A L I E N A Z I O N E
I primi telefoni servivano
per restare insieme
anche a distanza.
Gli ultimi per isolarci
anche da vicino.
@lafarfalladellapoesia
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
A L I E N A Z I O N E
I primi telefoni servivano
per restare insieme
anche a distanza.
Gli ultimi per isolarci
anche da vicino.
@lafarfalladellapoesia
A V E R E R A G I O N E
Sapete cosa si nasconde dietro il nostro bisogno di avere ragione?
E non è una battaglia per il potere, né una questione di superiorità e di orgoglio: “Ho ragione, ho vinto”. No.
Ma dietro il combattere per la nostra opinione, c’è il nostro bisogno originario e atavico di sintonizzazione.
Quando sentiamo che la persona che amiamo, o la persona per noi importante, la pensa diversamente da noi, per noi rappresenta lo stesso rischio, e quindi la stessa terribile sensazione che, forse, abbiamo sperimentato da piccoli, di perdere la figura di attaccamento primario.
Ovvero, chi ha avuto esperienza del fatto che, se, da piccolo, faceva qualcosa di diverso, o la pensava diversamente da lei, perdeva, per un po’, il suo affetto.
Alcuni, addirittura, ricevevano una totale svalutazione: “La pensi diversamente da me, perciò il tuo pensiero non vale. Quindi tu non hai valore per me.”.
Allora, di fronte a questo rischio, ormai diventati grandi, facciamo di tutto per portare l’altro a pensarla come noi, per sentirlo vicino a noi, per sentirlo connesso.
A tal punto che, quando poi l’altro ci dà ragione, proviamo un sollievo fisico, non morale: “Sei con me, sono al sicuro”.
Ecco cosa c’è davvero dietro il bisogno di avere ragione: il terrore di perdere la sintonizzazione e il bisogno di sentire che non siamo soli.
E, quindi, chiederete: Bisogna dare sempre ragione all’altro?” NO.
Bisogna imparare a rimanere sintonizzati anche nel conflitto. Forse, è così che diventiamo adulti.
@agnesescappini
C R E S C E R E F I G L I F E L I C I
Tuo figlio non è tuo. È un individuo con la sua anima. Rispettala.
Prima ascolta i suoi sentimenti. Poi cerca le ragioni. Non il contrario.
Evita i paragoni e aspetta, al ritmo di tuo figlio.
Le regole devono essere chiare e costanti e conserva una stabilità emotiva.
Sii specifico nelle tue lodi e mantieni i rimproveri pacati e brevi.
Insegnagli a scegliere e ad accettare le conseguenze.
Quando sbagli, ammettilo subito. Chiedi scusa. Anche i genitori sono umani.
E, ricorda: prima costruisci una vita stabile per te. Non puoi dare ciò che non hai.
Crescere un figlio non è controllarlo. È accompagnarlo a diventare chi è destinato ad essere.
@healingsoulmusic436
B U O N I C O M P O R T A M E N T I (senza farli notare)
Parla lentamente, come se avessi tutto il tempo del mondo.
Non sorridere a tutti, il rispetto si conquista, non si regala.
Cammina con calma, come se fosse il mondo ad aspettarti.
Ignora le battaglie inutili, scegli con cura quelle che meritano il tuo focus.
Non giustificarti mai, chi ti capisce non ha bisogno di spiegazioni.
Non dire tutto, il mistero è potere.
Sii educato, ma mai compiacente.
Non cercare approvazione, la tua autostima non è un voto popolare.
Ascolta più di quanto parli, chi osserva comanda il gioco.
Taglia senza rimpianti ciò che ti indebolisce.
Ricorda: l’assenza, a volte, fa più rumore della presenza.
PeoGix YouTube
Giovedì 25 Settembre 2025 alle ore 18.03, presso l’Ospedale di Pordenone, è venuto al mondo
IL MIO NIPOTINO EDOARDO
Lettera di benvenuto
Carissimo piccolo Edoardo,
sei arrivato nel mondo da poco, e già la tua presenza ha acceso una nuova luce nei nostri cuori.
Io sono il tuo nonno, e forse non sarò sempre accanto a te ogni giorno, ma sappi che il pensiero di te mi accompagna già ora, e ti seguirà sempre, come un filo invisibile che lega le persone che si vogliono bene.
La tua casa sarà con la mamma e con il papà, e io ti verrò a trovare di tanto in tanto, oppure ti porteranno da me.
Non saranno visite quotidiane, ma ogni volta che sarò con te desidero che tu senta quanto affetto, quanta gioia e quanta speranza porto con me, per te.
Vorrei che i momenti insieme fossero semplici e belli: una passeggiata, un gioco, un racconto del nonno che forse sembrerà un po’ antico, ma sempre con il desiderio di farti sorridere o pensare.
Non so se sarò bravo a raccontare fiabe o a fare magie, ma ti prometto che sarò sincero, curioso della tua crescita, e sempre orgoglioso di te.
Vorrei che tu potessi ricordarmi come un nonno che sapeva ascoltare, più che parlare.
Non ti insegnerò formule complicate, ma proverò a mostrarti come guardare il mondo con meraviglia.
Anche se non sarò ogni giorno al tuo fianco, sarai sempre nei miei pensieri: questo è un modo di esserci, silenzioso ma vero.
Il tempo che vivremo insieme non lo conteremo in giorni o ore, ma nella gioia che sapremo darci l’un l’altro.
Da te non mi aspetto niente, se non la tua spontaneità: io ti offrirò la mia esperienza e il mio affetto.
Forse un giorno riderai delle mie rughe o dei miei racconti un po’ ripetuti, ma spero che tu possa vederci dentro la tenerezza.
Quando mi vedrai, ti basterà guardarmi negli occhi: lì troverai tutto l’amore di un nonno.
Tu sei un dono nuovo, una promessa di vita che continua.
Io, che di anni ne ho già tanti, guardo a te come al futuro che sboccia, e questo mi riempie di speranza e di pace.
Già da tempo e, sin da ora ancora di più, ti voglio bene.
Nonno Alberto.
A Martina e Ale,
educare Edoardo alla vita
è come scolpire una statua
dal marmo grezzo:
ogni colpo dello scalpello
rimuove un pezzo
di ciò che non è,
fino a rivelare al mondo
il capolavoro unico
che è sempre stato lì:
la sua vera persona.
C’è bisogno della vostra
autentica “arte” di vivere,
di ciò che siete dentro,
dei buoni sentimenti
che da sempre avete,
per dare forma allo spirito
della vostra creatura.
Che il cielo accompagni
e benedica il vostro percorso
di amore e dedizione.
COSE CHE I BAMBINI NOTANO SEMPRE
Il tono della tua voce
Se stabilisci contatto visivo.
Il tempo che passi con loro.
Gli abbracci che durano un po’ di più.
I sorrisi che condividi ogni giorno.
Quanto delicatamente li correggi.
La tua reazione alle loro lacrime.
Le parole che scegli quando sei arrabbiato.
Se li stai davvero ascoltando.
L’attenzione durante le loro storie.
Mettere via il telefono.
Le promesse che mantieni sempre.
Le scuse quando sbagli.
Ridere alle loro piccole battute.
Leggere loro la storia della buona notte preferita.
Mostrare orgoglio per i loro sforzi.
Celebrare anche le piccole vittorie.
Essere paziente quando faticano.
Dire “sono orgoglioso di te”.
Condividere ricordi della tua infanzia.
Mantenere vive le tradizioni familiari.
Esporre le loro opere d’arte in casa.
Dire spesso “Ti voglio bene”.
Essere presente nei momenti difficili.
Come li saluti ogni giorno.
Coinvolgerli nelle decisioni.
Chiedere cosa pensano veramente.
Essere scherzoso senza esitazione.
Consolarli quando falliscono.
Notare anche le piccole cose.
@DianaUrsu.
C O N T R O L L O D E L L E C O S C I E N Z E A T T R A V E R S O L A R E P R E S S I O N E S E S S U A L E
È quello che ha messo in atto la Chiesa per molti secoli fino ai giorni nostri.
La repressione sessuale sistematica crea dipendenza psicologica.
Perfino i preti, a cui è imposto il celibato, a partire dal 1073 d.C. per volere di Papa Gregorio VII (Ildebrando di Soana), diventano emotivamente vulnerabili, controllabili, manipolabili.
Coloro che reprimono i desideri naturali del corpo, creano mostri nell’anima.
Il celibato sacerdotale è la prostituzione dell’anima nel nome di Dio.
Creare la malattia e vendere la cura, denunciare, stigmatizzare il problema e presentarsi come soluzione: è il delitto perfetto che diventa benefattore.
La Chiesa ha sequestrato la stessa definizione di spiritualità umana, ha trasformato la repressione in virtù, la sofferenza in santità, la negazione della natura umana in vicinanza a Dio.
Ha fatto credere che reprimere la sessualità rende le persone più spirituali: è la matrice di controllo più sofisticata della storia, perché ha fatto, e fa, sentire in colpa miliardi di persone, per il semplice fatto di essere umane.
L’ipocrisia – perché è di questo che si tratta – non è un difetto del sistema, è il sistema stesso, che funziona perfettamente: libertà sessuale per i vertici, repressione sessuale per i sottoposti ed addetti ai lavori.
Dice Baruch Spinoza: “La Chiesa non salva le anime, le cattura”.
La colpa sessuale è uno strumento di ingegneria sociale per instaurare il tipo di società che serve meglio agli interessi della Chiesa.
Non stanno salvando anime, stanno creando un gregge, una nuova specie di esseri umani, una versione castrata di uomini colpevoli, dipendenti dalla autorità esterna, sottraendo loro qualsiasi sensazione di autostima.
La Chiesa ha creato la più grande prigione mentale della storia, dove i prigionieri chiudono essi stessi le porte dall’interno e buttano via la chiave dalla finestra.
Non si tratta di denaro, non si tratta di potere temporale, ma di qualcosa di molto più ambizioso: creare una versione dell’umanità incapace di autogoverno spirituale e dipendente eternamente dall’autorità esterna, tramite l’osservanza di dettami morali, comportamentali e di pensiero, che si attuano con un automatismo algoritmico.
Usare la repressione sessuale fa frammentare la connessione naturale fra corpo e anima, creando vuoti psicologici che solo l’autorità ecclesiastica può riempire.
Loro sanno che gli esseri umani sessualmente realizzati sono spiritualmente indipendenti, liberi, sono connessi con la propria divinità interna, sono difficili da controllare.
Hanno deciso di rompere questa connessione, ad esempio, di intercettare lo sviluppo spirituale del bambino attraverso la colpa sessuale precoce, di creare dipendenza emotiva cronica attraverso la negazione degli impulsi di connessione umana, di trasformare la naturale autostima in bisogno di convalida esterna costante.
È un manuale per creare schiavitù psicologica in persone che, altrimenti, si sentirebbero libere.
Il progetto della Chiesa non è solo quello di dominare i corpi, ma soprattutto quello di dominare le anime, rendendo impossibile agli esseri umani di accedere alle proprie fonti interiori di valori, di significati, di connessioni col divino.
È il più grande crimine contro la coscienza umana mai documentato.
Ha sequestrato la spiritualità naturale della specie, sostituito l’autenticità divina con la dipendenza istituzionale.
Nei secoli, la Chiesa ha tracciato l’esempio di un sistema di potere che tutti i governi venuti dopo hanno adottato.
Governi che infantilizzano i cittadini con sistemi educativi che distruggono la creatività naturale, con media che coltivano insicurezza costante, con industrie che vendono soluzioni a problemi che esse stesse creano.
Tutti seguono lo stesso schema che la Chiesa ha perfezionato e istituzionalizzato mille anni fa:
Frammentare la connessione interna,
creare dipendenza esterna,
rivendere ciò che è stato sottratto e rubato.
Spinoza si è reso conto che la repressione sessuale sistematica non creava solo dipendenza emotiva, creava disconnessione dall’intuizione naturale, dalla saggezza corporea, dalla capacità di sentire interiormente la verità.
Gli esseri umani sessualmente repressi perdono l’accesso al proprio sistema interno di navigazione spirituale, diventano incapaci di distinguere la verità dalla menzogna, usando le sensazioni corporee dipendenti da autorità esterne per definire la realtà.
È castrazione epistemica, rimozione della capacità naturale di conoscere.
La Chiesa controlla non solo ciò che le persone fanno, controlla come conoscono, come distinguono il reale dal falso, il vero dal bugiardo: è il controllo della stessa percezione della realtà.
Per secoli ha funzionato così bene che, anche oggi, la maggior parte delle persone non si fida della propria intuizione, ha bisogno di specialisti, di autorità, di istituzioni, per convalidare la propria esperienza interna.
Ha scritto Spinoza: “L’unica rivoluzione reale è la rivoluzione della coscienza individuale, contro tutti i sistemi che ci rivendono la nostra stessa divinità”.
Come fare questa rivoluzione?
Ricollegarsi alla saggezza interiore,
fidarsi della propria intuizione spirituale,
smettere di cercare la convalida esterna per le esperienze interne.
La Chiesa ha creato il problema della disconnessione spirituale e vende la soluzione della mediazione divina.
Oggi, la tecnologia crea il problema della disconnessione umana e vende la soluzione della connessione digitale.
Il governo crea il problema della sicurezza sociale e vende la soluzione del controllo esterno e forzoso.
Cosa fare?
Smettere di cercare fuori ciò che può essere trovato solo dentro,
smettere di esternalizzare la nostra connessione con il divino,
smettere di vendere la nostra autonomia spirituale, per promesse di sicurezza esterna.
La rivoluzione deve avvenire nella coscienza individuale.
Loro temono una umanità spiritualmente autonoma, connessa con la saggezza interiore, non manipolabile da autorità esterne.
Non abbiamo bisogno di loro, non avremmo mai dovuto averne, e non ne avremo mai.
da QUORA
Scrive Rosy, corrispondente di QUORA
A L L E V A R E F I G L I
Un’aquila diede un consiglio a una donna su come crescere al meglio i propri figli.
— Stai bene, madre umana? — chiese l’aquila.
La donna, sorpresa, la guardò negli occhi.
— Ho paura — rispose — Il mio bambino sta per nascere e ho così tanti dubbi. Voglio dargli il meglio, desidero che la sua vita sia facile e serena… ma come farò a sapere se lo sto crescendo nel modo giusto?
L’aquila la osservò in silenzio, poi si posò vicino a lei.
— Crescere un figlio non è semplice — disse. — Non si tratta di offrirgli una vita comoda. Anzi, spesso è proprio il contrario. Quando nascono i miei aquilotti, il nido è pieno di piume e foglie morbide: è un rifugio accogliente, dove possono sentirsi protetti. Ma quando arriva il momento di imparare a volare, tolgo tutto. Lascio solo i rami secchi e le spine.
La donna aggrottò la fronte, confusa.
— Le spine? Perché rendere tutto così difficile?
— Perché il disagio li sprona a cambiare — rispose l’aquila. — Se il nido resta comodo, loro non si muoveranno mai. Invece, il fastidio li costringe a cercare un nuovo posto, a scoprire la forza che hanno dentro. La comodità non insegna nulla.
La donna rifletté, ma aveva ancora dei dubbi.
— E quando cadono? Cosa fai?
— Li lancio nel vuoto — disse l’aquila con voce calma. — All’inizio precipitano, il vento li travolge. Ma io li raggiungo, li afferro con i miei artigli e li sollevo. Poi li lascio andare di nuovo. Ripeto questo gesto più volte, finché non trovano le ali. E quando finalmente riescono a volare, li lascio andare per davvero. Non intervengo più.
La donna la fissò, ancora incredula.
— Quindi non li proteggi sempre?
— No — rispose l’aquila con fermezza. — Non nutro la loro dipendenza. I miei piccoli devono imparare a volare da soli, a essere forti, a sopravvivere senza di me. Se li tenessi nel nido per sempre, non farei altro che indebolirli. Il mio compito è prepararli al volo, non trattenerli.
La donna abbassò lo sguardo, accarezzandosi il ventre.
— Dunque… devo lasciare che mio figlio affronti qualche difficoltà?
L’aquila annuì.
— Non si tratta di farlo soffrire. Si tratta di insegnargli. E anche se ti farà male, madre umana, la cosa più preziosa che puoi donargli è la forza. Non proteggerlo da tutto. Non coprirlo costantemente. Lascia che affronti il mondo. Fallo volare.
La donna annuì lentamente, guardò l’aquila con gratitudine e le sorrise.
— Grazie, madre aquila — sussurrò mentre si allontanava. — I tuoi consigli sono un dono.
Riprese il cammino, decisa a diventare la madre di cui suo figlio avrebbe avuto bisogno: saggia, coraggiosa, capace di lasciarlo andare al momento giusto.
Se vuoi che tuo figlio impari a volare alto… non fare tutto al posto suo.
Non trattenerlo in un nido di sole comodità.
Le aquile spingono i propri piccoli fuori dal nido, li costringono ad affrontare le spine, perché sanno che solo così scopriranno le proprie ali.
Non temere di vederli cadere. Come l’aquila, sarai lì per sollevarli.
Ma non tenerli sotto la tua ala per sempre.
Lasciali affrontare il vento. Lasciali diventare forti.
Il vero amore non è proteggerli da ogni difficoltà,
ma prepararli alla vita.
Anche se ciò significa lasciarli cadere.
Anche se fa male.
Lasciali trovare la loro strada.
Anche inciampando, anche sbagliando.
È così che si impara a volare.
da ORIZZONTESCUOLA.IT
18 Marzo 2025
Ne abbiamo già dato ampio spazio noi, attraverso un articolo che descriveva il fenomeno ormai noto come “brain rot” o “marciscenza al cervello”. Il termine è stato scelto come parola dell’anno 2024 dalla Oxford University Press e, secondo Casper Grathwohl, presidente di Oxford Languages, il termine indica il deterioramento delle facoltà mentali, causato dall’abitudine di scorrere rapidamente contenuti superficiali, rendendo più difficile la memorizzazione e la concentrazione.
Ed è proprio sulla memorizzazione e concentrazione, nonché sugli effetti di ansia, depressione, disturbi alimentari e difficoltà di apprendimento che si concentra l’attenzione di Andrea Cangini.
Scrittura manuale, memorizzazione, lettura, tutte attività che favoriscono il potenziamento dell’emisfero sinistro del cervello, responsabile del pensiero logico e analitico. Se questa area non viene adeguatamente sviluppata, ricorda Cangini, i ragazzi rischiano di dipendere esclusivamente dalla sfera emotiva, con un impatto negativo sulla loro capacità di valutazione critica e razionale.
Anche la particolare rilevanza data scrittura in corsivo e alla calligrafia, non solo per il loro valore tecnico, ha il suo motivo d’esistere, dal momento che stimola la coordinazione oculo-manuale e contribuiscono allo sviluppo del pensiero logico.
A dirlo non sono le Indicazioni nazionali, ma studi che hanno dimostrato gli effetti della calligrafia sullo sviluppo cognitivo dei bambini.
Ad esempio, uno studio norvegese ha rilevato che scrivere a mano attiva aree cerebrali legate all’elaborazione, all’attenzione e al linguaggio, migliorando l’apprendimento e la memoria. Inoltre, la scrittura manuale coinvolge processi cognitivi multipli, tra cui abilità motorie, memoria e elaborazione delle informazioni, favorendo uno sviluppo cognitivo più completo
Per quanto riguarda la calligrafia, questa non solo migliora la qualità della scrittura, ma contribuisce anche allo sviluppo delle capacità motorie e cognitive. I bambini che padroneggiano il corsivo e altri stili di scrittura manuale sviluppano una maggiore attività neuronale, possiedono un vocabolario più ampio e una maggiore capacità di comporre testi scritti rispetto a chi utilizza prevalentemente dispositivi elettronici.
P A R L A A L B E R T E I N S T E I N
da Ascuolaoggi.com BLOG
E S S E R E E A P P A R I R E
Nella società odierna l’apparenza sembra aver completamente preso il sopravvento sull’essenza all’insegna di un’esistenza priva di significato in cui i più giovani stentano a trovare una loro identità, omologandosi a stereotipi privi di senso, determinando ciò sicuramente degli effetti deleteri nel loro processo evolutivo di crescita.
Ed è proprio per tal motivo che una ragazza di ventun anni, Chiara, si rivolge al filosofo, saggista e psicoanalista Umberto Galimberti per trovare delle risposte ad alcuni suoi interrogativi.
A tal fine Umberto Galimberti coglie l’occasione per sottolineare come oggi sia più complicato “essere” che “apparire” all’interno di una società in cui l’uomo stesso si è degradato al livello di merce e perciò si può esistere solo mettendosi in mostra, pubblicizzando la propria immagine.
Pur di metterci in mostra abbiamo perso la nostra intimità, interiorità, essenza, il nostro pudore. La spudoratezza diviene una virtù e viene meno la vergogna. Di intimo è rimasto solo il dolore, la malattia, la povertà, che ciascuno cerca di nascondere per non essere isolato dagli altri.
Ecco dunque l’importanza per i giovani di riappropriarsi della loro identità, della loro essenza, riscoprendo quei valori guida che indicano la strada giusta da percorrere per non perdersi mai e che illuminano il cammino come un faro nella notte così da permettere loro una crescita sana, all’insegna dell’essenza e non dell’apparenza.
da URBANMAGAZINE
Il Quoziente Intellettivo (QI) è spesso usato come misura dell’intelligenza generale. Sebbene molti fattori influenzino l’intelligenza, ci sono comportamenti che sembrano più comuni nelle persone con un QI relativamente basso. È importante precisare che le abitudini descritte qui non sono indicatori esclusivi di bassa intelligenza, ma possono rivelare una certa superficialità nel pensiero o mancanza di curiosità intellettuale.
Le persone con un QI basso tendono a evitare la lettura regolare. La lettura, specialmente di materiale informativo o narrativo complesso, stimola il cervello, migliorando la comprensione e la capacità di analisi. Coloro che non dedicano tempo a leggere limitano le opportunità di espandere la propria conoscenza, rendendo difficile acquisire nuove competenze e approfondire la comprensione del mondo.
Le conversazioni profonde e intellettualmente stimolanti richiedono una certa capacità di analisi e apertura mentale. Le persone con un basso QI spesso preferiscono discorsi su argomenti semplici e familiari, come pettegolezzi o chiacchiere banali. Questo perché affrontare argomenti più complessi richiede uno sforzo cognitivo e una capacità di comprensione che potrebbe non essere alla loro portata.
Informarsi esclusivamente attraverso i social media è un’abitudine comune, ma le persone con un QI basso tendono a farlo senza spirito critico. Questo comportamento porta a un’accettazione passiva di informazioni potenzialmente distorte o non verificate. Al contrario, individui con un QI più alto verificano le fonti e approfondiscono le notizie per formarsi un’opinione più precisa e basata su dati reali.
La capacità di pianificare e di porsi obiettivi a lungo termine è un segno di intelligenza pratica e maturità. Le persone con un basso QI tendono a vivere alla giornata, senza una chiara idea di dove vogliono arrivare o come raggiungere i propri obiettivi. Questa mancanza di progettualità può portare a decisioni impulsive e alla difficoltà di prevedere le conseguenze delle proprie azioni.
Chi ha un QI basso potrebbe evitare attività che stimolano il ragionamento critico, come giochi di strategia, puzzle complessi o discussioni che implicano l’uso della logica. Preferiscono attività che richiedono un coinvolgimento mentale minimo, come guardare programmi televisivi semplici o partecipare a giochi senza grandi sfide intellettive. Questo perpetua un circolo vizioso, in cui la mente non viene sufficientemente allenata a pensare in modo analitico.
Le abitudini quotidiane possono riflettere la nostra mentalità e il nostro approccio alla vita. Sebbene il QI sia solo una parte dell’intelligenza complessiva di una persona, queste abitudini possono indicare aree su cui lavorare per migliorare le proprie capacità cognitive e la qualità della propria vita. Essere consapevoli di queste tendenze e fare uno sforzo per contrastarle può aiutare a sviluppare abitudini più salutari e stimolanti per il cervello.
da QUORA
Scrive Prince Samuel, corrispondente di QUORA
Q U A L C O S A D A I M P A R A R E
da QUORA
Scrive Giancarmine Faggiano, corrispondente di QUORA
Perché la gente si è imbastardita?
Perché la gente oggi è insoddisfatta, è centrata solo su se stessa, sull’egoismo, sulla maleducazione con punte sprezzanti di cattiveria denigratoria.
Si è persa, in altre parole, la volontà di essere in buoni e civili rapporti comunicativi e, soprattutto, essere gentili con le persone.
Prevale, insomma, sempre più la volgarità allo scopo di sentirsi più fighi e superiori agli altri.
Ma che fighi?
Sono solo degli sfigati che hanno perso il senso delle buone maniere.
Non sanno neanche che significhi “umiltà , emozioni, sentimenti fraterni nelle relazioni.”
da QUORA
Quanto puzzavano le strade nel passato?
Scrive Emanuele De Feo, corrispondente di QUORA.
Nel Settecento non esistevano cestini della spazzatura né pulizia delle strade. Nelle vie cittadine si accumulava una quantità incredibile di letame ed escrementi sia animali che umani e la carrozza diventava necessaria, per chi se lo poteva permettere, per tenersi lontani dalle schifezze.
Si indossavano stivali alti e si arrivava anche ad andare sui trampoli per guadare veri e propri ristagni di sporcizia e acqua lurida.
Parigi aveva l’aria talmente infestata di cattivo odore che si era costretti a passeggiare con un mazzo di fiori per annusarne il profumo ogni pochi passi.
I cortili puzzavano di urina, sulle trombe delle scale si trovavano escrementi di ratti, le strade piene di escrementi e anche all’interno delle case la situazione non cambiava di molto. Le stanze non venivano mai aerate, le lenzuola mai lavate e nelle camere da letto ristagnava l’urina nei vasi da notte.
Le persone puzzavano di sudore e di vestiti non lavati e dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti. Puzzavano tutti, dal più povero al più nobile.
Perfino il re: è noto che Luigi XIV fece solo due bagni in tutta la sua vita perché ordinati dal medico.
A Roma, invece, si tenevano pulite solamente le vie percorse dai pellegrini che andavano dal Papa, mentre i rifiuti dei mercati venivano ripuliti dai maiali che ingurgitavano tutto. Per questo la zona veniva spesso data agli allevatori di maiali. E pensare che i primi sistemi fognari furono creati ai tempi dell’antica Roma!
La cattiva fama dell’acqua si diffuse soprattutto durante le pestilenze con la convinzione che lavarsi apriva i pori della pelle facendosi infettare con più facilità.
Ai bambini veniva insegnato che lavarsi con l’acqua faceva male alla vista e alla salute.
Oggi invece, il profumo largamente usato in passato per coprire i nauseabondi odori, in vari Paesi viene tacciato come portatore di batteri. In alcune zone del Canada e degli U.S.A. sono banditi perché disturbano l’olfatto. Nel Massachusetts, l’aula comunale è divisa tra chi si profuma e chi non si profuma, mentre in una chiesa del Minnesota è stato eliminato dalla funzione l’incenso. In Nuova scozia alcuni giornali hanno proibito ai loro impiegati dopobarba, deodoranti, collutori e shampoo. I divieti sono severi e compaiono sugli schermi dei computer e nei cartelli appesi nei bagni.