Mi sono vergognato
di me stesso, quando
ho capito che la vita
è una festa in maschera,
e io vi ho partecipato
con la mia vera faccia.
Franz Kafka
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
Mi sono vergognato
di me stesso, quando
ho capito che la vita
è una festa in maschera,
e io vi ho partecipato
con la mia vera faccia.
Franz Kafka
Indice dei contenuti
Tore Kesicki, psicologo, mental coach e volto noto di TikTok, ha acceso il dibattito con un video diventato virale in poche ore.
In un video di 2 minuti, ha elencato nove aspetti della propria vita che andrebbero tenuti segreti.
Nessuna eccezione.
Nemmeno per il migliore amico, nemmeno per la persona amata e – a suo dire – nemmeno ai genitori.
Secondo lui, certe cose vanno custodite gelosamente, per evitare delusioni, giudizi o – peggio ancora – sabotaggi.
Le sue parole hanno raccolto centinaia di migliaia di visualizzazioni, ma anche commenti contrastanti.
C’è chi lo considera troppo diffidente, quasi cinico.
Ma molti utenti, soprattutto adulti, hanno ammesso di rivedersi in quelle riflessioni.
Un commento molto apprezzato dice tutto: “Ieri ho detto troppo di me stesso a una persona e me ne sono già pentito”.
Kesicki è diretto: “Quando condividi i tuoi sogni, qualcosa si inceppa”.
Secondo lui, raccontare i propri obiettivi prima di averli raggiunti può bloccare il processo.
Come se le parole togliessero energia al progetto.
Ma c’è di più. Una volta rivelato un sogno, entrano in gioco dinamiche esterne, aspettative, pressioni e – soprattutto – giudizi non richiesti.
Finché un obiettivo non è realtà, tenerlo per sé potrebbe proteggerlo. Anche dalle influenze negative delle persone più vicine.
Uno dei passaggi più forti del video riguarda la sfera economica.
Kesicki racconta: “A 22 anni guadagnavo più di mio padre. Gliel’ho detto e ho visto la gelosia nei suoi occhi. Non lo dimenticherò mai”.
Non tutti riescono a gioire per il successo altrui.
Parlare apertamente di soldi, stipendi o patrimoni personali può generare disagio, invidia o competizione, anche nei rapporti più stretti.
In un mondo che tende a misurare il valore personale in base al conto in banca, meglio evitare dettagli superflui.
“Le tue debolezze possono diventare armi nelle mani sbagliate”, avverte Kesicki.
Confidare fragilità emotive, paure o limiti a qualcuno può sembrare un gesto di fiducia. Ma è anche un rischio.
Oggi si è amici, domani magari no.
E quello che un tempo era uno sfogo intimo, può trasformarsi in un punto debole esposto.
Vale anche per i problemi familiari: “Magari tu li vivi come gravi, ma per altri sono sciocchezze. E ti giudicano”.
Non tutto va raccontato, perché non tutti hanno la sensibilità per capirlo o il rispetto per custodirlo.
“Molte persone non hanno piani per il futuro. Se racconti i tuoi, li fai sentire inadeguati”, spiega Kesicki.
Parlare della propria prossima “mossa” – un cambio di lavoro, un lungo viaggio, un trasferimento, un progetto ambizioso – può accendere meccanismi di invidia in chi si sente fermo o insoddisfatto.
Non tutti saranno felici dei tuoi traguardi.
Per alcuni, il tuo entusiasmo è un fastidio. E lo mostrano con frecciatine, disinteresse o sabotaggi sottili.
Meglio coltivare i progetti in silenzio, almeno finché non si concretizzano.
Un altro tema delicato toccato dallo psicologo riguarda la fiducia.
“Oggi il partner può diventare il tuo peggior nemico nel giro di un secondo”, afferma senza mezzi termini.
Non è paranoia, dice: è esperienza. Troppe storie finite con rancori e tradimenti partiti da una confidenza sbagliata.
Vale per i segreti personali, ma anche per la vita privata: dettagli intimi, storie passate, dinamiche familiari.
“Non dirlo a nessuno. Se oggi ti fidi, domani potresti pentirtene”.
E poi c’è la questione dei beni materiali: “Se hai una barca, un’auto o un elicottero, non dirlo. Anche lì scatta la gelosia. Pensi che tutti siano felici per te? Non è così”.
A volte basta un dettaglio per cambiare lo sguardo di qualcuno su di te.
Infine, un consiglio che Kesicki definisce personale: non condividere gli atti di gentilezza.
Nessuna foto, nessun post, nessun racconto autocelebrativo.
“Fallo per te stesso. Non per vantarti. La bontà vera è silenziosa”.
In un’epoca in cui tutto viene documentato e condiviso, questo suggerimento suona quasi rivoluzionario.
Forse perché tocca una verità più profonda: non tutto deve diventare condiviso.
Alcune cose, forse le più preziose, meritano di restare solo nostre.
Il video di Tore Kesicki ha ricevuto migliaia di commenti.
Alcuni utenti lo definiscono esagerato, pessimista, incapace di fidarsi. Ma c’è anche chi lo appoggia:
“Con l’età, aumentano le delusioni. E diminuisce la voglia di aprirsi con chiunque”, scrive una donna di 47 anni.
Altri ammettono di aver imparato la lezione a proprie spese.
Il contenuto, per quanto semplice, ha toccato un nervo scoperto: quanto possiamo davvero fidarci degli altri?
Quanto raccontare di noi stessi ci espone a rischi invisibili?
E soprattutto: siamo davvero sicuri che chi ci ascolta voglia il nostro bene?
C O N T R O L L O D E L L E C O S C I E N Z E A T T R A V E R S O L A R E P R E S S I O N E S E S S U A L E
È quello che ha messo in atto la Chiesa per molti secoli fino ai giorni nostri.
La repressione sessuale sistematica crea dipendenza psicologica.
Perfino i preti, a cui è imposto il celibato, a partire dal 1073 d.C. per volere di Papa Gregorio VII (Ildebrando di Soana), diventano emotivamente vulnerabili, controllabili, manipolabili.
Coloro che reprimono i desideri naturali del corpo, creano mostri nell’anima.
Il celibato sacerdotale è la prostituzione dell’anima nel nome di Dio.
Creare la malattia e vendere la cura, denunciare, stigmatizzare il problema e presentarsi come soluzione: è il delitto perfetto che diventa benefattore.
La Chiesa ha sequestrato la stessa definizione di spiritualità umana, ha trasformato la repressione in virtù, la sofferenza in santità, la negazione della natura umana in vicinanza a Dio.
Ha fatto credere che reprimere la sessualità rende le persone più spirituali: è la matrice di controllo più sofisticata della storia, perché ha fatto, e fa, sentire in colpa miliardi di persone, per il semplice fatto di essere umane.
L’ipocrisia – perché è di questo che si tratta – non è un difetto del sistema, è il sistema stesso, che funziona perfettamente: libertà sessuale per i vertici, repressione sessuale per i sottoposti ed addetti ai lavori.
Dice Baruch Spinoza: “La Chiesa non salva le anime, le cattura”.
La colpa sessuale è uno strumento di ingegneria sociale per instaurare il tipo di società che serve meglio agli interessi della Chiesa.
Non stanno salvando anime, stanno creando un gregge, una nuova specie di esseri umani, una versione castrata di uomini colpevoli, dipendenti dalla autorità esterna, sottraendo loro qualsiasi sensazione di autostima.
La Chiesa ha creato la più grande prigione mentale della storia, dove i prigionieri chiudono essi stessi le porte dall’interno e buttano via la chiave dalla finestra.
Non si tratta di denaro, non si tratta di potere temporale, ma di qualcosa di molto più ambizioso: creare una versione dell’umanità incapace di autogoverno spirituale e dipendente eternamente dall’autorità esterna, tramite l’osservanza di dettami morali, comportamentali e di pensiero, che si attuano con un automatismo algoritmico.
Usare la repressione sessuale fa frammentare la connessione naturale fra corpo e anima, creando vuoti psicologici che solo l’autorità ecclesiastica può riempire.
Loro sanno che gli esseri umani sessualmente realizzati sono spiritualmente indipendenti, liberi, sono connessi con la propria divinità interna, sono difficili da controllare.
Hanno deciso di rompere questa connessione, ad esempio, di intercettare lo sviluppo spirituale del bambino attraverso la colpa sessuale precoce, di creare dipendenza emotiva cronica attraverso la negazione degli impulsi di connessione umana, di trasformare la naturale autostima in bisogno di convalida esterna costante.
È un manuale per creare schiavitù psicologica in persone che, altrimenti, si sentirebbero libere.
Il progetto della Chiesa non è solo quello di dominare i corpi, ma soprattutto quello di dominare le anime, rendendo impossibile agli esseri umani di accedere alle proprie fonti interiori di valori, di significati, di connessioni col divino.
È il più grande crimine contro la coscienza umana mai documentato.
Ha sequestrato la spiritualità naturale della specie, sostituito l’autenticità divina con la dipendenza istituzionale.
Nei secoli, la Chiesa ha tracciato l’esempio di un sistema di potere che tutti i governi venuti dopo hanno adottato.
Governi che infantilizzano i cittadini con sistemi educativi che distruggono la creatività naturale, con media che coltivano insicurezza costante, con industrie che vendono soluzioni a problemi che esse stesse creano.
Tutti seguono lo stesso schema che la Chiesa ha perfezionato e istituzionalizzato mille anni fa:
Frammentare la connessione interna,
creare dipendenza esterna,
rivendere ciò che è stato sottratto e rubato.
Spinoza si è reso conto che la repressione sessuale sistematica non creava solo dipendenza emotiva, creava disconnessione dall’intuizione naturale, dalla saggezza corporea, dalla capacità di sentire interiormente la verità.
Gli esseri umani sessualmente repressi perdono l’accesso al proprio sistema interno di navigazione spirituale, diventano incapaci di distinguere la verità dalla menzogna, usando le sensazioni corporee dipendenti da autorità esterne per definire la realtà.
È castrazione epistemica, rimozione della capacità naturale di conoscere.
La Chiesa controlla non solo ciò che le persone fanno, controlla come conoscono, come distinguono il reale dal falso, il vero dal bugiardo: è il controllo della stessa percezione della realtà.
Per secoli ha funzionato così bene che, anche oggi, la maggior parte delle persone non si fida della propria intuizione, ha bisogno di specialisti, di autorità, di istituzioni, per convalidare la propria esperienza interna.
Ha scritto Spinoza: “L’unica rivoluzione reale è la rivoluzione della coscienza individuale, contro tutti i sistemi che ci rivendono la nostra stessa divinità”.
Come fare questa rivoluzione?
Ricollegarsi alla saggezza interiore,
fidarsi della propria intuizione spirituale,
smettere di cercare la convalida esterna per le esperienze interne.
La Chiesa ha creato il problema della disconnessione spirituale e vende la soluzione della mediazione divina.
Oggi, la tecnologia crea il problema della disconnessione umana e vende la soluzione della connessione digitale.
Il governo crea il problema della sicurezza sociale e vende la soluzione del controllo esterno e forzoso.
Cosa fare?
Smettere di cercare fuori ciò che può essere trovato solo dentro,
smettere di esternalizzare la nostra connessione con il divino,
smettere di vendere la nostra autonomia spirituale, per promesse di sicurezza esterna.
La rivoluzione deve avvenire nella coscienza individuale.
Loro temono una umanità spiritualmente autonoma, connessa con la saggezza interiore, non manipolabile da autorità esterne.
Non abbiamo bisogno di loro, non avremmo mai dovuto averne, e non ne avremo mai.
da QUORA
Scrive Armando La Torre, corrispondente di QUORA
Il paradosso della fede: Ricchezza e ipocrisia nella Chiesa Cattolica.
1 – La ricchezza della Chiesa Cattolica
Un’istituzione che predica l’umiltà e la povertà, ma sguazza in una ricchezza oscena.
Milioni di fedeli si inginocchiano davanti a chiese dorate, ignari che il Vaticano possiede proprietà immobiliari in tutto il mondo, conti segreti in paradisi fiscali e un patrimonio culturale che vale miliardi.
È come se il messaggio di Cristo fosse stato tradotto in “accumula e domina”.
Hai mai visto un prete distribuire oro ai poveri?
No, perché il loro Dio predica con una mano mentre arraffa con l’altra.
2 – Gli scandali sessuali
I preti pedofili sono lo scheletro nell’armadio che la Chiesa non riesce più a nascondere.
E mentre il Papa piange lacrime di coccodrillo, le vittime rimangono abbandonate.
Il vero miracolo è come riescano ancora a predicare la morale quando l’intero sistema è costruito sul silenzio, sulla complicità e sull’ipocrisia.
A volte mi chiedo: quante anime saranno dannate per aver cercato giustizia contro questa macchina infernale?
3 – La crociata contro la scienza
Se Galileo fosse vivo oggi, probabilmente lo costringerebbero di nuovo all’abiura, stavolta in diretta streaming.
La Chiesa ha fatto del ritardo culturale un’arte, opponendosi alla scienza ogni volta che questa minaccia di demolire le loro favole medievali.
Che si tratti dell’evoluzione o dei diritti riproduttivi, preferiscono incatenare l’umanità alla sua ignoranza, piuttosto che accettare la verità.
4 – Il controllo sulle masse
La confessione? Un sistema di spionaggio psicologico.
Il dogma? Una catena invisibile.
La promessa del paradiso? Un assegno scoperto che non riscuoterai mai.
La Chiesa è il miglior sistema di controllo mai inventato.
Usa la paura dell’ignoto per sottomettere le menti, rendendo le persone felici di servire un padrone invisibile.
Chi ha bisogno di prigioni quando il vero carcere è nella testa?
5 – L’influenza politica
Ogni volta che un prete apre bocca sulla politica, mi viene voglia di urlare.
Sono quelli che invocano la separazione tra Stato e Chiesa quando gli fa comodo, ma poi si infilano nei parlamenti per influenzare leggi sull’aborto, sul matrimonio e persino sull’eutanasia.
E lo fanno con una faccia di bronzo, mentre sorridono ai potenti che li tengono a galla.
6 – La vendita delle indulgenze moderne
Pensi che la Chiesa non venda più il paradiso?
Hai mai sentito parlare di messe a pagamento, pellegrinaggi milionari e donazioni obbligatorie?
Certo, non si chiama più “indulgenza”, ma il principio è lo stesso.
Paghi, ti redimi, e loro ci guadagnano.
La spiritualità è diventata un business, e il Vaticano è la multinazionale più antica del mondo.
7 – L’educazione religiosa
Invece di insegnare pensiero critico, inculcano senso di colpa e paura dell’inferno.
Le lezioni di religione nelle scuole sono un lavaggio del cervello travestito da educazione, progettato per produrre pecore docili pronte a seguire il pastore.
E se osi pensare da solo, sei bollato come peccatore.
Personalmente, preferisco essere un peccatore che un burattino.
8 – La crociata contro i diritti LGBTQ+
Nulla è più ironico di un’istituzione piena di uomini in abiti sontuosi che predicano contro i “peccati” degli altri.
La loro ossessione per i gay e i trans è patologica.
Predicano l’amore, ma odiano chiunque non rientri nei loro schemi medievali.
Mi chiedo quanti di loro, dietro porte chiuse, siano esattamente ciò che condannano con tanta veemenza.
9 – Le missioni nei paesi poveri
Non è carità, è colonizzazione.
Portano cibo e medicine, certo, ma solo per comprare anime.
Predicano la salvezza mentre strappano via culture millenarie e identità.
Se davvero volessero aiutare, lo farebbero senza chiedere nulla in cambio, ma è chiaro che il loro vero obiettivo è trasformare il mondo in un’enorme diocesi sottomessa.
10 – Il celibato sacerdotale
Una regola tanto assurda quanto disastrosa.
Come puoi consigliare famiglie e coppie quando non hai mai avuto una relazione?
Il celibato è una bomba a orologeria che ha causato innumerevoli danni.
Non è un voto di purezza; è una negazione della natura umana, e le conseguenze le pagano spesso i più deboli.
Hai mai sentito una bugia così grande raccontata così bene?
La Chiesa è il più grande spettacolo di magia mai messo in scena.
Fanno sparire la verità e ti vendono il mistero.
E noi, spettatori, continuiamo ad applaudire.
L’ E D I T T O D I C O S T A N T I N O
“La donazione di Costantino”, documento falso, che attribuiva alla Chiesa il potere temporale, è mai stato riconosciuto falso dalla Chiesa Cattolica?
Il documento, recante la data del 30 marzo 315, afferma di riprodurre un editto emesso dall’imperatore romano Costantino I. Con esso l’imperatore avrebbe attribuito al papa Silvestro I e ai suoi successori le seguenti concessioni:
Il primato (principatum) del vescovo di Roma sulle chiese patriarcali orientali: Costantinopoli, Alessandria d’Egitto, Antiochia e Gerusalemme;
la sovranità del pontefice su tutti i sacerdoti del mondo;
la sovranità della Basilica del Laterano, in quanto “caput et vertex”, su tutte le chiese;
la superiorità del potere papale su quello imperiale.
Inoltre la Chiesa di Roma ottenne secondo il documento gli onori, le insegne e il diadema imperiale ai pontefici, ma soprattutto la giurisdizione civile sulla città di Roma, sull’Italia e sull’Impero romano d’Occidente.
L’editto confermerebbe inoltre la donazione alla Chiesa di Roma di proprietà immobiliari estese fino in Oriente. Ci sarebbe stata anche una donazione a papa Silvestro in persona del Palazzo del Laterano. l
La parte del documento su cui si basarono le rivendicazioni papali recita:
Segnalata da Rita.
Imparerai, a tue spese,
che nel lungo
tragitto della vita,
incontrerai tante maschere
e pochi volti.
Luigi Pirandello.
da QUORA
Scrive Armando La Torre, corrispondente di QUORA
Il giorno che cambiò la Chiesa: le vere ragioni delle dimissioni di Papa Benedetto XVI.
Il giorno in cui Papa Benedetto XVI annunciò le sue dimissioni, l’11 febbraio 2013, il mondo intero si fermò. La Chiesa, quella struttura marcia fino al midollo, fondata su millenni di ipocrisia e potere, era improvvisamente scossa dalle fondamenta. Ma parliamoci chiaro: Benedetto XVI non si è dimesso per “stanchezza” o per “motivi di salute”. Queste sono le solite fesserie che la Chiesa propina a quei fedeli beoti che credono ancora nella santità del sistema. Le vere ragioni delle sue dimissioni puzzano di escrementi e marciume a chilometri di distanza.
Ratzinger, al di là della facciata da topo di biblioteca e delle omelie noiose come la morte, non era un idiota. È stato per anni il perfetto guardiano del dogma, un pastore dei lupi travestiti da pecore. Ma proprio quando ha messo le mani sul trono di San Pietro, ha iniziato a scoprire cosa realmente si nasconde dietro le sacre mura vaticane. Non sono solo i preti pedofili il problema, quello lo sanno pure i sassi e la Chiesa li copre con la stessa disinvoltura con cui si soffia il naso. Il problema più profondo è il vero potere, quello che non appare nei documenti ufficiali, quello che si muove dietro le quinte con la delicatezza di una spinta in mezzo alle budella.
Benedetto si è trovato con la melma fino al collo. I soldi, le alleanze segrete, le connessioni con banche sospette, traffici illeciti, giochi di potere che avrebbero fatto impallidire Machiavelli. Si parla di ricatti, scandali sessuali, intrighi finanziari che coinvolgevano cardinali e affaristi corrotti fino al midollo. Un’intera struttura mafiosa ben nascosta dietro gli incensi e le preghiere. Che cosa credi? Che il Vaticano, quella macchina infernale di potere, stia lì a perdere tempo a predicare pace e carità? Svegliati. Sono lì a mantenere il controllo, a gestire patrimoni che farebbero sfigurare i magnati più ricchi del pianeta.
Benedetto XVI aveva capito di essersi infilato in una trappola. Ha provato a fare pulizia, a eliminare qualche scheletro dall’armadio, ma si è reso conto che quello non era un armadio, era un mausoleo. E che fare? Continuare a giocare il ruolo del pastore mansueto mentre ti soffocano alle spalle? O fare l’unica cosa possibile per evitare di finire in qualche scandalo che ti avrebbe distrutto la vita e la reputazione? Le dimissioni sono state la sua fuga, la sua via d’uscita da una gabbia di serpenti pronti a morderti alla gola appena volti le spalle.
Alcuni dicono che ci sia stato anche un ricatto vero e proprio. Non ti sorprenderebbe sapere che certe informazioni, se fatte trapelare, avrebbero portato giù non solo lui, ma un’intera generazione di vescovi e cardinali. Magari qualcuno è venuto a bussare alla sua porta, con una bella valigetta piena di prove inconfutabili su qualche schifezza che il mondo non avrebbe mai dovuto vedere. Immaginati la scena: il Papa, il vicario di Cristo in Terra, con un dossier in mano, sudato e pallido come un morto, che realizza che non c’è più scampo. Benedetto, con tutto il suo amore per la dottrina e la teologia, ha semplicemente scelto di mollare.
L’elezione di Papa Francesco, guarda caso, è arrivata subito dopo. Il buon gesuita, che si è subito posizionato come “l’uomo delle riforme”. Ma davvero c’è qualcuno che crede che la Chiesa possa essere riformata? Questa istituzione è marcia fino all’osso e non c’è niente da salvare. Ogni volta che provano a fare una “pulizia”, semplicemente spostano qualche pedina da un angolo all’altro, ma il fetore rimane.
Le dimissioni di Benedetto XVI non sono state un atto di umiltà o di saggezza. Sono state il gesto disperato di un uomo che ha capito di essere circondato da un branco di lupi affamati, pronti a sbranarsi a vicenda per una briciola di potere. Benedetto è scappato perché aveva capito che, restando, sarebbe affondato con loro. Ha preferito sparire piuttosto che essere ricordato come il Papa che ha visto crollare tutto il sistema sotto i suoi piedi.
Quindi, quando la gente parla di “motivi di salute” o di “anzianità”, puoi tranquillamente ridergli in faccia. La realtà è molto più sporca, cinica e disumana di quanto la gente voglia credere. E il Vaticano? Beh, quello continuerà a esistere, con i suoi giochi di potere, i suoi segreti e la sua dannata ipocrisia. Che Dio li perdoni, perché qui sulla Terra di perdono non ce n’è proprio per nessuno.
da QUORA
Scrive Armando La Torre, corrispondente di QUORA
I L V A T I C A N O
Il Vaticano. Quella ridicola fortezza di ipocrisia, arroganza e potere corrotto, nascosta dietro mura che trasudano secoli di peccati.
Mi chiedi cosa si nasconde lì dentro? Te lo dico io, ma non aspettarti favolette per bambini o storielle perbeniste. Questa è una verità che ti strapperà la fede a morsi, se ne hai ancora una.
Prima di tutto, parliamo di quel finto moralismo che ammantano, come una coperta logora su un letto di porcherie.
La Chiesa Cattolica, quell’organizzazione che predica amore, compassione e povertà, è in realtà un covo di serpenti dorati che si avvolgono tra loro, sibilando parole di potere e ricchezza.
Se solo potessi vedere cosa nascondono nei loro archivi segreti, svelati con il sangue e la tortura durante secoli di inquisizioni e crociate, capiresti quanto marcio è l’intero sistema.
Ah, gli archivi segreti del Vaticano. Un nome evocativo, no? Ma sai cosa contengono davvero?
Non solo documenti storici di grande valore, ma prove delle loro collusioni, delle loro nefandezze, e dei loro accordi sottobanco con dittatori e criminali.
Sai quante vite sono state distrutte o sacrificate in nome di Dio, mentre quei porci in tunica si spartivano il bottino? Cose che nemmeno gli storici più accreditati riescono a raccontare senza un brivido di disgusto.
Poi c’è il fatto che si professano umili servitori di Dio, ma guarda le loro sontuose cerimonie, i palazzi dorati, i tesori nascosti nei sotterranei.
Ogni volta che vedo un cardinale con il suo abito rosso e dorato, mi viene voglia di sputargli in faccia.
Come possono conciliare il messaggio di Cristo con la loro ostentata ricchezza?
La risposta è semplice: non lo fanno. Non gliene frega un cazzo.
E non parliamo dei casi di pedofilia, protetti e coperti per decenni.
Quanti bambini innocenti sono stati violati, mentre il Vaticano, con la sua aria di superiorità morale, copriva quei mostri dietro confessionali e altari?
Ti racconto un episodio che ho vissuto personalmente, se hai il fegato di ascoltare.
Un mio caro amico, un ragazzo brillante, è stato distrutto per sempre da uno di quei preti di merda.
La sua vita è stata un inferno, mentre il bastardo che l’ha rovinato continuava a celebrare messa come se nulla fosse.
L’ho visto crescere, quel ragazzo, e l’ho visto crollare sotto il peso di un crimine che non è mai stato punito.
Il prete? Trasferito in un’altra parrocchia, come se si trattasse di spostare un oggetto scomodo.
Per la giustizia divina, dicono. Dio è misericordioso, dicono.
E poi ci sono i segreti veri e propri, quelli che fanno rabbrividire anche il diavolo.
Sai che si dice che sotto il Vaticano ci siano interi tunnel pieni di reliquie rubate e documenti scomodi?
Hanno persino delle ossa che attribuiscono ai santi, ma chissà da quale cimitero maledetto le hanno tirate fuori.
E ti parlo di storie di esorcismi che farebbero impallidire i film horror più disturbanti.
Non quelli orchestrati per spettacolo, ma quelli veri, dove si sono viste cose che nemmeno uno scrittore dell’orrore oserebbe inventare.
La verità è che il Vaticano è un’istituzione costruita su bugie, crimini e manipolazioni.
E se ti scandalizzi, bene. Vuol dire che hai ancora un briciolo di coscienza.
Ma sappi che la verità non ti renderà libero; ti renderà solo più consapevole della merda in cui siamo tutti immersi.
E il bello è che loro continuano a sorridere, a benedire e a contare i loro dannati soldi.
Non si preoccupano di noi, non si preoccupano di Dio.
Si preoccupano solo del potere. E se questo ti fa arrabbiare, allora benvenuto nel club.
Da QUORA
Scrive Francesco J. Galvani, corrispondente di QUORA
Che cosa rende una persona immediatamente poco attraente?
I P S E D I X I T (Lui stesso l’ha detto)
“Denunciare gli abusi sessuali
sarebbe una grave mancanza
di rispetto della privacy”.
Cardinale Angelo Bagnasco. (Arcivescovo di Genova)
C I T A Z I O N E D A L V A N G E L O
Intanto si erano radunate migliaia di persone,
al punto che si calpestavano a vicenda,
e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
Guardatevi bene dal lievito
dei Farisei, che è l’ipocrisia.
Non c’è nulla di nascosto
che non sarà rivelato,
né di segreto
che non sarà conosciuto.
Dal Vangelo di Luca 12, 1-7
L’amicizia è una relazione preziosa che ci accompagna lungo il percorso della vita, ma purtroppo, talvolta, può capitare di imbattersi in un amico invidioso. L’invidia è un sentimento complesso e negativo che può minare i rapporti più profondi. Questo testo esplorerà i comportamenti tipici di un amico invidioso, offrendo una comprensione più approfondita di questa dinamica e suggerimenti su come affrontarla.
L’invidia è un sentimento umano comune, ma quando si manifesta tra amici, può diventare un problema serio. Di seguito sono elencati alcuni dei comportamenti tipici che un amico invidioso potrebbe mostrare.
Un amico invidioso può comportarsi in modi che mettono in discussione la solidità del legame che si è instaurato. Uno dei comportamenti più evidenti è la costante competizione. L’amico invidioso tende a considerare l’amicizia come una sorta di sfida personale, cercando costantemente di dimostrare di essere migliore in ogni ambito. Questa continua competizione può generare tensioni e creare una sensazione di costante confronto.
Accanto alla competizione, gli amici invidiosi spesso si manifestano attraverso critiche costanti. Indipendentemente da quanto bene ti stia andando o da qualsiasi successo tu possa ottenere, l’amico invidioso troverà il modo di sminuire i tuoi risultati o di criticare le tue scelte. Queste critiche possono essere velate o esplicite, ma hanno lo scopo di ridimensionare la tua autostima e di farti dubitare delle tue capacità.
Un altro comportamento tipico di un amico invidioso è la mancanza di gioia per i tuoi successi. Mentre gli amici genuini sono felici per le tue realizzazioni e ti supportano in ogni passo del tuo percorso, l’amico invidioso sembra non provare alcuna gioia per te. Potrebbero evitare di congratularsi o addirittura cercare di minimizzare l’importanza dei tuoi traguardi. Questa mancanza di supporto può lasciarti con un senso di solitudine e insoddisfazione nel momento in cui avresti bisogno di condividere le tue vittorie con chi ti sta accanto.
Sarcasmo e commenti negativi sono anche segni rivelatori di un amico invidioso. Invece di sostenerti con parole incoraggianti, l’amico invidioso potrebbe usare il sarcasmo per mettere in ridicolo le tue azioni o le tue scelte di vita. Questi commenti negativi possono ferire profondamente, mettendo in discussione la fiducia che hai nell’amicizia stessa. Un amico invidioso può anche cercare di instillare un senso di superiorità nei confronti degli altri. Questo atteggiamento può essere utilizzato come mezzo per nascondere i sentimenti di invidia che provano. L’amico invidioso può cercare di dimostrare di essere superiore, sia che si tratti di aspetti personali o professionali, per alimentare il proprio ego e mascherare la propria insoddisfazione.
Il sabotaggio sottile è un altro comportamento che può caratterizzare un amico invidioso. Questo sabotaggio può essere subdolo e difficile da individuare. L’amico invidioso potrebbe cercare di ostacolare i tuoi sforzi o minare le tue opportunità in modo da impedirti di raggiungere il successo. Questo comportamento manipolativo può essere estremamente dannoso e influire negativamente sulla tua autostima e sulla tua capacità di perseguire i tuoi obiettivi. Inoltre, l’amico invidioso può distorcere la realtà per giustificare i suoi sentimenti di invidia. Possono diffondere voci o informazioni errate su di te per screditarti o farti apparire negativo agli occhi degli altri. Questo atteggiamento può danneggiare la tua reputazione e minare la fiducia che gli altri hanno nei tuoi confronti.
Infine, un amico invidioso può manifestare disinteresse per i tuoi problemi o difficoltà. Mentre gli amici veri saranno presenti e ti supporteranno nei momenti difficili, un amico invidioso potrebbe non mostrare alcun interesse per i tuoi problemi o addirittura trarre una sorta di soddisfazione nel vedere che stai attraversando una fase difficile. Questo comportamento può generare una sensazione di isolamento e solitudine, poiché ti accorgi che l’amico su cui contavi non è disposto a offrire un sostegno genuino.
Riconoscere un amico invidioso può essere un passo difficile ma necessario per preservare la tua felicità e il tuo benessere. Affrontare la situazione richiede coraggio e determinazione. È importante stabilire dei confini sani e comunicare apertamente con l’amico invidioso, cercando di comprendere le sue motivazioni e i suoi sentimenti. In alcuni casi, potrebbe essere necessario allontanarsi da questa relazione tossica per proteggere il proprio equilibrio emotivo. L’amicizia dovrebbe essere un legame basato sulla fiducia, il rispetto e la reciprocità, e nessuno dovrebbe permettere all’invidia di minare tale connessione preziosa.
Se una persona è buona e ti ama, vorrà sempre il meglio per te. Non sminuirà i tuoi risultati, non ti ricorderà i tuoi fallimenti quando sei felice, non ti consiglierà cose che potrebbero metterti in chiaro pericolo. Quando la frase “Te lo sto dicendo per il tuo bene” viene da qualcuno a cui non importa affatto di te o ha un comportamento invidioso, per favore non prendere le sue parole completamente sul serio.
Se inizi a vederli per quelli che sono (delle persone tristi e frustrate che non potendo godere delle proprie gioie cercano far cadere in basso gli altri), a quel punto non darai più molto peso alle loro male lingue.
Non permettere alle persone che vogliono farti sentire piccolo e sbagliato di riuscire nel loro intento, tu hai un valore e devi difenderlo. Concentrati a coltivare la tua autostima, ad amarti per quello che sei veramente e non per quello che vogliono farti credere gli altri. Avere una alta considerazione di sé è come indossare un armatura leggera ma resistente, non ci appesantisce ma ci ripara dai colpi della vita.
Hai degli obiettivi o dei sogni che vuoi raggiungere? Bene, focalizzati su questi e inizia a lavorare per portarli a termine. La vita è breve per perdere tempo a guardarsi intorno e dare importanza a queste sciocchezze…certo a volte la salita è lunga e faticosa, ma il panorama ne vale la pena!
da QUORA
Perché la Chiesa Cattolica è contro il piacere sessuale?
Risponde Cesare, un corrispondente di QUORA:
Perché il piacere è sinonimo di libertà, autonomia di pensiero, autogestione del proprio corpo, delle proprie emozioni, dei propri impulsi.
E ce lo possiamo procurare grazie a scelte individuali. Quindi non conferiamo ad alcuno il potere di elargircelo o non elargircelo, ovvero non dipendiamo da nessuno.
Il principio fondamentale dei sistemi di potere, religiosi o politici che siano, è invece proprio quello di creare dipendenza e subordinazione.
Magari in modo suadente e dando soddisfazione a qualche necessità psicologica, ma sempre dipendenza è.
Ma molti ministri di questa Chiesa, pur dichiarandosi sessuofobi e predicando l’astinenza dei fedeli dalle pratiche sessuali fuori dal matrimonio, sono autori di tremendi crimini sessuali…
Comunque sono contro tutti i piaceri, perché questi derivano da pratiche denotate da indipendenza personale, disponibilità del proprio corpo, libertà. Tutte cose che non collimano con il concetto che tu non appartieni a te stesso, ma a Dio e che devi vivere in base alle regole stabilite dai suoi rappresentanti in terra.
Risponde Fabian And, corrispondente di QUORA:
La colpevolizzazione del piacere tramite il “peccato” è il miglior modo per subordinare e mettere in stato di manifesta inferiorità.
Risponde Cesco, corrispondente di QUORA:
Perché è il miglior strumento di controllo.
Se voglio assoggettare un certo numero di persone, non c’è niente di meglio che indurle a sentirsi in colpa per qualcosa, a credere che una loro condotta naturale sia sbagliata perché qualcuno che li guarda dall’alto, e che ha su di loro un certo potere, ha deciso così.
Funziona più con il sesso che con altro perché il sesso è l’unico, tra gli impulsi più istintivi, a poter essere domato per un periodo considerevolmente lungo (se non per tutta la vita). Non posso dire “non mangiate” o “non respirate”, però posso dire “non fate sesso” (se non in un certo contesto e bla bla).
Controllo, null’altro. E funziona BENISSIMO, vista la sessuofobia diffusa, che ha rovinato la vita psichica di tantissimi credenti.
N.d.R. :
I Cristiani Cattolici sono ossessionati dal “piacere” in generale, che è peccato, e da tutto ciò che lo evoca.
Oggi, il cattolicesimo è lassista per adattamento ai tempi ma, fino a non molto tempo fa, la vita del cristiano devoto (non facente parte delle gerarchie religiose che, ipocritamente, se ne esentavano), era privazione, rinuncia, autopunizione, elevazione attraverso la sofferenza.
La ricerca del “piacere” era sinonimo di autonomia decisionale ed intellettuale e, pertanto, era il nemico numero uno dell’Ordine Costituito, ovviamente gestito, il più possibile, dalle gerarchie ecclesiastiche direttamente in proprio o per mezzo dell’appoggio al potere politico, di solito conservatore di privilegi di casta o di appartenenza.
Ogni deviazione, anche minima, era severamente perseguita e la dissidenza non ritrattata era punita con la tortura o con la morte, per opera dell’Istituto della Santa Inquisizione.
Giordano Bruno fu bruciato sul rogo, Galileo Galilei restò vivo perché abiurò, innumerevoli persone furono uccise perché possedute dal demonio e così via.
da QUORA
A D O N O R D E L V E R O
Nell’Italia medievale del XIII secolo, il numero di credenti cristiani era elevatissimo, praticamente un plebiscito religioso.
In realtà, una parte di questi, si limitava a professarsi fervente credente ma in realtà non lo era.
Una curiosa vicenda evidenzia propria questo assunto, che vide protagonista il vescovo di Parma, Gregorio Romano.
Secondo il racconto del frate Salimbene de Adam, Romano trascorse tutta la sua vita lavorando per la Chiesa e professando con passione la parola di Cristo.
Ma giunto in punto di morte rifiutò l’ostia consacrata, dichiarando di non aver mai creduto in Dio.
Quando i presenti gli chiesero sbalorditi perché mai avesse fatto il vescovo, rispose candidamente: “Soltanto per le ricchezze e per gli onori”.
N.d.R. : Riporto il seguente commento di un corrispondente di QUORA , Paolo Pelizzon, che scrive:
“Boh, colui che spreca la sua vita nel fanatismo religioso, fra deliri, vessazioni, ottusitá, esaltazioni psicopatologiche, goduria nel poter manipolare le ingenue zitelle che vanno a . . . confessarsi, che si ritiene membro di una associazione delinquenziale chiamata Chiesa, che ha commesso stragi in America Latina, roghi inquisitori in Europa bruciando vivi coloro che dicevano che la Terra gira attorno al Sole, che ha squartato vivi i dissidenti, che proclama che se racconti al prete di turno le tue voglie andrai tu in paradiso, mentre lui . . . con gli amichetti seminaristi . . . direi proprio che quest’uomo importante non lo é proprio e che la sua opinione non conta assolutamente nulla.
Il Padre Universale Inconoscibile ed Incomprensibile non centra nulla con i lestofanti.”
N.d.R. : Riporto anche l’intervento di un altro corrispondente di QUORA, Paolo Peverelli, che scrive sul tema: HA SENSO CREDERE IN DIO E NON NELLA CHIESA?
Dal mio umile punto di vista di uomo della strada, osservo:
Gesù detto il Cristo (che vuol dire Messia, in ebraico, o unto, scelto da Dio) faceva e predicava alcune cose.
La cosiddetta Chiesa Cristiana (nelle sue varie denominazioni Cattolica, Ortodossa, Evangelica), che DICE di ispirarsi a lui fa cose diverse e spesso contrarie.
Gesù prediligeva i poveri, gli sfigati, gli umili: pescatori, contadini, prostitute, ciechi e storpi che vedeva in mezzo alla strada a chiedere elemosina. NON ha mai chiesto denaro, dicesi MAI, per quello che faceva e diceva.
Come esempi delle sue illustrazioni (o parabole) usava spesso le persone più disprezzate e derelitte. Tipica l’illustrazione del Samaritano, che fa la miglior figura in confronto a un “prete” (un sacerdote), ad un “sacrestano” (un levita) e ad un normale cittadino ebreo rispettato. Solo che i Samaritani erano tanto disprezzati che gli ebrei seri nemmeno rivolgevano loro la parola…. peggio degli zingari o degli stranieri accattoni di oggi, che almeno ci si parla anche solo per dire “no grazie, non ti do nulla”.
NON SI È MAI INTERESSATO DI QUESTIONI POLITICHE, e, fosse solo per questo, lo odiavano tutti. Di sicuro non suggeriva a chi dare il proprio sostegno (oggi diremmo il voto).
Non aveva dove posare la testa, QUINDI NON ERA RICCO né di famiglia né di suo. Quando morì, l’unica cosa “sua” di valore erano i vestiti che aveva addosso, regalatigli da qualcuno. Lo seppellirono nella tomba di un altro.
Era cordialmente odiato e disprezzato da chi aveva potere e denaro, ai suoi tempi.
Ora, guardate le Chiese Cristiane, e ditemi se vedete la stessa cosa.
Decidete voi se sono degne di fiducia in quanto “imitatrici” di Cristo.
N.d.R. : ancora un parere da QUORA, di Andrea Lenzi, su questo tema.
Esiste una categoria numerosissima che è composta dai “Credenti fai da te”.
Contaminati indelebilmente dalla propaganda cattolica fin dalla culla, sono incapaci di allontanarsene, però, una volta che comprendono le sciocchezze scritte nella Bibbia e con i propri occhi assistono al male che Dio avrebbe potuto impedire, si creano una personale divinità tutta amore e compassione che pregano quando hanno paura.
Ciò vale tanto più quanto più viene fuori l’inciviltà della Bibbia, con la sua intolleranza verso gay, donne e non credenti ed il continuo ricatto divino:
Vi amo tutti ma solamente se mi riconoscerete come unico Dio e vi comporterete come dico io; altrimenti non avrete che la dannazione eterna.
Inoltre, da un punto di vista logico:
se Dio esiste ed è onnipotente, allora è responsabile di avere creato questo mondo, tra tutti quelli possibili, dove ogni forma di vita muore di fame se non uccide altre forme di vita e le mangia.
In sintesi, ha creato il bisogno di mangiare e la relativa lotta per la sopravvivenza, alla base di ogni conflitto umano ed animale.
Oltre a ciò, ha creato virus e batteri, giusto per parlare di attualità, oltre a terremoti e vulcani.
Quindi esistono solamente 2 possibilità:
-Dio onnipotente e creatore o esiste ed è disinteressato alle forme di vita o è sadico.
-non esiste alcun Dio onnipotente e creatore.
N.d.R. : Dario Perna, altro corrispondente di QUORA, risponde alla domanda: “Perché avete smesso di credere nella Chiesa Cattolica?”
Perché sono stato (ormai ex) un francescano secolare.
Ho studiato per anni in convento, ma più approfondivo la Bibbia, più aumentava il numero dei brani contraddittori e delle domande di logica alle quali i vari prof di teologia o i vari confessori non riuscivano a rispondere.
Tutto questo unito ai retroscena di un ordine religioso che predica bene, ma al cui interno si chiede una quota mensile di adesione e i cui fondi delle donazioni vengono spesi per tutto tranne che per la carità, mi ha portato ad abbandonare tutto quel mondo.
N.d.R. : ancora da QUORA; Paolo Lo Re risponde alla domanda:” È più facile credere in Dio se hai una vita serena e non hai particolari disagi?”
No, credo sia più facile credere in Dio se hai una vita disagiata e piena di problemi.
E’ bello e confortante, trovandosi in una situazione così, pensare a un immaginario “regno dei cieli” in cui si starà meglio.
Ed è anche comodo per chi ha il potere politico ed economico che quelli che vivono in condizioni disagiate pensino al regno dei cieli e si accontentino così, invece di agire per sovvertire il potere politico ed economico.
In questo senso la religione può essere usata, ed è stata usata, per fermare sul nascere le rivendicazioni sociali e placare la sete di giustizia sociale delle masse oppresse con la gratuita promessa di un aldilà felice.
Disse giustamente uno famoso (Karl Marx) che in questo senso la religione è una droga che addormenta le menti. E’ oppio per i popoli…
U N C A S O C H E S I S T A R I A P R E N D O 12 Aprile 2023
da I L M O N D O Rivista Italiana Illustrata di Politica, Economia, Cultura, Società.
Il problema del tempo è che erode ogni cosa: non c’è roccia, costruzione, elemento, essere umano o storia che possa resistere a quel tipo di eterno logorio. Il tempo scorre su tutto come acqua e non c’è modo di fermarlo: cancella i confini, appanna la realtà, smorza i sentimenti, la paura, il dolore, persino l’amore. Il tempo è come un velo bianco che alziamo su un viso senza vita per celare la realtà ed è il primo, vero, nemico della verità.
Sono passati 39 anni dal giorno della scomparsa di Emanuela Orlandi. Suo padre, Ercole, è morto nel 2004: «sono stato tradito da chi ho servito» sono state le sue ultime parole; anche Papa Wojtyla è morto, l’anno seguente. Sono scomparsi il boss mafioso Enrico De Pedis e Giulio Gangi, l’ex agente del Sisde che per primo si occupò delle indagini. Per ogni bocca che si chiude per sempre, una manciata di terra viene gettata sulla tomba vuota di Emanuela, che oggi avrebbe circa 54 anni. Emanuela, che il 22 giugno del 1983, in una giornata caldissima, uscì di casa diretta alla scuola di musica e scomparve per sempre. La giovane Orlandi era forse un’adolescente comune ma non una ragazzina qualunque: cittadina vaticana, figlia del commesso della Prefettura della casa pontificia Ercole Orlandi, aveva 15 anni e suonava il flauto. Quel pomeriggio entrò in ritardo alla sua lezione: era stata fermata da un uomo con una Bmw verde che le aveva offerto un lavoro come rappresentante Avon. Era un tragitto che faceva tutte le settimane, quello da casa sua alla scuola dove studiava musica, andata e ritorno; ma al ritorno quella sera non prese l’autobus con le sue amiche: telefonò a sua sorella per spiegarle il curioso incontro appena avuto e poi scomparve nel nulla, senza lasciare traccia.
Le amiche di Emanuela, che prendevano l’autobus con lei ogni giorno, sono un’entità quasi eterea in questa storia: nessuna di loro aveva visto o sentito niente, nessuna sapeva nulla. Chiunque ricordi la propria adolescenza o abbia semplicemente a che fare con un adolescente durante le sue giornate sa quanto questo appaia curioso: i ragazzi non si fidano di genitori o fratelli a 15 anni; non è in casa che si raccontano i misteri più profondi della propria giovinezza, non è alla famiglia che si svelano gli arcani più insondabili della propria mente non ancora perfettamente comprensibile. C’è sempre una persona speciale: qualcuno a cui non si ha vergogna di raccontare ciò che non si oserebbe dire a nessun altro. Eppure nelle indagini sulla scomparsa di Emanuela quest’amica “del cuore” è rimasta nell’ombra, come se non esistesse, fino a pochissimo tempo fa quando, ancora spaventata e scegliendo la via dell’anonimato, confessò che Emanuela le aveva telefonato poco prima della scomparsa, dicendole che durante uno dei suoi giri nei giardini vaticani una persona molto vicina al Papa l’aveva infastidita. E non erano attenzioni innocenti quelle che le aveva rivolto. Erano attenzioni perverse. Sessuali. Oggi le chiameremmo abusi.
Quando sul Vaticano scese la notte in quella torrida giornata dell’83, i genitori di Emanuela Orlandi, nel panico, si rivolsero alle forze dell’ordine. Ma era troppo presto per sporgere denuncia, insomma, dissero, la ragazza “non era nemmeno così bella” da poter far pensare a un rapimento; si era sicuramente allontanata “volontariamente“. Non c’era di che preoccuparsi, sarebbe tornata da sola, così come da sola era sparita. Nei giorni successivi arrivarono agli Orlandi due telefonate: due giovani uomini raccontarono di aver visto una ragazza che corrispondeva alla descrizione di Emanuela a Campo dei Fiori. Si faceva chiamare Barbara e vendeva cosmetici. Le indagini erano bloccate e la polizia non sembrava ancora persuasa a perseguire alcuna pista seria: per tutti quanti tranne per i suoi genitori, Emanuela si era allontanata per sua volontà, probabilmente per un moto di ribellione adolescenziale. Domenica 3 luglio 1983 Papa Giovanni Paolo II durante l’Angelus pronunciò per la prima volta il nome della ragazza e rivolse un appello, un appello ai “responsabili della scomparsa di Emanuela Orlandi“. Fu così che venne ufficializzata l’ipotesi di un sequestro, e venne fatto dal Vaticano. Le parole del Papa aprirono la porta sul corridoio oscuro che sarebbero state le indagini da quel momento in avanti, un buio perpetuo di negazioni, omissioni e incertezze che ancora oggi condiziona la famiglia di Emanuela.
Nel corso del tempo, vennero seguiti tre filoni d’indagine. La pista del terrorismo internazionale; quella della mafia e del Banco Ambrosiano; e infine quella legata al caso Vatileaks.
Dopo le parole di Papa Giovanni Paolo II, che per primo parlò di sequestro, alla sala stampa vaticana giunse una telefonata da parte di un uomo con un forte accento anglosassone che fu subito rinominato “l’Americano“; quest’uomo richiese l’attivazione di una linea diretta con il Vaticano e dichiarò che Emanuela era stata rapita dai Lupi Grigi e che sarebbe stata rilasciata solo in cambio della liberazione di Mehmet Ali Ağca, l’attentatore di Papa Wojtyla. Aveva senso: i “Lupi Grigi” erano un movimento turco ultranazionalista, responsabile di molti attacchi terroristici. Il 13 maggio 1981 Ağca aveva sparato contro il Papa in Piazza San Pietro, colpendolo all’addome. Nel caos che era seguito all’attentato, il terrorista era quasi riuscito a scomparire in mezzo alla gente: era stata una suora a bloccarlo e a permettere alla polizia italiana di arrestarlo. L’Americano fissò un ultimatum: Ağca doveva essere liberato entro il 20 luglio altrimenti Emanuela sarebbe morta. La famiglia chiese delle prove, che arrivarono, sempre a mezzo stampa, tramite pacchetti che i terroristi fecero trovare in giro per la città: venne rinvenuta una fotocopia della tessera di musica di Emanuela, il pagamento di una retta, e un messaggio da parte della ragazza che recitava “con tanto affetto la vostra Emanuela“. Il contenuto di questo pacco provava che i rapinatori avevano accesso agli effetti personali della ragazza, non che la stessa fosse ancora viva. Un’altra prova fu una cassetta audio: da una parte c’era il messaggio dei rapinatori che chiedevano lo scambio, dall’altra un terrificante messaggio di Emanuela, in cui si sentiva una ragazza gemere e lamentarsi. Controlli successivi dimostrarono che quel nastro era stato preso da un film porno, non era la voce della giovane scomparsa. Il giorno della scadenza dell’ultimatum arrivò e se ne andò: si portò via l’ultimo comunicato dell’Americano, che disse “ancora poche ore e uccideremo Emanuela“. Poi, il silenzio. Eppure, Ağca cominciò a parlare con le autorità italiane ed emerse qualcosa di strano: il terrorista confessò che non voleva uccidere il Papa su ordine dei Lupi Grigi ma perché era in contatto con i bulgari. Il KGB, i servizi segreti dell’Unione Sovietica. Un Papa polacco era visto come una sfida al blocco orientale in Polonia e, di conseguenza, a Mosca. La polizia pensò che ora che Ağca aveva cominciato a rivelare chi c’era dietro all’operazione, l’Unione Sovietica volesse liberarlo per farlo tacere per sempre. Ma dell’Americano nessuno seppe più nulla.
Ci sono diverse zone d’ombra in questa prima pista perseguita dalle forze dell’ordine e dal Sisde, domande a cui non è possibile rispondere. La richiesta dei Lupi Grigi è arrivata solo dopo che il Papa aveva parlato, non prima; inoltre, per la prima volta si era davanti a un caso di terrorismo internazionale e non si sapeva chi fosse il mandante. E per concludere, come sottolineò una fonte segreta a Andrea Purgatori, uno dei giornalisti che per primo e più approfonditamente si occupò del caso Orlandi, i presunti “rapitori” sembravano muoversi senza una strategia. A tutti gli effetti, la pista terroristica sembrava un diversivo.
22 anni dopo la scomparsa, arrivò inattesa una nuova fonte che rimase anonima ma dichiarò alla trasmissione Chi l’ha visto? che se si voleva risolvere il mistero di Emanuela bisognava scoprire chi fosse sepolto nella basilica di Sant’Apollinare, a Roma. Un luogo dove nessuno può ricevere sepoltura a meno che non abbia un permesso speciale o non abbia fatto un grosso favore al Vaticano. E a Sant’Apollinare era sepolto Enrico De Pedis, il criminale più potente di Roma, il boss della banda della Magliana. Fu così che si aprì la seconda pista, confermata nel 1997 dalla compagna di De Pedis, Sabrina Minardi, che svelò alle forze dell’ordine come Emanuela fosse stata segregata per alcuni giorni in un appartamento a Roma. Minardi disse che non sapeva nulla del caso ma finì per riconoscere la ragazza per via dei manifesti affissi per la città. Secondo la donna, Emanuela rimase con loro per qualche giorno, venne spostata in due appartamenti diversi e poi fu riconsegnata a un uomo, dentro le mura vaticane, oltre quel cancello che si chiudeva – e ancor si chiude – ogni notte a mezzanotte: un uomo con un abito talare. Un prete, che venne a prenderla con un’auto con una targa della città del Vaticano. Perché la banda della Magliana era coinvolta con il Vaticano e nel rapimento Orlandi? Qual era il favore che De Pedis stava facendo al papato e che gli sarebbe valso il permesso di essere sepolto a Sant’Apollinare? La risposta arrivò da un altro boss della Magliana, Maurizio Abbatino, che rivelò qualche anno più tardi che il motivo del rapimento era legato al denaro. I soldi della mafia arrivavano regolarmente nelle casse del Vaticano tramite il Banco Ambrosiano in un giro di riciclaggio, ma qualcosa in quel periodo era andato storto e questi soldi erano rimasti bloccati oltre le mura del papato. E la mafia li rivoleva indietro.
Nel 2013 viene eletto Papa Francesco: si tratta di una nuova speranza per la famiglia Orlandi perché Bergoglio viene visto come un grande riformatore, un uomo di Dio che desiderava trasparenza nella Chiesa. Due settimane dopo la sua elezione, Francesco incontra gli Orlandi e dice solo quattro parole: “Emanuela sta in cielo“. La delusione si mischia alla paura e alla rabbia: la ragazza, ormai una donna, non è mai stata ritrovata. Come fa questo nuovo Papa a sapere che è morta? Significa che dentro il Vaticano qualcuno sa qualcosa in più su questa torbida vicenda, come i parenti di Emanuela hanno sempre sospettato. Eppure nulla emerge fino allo scandalo Vatileaks: nel 2016 c’è un’enorme fuga di dati, migliaia di documenti segreti su corruzione e cattiva gestione finanziaria del Vaticano vengono recuperati. E salta fuori un fascicolo, rimasto in cassaforte per più di 30 anni: un dossier sulle “spese sostenute dallo Stato Vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi“. Nelle cinque pagine rese pubbliche si susseguono date e cifre: rette, spese mediche, vitto, alloggio, spese di trasferimenti tra il Vaticano e Londra. Viene fuori che Emanuela è stata in Inghilterra dal 1983 al 1997, ricoverata al 176 di Clapham Road, in un ostello della gioventù per ragazze di proprietà dei Padri Scalabrini, una congregazione religiosa cattolica con un fortissimo legame con il Vaticano. L’ultima voce recita “disbrigo pratiche finali” e relativo trasferimento in Vaticano. Significa che Emanuela è morta ed è stata sepolta proprio qui, a casa sua, senza che la famiglia ne fosse mai informata? È un interrogativo a cui è impossibile rispondere con certezza, perché la certezza dipende da prove e testimonianze mai ottenute. Su una cosa, però, non si possono avere dubbi: dentro il Vaticano qualcuno sa da sempre cosa è successo a Emanuela Orlandi. Forse il prete che, come denuncia l’amica della vittima, aveva rivolto “attenzioni discutibili” a Emanuela, o forse il Papa, che ha cercato di chiudere la storia confessando implicitamente alla famiglia che Emanuela fosse morta. Forse i banchieri dell’Ambrosiano, forse la mafia che ha fatto da corollario a questa storia, o forse l’intero sistema della Chiesa, una Chiesa corrotta, pericolosa, al centro di uno dei regni più controversi della storia del mondo, che conserva i suoi segreti sotto la troneggiante, inquieta, immortale cupola di piazza San Pietro. Il Vaticano.