con una assiduità sospetta e inconsueta.
D’accordo, lo si è sempre fatto: è persino doveroso e giusto che certe ricorrenze di fatti importanti e reminiscenze di personaggi illustri della storia patria non vengano trascurate, ma è oltremodo irritante, almeno per me, l’insistenza e l’improntitudine con cui ci vengono riproposti fatti e personaggi passati, come santi laici e celebrazioni del calendario. Per inciso, sanctus è il participio passato del verbo latino sancire, che vuol dire, come in Italiano, stabilire, fissare, dichiarare, decretare, disporre, imporre, legiferare, promulgare, statuire, approvare, confermare, convalidare, ratificare, consacrare ( quanti sinonimi, e quante diverse sfumature, di una parola o di un verbo esistono nella nostra lingua! Forse troppi! ). Il calendario contiene date e ricorrenze che devono essere ricordate, rispettate e festeggiate: scandiscono lo scorrere del tempo della convivenza civile, secondo partecipazioni collettive abitudinarie e convenzionali. E contiene anche centinaia di personaggi della storia religiosa cristiana cattolica che, in un modo o in un altro, si sono distinti meritoriamente nell’ esemplificare questa appartenenza e professione di fede. Alla stregua del calendario devozionale, vogliono forse istituire un calendario laico e secolare?
Ad essere rievocati non sono poi avvenimenti di eccezionale importanza della nostra storia passata, recente o lontana, o personaggi di grande rilievo dell’arte, della politica, della scienza e quant’altro. Vengono riesumati accadimenti, solo di un certo tipo e con una certa partigianeria, anche poco significativi, ma che, giornalisticamente e, vivaddio, anche politicamente, fanno gioco. E personaggi, positivi o negativi, paradigmatici di una ben definita appartenenza. Questo, che si sta instaurando, è un clima autocelebrativo che mi piace poco. Mi chiedo dove stia la regia occulta di questa “atmosfera”: costruire un sancta sanctorum leggendario. Forse lo posso immaginare. Ma si ricordi sempre che la leggenda penetra solo laddove i valori che vuole esaltare sono accettati dalla comunità a cui li si presenta. E che rievocare ossessivamente gli esempi del passato significa solo non aver fiducia nei valori del presente né, tanto meno, in quelli del futuro. In certe stanza dei bottoni, qualche studioso di sociologia si è accorto che stanno venendo meno i principi e i valori statuali e statali, insomma, nazionali. Appellarsi a quei principi fondanti di valori “tradizionali” è giusto, ma deleterio quando questa diventa l’unica matrice di comunicazione. Ci dovrebbe sorreggere, al contempo, lo spirito critico, la cultura dell’attualità creativa e l’attivismo innovativo che vedo, purtroppo, mancare alle generazioni che si affacciano alla storia di questo paese. Altro che partiti progressisti!
Un’ultima considerazione. Un popolo, una nazione, una comunità sociale e civile che indulgono così spesso in questa pratica di tentare di insediare su qualche piedistallo degli “eroi” del passato e di “mitizzare”, con spicciola disinvoltura, fatti o personaggi anche di secondaria importanza, e perfino negativi, sono dei perdenti.
Ricordiamo insieme certi personaggi della storia di Roma, come Attilio Regolo e Muzio Scevola, che fin dalle scuole elementari, ci venivano additati come esempi di coraggio e di abnegazione, per la salvezza del bene comune. Tito Livio ci dice: “facere et pati fortia Romanum est” ossia, “L’operare e il soffrire da forte è degno di un Romano”. Ebbene, anziché essere degli eroi positivi della storia patria, essi sono il simbolo di sconfitte militari: pur di non ammettere che le sorti dei conflitti non erano state favorevoli, si sono “mitizzati” dei personaggi sacrificali e salvifici che, in realtà, sono morti e hanno fallito e perduto.
Tecnica vecchia, quella di “celebrare” la sconfitta!

Numero2174.

 

AHI, AHI,  AHI!

 

Secondo Zingaretti,

che si è dimesso,

Il PD sarebbe un partito

di cui vergognarsi.

 

Secondo Letta,

che gli è subentrato:

“Non vi è nulla

di più sovversivo

della verità.

E io ve la dico: ….

…. Tante maschere,

e pochi volti.”.

 

Ci hanno fatto proprio un bel quadretto!

Numero2161.

 

Leggo oggi, 2 marzo 2021, sul FATTO QUOTIDIANO:

“…. la tutela dell’ambiente, l’importanza dell’etica pubblica e della lotta alla corruzione, il contrasto delle diseguaglianze di genere, intergenerazionali, territoriali, la lotta contro le rendite di posizione e i privilegi, la più ampia partecipazione dei cittadini alla vita democratica attraverso il rafforzamento degli istituti di democrazia diretta”.

Che cos’è? Il libro dei sogni?
No, sarebbe, invece, l’enunciazione spicciola di quelli che dovrebbero essere i principi fondanti, i pilastri istituzionali del “neonato” PARTITO 5 STELLE a guida Giuseppe Conte, ispirato da un guru della comicità che ben conosciamo.

Ci sono i professionisti della politica e i …. dilettanti. Cioè coloro che se ne occupano per diletto. Certo che il canto delle sirene è sempre suadente. Ma l’Italia non è mai stata il terreno fertile di un orticello dove piantare con successo delle buone verdure. Anche se i semi sono di buona qualità, l’ambiente di crescita e sviluppo non fa presagire niente di buono. Staremo a vedere.

Numero2154.

 

T U R I S M O   S C I I S T I C O

 

Alla vigilia della riapertura degli impianti sciistici delle località turistiche di montagna, innevate addirittura in modo sovrabbondante e ferme dall’anno scorso, è intervenuta, a sorpresa e accolta da disappunto e proteste, la delibera del Ministro Speranza (Ministro della Sanità riconfermato da Draghi dopo l’ esperienza nel Governo Conte 2), che rinviava ancora il via agli impianti a dopo il 5 di Marzo.
Potrebbe comparire su qualche cartello di protesta di impiantisti, albergatori, commercianti ecc. del comparto sciistico:
NON  TOGLIETECI  LA  SPERANZA.
TOGLIETECI  SPERANZA.

Numero2153.

 

E R R A T A   C O R R I G E

 

Se vi prendete la briga di andare a leggere il Numero1982., resterete sorpresi di constatare che il Governo di Draghi ha proprio corretto il tiro. Infatti, in quel Numero1982, vengono elencati i nomi dei Ministri del Governo Conte 2 e le loro provenienze: quasi tutti meridionali.

Invece, questo Governo Draghi annovera fra i suoi componenti, ben il 75% di provenienza settentrionale.
Lo hanno chiamato “Governo dei Migliori”. Staremo a vedere.

Numero2152.

 

A S S E M B R A M E N T I

 

Giuseppe Conte, con il suo Ministro della Sanità Speranza, ci ha martoriato emanando una sfilza di D.P.C.M. che avevano come scopo principale quello di evitare o, almeno, scoraggiare gli “assembramenti”, per il contenimento dell’emergenza CORONAVIRUS.
Ironia della sorte: proprio un “assembramento” politico mai visto (cani, gatti, porci, galletti, asini, oche, galline e chi più ne ha più ne metta), condotto da un appartenente alla stirpe dei “Draghi” è riuscito a scalzare di sella lui e il “faccendiere” Casalino, il suo “Pier delle Vigne”.

N.d.R. : chi era Pier delle Vigne? Era il “factotum” dell’Imperatore Federico II di Svevia. Siamo nel XIII Secolo.

 

Io son colui che tenni ambo le chiavi

del cor di Federigo, e che le volsi,

serrando e disserrando sì soavi

che dal secreto suo quasi ogn’uom tolsi.

 

Dante –  DIVINA COMMEDIA   Inferno XIII.

 

Ecco perché Giuseppe Conte aborriva gli “assembramenti”.

Numero2151.

 

C I N C I N N A T O

 

Vediamo: vi ricordate chi era Cincinnato? Anche alle scuole elementari, fra le notizie di Storia Patria, viene menzionato questo personaggio.
Siamo verso il 450 avanti Cristo. Roma è impegnata in un duro conflitto contro gli Equi e sta soccombendo. La situazione sta precipitando a causa della cattiva conduzione della guerra. La popolazione sollecita la nomina di un condottiero, di un leader che possa, con la propria saggezza e perspicacia, specialmente di carattere pratico, portare fuori dai pericoli e metter in sicurezza la città.
Viene fatto un nome, Lucio Quinzio (appartenente alla Gens Quinctia, uno dei gruppi tribali che furono presenti alla fondazione della città, circa 300 anni prima). Costui ha un soprannome, un epiteto esornativo, un appellativo o nomignolo, chiamatelo come volete: “Cincinnato” che vuol dire “riccioluto”. Lui è persona saggia e responsabile, ben visto e considerato da tutti coloro che lo conoscono. Non è un politico o un funzionario della amministrazione della “res publica”, è semplicemente un contadino. Una delegazione di cittadini, che si reca in missione alla sua dimora per contattarlo, lo trova mentre sta arando il suo campo. Gli viene fatta la proposta di prendere il comando della città e del suo esercito per affrontare la guerra in corso. Dopo aver prestato buon servizio alla causa comune, in qualità di Console, viene in seguito richiamato per ricevere la nomina di “dictator” o “conductor” per le più incombenti minacce belliche. In tale veste mostra tutta la sua sagacia ed esperienza e, pur sottoponendo la città ad una serie di sacrifici e privazioni, riesce a vincere la guerra e a portare Roma ad un periodo di pace e prosperità. Dopo di che egli, con molta modestia e semplicità, si ritira nel suo campicello e nel suo podere e continua a fare il suo lavoro di sempre. Dopo alcuni decenni, aveva allora più di 80 anni, i cittadini romani, memori della buona riuscita della cooptazione precedente, lo richiamarono ad affrontare un’altra situazione d’emergenza. Anche allora il buon “Cincinnato” non si sottrasse all’impegno per il bene della patria e prestò le sua opera per risolvere l’impiccio.
Giuseppe Conte mi ha fatto ricordare la figura di “Cincinnato”.

Numero2146.

 

S T A L L O  (genere maschile di STALLA?)  D E L L A   P O L I T I C A

 

Mattarella, sconcertato e allibito per la situazione politica, dimostra tutta la sua vergogna apponendosi una foglia di …. Fico, per nascondere le “pudenda“, che sarebbero “le cose di cui vergognarsi”, ovvero le parti basse, leggi le bassezze della classe politica.

E Renzi che farà? Mangerà …. la foglia?

Numero2137.

Un articolo de IL  FATTO  QUOTIDIANO

di Thomas Mackinson     10 Novembre 2020.

 

S T I P E N D I   P A R L A M E N T A R I

 

“Non sono mica i più alti d’Europa, giù le mani dai nostri stipendi!”. Basta accennare al taglio, che i parlamentari italiani protestano, anche quando il Parlamento viaggia a ranghi ridotti e a far sacrifici sono soprattutto i cittadini. Il bello però è che hanno ragione. Le loro retribuzioni non sono le più alte d’Europa, bensì del mondo intero: i deputati e senatori eletti a Roma guadagnano in media 40mila euro più degli omologhi tedeschi, 56mila euro più dei francesi, il doppio esatto dei lord inglesi e dieci volte più degli ungheresi. A mostrarglielo una volta per tutte, con tanto di tabelle, stavolta è proprio l’Europa. Il grafico che inchioda gli eletti più ricchi del Globo è contenuto all’interno di un rapporto sul sistema previdenziale del Parlamento Europeo in discussione a Bruxelles. Il fattoquotidiano.it lo ha potuto leggere in anteprima e non c’è dubbio: gli occhi degli eurodeputati saranno puntati spesso sui colleghi italiani.

Lo studio, 213 pagine appendici comprese, è stato richiesto dalla Commissione per il controllo dei bilanci perché anche a Bruxelles la spesa per le onorevoli pensioni è un fardello pesante. Proprio per verificare come e dove corra, gli analisti hanno comparato i trattamenti erogati negli anni dal Parlamento Europeo a quelli concessi dai singoli Stati ai loro eletti. Nel 2019, si legge, le pensioni degli ex eurodeputati sono costate complessivamente 15 milioni di euro, ma tanto o poco che sia, la ciccia viene dopo: a pagina 48 vengono comparati i livelli retributivi degli eletti in tutto il mondo che sono stati utilizzati nel 2009, quando si trattò di stabilire la quota contributiva e quella a carico del bilancio dell’Unione. Ed ecco la tabella che certifica come l’Italia, quanto a onorevoli stipendi, primeggi nel mondo. E – ripetiamo – non da oggi, ma da almeno 11 anni.

Dal grafico emerge una realtà incontrovertibile: con oltre 140mila euro di “salario” gli eletti in Italia sono i meglio pagati al mondo, meglio degli omologhi tedeschi che si fermano a 90mila euro. Ma dietro ancora ci sono gli eletti a Parigi, che prendono 84mila euro, in linea con la media dei deputati europei, poi gli inglesi (70mila euro) . Un deputato di Madrid potrebbe guardare in cagnesco il collega di Roma che per lo stesso mestiere viene pagato il 400% in più. Tutti i colleghi europei guadagnano meno degli onorevoli italiani, ma non solo. Perfino gli americani. I festeggiamenti non si fermeranno certo per questo ma, dopo il trionfo di Biden, qualcuno tra i 535 neoeletti negli Stati Uniti potrebbe farsi delle domande. Chiedersi perché mai chi viene eletto in un Paese 30 volte più piccolo e con un quinto degli abitanti prenda 35mila euro in più l’anno.

Numero2123.

 

G R E G G E   D I   P E C O R E

 

Stamattina, andando in macchina al Tennis Club di Martignacco, sono passato sul cavalcavia della tangenziale, subito dopo Arteni. Quando ero sul punto più alto del tracciato stradale, ho guardato in basso ed ho visto uno sterminato gregge di pecore che pascolava nei prati sottostanti.
Ho pensato: ecco, così siamo noi, popolo Italiano, un gregge di pecore guidato da pastori che non sanno dove andare.

Un’ora più tardi mi è capitato sul telefonino un messaggio che sta diventando virale.
Io, fra me e me, l’ho intitolato:

CARTA E MONETA (variante italiana MONATA)

Eccolo:

 

Supermercato:
Signora sessantenne alla cassiera.
: voi non avete il programma cashback ?!
: no signora per volontà della proprietà noi non l’abbiamo attivato
: è uno scandalo, non verrò più qui a fare la spesa!

Vedendo il trambusto, si avvicina il proprietario.
: signora buongiorno, sono il proprietario, posso aiutarla in qualche modo ?
: la vostra dipendente mi ha impedito di usare il cashback; se lo sapevo non venivo neanche.
: no signora, non dipende dalla cassiera, ma da me. Il criminale sono io. Sono io che ho rifiutato di installarlo. Ma non si preoccupi, le faccio io un buono spesa del 10% sulla sua spesa di oggi.
La signora rimane interdetta
: ma perché non l’ha fatto installare ?!

Perché vede, cara signora, in Italia ci sono, con certezza, almeno sette milioni di coglioni. E la cosa preoccupante è che il numero è destinato a salire…

Circa 7 milioni di italiani hanno scaricato, ad oggi, la app per partecipare al cashback degli scontrini con annessa Lotteria di Stato.

Degli ignoranti, innanzitutto perché credono davvero che questa sia una alzata d’ingegno dei soliti politici mediocri per rilanciare i consumi. Invece serve a tutt’altro…

La signora è incuriosita e perplessa.

Vede, per tutti gli acquisti fatti con bancomat o carta di credito dall’8 al 31 dicembre vi valutano il 10% della spesa come cashback per un totale massimo di 150.00€ . Ve li riaccreditano a febbraio. Non sapete però, che il rimborso massimo è di 15.00€ a transazione. Che voi spendiate quindi 1500.00€ o 150.00€ il rimborso sarà sempre 15.00€. Che nel caso di 1500.00€ non è il 10%. Bensì l’1%. Gli acquisti on-line non valgono, alcune carte di credito non valgono e per accedere al programma dovrete fare minimo 10 acquisti. Il che si traduce che per ottenere i famosi 150.00€ massimi di bonifico, dovrete spendere 1500.00€ in dieci transazioni da 150.00€ l’una. Voglio proprio vedere sette milioni di italiani che spendono 1500.00€ in dieci operazioni per fare regali. Sapete come finirà? Che userete il cashback soprattutto nei supermercati come i miei, e lo dico contro i miei interessi, per fare la spesa. Ingrassando solo le casse delle banche, che per ogni transazione vi preleveranno minimo 2.00€ di commissioni, intascando 20.00€ ad italiano, e le casse dei grandi gruppi di distribuzione organizzata che fatturano diverse centinaia di milioni di euro ogni anno. Altro che negozi di prossimità…

La signora cerca una scappatoia…
: guardi io ero contraria poi mi ha convinto mio marito che è più tecnologico.

Non è finita cara signora: dal 1 gennaio a chi avrà fatto almeno 50 transazioni con bancomat riconosceranno un ulteriore 10%, per un massimo di 300.00€ (compresi i 150.00€ di dicembre). Con 50 transazioni bancomat avrete speso certamente 100.00€. (N.d.R. : qui non capisco, ci deve essere un errore nel testo). Per farvene rimborsare 50.00 netti. Cioè una media di 0.1 centesimo di euro al giorno. Chi avrà ingrassato di più le banche potrà poi partecipare alla Lotteria degli Scontrini. Vincendo 1500€.

E per finire signora non le dicono che per adeguare le casse al cashback il negozio deve sostenere una spesa non detraibile compresa tra i 100€ ed i 350€. E non solo: io negozio ricevo il pagamento dopo 7 giorni dalla transazione. In quei sette giorni le banche guadagnano con la valuta virtuale e gli interessi al capitale.

: ma allora mio marito si è lasciato infinocchiare… stasera quando torna a casa gli dico che è stato proprio un cretino!

: signora non si preoccupi, lei prelevi al bancomat e paghi con i contanti. Poi mi mandi qua suo marito che facciamo un buono anche a lui!

Grazie per avermi spiegato tornerò sicuramente a fare la spesa usando il buono.

DIAMOCI UNA SVEGLIATA!!!
Riimpariamo a ragionare con la nostra testa e non come un gregge di pecore!!!

 

N.d.R. : questo messaggio ha interpretato perfettamente il mio pensiero, che ho espresso nella presentazione.