Numero2015.

 

Segnalata da mio nipote Stefano

 

D E T T O   I N D I A N O

 

Una sera un anziano capo Cherokee

raccontò al nipote la battaglia

che avviene dentro di noi.

Gli disse: “Figlio mio, la battaglia è

fra due lupi che vivono dentro di noi.

Uno è infelicità, paura, preoccupazione,

gelosia, dispiacere, autocommiserazione,

rancore, senso d’inferiorità.

L’altro è felicità, amore, speranza,

serenità, gentilezza, generosità,

verità, compassione”.

…. Il piccolo ci pensò su un minuto,

poi chiese: “Quale lupo vince?”

L’anziano Cherokee rispose semplicemente:

“Quello a cui dai da mangiare”.

Numero2014.

 

 

La prima qualità di un onest’uomo

è il disprezzo della religione,

che ci vuole timorosi della cosa

più naturale del mondo, che è la morte,

odiatori dell’unica cosa bella

che il destino ci ha dato, che è la vita,

e aspiranti ad un cielo dove

di eterna beatitudine vivono solo i pianeti,

che non godono né di premi,

né di condanne, ma del loro moto.

 

Umberto Eco.

Numero2000.

 

 

S O N O   A R R I V A T O   A L   N U M E R O   2 0 0 0

 

 

Con questo “Numero 2000”, ho doppiato e raddoppiato, in un colpo solo, il  traguardo che mi ero prefissato, quando, un anno e mezzo fa, avevo cominciato a scrivere, in questo BLOG, i primi semplici e brevi aforismi. Pensavo, allora, che raggiungere il Numero 1000, sarebbe stato un risultato prestigioso, di cui andare fiero.
Prova ne sia che l’indirizzo del BLOG era millemotti.mooo.com e tale è rimasto.
Da poco è diventato millemotti.alby.info.
Il neologismo “millemotti”, oltre che a parodiare la raccolta di novelle orientali “Mille e una notte”, voleva significare che mille parole o frasi o detti o aforismi o citazioni, avrebbero potuto bastare per illustrare ed esprimere quello che, nel sottotitolo, è così enunciato: “Cosa ci insegna la vita….testamento spirituale di un libero pensatore”.
Ma così non è stato. Arrivato al fatidico Numero1000, mi sono chiesto: “Mille, non più mille”? Mi sono guardato dentro e….non ho esitato neppure un attimo a decidere di andare oltre, di proseguire nella ricerca e nella stesura di altre cose da scrivere. L’impresa, per quanto ardua, mi ha preso la mano e, per mano, mi ha condotto fino qui, senza fatica e senza pentimento. Anzi, con entusiasmo.
Ed è così, che il titolo del BLOG è diventato “Mille e più motti”.

Però, giunto a questo punto, vi chiederete cosa mi ha spinto a intraprendere questo viaggio, così eclettico, caleidoscopico e multidisciplinare, dentro “il cammin di nostra vita”, andando a ripescare, a rinverdire, a riscoprire, ad attualizzare quelli che sono stati e sono gli interessi della mia esistenza di essere umano “curioso”.
Qua e là, fra i Numeri, vi potreste accorgere che diversi degli argomenti, dei consigli, degli ammonimenti, che vi sono contenuti, sono rivolti a mio figlio.
Dirò qui, e solo ora, con un certo pudore e patema d’animo, che mio figlio ed io abbiamo avuto un percorso di vita in comune travagliato, ostacolato e saltuario, nei primi suoi anni da bambino e, poi, da fanciullo. Non per nostra volontà, tutto sommato, ma così è stato. Fino ai primi suoi anni delle elementari, non ci siamo visti: ci siamo mancati. Non so quanto io a lui, ma lui a me tanto. Ho perso il periodo più bello del nostro rapporto, quando avrei potuto dargli, con l’esempio e la parola e con il quotidiano esercizio sentimentale, quel bagaglio paterno di “algoritmi” di vita, di affetto, di sensibilità, di amore per la cultura che accompagnano, poi, il percorso del resto della vita.

Per fortuna, negli anni che seguirono, abbiamo recuperato, e alla grande, quello che ci era mancato e, sempre più, il nostro rapporto si è consolidato in una normalità, non sembri un paradosso o un ossimoro, eccezionale.
Ma, ho spesso avuto la sensazione di dovergli qualcosa di me, che non avevo avuto la possibilità e l’occasione di dargli, negli anni di mancata frequentazione e vicinanza.. Adesso, lui nel fiore della vita, a 35 anni, e io nella fase calante della mia parabola, ho pensato di dedicargli e di lasciargli questo BLOG, dove troverà, quando avrà voglia di cercarlo, suo padre: i suoi pensieri, il suo modo di ragionare, il suo progetto per la vita, i suoi interessi intellettuali, culturali, i suoi valori affettivi, psicologici, umani.
Di cose materiali, non ho molto da lasciagli. Per la sua vita, saprà lui come fare.
Ma ci tenevo proprio tanto a lasciargli di me, e dell’unica mia ricchezza, questo “testamento spirituale”, come risarcimento di quegli anni, all’inizio della sua giovane vita, quando non ho potuto essere, per lui, il suo papà.

Adesso, che viviamo ognuno la propria vita e siamo lontani, abbiamo un rapporto che ci fa sentire vicini, più che mai. E così saremo, finché…..
Ma, dopo aver detto di quale sia stata la molla che mi ha spinto alla stesura di questo BLOG, devo affrontare, adesso, il tema di un eventuale progetto futuro.  Mi sono, infatti, seriamente interrogato se avrei avuto la volontà e la forza di pormi un altro traguardo e fino a dove.
Dunque, dopo questo Numero 2000, tre sono le opzioni che mi si prospettavano:

1 – Commiato e conclusione.

2 – Aggiornamento e revisione.

3 – Ripartenza e prosecuzione.

Al punto 1: dovrei chiudere qui la pubblicazione e “accontentarmi” dell’esistente, che, però, non è poco. Potrebbe essere sufficiente.

Al punto 2: potrei dedicarmi a perfezionare, rivedendolo, ampliandolo e correggendolo, tutto il contenuto. Sarebbe un bel lavoro, anche impegnativo.

Al punto 3: sceglierei di proseguire, a partire da questo Numero 2000,  senza prefissarmi il traguardo, troppo ambizioso, di raggiungere il Numero 3000.

Indovinate quale è stata, dopo un lungo esame di coscienza, la mia scelta?

Ma, sì, vado avanti! Prendo l’opzione del punto 3. Dove arrivo, arrivo. Tanto, ormai, il più è fatto e, magari, mi resta di cercare ed affrontare, con spirito rinnovato e, forse, diverso nuovi rigurgiti, inediti stimoli, effetti collaterali inaspettati. Ultimamente, poi, mi avvalgo anche della collaborazione delle persone a me più vicine e care, che mi suggeriscono cose che loro sanno interessanti per me. Io le passo al vaglio ed eventualmente le pubblico.
Potrebbe essere ancor più “divertente”, parlare , a ruota libera come sempre, anche di ciò che ci riserva il futuro. Di questo nulla sappiamo, ma potremo, insieme, farcene un’idea: almeno tenterò di farlo io e la condividerò con voi.

Alexis, figlio mio unico e caro, scusami se mi rivolgo direttamente e pubblicamente a te, in prima persona. Ma è solo per rendermi più agevole la stesura del discorso che sto per rivolgerti. Voglio parlarti, adesso e prima che sia troppo tardi, ancora una volta, della vita. Non della mia, dalla quale traggo l’esperienza che mi fa parlare, ma della tua, quella che ti aspetta.
Dopo aver disseminato, in questo Blog, numerosi Numeri che trattano questo argomento, magari in forma  sintetica e spicciola, ora sento il bisogno di andare più in profondità su questo tema, anche allargando lo scenario.

Ho immaginato e cercato di trovare un taglio e un approccio meno didascalici e un po’ più discorsivi, per evitare di essere un barboso o magniloquente dispensatore di sermoni, ed essere più leggero e delicato possibile nella comunicazione.
Tu sai che la forma migliore che si può dare ad un messaggio, per trasmettere un qualsiasi contenuto, è il simbolismo, o la metafora, o l’allegoria, o la similitudine, o la parafrasi, o il paradigma, o il paragone, o la parabola, o il parallelismo, o l’affabulazione (racconto di favole). Queste sono le formule che hanno avuto, sempre e dovunque, il massimo successo. Perché?
Perché, semplicemente, ricorrono all’astrazione, all’idealizzazione, alla metafisica, alla sublimazione, insomma, al mito: si spogliano del “qui e ora” e valgono per sempre e dovunque, acquisendo il carisma della smaterializzazione, della atemporaneità, della trascendenza, diventando perenni e, quasi, immortali.
Le idee, i concetti, i principi morali, religiosi, politici, filosofici, estetici o, anche, le mode, persino le più deteriori, volano per il mondo e nella storia sulle ali delle immagini, delle icone, delle pareidolie. Talvolta sono “fake” (false) o “kitch” (di cattivo gusto), e così riescono a trovare, comunque e purtroppo, ricezione: basta uno “slogan” azzeccato per istituzionalizzare il cosiddetto “Immaginario collettivo”.
Ebbene, ho trovato una buona metafora per parlarti della vita, almeno credo.
E, provo ad esportela, così come l’ho immaginata.

Hai presente le regate in barca a vela, tipo l'”America’s Cup”?
Non so quanto ti siano familiari, quei tipi di gare, e quanto tu ne sappia di marineria. Neanch’io ne sono un esperto, semplicemente le conosco. Proverò a spiegartele, con quel poco che ne so, cammin facendo.
Innanzi tutto, intendo riferirmi alle competizioni “di flotta”, dove, cioè, gareggiano molte imbarcazioni, tutte assieme contemporaneamente, ciascuna contro tutte le altre, e non ai, cosiddetti, “match race”, dove si sfidano solo due barche, una contro l’altra.
Il percorso, sul campo di gara, è a forma triangolare; si parte da una linea di partenza virtuale, compresa fra due barche ferme, e il primo lato del triangolo viene percorso sino a raggiungere la prima boa. Le barche girano attorno a questa boa per, poi, fare rotta verso un altro traguardo intermedio, una seconda boa.  Doppiata anche questa boa, secondo vertice del triangolo, si torna alla linea di partenza, terzo vertice del triangolo, che è anche il traguardo finale. Gli organizzatori della gara scelgono il braccio di mare, in cui  si svolge la competizione, in un sito dove la direzione del vento non è mai costante: tira, sì, prevalentemente verso una certa direzione, ma le correnti d’aria cambiano continuamente, anche in conseguenza di variazioni climatiche, di pressione, di temperatura, del moto ondoso, della copertura nuvolosa, eccetera.
Lo Skipper, il conduttore o timoniere, che si avvale della consulenza costante di un “tattico di gara”, cioè di colui che studia continuamente il vento e le sue variazioni, ha a che fare, per tutta la gara con molte, imprevedibili e casuali variabili, una indipendente dall’altra, che rendono la guida della barca un rebus continuo. L’abilità dello Skipper è quella di adottare, con prontezza, pazienza, sagacia e grande intuizione, tutti gli accorgimenti per essere sempre nelle migliori condizioni di vento possibili e compatibili con la situazione. Solo così si vince la gara, o si ottiene un buon piazzamento.

Man mano che ti descrivo lo svolgimento di questa gara, sicuramente hai cominciato ad intuire il parallelismo con l’andamento della nostra vita.

Prima della partenza, tutte le imbarcazioni si trovano in un “recinto” dove si preparano allo “start” che viene dato  con un colpo, sparato da un cannoncino, allo scadere di un tempo prefissato (mi pare 10 minuti). Durante questa fase preparatoria, tutti i concorrenti cercano di trovare la posizione migliore di partenza, restando sempre in movimento, cioè “nel vento”, anche ostacolando o infastidendo i rivali concorrenti, un po’ come avviene fra i canapi del “Palio di Siena”, prima del “via” del mossiere.
Al colpo del cannoncino tutti partono: chi esce a destra, chi esce a sinistra, chi al centro, a seconda della sensibilità e della strategia programmata di ogni team, tenendo conto anche delle caratteristiche, tutte diverse, di ciascuna imbarcazione. C’è una barca che è pesante, poderosa, che porta una velatura imponente, più adatta, per dire, ad un vento forte; e c’è un’altra che, invece è molto agile e manovrabile, con un volume velico più ridotto, che può sfruttare meglio le brezze leggere. Ogni barca si avvia, dirigendosi verso quella parte del campo di gara, dove ritiene di poter trovare le condizioni di vento migliori per le proprie caratteristiche. Il primo lato del triangolo o, meglio, la linea virtuale o ideale da seguire per raggiungere la prima boa, non è quasi mai quella a favore di vento, che invece, spira obliquamente rispetto a questa linea. C’è, allora una ricerca continua, di approssimare, compensando, la linea da seguire con la migliore spinta possibile del vento a disposizione: bisogna sfruttare il vento, aggiustando e modificando continuamente la velatura, per mezzo dei verricelli azionati dall’equipaggio. (Consulta il Numero669).

Ecco, Alexis, tu, coi tuoi 35 anni fra poco, stai per raggiungere la tua prima boa.
Alla luce di questa metafora velica, puoi dire di doppiarla in discreta, se non buona posizione, nel novero dei concorrenti. Sei dotato di una buona barca, hai acquisito esperienza e sicurezza, col tuo bagaglio di conoscenze tecniche e professionali, hai buona tenacia e buon carattere. Lavorare non ti spaventa.
Anche se, finora, e come tanti della tua età, non hai ancora raggiunto traguardi soddisfacenti, tuttavia puoi credere in te stesso, per quello che hai impostato e preparato per un ottimo secondo lato del triangolo. Hai fatto dei tentativi, alcuni abortiti, altri più felici e formativi, ma in ogni incarico ti sei speso al meglio dando a te stesso e agli altri una buona immagine di te.
Adesso viene il bello e, speriamo, il meglio.
Ma, attenzione, il secondo lato del triangolo è quello più impegnativo.
La direzione è cambiata, così come il vento: adesso, il vento è contrario.
Ma lo è per tutti. E allora come si fa? Bisogna procedere “di bolina”, vale a dire che, per andare avanti, bisogna “risalire il vento”, mantenendo, rispetto alla direzione dello stesso, un angolo compreso fra i 60 e i 37 gradi, a seconda del tipo di barca. Si deve creare una risultante vettoriale, limitata ma reale, che permette alla barca di avanzare ugualmente anche andando contro vento. Detto in soldoni.
E c’è parecchio lavoro da fare, specialmente per l’equipaggio: per tutte le miglia della linea ideale di navigazione, bisogna continuamente modificare l’assetto delle vele, spostandole da un bordo all’altro (“strambare”, in gergo marinaresco) , agendo in perfetta sincronia con l’azione del timoniere.  Per gli spettatori è straordinario assistere a tutte queste spasmodiche operazioni: per gli uomini in manovra ai “winches” (verricelli), è una faticaccia . Ci vuole un gran lavoro di squadra, affiatamento, coordinamento e….sudore.
Nel tuo secondo lato della vita, quello di ” bolina” (bowlines = cavi di prua), sarai, tutto in uno, “tattico” e “Skipper”. Forse potrai delegare solo le mansioni di fatica, ma non ti dovranno mancare energia nervosa, lucidità mentale e grande intuizione. Qui si vince la gara: qui si fa la differenza.
Non ti spaventare, ma preparati.
Attenzione a non sbagliare i tempi: una manovra scoordinata potrebbe compromettere la gara. Guardati intorno assiduamente e attentamente, e cerca di prevedere e prevenire le conseguenze di colpi di vento anomali: sono sempre in agguato. Lascia perdere l’azzardo o la ricerca dell’occasione fortunata, non ti inventare nulla che sia al di fuori del tuo controllo. Fai con quello che hai: sarà ben fatto. E, nella difficoltà, imponiti sempre di rimediare, di recuperare; non svenderti, non abdicare, non rinunciare, non mollare. Mai!

Doppiata anche la seconda boa, non ti rimane che dirigerti verso il punto da cui sei partito: sarà il traguardo. Si sale sul podio soltanto se la condotta in tutti i tratti di percorso della regata avrà dato una sommatoria ottimale di performance.
Adesso la barca si allinea, dritto per dritto, nella direzione dell’arrivo e, stavolta e finalmente, col vento in poppa. Avrai issato lo “spinnaker”, la vela più ampia, e raccoglierai tutta la potenza del vento. Non ci saranno le frenetiche manovre della “bolina”, ma ci sarà da vigilare parecchio. Magari succederà che qualche tuo avversario,  dotato di una barca più potente della tua, ti si metta dietro ed impedisca al vento di gonfiare le tue vele, perché sarà lui a sfruttarne il soffio. Allora, dovrai zigzagare alacremente e frequentemente (“strambate” di poppa), per evitare di essere “coperto” e  riuscire a ricevere sempre abbondante aria ed energia di spinta. Come vedi, non c’è mai pace in questa regata che si chiama vita. Proprio quando speri di tornare verso casa, tranquillo in buona classifica, godendo della tua posizione di privilegio che ti sei così faticosamente conquistata, ebbene, anche allora ci sarà da lottare per difendere ciò che ti sarai meritato.

Il parallelismo, fra le fasi della vita e le fasi della regata velica, adesso, credo ti sia chiaro.
Il carosello, nel recinto, che precede la partenza è la tua infanzia: la preparazione alla vita. Scaramucce, dispetti, giochi, finte, capricci e qualche scorrettezza, tanto per vedere come va a finire, con il salvacondotto della puerilità.
Il primo lato del triangolo, verso la prima boa, è la tua giovinezza: pieno di energia, ti spendi in tentativi, anche commettendo errori e perdendo tempo.
Ma è il periodo più formativo e più fecondo, quello che ti dà la dote, di determinazione e di conoscenze, che ti permetterà , più avanti, di mettere a buon frutto il tuo impegno e i tuoi sacrifici.
Il secondo lato del triangolo, quello “di bolina” è il più importante e determinate per la tua vita. Per quanto impegnativa e stressante, è la fase della tua vita che ti vedrà protagonista, cosciente di esserlo: è la tua maturità.
Adesso ti si spalanca davanti un mondo tutto tuo, da conquistare, da perlustrare con confidenza e consapevolezza. Qui, potrai dare, anche la vita, anche ad altri da te, con tutto quello che sei e che vali, compiutamente.
E, infine, il lato “di poppa”, che chiude il perimetro triangolare della tua vita, e che ti porta al traguardo.
Vedi di arrivarci sano e salvo, pur in presenza della ingravescente decadenza del corpo e del rattrappirsi dello spirito, prova a ritornare da dove sei partito per fare, davanti al tribunale della tua coscienza, un confronto onesto e sereno fra l’inesperto che eri e il saggio che diventerai. Quello che ti auguro è di essere orgoglioso di quello che ti troverai ad essere, e che il bambino che eri sia contento dell’uomo che sarai diventato.
Vincerai la tua regata e avrai vissuto la tua vita.

Un abbraccio,

tuo padre.

 

Numero1984.

 

“Copia e incolla” (che, per me, diventa “Taglia e cuci”)  su questo interessante argomento.

 

CHE  COSA  CERCA  UN  UOMO  IN  UNA  DONNA.

 

Che cosa cerca un uomo in una donna? Tutti noi siamo alla ricerca di qualcosa nelle diverse aree della nostra vita. Nel lavoro, nelle relazioni, nelle attività del nostro tempo libero. Di qualcosa che soddisfi i nostri bisogni emotivi, psicologici e mentali più profondi. Tu stessa, di sicuro, in una relazione e in un uomo sei in cerca di qualcosa di specifico e di importante per te (e se sai davvero che cosa cerchi, sei molto avanti nella tua evoluzione sentimentale).

Ogni donna è in cerca di qualcosa. E anche gli uomini – ovviamente – sono in cerca di qualcosa di molto importante per loro quando decidono di iniziare una relazione, di avvicinarsi a una donna e di stare e di rimanere con lei. Probabilmente capendo che cosa cerca un uomo in una donna per davvero ti eviteresti qualche delusione e arrabbiatura di troppo.

Esseri umani e animali sono mossi e motivati dai loro bisogni. E per gli esseri umani i bisogni emotivi sono spesso molto più potenti di quelli materiali. Lo spiego molto dettagliatamente nel mio percorso I 7 Pilastri dell’Attrazione che ti rivela che cosa serve a te per essere felice in una relazione e anche quali sono i bisogni della “controparte”, cioè dell’uomo che ti piace. E quindi, che cosa cerca un uomo in una donna e in una relazione?

La risposta “becera”, “spiritosa” e “scontata” a questa domanda, soprattutto da parte di donne molto deluse dagli uomini di solito è del tipo: “Devo spiegarlo IO a TE che cosa cercano gli uomini in una relazione?!  Ma lo sanno anche i sassi! Stringi stringi, a loro interessa solo il sesso, niente di più! Non facciamola tanto difficile, dài…”

Cosa cerca un uomo in una donna? E‘ più semplice di quanto credi

Se escludi il sesso, beh, che cosa rimane di “fondamentale” in un relazione? L’amore. Quindi si può supporre che la cosa più importante nella vita di coppia per un uomo sia l’amore? Sì e no. In realtà un uomo sano tiene molto all’amore, esattamente come una donna (eh sì, signora, anche se magari stenti a crederlo). Ma non solo all’amore “romantico” e all’amore come “sostegno reciproco”, ma all’amore che si mostra attraverso uno specifico atteggiamento di una compagna verso il proprio compagno.

E quale? Ora vediamo.

Come probabilmente saprai, la letteratura divulgativa sulle relazioni di coppia abbonda di teorie, le più strane e le più diverse, sulle differenze tra uomini e donne. A partire dalle teorie su Marte e Venere di John Gray per arrivare a me (ché anch’io ho le mie teorie in proposito), nessun “esperto di faccende di cuore”, ma anche nessun cittadino comune, è privo di una sua opinione sull’argomento, più o meno sensata, più o meno credibile, più o meno suffragata da prove scientifiche. Ok. E questo ovviamente “invade” anche l’ambito del cosa cerca un uomo in una donna, in una relazione.

Anzi, in particolare a quest’ambito e con un certo qual clamore si è dedicato anima e corpo il dottor Emerson Eggerichs, autore di un saggio che in America ha spopolato, intitolato Amore e rispetto. L’amore che lei desidera di più. Il rispetto di cui lui ha disperatamente bisogno. Ebbene, il dottor Eggerichs sostiene in base a esperimenti condotti da lui e dalla moglie Sarah e in base a studi sulla Bibbia (ecco, l‘attendibilità di questi dà particolarmente da pensare, ma per ora soprassediamo) che le donne, in genere e prevalentemente, in una relazione cercano l‘amore. Gli uomini, in genere e prevalentemente, il rispetto della compagna. Bene.

Nelle sue ricerche Eggerichs ha posto a un primo originario gruppo di 400 uomini la seguente domanda: “Se tu fossi costretto a scegliere per forza tra l‘essere lasciato solo al mondo e senza amore o il sentirti inadeguato e privo del rispetto di chi ti sta intorno, che cosa sceglieresti?”

Il 74% dei componenti di questo campione hanno risposto, che, se proprio dovessero scegliere, sceglierebbero la solitudine e la privazione dell‘amore. Acciderbolina!

Su un campione analogo composto da donne, all‘ incirca una maggioranza di dimensioni comparabili a quella del campione maschile sceglieva il contrario. Dovendo proprio scegliere, le donne preferiscono essere private del rispetto e sentirsi inadeguate a essere sole e non amate. Ahia! Certe teorie sono un po‘ pericolosine, da sostenere… Perché se ci si attiene in modo rigido a questa teoria, si può sostenere che le donne non sono interessate al rispetto, quindi tanto vale non rispettarle. Deduzione errata.

Come se non bastasse, in un secondo studio i signori Eggerichs hanno rivolto la seguente domanda a un gruppo di 7.000 individui, questa volta costituito da uomini e donne insieme: “Quando hai un conflitto con tua moglie/marito/partner la sensazione che provi più forte è quella di non essere amato/a o quella di non essere rispettato/a?” L’83% degli uomini ha risposto “non-rispettato”, il 72% delle donne “non-amata”. Il che ha portato gli Eggerichs a concludere che benché gli uomini e le donne abbiano bisogno di amore e rispetto in modo uguale (ah, meno male, vah!), nei “litigi di coppia”, le reazioni di uomini e donne sono diverse e gli uni sentono maggior “mancanza” di rispetto mentre le altre di amore…

Piccola nota pratica e divertente: la domande poste dagli Eggerichs puoi porle a te stessa e anche a qualcuno che ti sta a cuore. A un‘amica o a un amico. O a qualcuno con il quale hai o desideri avere un relazione più intima e stretta. Si tratta di domande non scontate, che rendono interessante la conversazione e la conoscenza reciproca.

Quello che gli uomini desiderano: dov’è la verità?

Le ricerche degli Eggerichs non sono le uniche su questo tema. Ne sono seguite altre che hanno evidenziato che le donne desiderano rispetto e riconoscimento in modo analogo agli uomini. E ce ne sono altre ancora che evidenziano che gli uomini cercano rispetto e riconoscimento mentre le donne fedeltà e onestà. E, riguardo alle donne, io propenderei a considerare che in effetti, soprattutto in questo momento storico, tengono molto a fedeltà e onestà. Ma stiamo sul nostro tema centrale, che cosa cercano gli uomini in una donna e in una relazione?

Un inciso importante: tu pensa bene a che cosa è davvero rilevante per te e tieni conto che il rispetto non è altro che un’espressione dell’amore. Quindi, non c’è amore senza rispetto. Per nessuno, né uomini, né donne. Inoltre non bisogna mai ragionare secondo la modalità espressa dalla premessa alla prima domanda dei nostri amici Eggerichs e cioè “essendo costretto a scegliere, sceglierei questo o l’altro”.

Tu non devi mirare a una relazione nella quale ti adatti a compromessi sulle cose importanti del rapporto. Non devi mirare all’“o… o” ma sempre all’”e…e”. Non devi sentirti costretta a scegliere tra due gratificazioni importanti e a rinunciare a qualcosa che è davvero importante per, nella tua vita. La vita è una cosa seria, non un sondaggio, una statistica o un quiz. E comunque voglio proprio vedere quale uomo o quale donna dotati di una buona salute emotiva accetterebbero un rapporto di coppia in cui non sono amati o non sono rispettati. Col cavolo!

“Una delle cose più belle nella vita, è trovare qualcuno che riesce a capirti, senza il bisogno di dare tante spiegazioni. K.Gibran”.

Ok, concluso l’inciso torniamo al nostro argomento principe: cosa cerca un uomo in una donna e in una relazione? Intendo più dell’amore inteso come attaccamento e tenerezza e probabilmente anche del sesso e della disponibilità sessuale della partner? Sì, con una certa sicurezza possiamo dire che il rispetto, inteso come ammirazione e stima (non come “mi trasformo nel suo zerbino”, veh) è un valore davvero prioritario e primario per gli uomini, più di molti altri.

Se hai fatto il mio percorso I 7 Pilastri dell’Attrazione che ho citato sopra, sai bene che il bisogno di importanza è uno dei bisogni base per tutti noi. Per gli uomini lo è di più, per ragioni culturali e di educazione secondo il ruolo di genere. In particolare per gli uomini è importante essere ammirati dalla propria compagna. Gli uomini sono, in genere, portati più al fare, a portare risultati, a realizzare cose concrete: questi aspetti della vita sono importanti. E in questi aspetti della vita, quella che conta è la performance, la prestazione. Una buona prestazione la si riconosce dando “rispetto”, “stima”, “approvazione” a una persona adulta. Non attraverso l’affettuosità, la tenerezza, il romanticismo. Probabilmente sono queste le ragioni per cui gli uomini tengono tanto al rispetto e alla stima della loro compagna. Secondo un uomo il rispetto che “ottiene” rispecchia quanto è bravo e capace e quindi uomo. Appaga uno dei suoi bisogni principali.

Le donne invece crescono in un contesto dove al femminile è richiesto e suggerito di esprimere amore e compassione, tenerezza ed empatia. E spesso a bambine e ragazze viene fatta passare l’idea che loro sono esseri fragili, bisognosi di appoggio, protezione e solidarietà. E’ probabilmente per questo che si sentono più portate alla ricerca dell’amore, che in effetti si esprime attraverso il contatto empatico, la tenerezza e il romanticismo.
I legami tra uomini spesso sono all’insegna della competizione, della sfida, dell’emulazione. Quelli tra donne – le vere amicizie tra donne – sono improntati all’ascolto, alla confidenza, alla reciproca solidarietà.
Consideriamo anche che, ahimé, nel mondo d’oggi circola ben poco amore o per lo meno l’amore è ben poco visibile, tangibile. Lo stesso dicasi della stima e del rispetto: le persone non sanno amare, non sanno stimare, non sanno rispettare. Te ne rendi conto, se ti guardi intorno, vero?

I genitori spesso non sanno dare amore o non sanno dimostrarlo nel modo giusto. Soprattutto, in famiglia come in altri ambiti manca il rispetto, la capacità di riconoscere in modo esplicito il valore degli altri e ancor di più di valorizzarli.

Viviamo in un mondo “svalutante”, eccessivamente critico, giudicante. Saper dare valore agli altri è quasi più complicato che amare, anche se saper dar valore fa parte dell’amore.

C’è una profonda carenza di questi “materiali”, l’amore e la valorizzazione. Per cui è naturale che uomini e donne cerchino ancora di più e proprio nella vita di coppia (che giustamente deve gratificare più di ogni altro rapporto) quel che una vita di coppia deve per “statuto” garantire. A maggior ragione se intorno non ce n’è.

Detto in altre parole, una relazione di coppia è un rapporto esclusivo e privilegiato tra i due partner. Un rapporto che deve essere paritario, perfettamente equilibrato e di scambio continuo. Non ha senso stare in una rapporto di coppia nel quale non troviamo amore, rispetto, tenerezza etc. etc. Non ha senso stare in rapporto di coppia nel quale non offriamo amore, rispetto, tenerezza etc. etc.

Tu entreresti in un bar dove non fanno caffè e non danno bevande? Entreresti in una pizzeria che non fa pizze? No. Però entri tranquillamente in un negozio di abbigliamento se hai bisogno di una giacca nuova, anche se non fa pizze e non fa caffè.

La relazione di coppia deve essere il fornitore principale di amore, tenerezza, rispetto etc etc. Se ho bisogno di qualcuno che invece mi tenga la contabilità, vado da un bravo commercialista e sostanzialmente me ne frego che non sia tenero e amorevole, anzi, mi sentirei seriamente preoccupata a vedere un commercialista tenero e amorevole in studio. O, peggio, un avvocato… Molto bene.

Tornando agli uomini e a che cosa cerca un uomo in una donna e in una relazione, prova a fare una tua indagine personale – con tatto e delicatezza – presso gli uomini con i quali hai confidenza e un legame confidenziale. Chiedi se si sentono apprezzati in famiglia, al lavoro, dagli amici. Scoprirai che molti di loro non si sono mai sentiti davvero stimati dal padre e dai proprio famigliari, forse nemmeno dalla mamma. Quanto a colleghi e conoscenti, lasciamo perdere…

“Per ottenere il pieno valore della gioia dobbiamo avere qualcuno con cui dividerla. M.Twain”.

Amore e rispetto

Che cosa significa questo? Forse significa che tutti noi siamo una manica di complessati senza speranza? No. Di sicuro ci sono molti complessati, in tutti gli ambienti e sotto le sembianze più diverse, e vanno evitati. E’ anche vero che spesso nel profondo del suo animo anche il più equilibrato degli uomini può talvolta avere qualche incertezza verso se stesso e il proprio valore, magari più di quanto capita alle donne (il perché l’ho spiegato poco sopra).

Ecco perché mostrare stima, rispetto e apprezzamento per il tuo partner è tanto importante per lui. E lo è anche per te, sai?

Ora, quando mi trovo a scrivere di argomenti come questo, già mi vedo orde di Piccole Fiammiferaie-Biancaneve-Cenerentole che frequentano un idiota qualunque, immaturo ed egoista, che le maltratta, che stanno pensando: “Oh cielo! Oh poverino! Adesso che ci penso, nell‘ultima ora non gli ho fatto nessun complimento. Sono brutta cattiva e piena di colpe imperdonabili.“

Ecco, no. Non è così, ma manco per niente. Il bisogno di apprezzamento che ha un uomo sano ed equilibrato non ha nulla a che vedere con le disfunzionalità di un perverso narcisista o di una persona che è morbosamente insicura.

Il perverso narcisista, che ha insieme una grandiosa immagine di sé e un’autostima ai minimi termini, vive dell’adorazione di chi gli sta intorno e la ricambia con un sentimento di profondo disprezzo. E odio, anche. Quindi se credi di stare con uno così, vattene quanto prima, altroché mostrargli ulteriore rispetto…

Se uno è morbosamente insicuro, stai tranquilla che del tuo rispetto non se ne fa niente. E’ molto più probabile che trasformi te in una morbosamente insicura. E sono sicura che, in ogni modo, non ne hai bisogno… Noi vogliamo sapere che cosa un uomo cerca in una donna e in una relazione, ma pensiamo a un uomo giusto, non a un uomo sbagliato, giusto? 🙂

Quindi per riepilogare: un uomo desidera essere apprezzato, stimato, ammirato dalla propria compagna. Per lui è davvero importante. Ecco che cosa un uomo cerca in una donna e in una relazione. Se ami davvero una persona, il “rispetto” dovrebbe essere inserito nella fornitura di base, dato che il rispetto è una forma di amore. Come puoi amare una persona senza rispettarla? Sarebbe una contraddizione impossibile da gestire. La verità è che senza rendersene conto molte donne non sanno come dimostrare rispetto (e forse nemmeno amore) e pasticciano. Succede, siamo umani e nessuno mai ci fornisce di una benché minima educazione sentimentale.

Imparare a dimostrare amore e rispetto al proprio partner – all’interno di una relazione sana ed equilibrata – può essere molto divertente e utile. Un buon modo per procedere nel proprio percorso di crescita personale e sentimentale. Tra l’altro è un modo utile anche per rafforzare l’amore e il rispetto per se stessa. Tanto più se consideri che dimostrare rispetto e amore al proprio partner non significa essere e dimostrarsi dipendente, bisognosa, eccessivamente attaccata.

Ilaria Cardani    Psicologa.

 

Numero1977.

 

Mandata da Alan

 

IL POVERO lavora,
IL RICCO sfrutta il primo,
IL SOLDATO difende tutti e due,
IL CONTRIBUENTE paga per tutti e tre,
IL VAGABONDO si riposa per tutti e quattro,
L’ UBRIACO beve per tutti e cinque,
IL BANCHIERE li imbroglia tutti e sei,
L’ AVVOCATO li inganna tutti e sette,
IL MEDICO li accoppa tutti e otto,
IL BECCHINO li sotterra tutti e nove,
IL POLITICO campa alle spalle di tutti e dieci.

 

Marco Tullio CICERONE (106 – 43  a.c.).

Numero1948.

 

RIcevuto da un’amica.

 

PENSIERI  DI ….POI

Ne usciremo con i capelli più lunghi e più bianchi.
Con le mani e le case pulite, ed i vecchi vestiti.
Con la paura e la voglia di essere fuori.
Con la paura e la voglia di incontrare qualcuno.
Ne usciremo con le tasche vuote, e le dispense piene.
Sapremo fare pane e pizza, e non mandare sprecato il cibo che avanza.
Ci ricorderemo che un medico o un infermiere dovrebbero essere applauditi più di un calciatore, e che il lavoro di un bravo insegnante non lo può sostituire uno schermo.
E che cucire mascherine, in certi momenti è più importante che fare alta moda.
Che la tecnologia è importantissima, anzi vitale, quando viene usata bene , ma può essere deleteria se qualcuno la vuole usare per fini propri.
E che non sempre è indispensabile salire in macchina e fuggire chissà dove.
Ne usciremo più soli, ma con la voglia di stare insieme.
E capiremo che la vita è bella perché si vive .
E che siamo gocce di un unico mare.
E che solo insieme si esce da certe situazioni.
Che a volte il bene o il male, ti arriva da chi e quando meno te lo aspetti .
E ci guarderemo allo specchio. E decideremo che forse i capelli bianchi non sono così male.
E che la vita in famiglia ci piace, e impastare del pane per loro, ci fa sentire importanti.
E impareremo ad ascoltarci i respiri, i colpi di tosse, e a guardarci negli occhi, per proteggere chi amiamo.
E a rispettare alcune regole base di convivenza . E ad impararne altre, di nuove.
Magari sarà così.
Oppure no.
Ma stamattina , in un giorno di primavera, voglio sperare che tutto sia possibile e che si possa cambiare in meglio.

TENIAMO  DURO !

 

Numero1945.

 

Mandata da Alan

 

Alcune belle righe di Ratan Tata, imprenditore indiano, uno degli uomini più potenti al mondo:

1. Non educate i vostri figli ad essere ricchi: educateli ad essere felici.
Cosi quando cresceranno sapranno riconoscere il valore delle cose e non il loro prezzo.

2. Mangiate il vostro cibo come medicina.
Altrimenti mangerete le vostre medicine come cibo.

3. Chi vi ama veramente non vi lascerà mai.
Perché anche se ci saranno 100 motivi per andar via, troverà sempre una ragione per restare.

4. C’è molta differenza tra esseri umani ed essere umano.
Solo pochi la capiscono.

5. Sei amato quando nasci, e sarai amato quando muori.
Il tempo che c’è tra i
due momenti lo devi gestire tu!

6. Se vuoi camminare veloce, cammina da solo!
Ma se vuoi andare lontano, cammina in compagnia!

Numero1942.

 

Ho voluto riservare a questo Numero1942 (è l’anno della mia nascita) un argomento perfettamente attinente, suggerito da una cara amica.

 

Bel poema di Mario de Andrade (San Paolo 1893-1945) Poeta, romanziere, saggista e musicologo.
Uno dei fondatori del modernismo brasiliano.
________

LA MIA ANIMA HA FRETTA
Ho contato i miei anni e ho scoperto che ho meno tempo per vivere da qui in poi rispetto a quello che ho vissuto fino ad ora.
Mi sento come quel bambino che ha vinto un pacchetto di dolci: i primi li ha mangiati con piacere, ma quando ha compreso che ne erano rimasti pochi ha cominciato a gustarli più intensamente.
Non ho più tempo per riunioni interminabili dove vengono discussi statuti, regole, procedure e regolamenti interni, sapendo che nulla sarà raggiunto.
Non ho più tempo per sostenere le persone assurde che, nonostante la loro età cronologica, non sono mai cresciute.
Il mio tempo è troppo breve: voglio l’essenza, la mia anima ha fretta. Non ho più molti dolci nel pacchetto.

Voglio vivere accanto a persone umane, molto umane, che sappiano ridere dei propri errori,  che non siano gonfiate dai propri trionfi e che si assumano le proprie responsabilità. Così si difende la dignità umana e si va verso la verità e l’onestà.
È l’essenziale che fa valer la pena di vivere.
Voglio circondarmi di persone che sanno come toccare i cuori, di persone a cui i duri colpi della vita hanno insegnato a crescere con tocchi soavi dell’anima.

Sì, sono di fretta, ho fretta di vivere con l’intensità che solo la maturità sa dare.
Non intendo sprecare nessuno dei dolci rimasti. Sono sicuro che saranno squisiti, molto più di quelli mangiati finora.
Il mio obiettivo è quello di raggiungere la fine soddisfatto e in pace con i miei cari e la mia coscienza.
Abbiamo due vite e la seconda inizia quando ti rendi conto che ne hai solo una.