Numero2236.

 

Segnalato da mio figlio Alexis

 

 

T H E    S O C I A L    D I L E M M A

 

Nothing vast enters

the life of mortals

without a curse.

 

Sophocles

 

Niente di vasto entra

nella vita dei mortali

senza una maledizione.

 

Sofocle.

 

Il Docufilm THE SOCIAL DILEMMA getta una luce sull’influenza che YOUTUBE, FACEBOOK,TWITTER ed altri Social Media Networks – e, per estensione, i loro algoritmi – hanno sulla vita dei loro utenti.
Il filmato critica il modo in cui gli algoritmi, progettati per predisporre gli utenti alla pubblicità, hanno condotto a gravi problemi sociali, come il sensazionalismo e la polarizzazione.
Come disse Sofocle: “Niente di vasto entra nella vita dei mortali senza una maledizione” ed ora, il conseguimento di guadagni a breve termine dei Social Media ci ha caricato addosso il “dilemma sociale” di una cultura che è impossibile da sostenere.

Numero2212.

 

S À P E R E   À U D E !

 

ABBI IL CORAGGIO DI SAPERE !

 

Immanuel Kant  (1724 – 1804)

 

I L L U M I N I S M O

 

L’illuminismo fu un movimento politico, sociale, culturale e filosofico che si sviluppò nel XVIII secolo in Europa. Nacque in Inghilterra, ma ebbe il suo massimo sviluppo in Francia, poi in tutta Europa e raggiunse anche l’America. Il termine “illuminismo” è passato a significare genericamente qualunque forma di pensiero che voglia “illuminare” la mente degli uomini, ottenebrata dall’ignoranza e dalla superstizione, servendosi della critica, della ragione e dell’apporto della scienza.

 

«L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a sé stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo.»

Numero2203.

 

Siddhartha Gautama BUDDHA (566 avanti Cristo – 488 avanti Cristo) monaco, filosofo, mistico e asceta indiano così diceva, due millenni e mezzo fa:

Non credere in qualcosa semplicemente perché l’hai sentito. Non credere in qualsiasi cosa semplicemente perché se ne parla da parte di molti. Non credere in qualsiasi cosa semplicemente perché si trova scritto nei tuoi libri religiosi. Non credere in qualsiasi cosa soltanto per l’autorità dei tuoi insegnanti e degli anziani. Non credere nelle tradizioni perché sono state tramandate per molte generazioni.
Ma, dopo l’osservazione e l’analisi, quando scopri che qualcosa è d’accordo con la ragione e favorisce il bene a beneficio di tutti, allora accettala e vivi su di essa.

 

BUDDHA.

 

N.d.R. : In tutti questi anni, non abbiamo ancora  imparato né capito niente!

Numero2123.

 

G R E G G E   D I   P E C O R E

 

Stamattina, andando in macchina al Tennis Club di Martignacco, sono passato sul cavalcavia della tangenziale, subito dopo Arteni. Quando ero sul punto più alto del tracciato stradale, ho guardato in basso ed ho visto uno sterminato gregge di pecore che pascolava nei prati sottostanti.
Ho pensato: ecco, così siamo noi, popolo Italiano, un gregge di pecore guidato da pastori che non sanno dove andare.

Un’ora più tardi mi è capitato sul telefonino un messaggio che sta diventando virale.
Io, fra me e me, l’ho intitolato:

CARTA E MONETA (variante italiana MONATA)

Eccolo:

 

Supermercato:
Signora sessantenne alla cassiera.
: voi non avete il programma cashback ?!
: no signora per volontà della proprietà noi non l’abbiamo attivato
: è uno scandalo, non verrò più qui a fare la spesa!

Vedendo il trambusto, si avvicina il proprietario.
: signora buongiorno, sono il proprietario, posso aiutarla in qualche modo ?
: la vostra dipendente mi ha impedito di usare il cashback; se lo sapevo non venivo neanche.
: no signora, non dipende dalla cassiera, ma da me. Il criminale sono io. Sono io che ho rifiutato di installarlo. Ma non si preoccupi, le faccio io un buono spesa del 10% sulla sua spesa di oggi.
La signora rimane interdetta
: ma perché non l’ha fatto installare ?!

Perché vede, cara signora, in Italia ci sono, con certezza, almeno sette milioni di coglioni. E la cosa preoccupante è che il numero è destinato a salire…

Circa 7 milioni di italiani hanno scaricato, ad oggi, la app per partecipare al cashback degli scontrini con annessa Lotteria di Stato.

Degli ignoranti, innanzitutto perché credono davvero che questa sia una alzata d’ingegno dei soliti politici mediocri per rilanciare i consumi. Invece serve a tutt’altro…

La signora è incuriosita e perplessa.

Vede, per tutti gli acquisti fatti con bancomat o carta di credito dall’8 al 31 dicembre vi valutano il 10% della spesa come cashback per un totale massimo di 150.00€ . Ve li riaccreditano a febbraio. Non sapete però, che il rimborso massimo è di 15.00€ a transazione. Che voi spendiate quindi 1500.00€ o 150.00€ il rimborso sarà sempre 15.00€. Che nel caso di 1500.00€ non è il 10%. Bensì l’1%. Gli acquisti on-line non valgono, alcune carte di credito non valgono e per accedere al programma dovrete fare minimo 10 acquisti. Il che si traduce che per ottenere i famosi 150.00€ massimi di bonifico, dovrete spendere 1500.00€ in dieci transazioni da 150.00€ l’una. Voglio proprio vedere sette milioni di italiani che spendono 1500.00€ in dieci operazioni per fare regali. Sapete come finirà? Che userete il cashback soprattutto nei supermercati come i miei, e lo dico contro i miei interessi, per fare la spesa. Ingrassando solo le casse delle banche, che per ogni transazione vi preleveranno minimo 2.00€ di commissioni, intascando 20.00€ ad italiano, e le casse dei grandi gruppi di distribuzione organizzata che fatturano diverse centinaia di milioni di euro ogni anno. Altro che negozi di prossimità…

La signora cerca una scappatoia…
: guardi io ero contraria poi mi ha convinto mio marito che è più tecnologico.

Non è finita cara signora: dal 1 gennaio a chi avrà fatto almeno 50 transazioni con bancomat riconosceranno un ulteriore 10%, per un massimo di 300.00€ (compresi i 150.00€ di dicembre). Con 50 transazioni bancomat avrete speso certamente 100.00€. (N.d.R. : qui non capisco, ci deve essere un errore nel testo). Per farvene rimborsare 50.00 netti. Cioè una media di 0.1 centesimo di euro al giorno. Chi avrà ingrassato di più le banche potrà poi partecipare alla Lotteria degli Scontrini. Vincendo 1500€.

E per finire signora non le dicono che per adeguare le casse al cashback il negozio deve sostenere una spesa non detraibile compresa tra i 100€ ed i 350€. E non solo: io negozio ricevo il pagamento dopo 7 giorni dalla transazione. In quei sette giorni le banche guadagnano con la valuta virtuale e gli interessi al capitale.

: ma allora mio marito si è lasciato infinocchiare… stasera quando torna a casa gli dico che è stato proprio un cretino!

: signora non si preoccupi, lei prelevi al bancomat e paghi con i contanti. Poi mi mandi qua suo marito che facciamo un buono anche a lui!

Grazie per avermi spiegato tornerò sicuramente a fare la spesa usando il buono.

DIAMOCI UNA SVEGLIATA!!!
Riimpariamo a ragionare con la nostra testa e non come un gregge di pecore!!!

 

N.d.R. : questo messaggio ha interpretato perfettamente il mio pensiero, che ho espresso nella presentazione.

Numero2060.

 

Pubblicato il 19 Giugno 2012 da Antonio Santantoni.

E Fabrizio De André riscrisse i 10 comandamenti

 

Affronto con qualche trepidazione questo ultimo appuntamento con Fabrizio de André, il quale si prefigge, ora, un compito ambizioso: salire sul Sinai, per riscrivere nientemeno, che le Tavole della Legge di Mosè, umanizzandone alcune voci, abrogandone altre.
Quando ho pensato alle bestemmie devote come titolo di questa piccola serie di articoli, avevo in mente primariamente proprio le parole di questo ultimo canto: un vero manifesto della laicità: dell’uomo che non ha più bisogno di Dio, anzi dell’uomo che per affermare veramente sé stesso e la propria umanità, ha bisogno di sostituirsi a Dio. Non più la tentazione dell’Eden «sarete come Dio», ma proprio: «prenderete il posto di Dio», sostituendovi a lui.
De André come nuovo Mosè, che riscrive la Legge, ma non più sulla pietra, ma sulle corde d’una chitarra: come non pensare al profeta Ezechiele: «toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne» (Ez 11,19)?

Intanto il titolo: Il Testamento di Tito.
Chi è il Tito della canzone? È Il buon ladrone secondo un vangelo apocrifo di origine araba. Dunque non il ladrone blasfemo: quello era l’altro: Disma, secondo la stessa fonte.
Tito è quello che chiese a Gesù «ricordati di me quando sarai nel tuo regno»: e per queste poche parole meritò di sentirsi dire «oggi sarai con me in paradiso» (Lc 23,43).
Ma qui il buon ladrone cambia decisamente pelle. E si trasforma in un severo accusatore di Dio: seguirò passo passo le sue accuse e le sue proposte per una revisione del testo della Legge:

Non avrai altro Dio all’infuori di me,
spesso mi ha fatto pensare:
genti diverse venute dall’est
dicevan che in fondo era uguale.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.

Perché poi, sembra domandarsi De André: che differenza farebbe? Ne ho conosciuti tanti che adorano un Dio con un nome diverso dal tuo. Non mi hanno fatto alcun male. Venivano dall’Est: forse mussulmani? Loro lo chiamano Allah, ma non mi hanno fatto niente di male. Perché non dovremmo lasciare che ognuno adori il suo Dio? Se non ci fanno del male! Forse non son tanto gli dei a essere malvagi, quanto…Lasciamo stare!

Non nominare il nome di Dio,
non nominarlo invano.
Con un coltello piantato nel fianco
gridai la mia pena e il suo nome:
ma forse era stanco, forse troppo occupato,
e non ascoltò il mio dolore.
Ma forse era stanco, forse troppo lontano,
davvero lo nominai invano.

Qui De André non si accontenta di dire che pregare è inutile, ma carica la sua critica di un’ironia che arriva al sarcasmo. Anzi, ha detto: ma forse era distratto, forse un po’ addormentato… Comunque il risultato non sarebbe cambiato: davvero lo nominai invano. Come dire: date retta a me: non perdeteci tempo!

Onora il padre, onora la madre
e onora anche il loro bastone,
bacia la mano che ruppe il tuo naso
perché le chiedevi un boccone:
quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
(bis)

Qui il gioco comincia a farsi duro davvero. Io non so se Fabrizio racconti qui qualcosa che è accaduto a lui, o a un suo amico, o se parli così solo perché sa che questo può accadere, anche molto più spesso di quanto non si pensi. Tuttavia l’attacco è diretto: quel padre e/o quella madre che rompono il naso al figlioletto che gli chiedeva un boccone, fanno tanto pensare a un padre o/e a una madre-padrona (si noti che il testo dice del loro non del suo bastone, come dire che bastonare dove essere uno sport bisex in quella casa. Chissà se il genovese De André, che ha molto amato e praticato la Sardegna di Gavino Ledda (l’autore di Padre padrone), stava pensando a lui e alla sua storia, mentre scriveva quei versi? E come non pensare qui alle parole di Gesù, in tanto netto contrasto con tutto quanto precede: «Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del _pesce una serpe? (Lc 11,11).

Ricorda di santificare le feste.
Facile per noi ladroni
entrare nei templi che rigurgitan salmi
di schiavi e dei loro padroni,
senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
(bis)

Confesso qualche mia difficoltà nel fare un’esegesi di questo testo non chiarissimo. Dal momento che chi parla, Tito, è per l’appunto uno dei due ladroni, non sarebbe improprio pensare che stia parlando di sé stesso. Ma il testo si svuoterebbe di senso. Più congruo forse, dato lo spirito dell’intero brano, pensare che qui Tito, o meglio De André, stia alludendo a qualcun altro, forse ai sacerdoti che del tempio vivono e con il Tempio si ingrassano. A meno che non sia da vederci anche qui una greve ironia: per noi ladroni, era in realtà una pacchia entrare nei templi che rigurgitano salmi che tutti insieme, schiavi e padroni, tutti ugualmente abbindolati e contenti, elevano al Dio onnipotente, intanto che i sacerdoti se la ridono. In questa bolgia dove si vende e si compra di tutto, noi ladroni andavamo a nozze: senza rischiare né la vita né il taglio della mano.

Il quinto dice non devi rubare
e forse io l’ho rispettato
vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie
di quelli che avevan rubato:
ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri nel nome di Dio.
(bis)

Altra botta durissima per la gente del Tempio. Non c’è che dire, il grande cantautore sa picchiare duro. Su questo punto lui potrebbe anche dichiararsi pulito…forse… senza colpa; o almeno si sente di poter dire d’aver pescato sempre là dove sono solo pesci grandi. Allusione forse ai suoi ingenti guadagni, tutti perfettamente legali, certo, ma altrettanto certamente lontani da ciò che vorrebbe l’etica cristiana delle origini, secondo cui è già una cosa deplorevole guadagnare in due o tre sere più di quanto un normale dipendente ha visto entrare in tasca sua in un’intera vita di sacrifici e di fatica.
Ma la botta grossa arriva solo adesso e si abbatte ancora una volta, manco a dirlo, sugli uomini del Tempio, sulla casta dei sacerdoti e degli addetti all’altare. Perché egli tiene a far presente che lui, se anche avesse in qualche modo sbagliato, lo avrebbe fatto a suo rischio e pericolo (a nome mio): quest’altri, la gente del Tempio, lo fanno sempre facendosi belli del nome di Dio.

Non commettere atti che non siano puri
cioè non disperdere il seme.
Feconda una donna ogni volta che l’ami
così sarai uomo di fede.
Poi la voglia svanisce e il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame.
Io, forse, ho confuso il piacere e l’amore:
ma non ho creato dolore.

Qui l’Autore ce l’ha con un’idea fissa della morale sessuale della Chiesa: quella secondo cui ogni abbraccio coniugale debba portare o, almeno tendere, o almeno deve essere aperto alla concezione di una nuova vita. Niente barriere artificiose alla vita. Devi lasciare alla vita di poter fare tutta la sua strada: solo così rispetterai il precetto divino (sarai uomo di fede). Ma tu ne hai “la voglia” e le tue difese traballano? Se ti fidi di questa legge sei incastrato: si la voglia ti passa, ma il figlio rimane; e te lo dovrai “sorbettare”. con tutto quello che ne consegue per te. Qui il poeta-cantante non si è fatto incastrare:e non ha rimpianti di sorta: non ha perso l’occasione (ogni lasciata è persa!) e «non ho creato dolore» (com’era suo dovere).

Il settimo dice non ammazzare
se del cielo vuoi essere degno.
Guardatela oggi, questa legge di Dio,
tre volte inchiodata nel legno:
guardate la fine di quel nazzareno
e un ladro non muore di meno.
Guardate la fine di quel nazzareno
e un ladro non muore di meno.

Qui torna un’idea che abbiamo già incontrato, nel canto delle Tre Madri, ma qui è molto più dura, c’è quasi disprezzo: «Guardatela oggi, questa legge di Dio / tre volte inchiodata sul legno»!!! «Guardate la fine di quel nazzareno». Non aveva ammazzato nessuno: perché il Padre non lo tira giù dalla croce? E gli altri due non sono anche loro figli di mamma? La carne di un ladro non muore e non soffre meno della carne e delle ossa di un martire.

Non dire falsa testimonianza
e aiutali a uccidere un uomo.
Lo sanno a memoria il diritto divino,
e scordano sempre il perdono:
ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.

Qui De André deve ricordarsi delle sue ascendenze anarcoidi, e si dichiara contrario a ogni giudizio ideologico e forse non solo. Accusalo, denuncialo, testimonia in tribunale contro il ribelle, il terrorista: non meritano né perdono né omertà! Ma lui, De André non ci sta: piuttosto che dare una mano alla repressione «ho spergiurato su Dio e sul mio onore». No, non me ne pento.

Non desiderare la roba degli altri
non desiderarne la sposa.
Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
che hanno una donna e qualcosa:
nei letti degli altri già caldi d’amore
non ho provato dolore.
L’invidia di ieri non è già finita:
stasera vi invidio la vita.

Ancora una botta da anarchico sul desiderare una donna o la roba degli altri: due precetti, dice De André che vanno bene solo per “i pochi” che hanno “una donna e qualcosa”. Che senso avrebbe ricordarlo a chi non ha niente? Chi ha fame mangia dove trova. E poca importa se il letto dove mi aspetta una donna è ancora caldo di chi mi ha preceduto: a me va bene lo stesso. Quanto al dolore che potrei procurare: non lo sentirò io.

Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola il sole al di là delle dune
a violentare altre notti:
io nel vedere quest’uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l’amore”.

E al termine della mia giornata e della mia vita, credo d’aver imparato che la vita è tutta una violenza. Calando, la notte mi regala un po’ di pace e di oblìo. Potrò ancora illudermi. Il sole va a portare la guerra altrove e io posso concentrare la mia attenzione su chi sta morendo accanto a me. Anche se non so chi sia, anche se la sua carne non duole a me, madre, io provo dolore; anzi, verso di lui provo solo pietà e nessun rancore. Che sia proprio questo l’amore? Che la Pietà sia l’altro nome dell’Amore? Sarebbe facile.
«Madre, ho imparato l’amore!». Così, tutto si risolve in questo grido di vittoria.
PS. Ma chi sarà questa madre ? Forse non conosco abbastanza la poetica e la vita di Fabrizio de André, così non so sciogliere questo enigma. Io però, faccio ugualmente mio questo grido di vittoria. Io so a Chi pensare. E a me basta.

Numero1994.

 

NON  TUTTI  LO  SANNO

 

Una delle mosse più importanti della cosiddetta Confraternita Babilonese fu la creazione, nel 1913, della “Riserva Federale”, la Federal Reserve, la “Banca Centrale” degli Stati Uniti.
Questo ente non è né “Federale”, né può definirsi una “Riserva”. Si tratta di un cartello di Banche private di proprietà delle 20 famiglie fondatrici, per lo più Europee, che oggi decide i tassi d’interesse per gli Stati Uniti e presta denaro inesistente (cifre su uno schermo) al Governo Statunitense, su cui, poi, i contribuenti devono pagare gli interessi.
Questo è ciò che chiamiamo il “disavanzo Americano”, cioè aria fresca.
Il Governo Federale degli Stati Uniti non possiede una sola azione della “Riserva Federale” e i cittadini Americani non possono acquistarle. I profitti superano i 150 miliardi di dollari all’anno e la “Riserva Federale” non ha mai pubblicato una volta, nel corso della sua storia, la revisione del suo bilancio.
Queste entrate sono assicurate perché:

1   La Confraternita controlla il Governo Statunitense (il cui secondo nome è Virginia Company) che continua a prendere “denaro” in prestito dalla “Riserva Federale”;
2   Controlla anche il Servizio Tributi Interni (IRS = Internal Revenue Service), l’organizzazione terroristica illegale e privata che riscuote le tasse;
3   Controlla i “media” per far sì che la popolazione non venga mai a sapere quanto detto ai punti 1 e 2.

La Confraternita desiderava da tempo una “Banca Centrale” privata in America per coronare il proprio controllo sull’economia. Quando il Frammassone più in vista, George Washington, divenne il primo Presidente, nominò un uomo di paglia della Confraternita di nome Alexander Hamilton come Ministro del Tesoro.
Hamilton fondò la Banca degli Stati Uniti, una Banca Centrale privata che iniziò a prestare denaro al Governo degli Stati Uniti, assicurandosene, così, fin dall’inizio , il controllo.
Se guardate cosa è successo quando la Nobiltà Nera ha introdotto la Banca d’Inghilterra, vi accorgerete che lo scenario è esattamente lo stesso.
La Banca degli Stati Uniti provocò così tanta miseria, bancarotte e ribellioni, che venne chiusa, ma fu presto rimpiazzata dalla “Riserva Federale”.

Quando la legge che istituiva la Riserva Federale stava per essere presentata al Congresso, i banchieri, che l’avevano scritta, la criticarono duramente e pubblicamente. I banchieri erano già molto impopolari e volevano dare l’impressione che la legge fosse svantaggiosa per loro, aumentando il consenso popolare in favore della sua approvazione. Questo tipo di manipolazione è ricorrente e non bisogna mai tener conto di quello che uno dice pubblicamente, ma chiedersi sempre “A chi giova questa cosa?” e “A chi giova che io creda a quello che mi viene detto?”.
La legge fu approvata proprio prima del Natale 1913, quando molti deputati erano già a casa, in vacanza con le loro famiglie. Ora i banchieri potevano controllare i tassi d’interesse e realizzare una fortuna prestando al Governo denaro inesistente e caricandolo di interessi.
Per completare il ciclo, tuttavia, dovevano assicurarsi entrate costanti che finanziassero il Governo e, nel 1913, introdussero così un’Imposta Federale sul Reddito. Per farlo, dovettero introdurre un emendamento, il 16°, alla Costituzione Americana, che richiedeva il consenso di almeno 36 Stati. Solo due Stati lo concessero, ma Filander Knox, il Segretario di Stato, annunciò semplicemente che la maggioranza richiesta era stata raggiunta e la legge venne approvata. A tutt’oggi, la riscossione forzata dell’Imposta Federale sul Reddito è illegale e, tuttavia, il Servizio Tributi Interni continua ad esigere il pagamento di questa tassa in tutti gli Stati Uniti.

Qualcuno potrebbe dire che, definirla un’operazione terroristica è esagerato, ma per terrorizzare qualcuno non c’è bisogno di usare un fucile o una bomba. Può farlo anche minacciando di privarlo dei sui mezzi di sussistenza e di espropriargli la casa per il mancato pagamento di una tassa che è illegale.
Il Servizio Tributi Interni che riscuote le tasse negli Stati Uniti è anch’esso un’azienda privata, sebbene la gente creda che faccia parte del Governo.

 

David Icke          Il segreto più nascosto.

 

A parziale integrazione di quanto sopra, riporto il Numero699:

Nel 1963, il Presidente J.F. Kennedy firmò l’atto n° 1110, con il quale toglieva alla FEDERAL RESERVE il diritto esclusivo di emettere denaro e dava al Ministero del Tesoro la facoltà di stampare moneta. Fu un colpo decisivo allo strapotere della FED, che è una Banca privata, e del Sistema Bancario.

Era il 4 Giugno 1963.

Meno di 6 mesi dopo, il Presidente Kennedy fu assassinato a Dallas.

 

 

Numero1878.

 

Segnalata da mio nipote Alan.

Questa è la magistrale lettera che il preside del il liceo Volta di Milano, Domenico Squillace, ha scritto a tutti gli studenti della scuola e pubblicata sul sito. Perdete qualche minuto per leggerla: è un capolavoro.

AGLI STUDENTI DEL VOLTA

“La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia…..”

Le parole appena citate sono quelle che aprono il capitolo 31 de “I Promessi sposi”, capitolo che insieme al successivo è interamente dedicato all’epidemia di peste che si abbatté su Milano nel 1630. Si tratta di un testo illuminante e di straordinaria modernità che vi consiglio di leggere con attenzione, specie in questi giorni così confusi. Dentro quelle pagine c’è già tutto, la certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori, le voci incontrollate, i rimedi più assurdi, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria…. In quelle pagine vi imbatterete fra l’altro in nomi che sicuramente conoscete frequentando le strade intorno al nostro Liceo che, non dimentichiamolo, sorge al centro di quello che era il lazzaretto di Milano: Ludovico Settala, Alessandro Tadino, Felice Casati per citarne alcuni. Insomma più che dal romanzo del Manzoni quelle parole sembrano sbucate fuori dalle pagine di un giornale di oggi.

Cari ragazzi, niente di nuovo sotto il sole, mi verrebbe da dire, eppure la scuola chiusa mi impone di parlare. La nostra è una di quelle istituzioni che con i suoi ritmi ed i suoi riti segna lo scorrere del tempo e l’ordinato svolgersi del vivere civile, non a caso la chiusura forzata delle scuole è qualcosa cui le autorità ricorrono in casi rari e veramente eccezionali. Non sta a me valutare l’opportunità del provvedimento, non sono un esperto né fingo di esserlo, rispetto e mi fido delle autorità e ne osservo scrupolosamente le indicazioni, quello che voglio però dirvi è di mantenere il sangue freddo, di non lasciarvi trascinare dal delirio collettivo, di continuare – con le dovute precauzioni – a fare una vita normale. Approfittate di queste giornate per fare delle passeggiate, per leggere un buon libro, non c’è alcun motivo – se state bene – di restare chiusi in casa. Non c’è alcun motivo per prendere d’assalto i supermercati e le farmacie, le mascherine lasciatele a chi è malato, servono solo a loro. La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo all’altro del mondo è figlia del nostro tempo, non esistono muri che le possano fermare, secoli fa si spostavano ugualmente, solo un po’ più lentamente. Uno dei rischi più grandi in vicende del genere, ce lo insegnano Manzoni e forse ancor più Boccaccio, è l’avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile. L’istinto atavico quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile è quello di vederlo ovunque, il pericolo è quello di guardare ad ogni nostro simile come ad una minaccia, come ad un potenziale aggressore. Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna, non è poco credetemi, i suoi progressi, le sue certezze, usiamo il pensiero razionale di cui è figlia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità. Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero.

Vi aspetto presto a scuola.
Domenico Squillace