da QUORA
Scrive Bortignon, corrispondente di QUORA
È vero che Madre Teresa di Calcutta lasciava morire i malati dicendo che assumere medicinali li avrebbe fatti andare all’inferno?
In realtà la domanda fa sorgere delle ipotesi interessanti sostenute da alcune prove e fatti.
Nel 1995, nel suo scritto “The Missionary Position: Mother Teresa in Theory and Practice” Christopher Hitchens scrive:
“Lodava povertà, malattia e sofferenza come doni dall’alto, e diceva alle persone di accettare questi doni con gioia”
E, quando nel 2001 fu chiamato a testimoniare per la santificazione di Anjzë Gonxhe Bojaxhiu (il vero nome di Madre Teresa), disse:
“La sua celebre clinica di Calcutta in realtà non era altro che un ospizio primitivo, un posto dove la gente andava a morire. Un posto dove le cure mediche erano poche, se non assenti”
Successivamente anche il The Lancet ed il British Medical Journal denunciarono le scarse cure mediche prestate.
Lo scrittore indiano Aroup Chatterjee, nel suo manoscritto “Mother Teresa, the final verdict” critica le continue posizione politiche espresse da Teresa e ne critica anche la gestione monetaria delle donazioni.
Donazioni che sono state ricevute anche da personaggi discutibili, come l’ex dittatore di Haiti e Charles Keating, che donò all’associazione buona parte dei suoi proventi ricavati da truffe.
Nelle 60 lettere che Teresa scrisse e rilasciate nel libro “sii la mia luce” nel 2007, scrive:
C’è un oscurità terribile in me, come se qualsiasi cosa sia morto, sin dal primo giorno di lavoro.
Da questo piccolo estratto si può evincere una mancanza di lucidità da parte sua.
Una persona con questo genere di pensieri sarebbe stata allontanata dalla comunità medica e, continuando:
“Mormoro le preghiere della Comunità e mi sforzo per trarre da ogni parola la dolcezza che essa deve regalare, ma la mia preghiera di unione non esiste più, io non prego più”
Teresa, prima della sua morte, aveva chiesto esplicitamente di bruciare le lettere.
Serge Larivée, professor dell’Università di Montreal assieme a Geneviève Chénard e a Carole Sénéchal (psicologa dell’Università di Ottawa) proseguirono una ricerca su di lei, confrontando più di 300 documenti e scrivono una tesi dalla quale si evince che:
“il modo piuttosto discutibile di prendersi cura dei malati, i suoi contatti politici e, soprattutto, la sua gestione sospetta delle enormi somme di denaro che ha ricevuto con le donazioni”.
Infatti al momento della sua morte, la missionaria aveva aperto 517 missioni per accogliere i poveri ed i malati in più di 100 paesi.
Le missioni però sono state descritte come “case per moribondi” da parte di medici che le hanno visitate.
La mancanza di igiene, il cibo inadeguato e l’assenza di antidolorifici non erano legata ad un problema di soldi – la Fondazione creata dalla religiosa ha raccolto centinaia di milioni di dollari – quanto piuttosto ad una particolare concezione della sofferenza e della morte di Maria Teresa.
“C’è qualcosa di bello nel vedere i poveri accettare il loro destino, vederli soffrire la passione di Cristo. Penso che il mondo tragga molto giovamento dalla sofferenza della povera gente”
Così, Maria Teresa di Calcutta rispose alle critiche.