Numero2086.

 

A R T U R O   O V V E R O   L’ E L O G I O   D E L L A   P E N S I O N E.

 

Gastone è una commedia musicale teatrale di Ettore Petrolini, rappresentata per la prima volta nel 1924 al teatro Arena del Sole di Bologna. Si tratta di una satira, ironica ed amara, della società dello spettacolo degli anni venti, e dei personaggi meschini, avidi, invidiosi e gretti che vi fanno parte. Esemplare rappresentante di questo mondo di presunti artisti è il protagonista, appunto Gastone, istrionico e carismatico attore di varietà di infima categoria, dalla affabulante parlantina romanesca, squattrinato, demodè, dedito a mille vizi, corteggiatore di tutte le soubrette e ballerine, dai modi esagerati e teatrali ma fondamentalmente malinconico e solo.

Il personaggio di Gastone trae origine da una delle numerose macchiette create, negli anni ’10, dalla fantasia surreale, crepuscolare e demenziale di Ettore Petrolini : Il bell’Arturo, parodia del giovane affettato, svenevole e un po’ stolido.

Il personaggio di Gastone è divenuto uno stereotipo comico, per il suo atteggiamento istrionico e per la sua presenza scenica caricaturale, ed è stato portato sul palcoscenico e sul grande schermo da alcuni grandi attori romani: al cinema, ne fu interprete Alberto Sordi nel film di Mario Bonnard nel 1960; a teatro ne hanno invece vestito i panni interpreti come Fiorenzo Fiorentini, Mario Scaccia e, il più bravo di tutti, Gigi Proietti.

Ricordandomi di questo, ho attinto l’ispirazione per adottare ed adattare l’aria musicale di “Gastone le beau”, modificandone il testo, poiché l’ho trovata, fra tante, particolarmente adeguata allo scopo.
Sicuramente alcuni di voi la ricorderanno, ma, siccome  non a tutti può essere presente, ne farò una breve rievocazione.

Gastone/Petrolini si presenta sulla scena vestito con il frac, scarpe nere di vernice, camicia, sparato, panciotto, papillon tutto in bianco. In testa ha il tubo a cilindro, nella mano destra ha calzato un guanto, color bianco latte, a cui è attaccato, a penzolone, il guanto sinistro e impugna un bastone da passeggio di faggio laccato nero con pomello in finto avorio. Fra le dita della mano sinistra, tiene una sigaretta appena accesa, da cui aspira, con ricercata voluttà, una profonda boccata di fumo, che trattiene nella bocca aperta, per poi lasciarla fuoruscire molto lentamente.
Così, cattura su di sé l’attenzione generale del pubblico.
La canzonetta, è presentata e seguita da un breve parlato, che non va assolutamente trascurato perché parte integrante del testo. Ne esistono varie versioni, ognuna leggermente diversa dalle altre, perché Petrolini un po’ improvvisava dal vivo. Io ne ho fatto una sintesi, cercando di coglierne le sfumature più “saporite”.

 

Gastone, è la satira efferrata (efferata) del bell’artista cinematografico, fotogenico al cento per cento, pallido di cipria e di vizio, numero di centro del “varietè”, “danseur”, “diseur”, frequentatore dei “Bal – tabarins”, conquistatore di donne a getto continuo, il tre ore di buonumore, il ridere, ridere, ridere. Autore, interpetre (interprete) del suo repertorio, creatore. Creare significa mettere al mondo qualcosa che prima non c’era. Gastone, uomo incredibilmente stanco di tutto, affranto, compunto, vuoto, senza orrore di se stesso, uomo che emana fascino, uomo rovinato dalla guerra.

 

Gastone,

sei del cinema il padrone,,

Gastone, Gastone,

Gastone,

ho le donne a profusione,

e ne faccio collezione,

Gastone, Gastone.

 

Sono sempre ricercato

per le filme più bislacche,

perché sono ben calzato,

perché porto bene il fracche,

con la riga al pantalone,

Gastone, Gastone.

 

Tante,

mi ripeton “Sei elegante!”.

Bello,

non ho niente nel cervello!

Raro,

io mi faccio pagar caro,

specialmente alla pensione,

Gastone, Gastone.                    ( N.B.   Non sono riportate le tre strofe della seconda parte )

 

 

 

(Gastone/Petrolini attraversa il proscenio con un passo di danza, che accompagna il “refrain” della canzone).
Questa camminata l’ho inventata io.
(Mostra il guanto bianco a penzolone, attaccato all’altro, che è calzato).
Anche questa è una cosuccia mia.
È una cosuccia senza pretensioni (pretese), ma è mia. Non l’ho fatta neanche registrare. È di pubblico dominio. Altri (qualcun altro) avrebbe precisato: “Made in Gastone”. È una mia trovata e me la scimmiottano tutti i comiciattoli del varietà.
I miei guanti bianco latte, elegantissimi: guardateli!
Però, il guanto bianco latte è pericoloso….Una volta, sorbendo una tazza di latte, distrattamente, …..mi son bevuto un guanto.
Ma io non ci tengo, né ci tesi mai.

Quante invenzioni ho fatto io! Discendo da una schiatta di inventori, di creatori.

Mia sorella, si chiama Lina, è una creatrice: tutti lo sanno, la chiamano …..Creolina.

Mio padre ha inventato la macchina per tagliare il burro: una cosuccia da nulla, un pezzettino di legno ricurvo e, teso e legato alle estremità, un fil di ferro . Et voilà.

Mia madre, anche lei  era una grande inventrice, innanzitutto ha inventato me. Mia madre studiava economia, aveva il senso del calcolo e del risparmio sviluppato fino alla genialità.
Figuratevi, io mi chiamo Gastone, lei mi chiamava Tone,….Tone, per risparmiare il Gas.
Infatti, il mio diminutivo è Tone….tutti mi chiamano Tone….quante donne si contenterebbero di mangiare pan e… Tone.
Ma io non ci tengo, né ci tesi mai.

A me mi ha rovinato la guerra. Se non era per la guerra, a quest’ora stavo a Londra. I londrini (londinesi), per me, vanno pazzi.
Dovevo andare a Londra come musicista: dovevo musicare l’orario delle Ferrovie.
Ma io non ci tengo, né ci tesi mai.

Io sono molto ricercato: ricercato nel parlare, ricercato nel vestire, ricercato dalla Questura.
Io sono molto ricercato, anche perché porto molto bene il fracche: ovunque io vado, porto quell’onda di signorilità che manca agli altri comici del varietà.
Io sono nato con il fracche. Anzi, quando sono nato, mia madre mica mi ha messo le fasce, macché! Un fracchettino. Camminavo per casa che sembravo una cornacchia (o un pinguino).
Ma io non ci tengo, né ci tesi mai.

E poi, sono il cantante aristocratico, sono grande nella dizione, sono il “fine dicitore”.

Adesso vi faccio sentire tutto il succo del mio ingegno, con un saggio della mia dizione.
Io sono, come vi ho detto, il “fine dicitore” e tutto ciò che dico è veramente profondo.
Io non ci tengo, né ci tesi mai, però fate attenzione a questo mio soliloquio così denso di pensiero.
Non fermatevi alla superficie, ascoltate bene quello che c’è dentro, quello che c’è sotto. È il mio motto: “Sempre più dentro, sempre più sotto”.

Se l’ipotiposi del sentimento personale, prostergando i prolegomeni della subcoscienza, fosse capace di reintegrare il proprio subiettivismo alla genesi delle concomitanze, allora io rappresenterei l’autofrasi della sintomatica contemporanea, che non sarebbe altro che la trasmificazione esopolomaniaca.

Che ve ne pare? Che bel talento eh?

Ma io non ci tengo, né ci tesi mai!

 

Questa è la parodia di Petrolini.

E quella che segue è la parodia della parodia, di Alberto per il suo amico Arturo, dal titolo:

 

A R T U R O   O V V E R O   L’ E L O G I O   D E L L A   P E N S I O N E.

 

Arturo,

ti sorriderà il futuro,

Arturo, Arturo,

Arturo,

sì, nel tempo tuo venturo,

sarà tutto meno duro,

Arturo, Arturo.

 

Senza andare al lavoro,

non avrai molto da fare

e, senza alcun deploro,

farai quello che ti pare :

sarà l’ ozio di Epicuro,

Arturo, Arturo.

 

Tanti

I momenti rilassanti,

bello

riposare il cervello.

Raro?

Per te non sarà avaro

Il tuo tempo, di sicuro,

Arturo, Arturo.

 

Arturo,

oramai tu sei maturo,

Arturo,Arturo,

Arturo

fai con calma, ti scongiuro,

mai a ritmo di tamburo,

Arturo, Arturo.

 

Se qualcuno ti ha cercato,

tu farai l’indifferente,

sarai troppo occupato

a non fare quasi niente:

il riposo è duraturo,

Arturo, Arturo.

 

Si dice

che ti senti già felice,

la flemma

ti risolverà il dilemma.

Domattina,

ti farai una dormitina

e dirai “non me ne curo”,

Arturo, Arturo.

 

 

 

Caro Arturo,

il tempo della pensione è tutto ciò che ti resta della tua vita. Utilizzalo nel modo migliore, affinché diventi il periodo più bello. Non dipende dagli altri. Finalmente, dipenderà solo da te.
Auguri!

Alberto.     Con gli amici del Tennis Club Martignacco.

 

Martignacco,  22 Ottobre 2020.

 

 

 

 

 

Numero2077.

 

E U T A N A S I A

 

Comincio dal GIURAMENTO DI IPPOCRATE (Testo moderno):

Giuramento moderno

Il giuramento, nella forma qui sotto riportata, è stato deliberato dal comitato centrale della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri il 13 giugno 2014. La versione precedente risaliva al 2006.

«Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro:

  • di esercitare la medicina in autonomia di giudizio e responsabilità di comportamento contrastando ogni indebito condizionamento che limiti la libertà e l’indipendenza della professione;
  • di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona cui con costante impegno scientifico, culturale e sociale ispirerò ogni mio atto professionale;
  • di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute;
  • di non compiere mai atti finalizzati a provocare la morte;
  • di non intraprendere né insistere in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, senza mai abbandonare la cura del malato;
  • di perseguire con la persona assistita una relazione di cura fondata sulla fiducia e sul rispetto dei valori e dei diritti di ciascuno e su un’informazione, preliminare al consenso, comprensibile e completa;
  • di attenermi ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona;
  • di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina, fondato sul rigore etico e scientifico della ricerca, i cui fini sono la tutela della salute e della vita;
  • di affidare la mia reputazione professionale alle mie competenze e al rispetto delle regole deontologiche e di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
  • di ispirare la soluzione di ogni divergenza di opinioni al reciproco rispetto;
  • di prestare soccorso nei casi d’urgenza e di mettermi a disposizione dell’Autorità competente, in caso di pubblica calamità;
  • di rispettare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che osservo o che ho osservato, inteso o intuito nella mia professione o in ragione del mio stato o ufficio;
  • di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della professione.»

 

Il termine eutanasia, che letteralmente vuol dire “buona morte” (dal greco eu, “bene”, e thànatos, “morte”), indica i trattamenti volti a procurare la morte di un individuo le cui condizioni di vita, in conseguenza di una patologia inguaribile, sono ritenute insopportabili, degradanti o lesive della sua dignità.

La vita può essere considerata un bene “disponibile” oppure “indisponibile” per l’uomo?

Qual è il confine fra cura ed “accanimento terapeutico”?

Il medico ha il dovere morale di curare sempre e comunque una persona libera e dotata di autodeterminazione?

 

Se è vero che il medico ha il dovere morale di curare un paziente,  quest’ultimo, in base alla legge vigente in Italia, può decidere di accettare o meno un trattamento sanitario.

Il medico, in questo caso, ha solamente l’obbligo di informare il paziente in merito alle modalità di esecuzione delle terapie, ai benefici, agli effetti collaterali, oltre alla eventuale esistenza di valide alternative.

Occorre trovare un equilibrio che rispetti, da una parte, l’autonomia decisionale dell’individuo, che è espressione di libertà, dall’altra la facoltà di “imporre” le cure appropriate, laddove la ricerca medica lo consenta.

Se la bioetica cattolica afferma il principio della sacralità della vita, quella laica difende il principio della “qualità della vita”: essa ritiene, cioè, che l’uomo sia artefice della propria esistenza e che, quindi, competa a lui stabilire i criteri a cui ispirarsi per tutelarla dal punto di vista qualitativo.

Per la bioetica cattolica, la vita è un valore assoluto da difendere a prescindere dalle singole biografie.
Per la bioetica laica, la vita, di cui bisogna preservare la qualità, è quella individuale.
La bioetica cattolica rifiuta, in linea di principio, ogni intervento medico e tecnico che modifichi lo sviluppo naturale voluto da Dio.
La bioetica laica, invece, considerando la vita come un bene “disponibile” per l’uomo, ritiene che tali interventi siano leciti nel momento in cui venga meno un soddisfacente livello della qualità della vita. Secondo tale principio, il criterio fondamentale non è più l’obbedienza ad un dovere assoluto, ma è la considerazione del benessere degli individui coinvolti e/o del rispetto delle scelte individuali.
Infatti, siamo assolutamente certi che la vita sia sempre preferibile alla morte? Il dolore e la sofferenza che una persona sperimenta durante una malattia possono risultare incomprensibili a chi non li vive in prima persona..
Per la bioetica laica, quando un malato terminale è costretto, contro la propria volontà, a sopportare queste difficoltà, non è più possibile parlare di cura, ma esclusivamente di accanimento terapeutico.

 

Per un più ampio approfondimento di questo tema, invito il lettore a dedicare un po’ di tempo al Numero2067.

Numero2071.

 

Rispondo all’amico Efrem pubblicando il suo contributo, prezioso e condiviso, a commento del Numero2067.

 

Ritenere che la morte

sia la fine della vita

è come credere che

l’orizzonte sia la fine del mare.

 

…. e commento, a mia volta: perfetta sintonia di pensiero.

Grazie e a presto sul campo da tennis.

Numero2068.

 

Dopo aver ascoltato, su YOUTUBE, una bella canzone della mia gioventù, leggo, fra i tanti dello stesso tenore, un commento rilasciato da un utente:
“….che tempi! Non avevamo niente e avevamo tutto. Oggi i giovani hanno tutto ma, poverini, non hanno niente!”

Numero2055.

 

8   P I E C E S   O F   W I S D O M   T H A T  C A N   C H A N G E   Y O U R   L I F E.

 

1 – Words are powerfull, use them wisely.

2 – People come and go, but the right ones stay.

3 – You are doing enough, even if it doesn’t feel like it.

4 – Failure is when you don’t try.

5 – Random acts of kindness make everyone feel better.

6 – Live for to day, not for tomorrow.

7 – Never look back, there is nothing there for you.

8 – Overthinking kills happiness.

 

8   P E Z Z I   D I   S A G G E Z Z A   C H E   P O S S O N O   C A M B I A R E   L A   T U A   V I T A.

 

1 – Le parole sono potenti, usale con saggezza.

2 – Le persone vanno e vengono, ma quelle giuste rimangono.

3 – Stai facendo abbastanza, anche se non ti sembra.

4 – Il fallimento è quando non ci provi.

5 – Gli atti casuali di gentilezza fanno sentire tutti meglio.

6 – Vivi per oggi, non per domani.

7 – Non guardare mai indietro, lì non c’è niente per te.

8 – Il pensiero eccessivo uccide la felicità.

 

 

 

Numero2054.

 

7   R U L E S   O F   L I F E.

 

1 – Make peace with your past, so it doesn’t affect the present.

2 – What others think of you is none of your business.

3 – Time heals almost everything, give it time.

4 – Don’t compare your life to others an don’t judge them: you have no idea what their journey is all about.

5 – It’s all right not to know all the answers. They will come to you when you least expect it.

6 – You are in charge of your happiness.

7 – Smile. You don’t own all the problems in the world.

 

7   R E G O L E   D I   V I T A.

 

1 – Fai pace con il tuo passato, in modo che non influenzi il presente.

2 – Quello che gli altri pensano di te non sono affari tuoi.

3 – Il tempo guarisce quasi tutto, dagli tempo.

4 – Non confrontare la tua vita con quella degli altri e non giudicarli: non hai idea di cosa sia il loro viaggio.

5 – Va bene non sapere tutte le risposte. Verranno da te quando meno te lo aspetti.

6 – Sei responsabile della tua felicità.

7 – Sorridi. Non possiedi tutti i problemi del mondo.

 

 

 

Numero2046.

 

T H I N G S   Y O U   D O N’ T   N E E D   T O   A P O L O G I Z E   F O R.

 

01 – Loving someone.

02 – Saying no.

03 – Following your dream.

04 – Taking “me” time.

05 – Your priorities.

06 – Ending a toxing relationship.

07 – your imperfections.

08 – Standing your ground.

09 – Delay in your response.

10 – Telling the truth.

 

C O S E   DI   C U I   N O N   H A I   B I S O G N O   D I   C H I E D E R E   S C U S A.

 

01 – Amare qualcuno.

02 – Dire no.

03 – Seguire il tuo sogno.

04 – Prendere tempo “per te stesso”.

05 – Le tue priorità.

06 – Finire una relazione tossica.

07 – Le tue imperfezioni.

08 – Stare saldo sul tuo terreno.

09 – Ritardo nella tua risposta.

10 – Dire la verità.

Numero2044.

 

L I F E   I S   A N   E C H O.

 

What you send out – comes back.

What you sow – you reap.

What you give – you get.

What you see in others – exist in you.

Do not judge – so, you will not be judged.

Radiate and give love – and love will come back to you.

 

L A   V I T A    È   U N’   E C O.

 

Quello che mandi – ritorna.

Quello che semini – raccogli.

Quello che dai – ottieni.

Quello che vedi negli altri – esiste in te.

Non giudicare – quindi non sarai giudicato.

Irradia e dai amore – e l’amore tornerà da te.

Numero2041.

 

S H A K E S P E A R E   S A I D ….

 

I always feel happy.. You know why?

Because I don’t expect anything from anyone.

Expectations always hurt. Life is short.

So love your life. Be happy. And keep smiling.

Just live for yourself and….

 

before you speak, listen.

Before you write, think.

Before you spend, earn.

Before you pray, forgive.

Before you hurt, feel.

Before you hate, love.

Before you quit, try.

Before you die, live.

 

S H A K E S P E A R E   H A   D E T T O…..

 

Mi sento sempre felice. Tu sai perché?

Perché non mi aspetto niente da nessuno.

Le aspettative fanno sempre male. La vita è breve.

Quindi, ama la tua vita. Sii felice. E continua a sorridere.

Vivi solo per te stesso e….

 

prima di parlare, ascolta.

Prima di scrivere, pensa.

Prima di spendere, guadagna.

Prima di pregare, perdona.

Prima di soffrire, senti.

Prima di odiare, ama.

Prima di mollare, prova.

Prima di morire, vivi.

Numero2040.

 

B E   L I  K E   A   T R E E.

 

Be like a tree.

Stay grounded.

Connect with your roots.

Turn over a new leaf.

Bend before you break.

Enjoy your unique natural beauty.

Keep growing.

 

S I I   C O M E   U N   A L B E R O

 

Sii come un albero.

Rimani con i piedi per terra.

Connettiti con le tue radici.

Trasformati in una nuova foglia.

Piegati prima di spezzarti.

Goditi la tua bellezza naturale unica.

Continua a crescere.

 

 

 

 

Numero2022.

 

Segnalata da Alexis

 

Quello che mi ha sempre

sorpreso di più negli

uomini dell’Occidente,

è che perdono la salute

per fare i soldi

e poi perdono i soldi

per recuperare la salute.

Pensano tanto al futuro

che dimenticano di vivere

il presente, in maniera tale

che non riescono a vivere

né il presente né il futuro.

Vivono come se

non dovessero morire mai

e muoiono come se

non avessero mai vissuto.

 

Dalai  Lama.

Numero2016.

 

R I F L E S S I O N E

 

Il mondo non sarà mai

dei cretini istruiti,

sarà, bensì, retaggio

dei saggi istruiti.

Non sembri una banalità,

perché la parola chiave,

quella che fa la differenza,

non è “cretini” o “saggi”,

ma, piuttosto, “istruiti”.

Di solito, un giovane

è più cretino che saggio;

di converso, un vecchio

è più saggio che cretino.

Comunque sia, la loro istruzione

sarà sempre discriminante.

Talvolta accade che un giovane,

cretino, abbia successo.

Se non sarà istruito, questo

successo sarà effimero,

perché dipende solo

dalla sua gioventù.

Ma, più spesso, un vecchio,

saggio, non avrà séguito,

pur essendo istruito,

perché non cercherà il successo,

gli basterà l’istruzione,

che sarà il premio a se stesso.

La sua “cultura di vita” è

il suo successo autoappagante.

Ma, in questo rinchiudersi

nella sua “turris eburnea”,

c’è un anello debole

nella catena di trasmissione

della cultura di un popolo, che

è una continua sedimentazione,

una stratificazione dei “saperi”

condivisi perché comunicati.

Un vecchio saggio non può

permettersi il lusso di portare

con sé, nella tomba, il “tesoro”

della sua cultura, cioè le conoscenze,

le sensibilità, le esperienze migliorative,

che hanno accompagnato il suo

personale percorso di vita.

Deve spargerlo ed espanderlo,

per condividerlo e metterlo

a disposizione degli altri,

se non di tutti, almeno di coloro

che ne sapranno cogliere la traccia.

Solo così, potrà ritagliarsi

una piccola fetta di eternità.