Numero1996.

 

L E   D O N N E   E   LA   C H I E S A

 

Il Cristianesimo, come il Giudaismo e l’Islamismo, è stato progettato per realizzare un altro punto fondamentale del Ordine del Giorno Rettiliano: la soppressione dell’energia femminile, cioè del legame intuitivo con i livelli superiori della nostra coscienza multidimensionale. Se sopprimi la tua energia femminile, la tua intuizione, spegni la tua coscienza superiore e finisci per essere dominato dalla coscienza inferiore.
Così facendo, non puoi accedere alla tua più elevata dimensione di amore, saggezza e conoscenza, e sei in balia di informazioni “manipolate” che ti bombardano occhi ed orecchie.
È questo il motivo per cui la Confraternita Babilonese ha cercato di creare un mondo in cui l’energia maschile fosse dominante, almeno a livello superficiale. L’atteggiamento che noi definiamo da “uomo macho” è quello tipico di una persona privata dell’energia femminile e, quindi, profondamente squilibrata.
Notate che, nel Credo Niceno di Costantino, non vi è alcun riferimento alle donne. Si dice che Dio si è incarnato in Gesù “per noi uomini e per la nostra salvezza”.
Il Cristianesimo fu una roccaforte maschile fin dalle sue fondamenta, creata per sopprimere  la riequilibrante  energia femminile. I padri fondatori della Chiesa, come Quinto Tertulliano, bandirono le donne dall’ufficio sacerdotale, proibendo loro persino di parlare in chiesa.
Fu solo al Concilio di Trento, nel 1545, che la Chiesa Cattolica decise ufficialmente che anche le donne avevano un’anima, e questa decisione fu presa con un margine di soli 3 voti!
I semi di questo dogma antifemminile tipico della Chiesa Cristiana si riscontrano anche in quello specchio del Cristianesimo che è lo Zoroastrismo, la setta del profeta (mitico Dio-Sole) Zoroastro.
Questa religione nacque, ancora una volta, in Persia, in una zona oggi appartenente alla Turchia, dove sorgono le montagne del Taurus e la città di San Paolo, Tarso.
(N.d.R. Si vede che, da quelle parti, era diffusa questa mentalità).
Zoroastro mostrava un violento atteggiamento misogino e affermava che “nessuna donna può entrare in Paradiso, eccetto quelle che si sottoponevano al controllo da parte dell’uomo e che consideravano Signori i loro mariti“.
Quest’intera filosofia è quasi una ripetizione letterale del Brahamanesimo, l’orrendo credo induista introdotto in India dagli Ariani molti secoli prima.
San Paolo continuò ad attuare il suo piano ostile alle donne, in conformità con i dettami Cristiani, aprendo la strada alla tremenda persecuzione delle donne che si consumò nei quasi duemila anni successivi.
Tra le perle di San Paolo si legge:

“Mogli, sottomettetevi ai vostri mariti, poiché il marito è il capo della moglie, come Cristo è capo della Chiesa. Ora, se la Chiesa si sottomette a Cristo, allo stesso modo le mogli si devono sottomettere, in ogni cosa, al marito“.
(N.d.R.   Cristo non era il capo di nessuna Chiesa. È stato proprio Paolo di Tarso a fondare la Chiesa Cristiana, ma non aveva il mitico carisma di Cristo. Inoltre trovo il parallelismo del tutto fuori luogo, capzioso e arrogante).

E:

“Non tollero né che una moglie educhi, né che usurpi l’autorità dell’uomo, ma solo che resti in silenzio”.

Sant’ Agostino di Ippona, come la maggior parte dei personaggi della Chiesa, proveniva dall’Africa del Nord.
Da giovane nutrì insaziabili voglie sessuali, ma, all’età di 31 anni, dopo la presunta conversione al Cristianesimo, cambiò drasticamente condotta di vita e decise che il sesso era una cosa orrenda. Sapete, un po’ come fanno i fumatori quando smettono. Non permetteva a nessuna donna di entrare in casa sua se non accompagnata, e questo valeva persino per sua sorella. Ma non riuscì ad escogitare un modo alternativo di procreare, per cui fu costretto ad accettare il sesso, per evitare l’estinzione dell’umanità.
Tuttavia, insistette sul fatto che, per nessuna ragione, esso dovesse essere una fonte di piacere.
Io ci ho provato, ma non funziona.
Ma questa era l’idea della sessualità che aveva Agostino:

“I mariti amino le loro mogli, ma le amino castamente. Indugino nella carne solo nella misura in cui ciò è necessario per la procreazione dei figli. Dal momento che non è possibile generare figli in alcun altro modo, dovete abbassarvi a ciò contro la vostra volontà, poiché questo è  il castigo di Adamo”.

Queste posizioni portarono, per gradi, all’imposizione del celibato al clero da parte di Papa Gregorio VII nel 1074.
Esatto, oggi nella Chiesa Cattolica i sacerdoti sono celibi perché questo è quello che ha deciso un Papa un migliaio di anni fa, e un’infinità di bambini, violentati da uomini di Chiesa, frustrati e squilibrati, ne hanno pagato le conseguenze.
Agostino collegava il sesso al peccato originale, all’idea, cioè, che nasciamo tutti peccatori, poiché discendiamo da Adamo ed Eva. Gesù, secondo la sua teoria, fu l’unico a nascere senza peccato originale, poiché fu concepito da una vergine.

Miliardi di persone sono state controllate e manipolate in questo modo, poiché il Credo Cristiano ha insinuato la paura, il senso di colpa e la violenza nel profondo dello spirito umano.
A dire il vero, anch’io credo nel peccato originale. Alcuni dei miei “peccati” sono stati molto originali.
Se dovete proprio peccare, fatelo in modo originale, questo è ciò che vi dico.

David  Icke         Il segreto più nascosto.

 

N.d.R.    Mi piacerebbe raccogliere qualche commento da parte delle rappresentanti del gentil sesso.

Numero1745.

I  DIECI  COMANDAMENTI

Versione diffusa nel contesto cattolico.

Sebbene l’originale ebraico compaia nelle Bibbie cristiane, in ambito cattolico ne esistono diverse versioni, tra le quali una ridotta, il cui scopo è quello di facilitare la memorizzazione per il destinatario della catechesi. La più diffusa è la seguente:

Ascolta Israele! Io sono il Signore Dio tuo:

  1. Non avrai altro Dio all’infuori di me.
  2. Non nominare il nome di Dio invano.
  3. Ricordati di santificare le feste.
  4. Onora il padre e la madre.
  5. Non uccidere.
  6. Non commettere atti impuri.
  7. Non rubare.
  8. Non dire falsa testimonianza.
  9. Non desiderare la donna d’altri.
  10. Non desiderare la roba d’altri.

Pochi, tranne gli addetti ai lavori, sanno che questa versione, sintetizzata e semplificata, proviene da due elencazioni bibliche contenute in “Esodo” e in “Deuteronomio”, che sono, anch’esse, leggermente diverse tra loro. Il testo di entrambe, sostanzialmente coincidente, è però significativamente più lungo e più ampio di quello Cristiano Cattolico, con un numero di articoli che sono ben più di dieci e con una esposizione ben più prolissa e dettagliata.

Ad esempio, a corollario del Comandamento 1, nel testo dell’Esodo si legge:
Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra.

Vorrei che qualcuno spiegasse questo passaggio, che non compare nel testo Cattolico.
E, ancora, di seguito si legge:
Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai (gli idoli). Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. 

A voi piace questo “Dio geloso”, e punitivo, come lui stesso si definisce? A me, assai poco.

In riferimento al Comandamento 2, nell’Esodo si legge:
Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Scusatemi, ma io non capisco cosa c’è di male a pronunciare il nome di un Dio (nelle preghiere e nelle invocazioni è lecito). “Invano” si riferisce forse alle imprecazioni o alle bestemmie? O, forse, a una mancanza di rispetto? Boh!

Per il Comandamento 3, si legge nell’Esodo:

Ricordati del giorno di sabato per santificarlo:
sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro.

Spiegatemi, per cortesia, perché, per noi, il giorno di festa è la Domenica (che vuol dire Giorno del Signore).
E poi, che cosa ci stavano a fare gli schiavi e le schiave nelle tribù Israelitiche, fuoriuscite dall’Egitto, perché, colà, esse stesse erano state schiave? Boh!

Il Comandamento 4 non ha bisogno di commenti.

Mentre, invece, il Comandamento 5 merita un duplice commento, a mio personale avviso.
Il divieto di uccidere risponde ad una “categoria” morale e mentale peculiarmente umana, dettata dal principio razionale, o ragionevole, della pacifica convivenza. Esso, infatti, non trova ospitalità nella “legge naturale”, che contempla il criterio della “legge della Giungla”,ossia la regola del “mors tua vita mea”. Questo, a premessa, per introdurre la seconda parte del mio commento.
Si leggano, per obiettività e serenità di giudizio, qua e là, le pagine, numerosissime, della Bibbia. Anche a caso. Si troveranno, ovunque, con una frequenza sorprendente, guerre, stragi, genocidi, stermini di popolazioni inermi, di donne vecchi, bambini, stupri di bambine, assoggettamenti in schiavitù, e tante altre nefandezze, ascrivibili proprio ai criteri del “mors tua, vita mea”.
A commetterli erano esattamente gli Ebrei delle tribù, guidate da Mosè e successori, a cui sulle tavole del Decalogo era destinati i Comandamenti.
Alla faccia del Comandamento 5!

Il Comandamento 6, nel testo sintetico Cattolico, dice di “non commettere atti impuri”.
Invece, i testi della Bibbia Ebraica dell’Esodo e del Deuteronomio dicono di “non commettere adulterio”.
C’è, a ragion veduta, una bella differenza!

La proibizione di “commettere adulterio” si riferiva al mantenimento di un ordine morale, sociale e civile, all’interno di una tribù di Israele, dove si sapeva tutto di tutti, perché vivevano a contatto di gomito ed altissimo era il pericolo di rivalità e faide, provocate a causa di “sconfinamenti” sessuali.
Ma il testo Cattolico parla, genericamente, di “atti impuri”, estendendo così ad ogni manifestazione o pratica sessuale, anche in privato ( rapporti al di fuori del matrimonio, masturbazione ecc.), l’anatema del Dio dall’alto dei cieli. Boh!

Sui Comandamenti 7 ed 8, non c’è niente da dire. Sono ovvietà contemplate in ogni ordinamento legislativo civile.

I Comandamenti 9  e 10 riguardano “desideri”.
Nel testo Cattolico sono sdoppiati gli argomenti di un solo pronunciamento, ad esempio, del Deuteronomio (quello dell’Esodo è quasi uguale) che dice:
Non desiderare la moglie del tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo.

A parte il bue e l’asino, che sono retaggio di pagine “bibliche” pastorali, si ripete, anche qui, la citazione degli schiavi come oggetto di possesso e di proprietà. Di certo non potevano essere schiavi Ebrei, ma gente catturata nelle sanguinose campagne belliche di questo feroce “Popolo di Dio”.

A proposito, quello che le traduzioni bibliche Cattoliche chiamano Dio, si riferisce a YAHWEH, che non era un Dio ma un ELOHIM.
Mi limito a rimandare la trattazione di questo argomento ai filmati numerosissimi, reperibili su YOU TUBE, sulle conferenze e sui testi di Mauro Biglino, un vero “guru” di questo eclatante, ma fondamentale, equivoco storico. (Invito a leggere il numero 1744 seguente)

Numero1621.

Ci sono delle tentazioni a cui

è, davvero, un peccato resistere.

Ci sono quelle di tipo sessuale

e quelle di tipo alimentare.

Sono, entrambe, molto allettanti.

Esse sono, tuttavia e, per sfortuna,

fra loro inversamente proporzionali.

L’interesse per gli eccessi a tavola

è antitetico ai successi a letto.

Mentre la pratica sessuale assidua

è un buon coadiuvante nella “dieta”

e per un buon equilibrio psicofisico.

Non dirò quale delle due preferisco.

Per il vero, come dice “Faber” De André:

“Si sa che la gente dà buoni consigli

se non può più dare cattivo esempio”.

Numero252.

 

L ‘ U C C E L L E T T O   I N   C H I E S A.

 

 

Poesia popolare erroneamente attribuita a Trilussa, ma scritta da un suo contemporaneo semisconosciuto, tale Natale Polci.

Ne esistono varie versioni.
Di quella originale è famosa la recita di Andrea Bocelli.
Eccola.

 

Era d’agosto e un povero uccelletto,
ferito dalla fionda di un maschietto,
andò, per riposare l’ala offesa,
sulla finestra aperta di una chiesa.

Dalle tendine del confessionale,
il parroco intravvide l’animale,
ma, pressato dal ministero urgente,
rimase intento a confessar la gente.

Mentre, in ginocchi alcuni, altri a sedere
dicevano i fedeli le preghiere,
una donna, notato l’uccelletto,
lo prese al caldo e se lo mise al petto.

D’un tratto un cinguettio:  a quel rumore,
il prete smise di fare il confessore
e, scuro in viso, peggio della pece,
s’arrampicò sul pulpito e poi fece:

“Fratelli, chi ha l’uccello, per favore,
esca fuori dal tempio del signore”.
I maschi, un po’ sorpresi a tal parole,
si accinsero ad alzar le suole.

Ma il prete, a quell’errore madornale,
“Fermi – gridò – mi sono espresso male!
Rientrate tutti e statemi a sentire:
solo chi ha preso l’uccello deve uscire”.

A testa bassa e la corona in mano,
cento donne si alzarono pian piano.
Ma mentre se ne andavan, ecco allora
che il parroco gridò: “Sbagliate ancora!”.

“Rientrate tutte quante, figlie amate,
io non volevo dir quel che pensate,
ma, mi rivolgo, non ci sia sorpresa,
solo a chi l’uccello ha preso in chiesa”.

Finì la frase e, nello stesso istante,
le monache s’alzaron tutte quante
e, con il volto pieno di rossore,
lasciavano la casa del Signore.

“O, Santa Vergine!” esclamò il buon prete,
“fatemi Voi la grazia, se potete”.
“Poi – dico – senza far rumore, piano piano,
s’alzi soltanto chi ha l’uccello in mano”.

Una ragazza che, col fidanzato,
s’era messa in un angolo appartato,
sommessa mormorò col viso smorto:
“Che ti dicevo, hai visto, se n’è accorto!”.

 

Io presento questa (parte 1), semplificata, riveduta, corretta e integrata.
Seguirà una parte 2 a commento e corollario.

 

P A R T E   1

 

Era d’Agosto e un povero uccelletto,
ferito dalla fionda di un maschietto,
si rifugiò, per riposare l’ala offesa,
nell’interno affollato di una chiesa.

Dalle tendine del confessionale,
il parroco intravvide l’animale,
ma, preso dal ministero urgente,
continuò a confessar la gente.

Mentre i fedeli stavano a sedere,
intenti a recitare le preghiere,
una donna, notato l’uccelletto,
lo prese e se lo mise dentro al petto.

D’un tratto, nel silenzio, un cinguettio:
cip cip cip cip, pio pio pio.
Ci fu allora, qua e là, qualche risata,
ma il prete, vista la mala parata,

indispettito da un tale rumore,
smise tosto di fare il confessore
e, col volto scuro come la pece,
s’arrampicò sul pulpito e poi fece:

“Fratelli, chi ha l’uccello, per favore,
abbandoni la casa del Signore”.
I maschi, un po’ sorpresi a tal parole,
lenti e perplessi alzarono le suole.

Ma il prete, a quell’errore madornale,
“Fermi – gridò – mi sono espresso male!
Tornate indietro e statemi a sentire:
solo chi ha preso l’uccello deve uscire !”

A testa bassa e la corona in mano,
le donne tutte uscirono pian piano.
Ma, mentre andavan fuori, ecco allora
che il parroco gridò: “Sbagliate ancora!

Per l’amor del cielo, dove andate?
Io non volevo dir quel che pensate!
Dico, invece, e non vi sia sorpresa,
che mi rivolgo a chi l’ha preso in chiesa !”

A capo chino e nello stesso istante
le monache si alzaron tutte quante
e, con il volto pieno di rossore,
lasciarono il tempio del Signore.

“Per tutti i santi, no ! -gridò il prete-
Sorelle, rientrate e state quiete.
Convien finire, fratelli peccatori,
l’equivoco e la serie degli errori :

esca soltanto chi è così villano
da stare in chiesa con l’uccello in mano”.
Una ragazza, col suo fidanzato,
nascosta in un angolo appartato

di una cappelletta laterale,
poco mancò che si sentisse male
e, con il volto pallido e smorto,
disse: “Ecco, lo sapevo, se n’è accorto !”

 

(Quel che segue è un’appendice….. personale).

 

Ecco, qui finirebbe questa storia,
ma tutti i salmi finiscono in gloria.
Magari non noterete il distacco,
ma ciò che segue è farina del mio sacco.

Ammainò la bandiera mestamente
quel fidanzato: non se ne fece niente.
Però, per rincarare un po’ la dose,
voglio parlare ancora di morose.

In veste di giullare narratore,
pur nel rispetto del tempio del Signore,
per partecipare allo scherzo pure io,
ho pensato di metterci del mio.

Ho creato un’aggiunta birichina
con una licenziosa battutina,
però, per arrivare a conclusione,
serve la vostra collaborazione.

Completate la frase prontamente
con quello che vi viene in mente,
così, la storia sarà più scherzosa
e la risata ancor più fragorosa.                         

Riprendendo da lì dove finiva
il testo, con la battuta conclusiva,
ho integrato la trama originale
con queste due strofe per il finale:

Ma in un angolo ancora più appartato,
un’altra ragazza col fidanzato,
fregandosene di trovarsi in chiesa,
non se ne diede affatto per intesa:

“la bocca sollevò dal fiero pasto”,
e col poco fiato che le era rimasto:
“Non se n’è accorto-disse-io non son sciocca,
perché l’uccello, io lo tengo in….. (bocca !)”.

 

P A R T E   2

 

Ma quale fine ha fatto l’uccellino,
dopo aver provocato quel casino?
La donna, vedova, viveva sola.
“Lo tengo con me, così mi consola”

disse, perciò a casa sua se lo portò,
lo nutrì e poi la ferita gli curò.
Fu libero di volare per la casa
che dal suo lieto canto venne invasa.

Morale della storia, brava gente:
con sé, ciascuno, sia più indulgente,
perché, se far l’amore è peccato,
dalla natura è presto perdonato.

Se far l’amore piace, tuttavia,
fatelo, almeno, senza ipocrisia,
così che ogni figlio sarà nato
dall’amore e non certo dal peccato.

Ma voglio dire, prima che ci caschi,
a ognuno dei miei colleghi maschi,
che ogni uccello, chiuso in una gabbia,
presto o tardi, morirà di rabbia.

E, per finire coi titoli di coda,
visto anche che, adesso, va di moda,
dico alle donne : “Fate una bella cosa!
Sopra la parte del corpo più pelosa,

sarà opportuno che vi tatuate :
Lasciate ogne violenza, voi ch’intrate.
Così, al padre Dante fate il verso
ed il bel gioco sarà assai diverso,

ché quella porta è, a mio avviso,
non dell’inferno ma del paradiso
e pur, senza meritar l’assoluzione,
godiamo, almeno, la soddisfazione”.

Numero1012.

 

S E N Z A   T I T O L O      ( lo troverai all’ultimo verso)              Tormentone satirico.

 

Ma perché un uomo, sin da quando è nato,

deve trovarsi addosso, come appiccicato,

un marchio di vergogna, di cui è accusato,

che, ahinoi, “originale” viene chiamato?

Nessun altro essere vivente del creato

di una tale ignominia viene tacciato

da madre natura o, men che mai, dal fato.

E’ come un frutto che nasce già bacato

da un codice etico-genetico modificato

e, nella corsa della vita, parte handicappato.

Neanche se fosse autore di un torbido reato

o commettesse un delitto turpe ed efferato,

non sarebbe così prontamente incriminato.

Povero uomo, imputato, criticato, denigrato,

perseguitato, deplorato, martoriato, dileggiato,

processato senza assistenza di un avvocato,

senza il beneficio di appello condannato,

diffamato, isolato, disperato, umiliato,

con sottili livore e ipocrisia massacrato.

Ma cosa mai l’uomo avrebbe inventato

contro se stesso, come può essersi dannato?

Perché così ferocemente si è evirato?

Certi uomini, falsi e perversi, hanno pensato

che, così com’era, era fin troppo fortunato:

doveva essere opportunamente bastonato.

Allora, una sorta di sudditanza hanno creato

perché essere inferiore fosse considerato,

tutt’altro che angelico, bensì indiavolato

e da una “autorità divina” fosse castigato,

affinché, proprio a se stessi, fosse delegato

il potere fasullo di passarlo in giudicato.

Ed è così che l’uomo è stato etichettato

con la vergogna della colpa di esser nato.

Di quale colpa, chiederete, vi ho parlato?

Lo sapete tutti, non è altro che IL PECCATO!

 

18 Febbraio 2016