Ogni cosa mortal
Tempo interrompe.
Francesco Petrarca.
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
Ogni cosa mortal
Tempo interrompe.
Francesco Petrarca.
L E O N A R D O D A V I N C I
“Gli uomini parleranno tra di loro
da paesi molto lontani
e si risponderanno allo stesso modo.”
Leonardo da Vinci.
Segnalato da mio figlio Alexis.
I S T R U Z I O N E
Le persone sono istruite quel tanto che basta
per credere a ciò che è stato loro insegnato,
ma non sono abbastanza istruite per mettere in dubbio
qualsiasi cosa venga loro insegnata.
Richard Feynman Fisico quantistico.
N.d.R. : quello che manca è il filtro dello spirito critico,
che ha le sue radici nella individualità
del codice genetico e delle esperienze di vita.
Ognuno si istruisce a modo suo, purché lo voglia,
e, spesso, lo fa in contrasto con coloro,
e sono tanti, che ci vorrebbero tutti uguali.
S O G N O
I sogni sono fatti di tanta fatica.
Forse, se cerchiamo di prendere delle scorciatoie,
perdiamo di vista la ragione
per cui abbiamo cominciato a sognare
e, alla fine, scopriamo che il sogno
non ci appartiene più.
Se ascoltiamo la saggezza del cuore,
il tempo infallibile ci farà incontrare
il nostro destino.
Ricorda: quando stai per rinunciare,
quando senti che la vita è stata troppo dura con te,
ricordati chi sei.
Ricorda il tuo sogno.
Sergio Bombaren da “Il delfino”
S O G N A R E
Sognare è il mezzo che l’anima ha
perché non le fugga mai ciò che
fuggirebbe se smettessimo di sognare:
che è realtà ciò che non esiste.
Pedro Salinas
AHI, AHI, AHI!
Secondo Zingaretti,
che si è dimesso,
Il PD sarebbe un partito
di cui vergognarsi.
Secondo Letta,
che gli è subentrato:
“Non vi è nulla
di più sovversivo
della verità.
E io ve la dico: ….
…. Tante maschere,
e pochi volti.”.
Ci hanno fatto proprio un bel quadretto!
La cosa più difficile da capire
è perché noi riusciamo a capire.
Albert Einstein
L A C O R R U Z I O N E
Articolo del FATTO QUOTIDIANO del 1 Marzo 2021
di Dario Immordino Avvocato e dottore di ricerca in Diritto interno e comunitario
Una recente ricerca internazionale (del centro Rand) stima che la corruzione costa all’economia dei paesi europei oltre 900 miliardi di euro l’anno e a quella italiana almeno 237 miliardi, pari a circa il 13% del Pil. Si tratta di numeri difficili da verificare, ma l’impatto negativo della corruzione sui sistemi economici risulta ormai ampiamente comprovato.
Secondo i dati della Banca Mondiale (indici 2017), il reddito medio nei paesi con un alto livello di corruzione è circa di un terzo inferiore a quello dei paesi con un basso livello di corruzione, ed una ricerca dell’Istituto per la competitività certifica che il radicamento del fenomeno corruttivo inibisce l’afflusso di capitali stranieri e incide negativamente sull’occupazione spingendo le imprese a mantenere una dimensione ridotta; mentre la riduzione del livello di corruzione favorisce l’avvio di nuove imprese, il radicamento di capitali e imprese straniere, rende più agevole la gestione delle attività pubbliche, incide positivamente sull’occupazione giovanile.
Non a caso il premier nel discorso di insediamento ha evidenziato la necessità di contrastare la corruzione e i suoi effetti: meno investimenti, riduzione dell’occupazione, dei redditi e dei consumi, delle entrate fiscali, della quantità e qualità dei servizi pubblici, lievitazione dei costi burocratici e del contenzioso contro cittadini ed imprese.
Un recente rapporto dell’Anac rivela che nel triennio 2016-2019 in Italia si sono registrati un episodio di corruzione a settimana e un arresto ogni 10 giorni. Il numero può sembrare piuttosto esiguo se rapportato ad un apparato pubblico di decine di migliaia di unità, ma risulta allarmante se si considera che i dati ufficiali (riferiti ai provvedimenti della magistratura) non forniscono una stima attendibile della reale entità del fenomeno corruttivo, che resta in larga misura sommerso e deve pertanto essere considerato molto più esteso di quanto lascino intendere le statistiche giudiziarie.
Le norme penali sono molto severe, ma si sono dimostrate inadeguate a contrastare il dilagare della corruzione a causa del ridotto numero di denunce, della difficoltà di scoprire e sanzionare i casi e di accertare il passaggio di denaro o il conseguimento di altri vantaggi, dei tempi lunghi delle indagini e dei processi, che richiedono svariati anni e spesso si interrompono a causa della prescrizione.
Per ovviare a queste criticità, la legge del 2012 ha imposto a tutte le amministrazioni, gli enti e le società pubbliche di perseguire come eventi corruttivi tutti i casi di malaburocrazia e violazione di norme, a prescindere dal conseguimento di denaro e dalla conclusione delle indagini penali, e di adottare un piano anticorruzione e una serie di strumenti per prevenire e contrastare il fenomeno: rotazione del personale, regole stringenti sul conflitto di interessi, codici di comportamento, tutela di chi segnala episodi corruttivi, incompatibilità specifiche per alcuni incarichi dirigenziali, obblighi di trasparenza per gli atti pubblici e i dati su dipendenti, dirigenti e amministratori, adozione di meccanismi di prevenzione del rischio di corruzione, informatizzazione e digitalizzazione dei procedimenti amministrativi, accesso generalizzato agli atti pubblici, misure di semplificazione dell’organizzazione burocratica e dell’attività amministrativa, controlli efficienti.
Queste norme consentono di anticipare, estendere e rendere più efficace il contrasto alla corruzione. Tuttavia le relazioni dell’Anac e della Corte dei conti rivelano che le amministrazioni e le società pubbliche le hanno applicate solo formalmente, come complessi e fastidiosi adempimenti burocratici. Il campionario delle elusioni è vasto: piani anticorruzione fotocopia, sostanziale inattuazione delle misure precauzionali imposte dalla legge e delle regole di semplificazione e trasparenza, controlli inefficaci, scarsa responsabilizzazione del personale, assenza di coordinamento tra il piano anticorruzione e quello della performance, scarso coinvolgimento di dirigenti e vertici politici.
Le sanzioni, inoltre, sono soltanto virtuali, poiché l’Anac non ha la struttura adeguata per verificare l’attività di venti regioni, oltre ottomila comuni e decine di migliaia di altri soggetti che svolgono funzioni pubbliche, e per verificare la legittimità di un infinta mole di atti. Questa allarmante situazione potrebbe notevolmente aggravarsi a causa dell’emergenza sanitaria, che impone di accelerare procedimenti e acquisti pubblici attraverso deroghe alle regole standard, riduzione e semplificazione dei controlli.
Basti pensare al regime speciale (provvisorio) per l’affidamento degli appalti pubblici introdotto dal cosiddetto decreto Semplificazioni, che estende l’applicazione delle procedure di urgenza per l’affidamento e la consegna dei lavori, amplia la possibilità di aggiudicare gli appalti senza gara, “taglia” numerosi adempimenti e controlli previsti dal Codice dei contratti, consente di procedere all’aggiudicazione delle gare e all’esecuzione dei lavori in deroga a ogni disposizione di legge (con pochi vincoli: il rispetto delle norme penali, della normativa antimafia e delle regole europee), accentra in capo ai commissari pressoché tutti i poteri di aggiudicazione ed esecuzione delle opere di particolare rilievo.
Queste norme, peraltro, vengono abbinate alle disposizioni che rendono non punibili gli sprechi di risorse pubbliche causati da grave negligenza, superficialità, mancanza del livello minimo di prudenza di dipendenti e amministratori pubblici, depotenziano il reato di abuso di ufficio ed introducono limiti all’annullamento dei contratti dichiarati illegittimi dai giudici amministrativi.
Questo regime speciale comporta un rischio concreto di proliferazione degli episodi di corruzione, degli sprechi e delle irregolarità negli acquisti pubblici. Non a caso le verifiche dell’Anac hanno evidenziato una vasta gamma di criticità: proliferazione degli affidamenti diretti, gare revocate, difformità dei servizi eseguiti rispetto a quelli appaltati, prodotti non certificati.
Per invertire la rotta è indispensabile garantire il rispetto delle norme sulla trasparenza, che facilitano i controlli; inserire l’adempimento delle misure anticorruzione tra gli indicatori di performance dei dipendenti pubblici che condizionano percorsi di carriera e retribuzione accessoria; prevedere controlli efficienti sulla qualità dei piani anticorruzione e sulla corretta attuazione delle misure previste; coinvolgere concretamente dirigenti e vertici politici nell’attuazione dei piani e renderne effettiva la responsabilità; rendere efficienti i procedimenti disciplinari.
Durante l’emergenza sanitaria, in particolare, è necessario compensare le deroghe alle regole che garantiscono la qualità e l’economicità dell’attività amministrativa e degli acquisti pubblici con controlli efficienti e misure che garantiscano la trasparenza di atti e contratti della Pa.
La soglia di adempimento alle regole anticorruzione potrebbe essere considerata come requisito per l’attribuzione di finanziamenti a società pubbliche ed enti locali, in modo da premiare le amministrazioni virtuose e sanzionare quelle inefficienti.
LA NOTTE DELLE NINFEE
Trascrizione dal libro, che ha lo stesso titolo, di Luca Ricolfi.
Parla della Pandemia da Coronavirus.
“Chiedo scusa al lettore se inizio con una digressione.
Ma è una digressione assolutamente necessaria. Anzi, forse è il centro del libro.
Se vogliamo capire dove, quando e perché si è sbagliato nella lotta all’epidemia, è assolutamente indispensabile comprendere come un’epidemia funziona. Qual è la sua aritmetica.
Non vi spaventate. L’aritmetica dell’epidemia è semplicissima, il problema è soltanto che è tremendamente controintuitiva. Ti insegna che dovresti fare il contrario di quel che il senso comune ti indurrebbe a fare.
Provo a spiegarla, questa benedetta aritmetica, con un esempio che si usa talora a scuola per spiegare ai ragazzi che cos’è una crescita esponenziale.
C’è uno stagno, e dentro lo stagno c’è una ninfea.
Come si sa, il numero di ninfee raddoppia ogni notte. Lo stagno ne può contenere fino a un migliaio, prima di saturarsi e far soffocare tutto ciò che contiene.
Il contadino – pescatore che custodisce lo stagno si sveglia al mattino e nota che, al posto della ninfea del primo giorno, ce ne sono 2.
Il giorno dopo, nota che sono 4. Il giorno dopo ancora, che sono 8. Dopo una settimana sono 128, e occupano poco più di un decimo della superficie dello stagno. Il custode non è preoccupato: penserà domani a ripulire lo stagno, in fondo in sette giorni le ninfee sono cresciute lentamente, meno di 20 ninfee al giorno.
Ma l’indomani è domenica, e il contadino – pescatore pensa: no, nel week end mi riposo, lo stagno lo ripulirò lunedì.
Lunedì le ninfee sono 512, ma il contadino – pescatore rimanda ancora una volta la pulizia al giorno dopo, e in una sola notte le ninfee diventano1024, riempiendo tutto lo stagno: ora è troppo tardi, perché in una sola notte le ninfee sono cresciute di numero quanto nei nove giorni precedenti. Lo stagno è saturo, tutta la vita animale e vegetale che conteneva è morta o sta morendo.
Questa, all’osso, è l’aritmetica di un’epidemia. I giorni del nostro apologo sono le settimane che, quando il contagio è in corso, un governo ha di fronte per intervenire. Lo scopo del governo, logicamente, è ripulire lo stagno in modo che ci siano poche ninfee. Il governo sa benissimo che non può eliminare tutte le ninfee ( il virus non si può azzerare ), ma vuole che lo stagno sia ragionevolmente pulito. Se no la vegetazione imputridisce, i pesci muoiono, le barche dei pescatori non riescono a muoversi. Fuor di metafora: l’economia muore.
Il governo è perplesso. Quando comincia a vedere un po’ troppe ninfee, vorrebbe ripulire lo stagno, ma per ripulirlo deve interdire la pesca per un certo tempo. I pescatori sono contrarissimi, preferiscono pescare zigzagando tra le ninfee piuttosto che stare fermi. il governo esita, pensando: aspettiamo ancora un po’, vediamo come va domattina. La mattina dopo ci sono ancora più ninfee, ma i pescatori non cedono: guai se fermate la pesca. Il governo non vuole irritare i pescatori e aspetta ancora un po’, sperando che le nuove ninfee non siano troppe, ma ancora una volta l’aritmetica non perdona: le ninfee raddoppiano ogni notte.
Un bel giorno, tutti vedono che lo stagno è quasi completamente coperto da ninfee. La pesca è diventata difficilissima, perché i pesci boccheggiano e non abboccano ( fuor di metafora: i consumatori non si muovono e non comprano ). A quel punto, e solo a quel punto, il governo trova il coraggio di intervenire: sospende la pesca, e comincia a ripulire lo stagno.
C’è un piccolo problema, però: ora che lo stagno è quasi tutto ricoperto di ninfee, per ripulirlo non basta una settimana, ma ci vogliono due mesi ( fuor di metafora: gli esercizi commerciali devono star chiusi due mesi, anziché una settimana soltanto ).
Per capire perché, dobbiamo parlare dell’aritmetica della ripulitura. Torniamo dal custode dello stagno, e supponiamo che la sua “capacità di ripulitura” sia di 16 ninfee al giorno. Supponiamo anche che le ninfee siano in parte nascoste, e che – per bene che vada – lo “spazzino di ninfee” possa eliminarle tutte meno un paio (questa ipotesi riflette il fatto che è difficilissimo scovare tutte le persone contagiose ).
Se lo spazzino interviene dopo sette giorni, ci sono 128 ninfee da eliminare e – a ritmo di 16 ninfee al giorno – per eliminarle quasi tutte occorrono circa otto giorni di sospensione della pesca (*) Ma, se lo spazzino interviene anche solo un giorno dopo, le ninfee da eliminare sono, nel frattempo, diventate 256, e occorreranno sedici giorni di sospensione della pesca. Se poi aspetta un altro giorno, le ninfee da eliminare diventano 512, e di giorni di sospensione ne occorreranno trentadue.
In breve, ogni giorno di ritardo costa otto giorni di sospensione della pesca. I pescatori – esercenti non sono stati lungimiranti: hanno convinto lo spazzino – governo a ritardare di due giorni la sospensione della pesca, e si ritrovano con una sospensione di trentadue giorni anziché di otto. Per guadagnare due giorni ora, ne perderanno trentadue ( anziché solo otto ) domani. Il bilancio costi – benefici è catastrofico.
Questa, in estrema sintesi, è la logica del governo di un’epidemia. Le cifre possono cambiare un po’ perché i contagiati non sono ninfee, e l’interazione governo – economia è più complicata di quella spazzino – pescatori. Ma il nucleo logico è implacabilmente lo stesso. Perché la legge fondamentale dell’epidemia è una sola: se vuoi fare qualcosa, più tardi lo fai più costerà caro a tutti.
Fuor di metafora: più il governo ritarda oggi a intervenire, più lungo e duro sarà il lockdown che dovrà imporre domani.
È precisamente questo che è capitato all’Italia, con la prima ondata e ancor più con la seconda. Il governo ha tergiversato a lungo, prima di decidere. E, quando ha deciso, ha ancora a lungo atteso prima di varare le misure più efficaci.
Ritardare gli interventi ci è costato decine di migliaia di morti non necessarie, e ci ha regalato la seconda ondata. Un evento che molti, con un misto di fatalismo e ingenuità concepiscono come ineluttabile, come un destino cieco cui nessun paese del mondo sarebbe potuto sfuggire.
Non è così. La seconda ondata era evitabile, tanto è vero che, fra le società avanzate, finora ben 10 su 25 non ne sono state colpite.
È ora di chiedersi come tutto questo sia stato possibile.”
(*) N.d.R.: mi permetto di chiosare criticamente l’algoritmo dell’autore Luca Ricolfi. Quando afferma che per eliminare 128 ninfee ci vogliono 8 giorni al ritmo di 16 ninfee al giorno, lui non tiene conto del fatto che, mentre in un giorno lo “spazzino di ninfee” elimina 16 ninfee, le altre presenti e vitali (128 – 16 = 112) continuano a prolificare e duplicarsi ogni notte. Schematicamente, lui supporrebbe che la replicazione si arresti, non si sa in virtù di cosa: la realtà è molto diversa dalla pura teoria. La metafora, tuttavia, rende molto bene l’idea.
Ricevo da una cara amica e riporto sottoscrivendo:
La vita sulla terra è un passo,
l’amore un miraggio,
ma l’amicizia è un “filo d’oro”….
lo sai?
L’infanzia passa,
la gioventù la segue,
la vecchiaia la rimpiazza,
la morte la raccoglie.
Il più bel fiore del mondo
perde la propria bellezza,
invece un’amicizia fedele
dura per l’eternità.
Vivere senza amici
significa morire
senza lasciare ricordi.
L’unica maniera
per realizzare
i propri sogni
è svegliarsi.
Roberto Benigni
Durante la guerra si pensa
solo a come andrà a finire.
E si rimanda la vita.
Christa Wolf Cassandra 1983
Ricevo da Efrem, amico recente, ma assiduo e competente lettore, questo contributo che apprezzo molto, senza piaggeria.
Un pensiero di Joel Dieker tratto dal romanzo “L’enigma della camera 622”.
“….La vita è un romanzo di cui si conosce già la fine: il protagonista muore.
La cosa più importante, in fondo, non è come va a finire,
ma in che modo ne riempiamo le pagine.”
N.d.R. : Non mi rimane che ribadire il concetto:
La vita è un morso
e conta solo
ciò che provi
mentre mordi.
Il resto è un torso.
Il peggio, per un perdente,
è il dover ammettere
di aver sbagliato.
Dal film “21”.
Amo molto parlare del nulla,
perché è l’unico argomento
di cui so tutto.
Oscar Wilde.