Numero2909.

 

P O E S I A    A    S A N R E M O

 

M A R I P O S A    di Fiorella  Mannoia         ovvero l’orgoglio femminile

premiata dalla Giuria del Festival 2024 per il miglior testo.

 

Sono la strega in cima al rogo
Una farfalla che imbraccia il fucile
Una regina senza trono
Una corona di arancio e di spine
Sono una fiamma tra le onde del mare
Sono una sposa sopra l’altare
Un grido nel silenzio che si perde nell’universo
Sono il coraggio che genera il mondo
Sono uno specchio che si è rotto
Sono l’amore, un canto, il corpo
Un vestito troppo corto
Una voglia un desiderio
Sono le quinte di un palcoscenico
Una città, un impero
Una metà sono l’intero
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
E nel profondo sono libera, orgogliosa e canto
Ho vissuto in un diario, in un poema e poi in un campo
Ho amato in un bordello e mentito non sai quanto
Sono sincera sono bugiarda
Sono volubile, sono testarda
L’illusione che ti incanta
La risposta e la domanda
Sono la moda, l’amore e il vanto
Sono una madonna e il pianto
Sono stupore e meraviglia,
Sono negazione e orgasmo
Nascosta dietro a un velo
Profonda come un mistero
Sono la terra, sono il cielo
Valgo oro e meno di zero
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
E anche nel buio sono libera, orgogliosa e canto
Sono stata tua e di tutti di nessuno e di nessun altro
Con le scarpe e a piedi nudi
Nel deserto e anche nel fango
Una nessuna centomila
Madre, figlia, luna nuova, sorella, amica mia
Io ti do la mia parola
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
Ma nel profondo sono libera, orgogliosa e canto
Mi chiamano con tutti i nomi
Con tutti quelli che mi hanno dato
E per sempre sarò libera, e orgogliosa canto!

Numero2907.

 

D O N N E    E    D O N N E     (Sacre e profane)

 

da QUORA

 

Scrive Elena Cerasetti        (N.d.R. : con interpolazioni e aggiunte su mie ricerche personali).

 

 

madonna/puttana, la dicotomia del femmineo.

 

Puttana ha nella nostra lingua un significato gravemente offensivo e dispregiativo. ma che significa davvero?

La parola deriva dal latino puteus che significa pozzo, buca. Il termine puteus si accosta al principio di ricezione e contenimento, ossia alla simbolizzazione della vagina, dell’utero, del grembo. e i puticuli, intesi come grembi ipogei, indicavano in origine una cavità naturale o un buco scavato apposta per seppellire i morti: il ritorno alla madre.

Nel testo sacro dello zoroastrismo, l’Avesta, la parola putika indica invece un lago mistico di acqua rigenerante. una sorta di cocoon (bozzolo), insomma. una piscina miracolosa dove l’acqua (elemento associato al femmineo) è in grado di guarire dalla più terribile delle malattie: l’invecchiamento.

In molti dialetti italiani, putein, puto, puta, putìn indicano il fanciullo o la fanciulla, ossia uno stato giovane, puro, beato dell’essere umano. Analogamente lo spagnolo puta e il francese pute alludevano a ciò che è puro o santo. Viceversa la parola ebraica kaddosh, che vuol dire sacro, è associata alla kaddeshà che indica la figura un tempo definita come “prostituta sacra”. Sono stati il tempo e una buona dose di misoginia a conferire alla radice sanscrita puta tutt’altro senso.

Dunque, puta ha etimologicamente insito il principio di sacralità, ma la sessuofobia e la misoginia dei patriarchi hanno efficacemente associato alla sessualità, e in particolare al corpo della donna, l’idea di peccato, creando uno dei paradossi più scomodi della storia del cattolicesimo: il paradosso puttana/madonna.

Anticamente il sesso era una forma liturgica, un atto mistico (l’orgasmo) che permetteva all’essere umano di trascendere i propri sensi comuni per entrare nella dimensione spirituale. Sexus in latino vuol dire scisso (dal verbo latino secare = tagliare, distinguere, separare, anche segare). La solenne festa misterica delle nozze sacre riuniva pertanto le due polarità scisse (maschile e femminile) in una sola carne, era un rituale di passaggio del mondo e delle sue creature, e di trasformazione interiore. E la ierodula, la sacerdotessa-amante (dal greco ἱερόν+δουλία = ieròn + dulìa: al servizio del sacro), era chiamata prostituta sacra, assumendo l’epiteto della dea al cui servizio era addetta: Ishtar.
Ishtar, nella mitologia babilonese, era la regina degli dei, la signora del cielo e della terra. Perciò il suo nome venne a significare semplicemente dea. Eroina e rappresentante lo spirito della discordia e del contrasto, è anche dea tanto dell’amore puro quanto di quello sregolato, vergine e prostituta nello stesso tempo.

Le antiche sacerdotesse della luna erano chiamate “vergini”. Vergini significava “non sposate”, non appartenenti ad un uomo, donne che erano “l’Uno in sé”. La parola “vergine” deriva dal latino “virgo – virginis” (da una antica radice indoeuropea varg- = essere turgido, gonfio, rigoglioso)  e significa “forza”, “abilità” e fu poi applicata agli uomini come “virile” (stessa radice vir).

Diana, Astarte, la sopracitata Ishtar, Iside erano tutte chiamate “vergini”. Il termine non faceva riferimento alla castità sessuale, ma alla loro indipendenza sessuale. E tutti i grandi eroi di culture passate, storiche o mitiche, si sono detti essere nati da madri “vergini”: Gilgamesh, Marduk, Buddha, Osiride, Dioniso, Gengis Khan, Gesù, tutti sono stati riconosciuti come Figli della Grande Madre, la forza originale, e i loro poteri enormi venivano da lei.

Gli Ebrei hanno usato questa parola, il cui significato, in aramaico originale è “giovane donna” o “signora”, senza connotazioni sessuali di castità. Ma più tardi i traduttori cristiani, non potendo concepire la “Vergine Maria” come una donna dalla sessualità indipendente, hanno distorto il significato in “sessualmente pura, incontaminata, casta”.

I corpo della donna era, cosa impensabile per il nostro mondo occidentale contemporaneo, la via per entrare in “rapporto” con il divino. Per i pagani, le donne erano naturalmente in contatto con il divino, mentre gli uomini da soli non potevano raggiungere l’obiettivo di questo percorso mistico. Resta un residuo ribaltato nelle scuole di buddismo definito piccolo veicolo (hinayana, diffuso in sud-est asiatico), secondo il quale per raggiungere l’illuminazione le donne devono prima reincarnarsi nel corpo di un uomo; e anche nella nostra cultura patriarcale con la figura della “prostituta madre”, la donna grande amata dagli uomini e tollerata dalle donne che inizia i giovani maschi all’estasi sessuale.

Ma qualcosa sotto sopravvive. Un proverbio sufi, la religione pre-islam di cui Maometto è un esponente in quanto sacerdote di Fatma (una delle manifestazioni della grande madre trina, ridotta a sorella di Maometto durante l’islamizzazione), recita: “La cura è nella vagina della donna”. Mentre la prodigiosa capacità della sua saliva, che appartiene alla tradizione medicinale matriarcale (una tavoletta d’argilla proveniente dall’antica Ninive attesta che le malattie oftalmiche erano curate con latte misto allo sputo delle prostitute sacre), sopravvive nel vangelo di Marco. D’altronde, è il gesto più antico del mondo da parte delle madri leccare le ferite dei bambini per lenirne il dolore ed evitare infezioni..

Le prostitute sacre erano dette anche vergini sacre (παρθένος ιερά = parténos ierà). Tra le incombenze a loro affidate, oltre all’offerta della “divina grazia celeste”, c’erano la guarigione dalle malattie attraverso lo sputo medicinale e le secrezioni della vagina. Archetipi da riesumare sono, ad esempio: Medea (da μέδομαι (medomai): prendersi cura), la profezia (Cassandra e le Sibille), la danza sacra (Arianna e la danza delle gru), le lamentazioni funebri (le prefiche), i cori delle tragedie (contrappunto morale).

La loro verginità però non è legata all’imene, ma allo stato di donna nubile (libera dal matrimonio). Pertanto le ierodule erano vergini, perché non vincolate a legame matrimoniale, e sante perché esercitavano la funzione sacerdotale come incarnazione terrena della dea madre. Ai figli generati dalle sacerdotesse sacre si conferiva un epiteto che dovrebbe ricordarci qualcosa: “nato da vergine”.

E, a proposito di sorgenti nascoste nella nostra cultura pesantemente fallocratica, sperare nella provvidenza (ossia nella divina assistenza) significa in realtà affidarsi alla magia divinatoria e profetica del femminile. Il verbo latino provideo vuol dire prevedere, vaticinare. per cui la divina provvidenza è incarnazione delle capacità mantiche del femmineo; le antiche matriarche infatti erano in grado di gestire i beni agricoli necessari alla comunità perché sapevano prevedere il movimento degli astri e i cambi di stagione. Dio vede e provvede, ma sua madre lo faceva da molto prima.

 

Chi è invece la madonna? che significa madonna? “semplicemente” la “mia signora” (mea domina“).

Madonna è un titolo onorifico che si usa rivolgendosi a una donna o parlando di essa. In alcuni luoghi dell’Abruzzo è il titolo che le nuore rivolgono per rispetto alle suocere entrando nella casa della matriarca, ossia la madre dello sposo. (N.d.R.: anche in Friulano me madone significa mia suocera)

La sua rappresentazione non origina con il cristianesimo, ma è di molto antecedente. Poco studiata dagli autori dei vangeli cristiani, che la proiettano nel corpo della giovane vergine Miriam (Maria), la donna più famosa di tutta la storia del mondo è generata dal buio. Dai vangeli nulla trapela, pare una donna senza passato. Viene nominata pochissime volte. Solo dal Medioevo in poi (il primo fu Bernardo da Chiaravalle), la sua figura è stata elevata a livelli devozionali stratosferici. Nonostante il mistero che la circonda da sempre, la madonna è in ogni angolo del pianeta e la devozione nei suoi confronti è sconfinata. Essa è infatti madre di Dio e regina del cielo.

Le sue manifestazioni sono innumerevoli, come le sue forme, sono essenzialmente la stessa dea e incarnano l’aspetto della madre divina. I cristiani hanno distrutto i suoi templi e ucciso i suoi devoti, ma essa sopravvive dentro di loro con il nome di Maria. Chiunque abbia dimestichezza con la cultura pagana è in grado di cogliere le similitudini tra la vergine Maria e la dea madre: la mater(ia), dunque il cosmo.

Il catechismo cattolico afferma che Dio stesso sia stato creato da Maria (Ave Maria, madre di Dio).

Alcuni oggetti di culto che la rappresentano sono sopravvissuti attraverso i secoli persino nelle religioni monoteiste ferocemente patriarcali, quali l’islam e il cristianesimo giudaico-romano.

• il rosario rappresenta la ciclicità del corpo del mondo e della donna e, al contempo, è strumento estatico attraverso la respirazione circolare e la ripetizione mantrica dei nomi divini.

• ha il manto blu trapunto di stelle sul capo e il mondo in mano, giacché essa è regina del cielo e della terra.

• in alcune sue manifestazioni è nera e il colore nero non sta a simboleggiare solo la tenebra, ma anche la terra scura e fangosa della fertilità: per l’iniziato, la madonna nera è madre terra.

• in altre, e la presenza è molto forte in Abruzzo, è rappresentata con collane di corallo rosso, il cui colore rammenta il ciclo mestruale.

• in epoche antecedenti il cristianesimo, la vergine celeste (la dea madre natura) è raffigurata con il neonato Dio sole tra le braccia: è il bambin Gesù, che nasce con il solstizio d’inverno (Natale) e muore con l’equinozio di primavera (Pasqua).

• il giallo dorato del nimbus (nuvola) ovale, la particolare ellissi ( vedi l’immagine alla fine) che molto spesso circonda alcune rappresentazioni mariane, si dipana in raggi solari che emanano in ogni direzione.

• ha la corona di stelle, dodici come i mesi, come i simboli dello zodiaco che punteggiano l’anno solare, come le tribù di Israele discendenti dai figli di Giacobbe.

• l’aureola sulla testa è il cerchio, il simbolo della presenza del divino: si tratta di un simbolo dalla storia antichissima, tramandato nel mondo cattolico con il nome di halo (alone). L’aureola è regina del simbolismo magico degli antichi egizi e può essere considerata l’equivalente di un piccolo sole da cui scaturisce la luce.

• la falce di luna è il simbolo cornuto della potenza generatrice, come la labrys (ascia bipenne) di Arianna.

• la colomba è simbolo zoomorfo di Afrodite: nelle culture pagane infatti la colomba è animale sacro alla dea dell’amore.

• la veste azzurra è il mare (regina delle acque) e il mare rappresenta la fonte di tutta la creazione. Afrodite nasce dall’acqua e ἀφρός (afròs) significa schiuma del mare. Il nome Miriam, secondo alcune fonti, significa goccia di mare. E probabilmente, dal latino mare-maris, è proprio questo il significato del nome Maria. E Miriam si è trasformata in Maria.

 

Elena Cerasetti

 

C’è poi il personaggio evangelico di Maria Maddalena che assomma in sé tutti i caratteri del sacro e del profano  che sono stati per secoli oggetto di diatriba, soprattutto per gli esegeti delle Sacre Scritture. Le pulsioni sessuofobiche che hanno sempre permeato la catechesi dottrinale della Chiesa Cattolica hanno stigmatizzato o esaltato, di volta in volta, di luogo in luogo, in secoli diversi la figura di questo straordinaria, ma controversa, rappresentante del sesso femminile. Obtorto collo (di malavoglia),la componente maschile largamente predominante nell’establishment cristiano ha accettato ed ammesso l’importanza della Maddalena nella storia della vita di Cristo. Gli apostoli stessi, ancora in vita, erano di lei molto invidiosi e gelosi delle sue prerogative e della “confidenza” di cui godeva da parte di Gesù: lei, sola donna in mezzo a 12 apostoli, era preferita, prediletta, privilegiata come nessuno di loro e ciò costituiva un’anomalia incredibile. che è poi continuata in tutta la storia della Chiesa. Ma sotto la pressione della devozione popolare, specialmente femminile, una forma di riscatto e di riabilitazione della Maddalena ha preso corpo nel tempo, che però ha registrato come contestuale e contemporaneo contraltare l’innalzamento a livelli celestiali della figura di Maria Vergine e Madre, che non era stata granché valorizzata e considerata prima: non sia mai che la presunta “compagna” del Cristo prevalesse per importanza iconica sulla madre di lui. Suocera contro nuora: nella classifica patriarcale, sappiamo chi deve primeggiare nel ranking (elenco di merito) ed è sempre accaduto.

da  Wikipedia

 

M A R I A   M A D D A L E N A

 

Maria Maddalena (in ebraico מרים המגדלית?, in greco: Μαρία ἡ ΜαγδαληνήMaria hē Magdalēnē) detta anche Maria di Magdala, secondo il Nuovo Testamento è stata un’importante seguace di Gesù.

Venerata come santa dalla Chiesa cattolica, che celebra la sua festa il 22 luglio, la sua figura viene descritta, sia nel Nuovo Testamento sia nei Vangeli apocrifi, come una delle più importanti e devote discepole di Gesù.

Fu tra le poche a poter assistere alla crocifissione e – secondo alcuni vangeli – divenne la prima testimone oculare e la prima annunciatrice dell’avvenuta resurrezione.

 

Soprannome

L’aggettivo “Maddalena” viene accompagnato in qualche passo dei vangeli dalla precisazione “detta”: per esempio in Lc 8,2 il testo originale riporta “Μαρία ἡ καλουμένη Μαγδαληνή” (= Maria chiamata Maddalena). In Mc 16,9 questa precisazione non è presente (il testo greco si traduce letteralmente “Maria Maddalena”).

Si è posta così la domanda se il soprannome “Maddalena” indichi che la donna proveniva da Magdala — una piccola cittadina sulla sponda occidentale del Lago di Tiberiade, detto anche “di Genezaret” — o abbia un altro significato.

Anche se molti studiosi ritengono valido il senso di semplice riferimento alla città d’origine, qualcuno ritiene che esso si scontri con problemi oggettivi legati alla toponomastica del I secolo (nelle fonti del I secolo Magdala è citata esclusivamente con il nome greco di Tarichea) e all’identificazione della località, resa difficile dalla presenza di diverse località denominate Magdala e dall’assenza nei testi evangelici di riferimenti precisi che consentano di identificare la città natale di Maria Maddalena.

L’appellativo “Maddalena” potrebbe avere invece una suggestiva valenza simbolica derivata dal termine ebraico/aramaico migdal / magdal =Torre, usato per sottolineare l’importanza di questa donna all’interno della comunità dei discepoli di Gesù. Già san Girolamo adottò questa interpretazione quando, in una sua lettera, scrisse di Maria Maddalena come di colei che «per il suo zelo e per l’ardore della sua fede ricevette il nome di “turrita” ed ebbe il privilegio di vedere Cristo risorto prima degli apostoli».

Maria Maddalena nei vangeli canonici

Maria Maddalena è menzionata nel Vangelo secondo Luca (8:2-3), assieme a Susanna e Giovanna, come una delle donne che «assistevano Gesù con i loro beni». Secondo tale vangelo, esse erano spinte dalla gratitudine: proprio da Maria Maddalena «erano usciti sette demòni». Costoro finanziavano personalmente la missione itinerante del Maestro.

Secondo la tradizione, era una delle tre Marie che accompagnarono Gesù anche nel suo ultimo viaggio a Gerusalemme (Matteo 27:55; Marco 15:40-41; Luca 23:55-56), dove furono testimoni della crocifissione. Maria rimase presente anche alla morte e alla deposizione di Gesù nella tomba per opera di Giuseppe di Arimatea.

« Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria Maddalena. »

Fu ancora lei, di primo mattino nel primo giorno della settimana, assieme a Salome e a Maria di Cleofa, la madre di Giacomo il Minore (Matteo 28:1 e Marco 16:1-2 oltre che nell’apocrifo Vangelo di Pietro 12), ad andare al sepolcro, portando unguenti per ungere la salma. Le donne trovarono il sepolcro vuoto ed ebbero una “visione di angeli” che annunciavano la risurrezione di Gesù (Mt 28:5).

« Nel giorno dopo il sabato, Maria Maddalena si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro… Maria Maddalena andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto. » 

Maria Maddalena, in un primo momento corse a raccontare quanto visto a Pietro e agli altri apostoli (Giovanni 20:1-2). Ritornata al sepolcro, si soffermò piangendo davanti alla porta della tomba. Qui il “Signore risorto” le apparve, ma in un primo momento non lo riconobbe. Solo quando venne chiamata per nome fu consapevole di trovarsi davanti Gesù Cristo in persona, e la sua risposta fu nel grido di gioia e devozione, Rabbunì, cioè “maestro buono”. Avrebbe voluto trattenerlo, ma Gesù la invitò a non trattenerlo e le disse:

« Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre mio; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Sto ascendendo al Padre mio e al Padre vostro, al Mio Dio e al vostro Dio »

Divenne così, nel Vangelo secondo Giovanni, la prima annunciatrice della resurrezione e si meritò in seguito il titolo di “apostola degli apostoli” e di “evangelista” in qualità di prima annunciatrice della buona notizia. «Il capitolo 20 di Giovanni, al versetto 17, raggiunge uno dei punti di più difficile comprensione. Ci si trova dinanzi all’ultima tappa del cammino di fede della Maddalena. Ricorre il verbo “attaccarsi”, “afferrare”, “toccare” (hàpto). Questo termine, col valore di toccare, nei vangeli sinottici, è sempre riferito a Gesù. Egli è colui che tocca, per guarire (cf Mt 8,3; Mc 7,33; Mc 8,22; Lc 22,51). Viene anche riferito a Gesù, affinché egli possa essere toccato (cf. Mc 3,10) o affinché tocchi qualcuno. L’incontro tra la Maddalena e Gesù costituisce l’unico caso in cui Gesù riferisce a se stesso il toccare. la forma è quella dell’imperativo presente medio, negativo. Si tratta, più esattamente, di un “medio di interesse”. Il verbo esprime l’azione di Maria, compiuta a proprio vantaggio. Indica il trattenere per sé, che Gesù impedisce. Gesù ordina di non essere toccato. Maria, forse, ha iniziato a farlo, in un atteggiamento di prostrazione, ai piedi di Gesù. vi sarebbe collegamento, così, con il racconto di Matteo (cf. Mt 28,9). La forma imperativa presente “non toccarmi” […] non indica (a differenza dell’aoristo) che una data azione non debba essere compiuta. Indica, invece, che quell’azione deve essere fermata. Il senso, dunque, è: “Non continuare a toccarmi. Non continuare a stringermi a te”. Gesù, dunque, non vuole porre una separazione tra Sé e Maria. Il suo atteggiamento verso la Maddalena, a ogni modo, non ha paralleli. […] Gesù impone di non essere toccato, perché indica un nuovo modo di relazione. Il Risorto non è infastidito dal comportamento di Maria. Vuole introdurla, semplicemente, dentro la piena relazione con lui. Si tratta della condizione dei risorti in Cristo (cf. 1Ts. 4,16). La fisicità non è stata annullata né è divenuta realtà sottile o evanescente. C’è, è la stessa, ma, dentro l’evento della risurrezione, si rivela diversa. […] Il rapporto con l’amato deve entrare, dunque, in una prospettiva nuova. Maria, invece, ha equivocato l’incontro con Gesù risorto. Pensa che Gesù sia tornato tra i vivi. La Maddalena, così, crede che la condizione sia la stessa, in cui Gesù si trovi, prima della morte. Il tentativo di Maria, di trattenere Gesù, nasce dalla speranza di ristabilire la relazione di sempre. Maria non ha capito che il modo della relazione con il Maestro si è modificato. Il testo potrebbe essere tradotto con “Non continuare a toccarmi”. […] Senza toccare né afferrare, si può stare, pur sempre, con il Maestro.».

Identificazione di Maria Maddalena con la peccatrice penitente

La figura di Maria di Magdala è stata identificata per lungo tempo con altre figure di donna presenti nei vangeli:

  • alcune tradizioni accostano la figura di Maria Maddalena a Maria di Betania, la sorella di Marta e del risorto Lazzaro (Lc 10:38-42 e Gv 11:1-45) e alla peccatrice che unge i piedi a Gesù a casa di Simone il Fariseo, probabilmente a Nain, in Galilea:
« Ed ecco, una donna che era in quella città, una peccatrice, saputo che egli era a tavola in casa del fariseo, portò un vaso di alabastro pieno di olio profumato e, stando ai piedi di lui, di dietro, piangendo, cominciò a rigargli di lacrime i piedi; e li asciugava con i suoi capelli; e gli baciava e ribaciava i piedi e li ungeva con l’olio  »
L’accostamento avviene poiché entrambe le donne (per intendersi, Maria di Betania e la peccatrice) lavano i piedi al Cristo e li ungono con il profumo: nel caso di Maria di Betania, per Giovanni il fatto avviene a Betania, in Giudea, probabilmente a casa di Lazzaro (Gv 12:1-11), per Marco e Matteo l’episodio avviene sempre a Betania ma a casa di Simone il lebbroso, l’unzione viene fatta alla testa e non ai piedi e i due evangelisti non riportano il nome della donna che rimane anonima (Mc 14:3-9 – Mt 26:6-13), mentre l’episodio della peccatrice riportato da Luca avviene in casa di uno di cui si dice che fosse un Fariseo di nome Simone.
L’ipotesi che si tratti di due distinte figure è sostenuta dai seguenti particolari:

  • l’unzione dei piedi di Maria appare verso la fine della vita pubblica di Gesù, quella della peccatrice non è specificato, anche se l’episodio è collocato nel corso del ministero di Gesù in Galilea;
  • i due episodi hanno un significato diverso: nel vangelo secondo Luca si evidenzia la misericordia di Gesù verso i peccatori, negli altri vangeli si preannuncia la morte imminente di Gesù;
  • non è assolutamente assodato che Maria di Betania e Maria Maddalena siano la stessa persona.
A sostegno dell’ipotesi che si tratti invece della stessa figura si può invece ricordare che:

  • nel caso di Maria, Gesù è il festeggiato di una cena in casa di Simone il lebbroso, nel caso della peccatrice Gesù è in casa di uno che si chiama Simone, tuttavia ciò non è di per sé significativo, perché questo nome all’epoca di Gesù era molto diffuso in Palestina;
  • è molto improbabile che per due volte in due luoghi differenti Gesù sia stato unto con una quantità di olio di nardo avente esattamente lo stesso valore (Mc 14:5 e Gv 12:5) e che per due volte questo abbia dato luogo alle stesse pesanti critiche da parte dei presenti; bisogna però considerare che il vangelo secondo Luca non riporta che si trattava di un olio prezioso e costoso e che il fariseo non s’indigna per l’unzione in sé ma per la sua effettuazione da parte di una pubblica peccatrice, donna impura che non avrebbe dovuto toccare un maestro spirituale;
  • in altri casi gli evangelisti sono in disaccordo su tempi e luoghi di eventi (es. i due racconti della natività in Matteo e Luca, le differenze nel giorno della crocifissione tra Giovanni e i sinottici e altri ancora).
  • più di una volta il Nuovo Testamento mostra imbarazzo e reticenza nei confronti delle persone che hanno stretti legami con Gesù (es. l’improvvisa menzione della guida di Giacomo, “il fratello del Signore” (Ga 1:19), negli Atti (At 12:17, At 15:13), non preceduta da alcuna spiegazione o introduzione pur essendo essa ampiamente attestata dai più importanti scrittori cristiani antichi, Origene, Eusebio, San Girolamo, Pseudo-Clemente e anche da non cristiani come Giuseppe Flavio.
  • il comprensibile imbarazzo degli evangelisti di fronte agli elementi che indichino l’accoglimento da parte di Gesù delle aspettative di regalità terrena su di lui appuntate dalla popolazione ebrea. L’unzione di Gesù è, in tal senso, il più caratteristico di essi.
  • se anche il senso teologico dei due episodi è diverso in Giovanni rispetto a Luca e in parte anche a Marco e Matteo, si deve ricordare che l’autore del quarto Vangelo mostra non di rado la tendenza a subordinare il racconto degli eventi esigenze teologiche. Nel situare, per esempio, a differenza dei sinottici, la morte di Gesù al momento del sacrificio pasquale, Giovanni tende ad asserire l’identificazione tra Gesù e la vittima del sacrificio. Ancora, nel fornire il particolare, unico rispetto ai sinottici, della ferita al costato da cui esce sangue e acqua, Giovanni allude alla natura kosher della vittima. In entrambi i casi le implicazioni teologiche dei particolari sono così evidenti da non poter essere ignorate nell’analisi delle discordanze tra Giovanni e i sinottici.
  • Maria viene inoltre scambiata per l’adultera salvata da Gesù dalla lapidazione (come raccontato nella Pericope Adulterae) in Gv 8:1-11. In questo caso non ci viene tramandato nemmeno il nome della donna e l’identificazione probabilmente avviene solo per analogia con il caso precedente. L’accostamento tra Maria Maddalena e l’adultera redenta risale in realtà al 591, quando il papa Gregorio Magno, basandosi su alcune tradizioni orientali, in due sue omelie (XXV e XXXIII) identificò le due figure.

L’identificazione di Maria Maddalena con Maria di Betania o con la peccatrice è stata infine esplicitamente ridiscussa dalla Chiesa cattolica nel 1969 (dopo il Concilio Vaticano II). Tuttavia, era comune nell’esegesi medievale, e per antichissima tradizione anche oggi, tanto che la figura della Maddalena peccatrice fu inserita accanto a quella del Buon Ladrone nella sequenza del Dies irae (utilizzata nella liturgia cattolica tradizionale dei defunti):

«Qui Mariam absolvisti / et latronem exaudisti / mihi quoque spem dedisti.»

A seguito della riforma liturgica il testo della sequenza è stato ritoccato eliminando il nome di Maria; esso, tuttavia, è ancora recitato secondo la lezione tradizionale nelle celebrazioni della Messa tridentina.

La stessa identificazione è rifiutata dai protestanti. Anche gli ortodossi ritengono che Maria Maddalena, Maria di Betania e la peccatrice anonima del vangelo secondo Luca siano tre donne diverse.

Invece, nel cosiddetto Vangelo di Maria Valtorta, di poco anteriore al Concilio Vaticano II, la figura di Maria Maddalena è chiaramente identificata con quella di Maria di Betania e la peccatrice pentita. (Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, cap. 98.4; J. F. Lavère, L’enigma Valtorta, CEV, Isola del Liri 2012, vol. 1, pagg. 239-240).

L’umanista e teologo Jacques Lefèvre d’Étaples affrontò nel Cinquecento, tra il 1517 e il 1519, il problema dell’identificazione delle cosiddette tre Marie. Infatti, egli si era occupato proprio della figura della Maddalena, su incarico della madre di Francesco I, Re di Francia, Luisa di Savoia, che gli aveva commissionato un’agiografia della santa. Il teologo Lefèvre scrisse diversi opuscoli relativi al dibattito delle tre Marie, partendo dalla tradizione della Chiesa cristiana orientale, di culto greco e lontana da Roma dai tempi dello Scisma d’Oriente (1054). Il dibattito fece scalpore all’epoca e si diffuse anche in Italia, presso umanisti delle varie corti, come ad esempio a Mantova presso i Gonzaga grazie al precettore della marchesa Isabella d’Este, Mario Equicola. Tale dibattito si smorzò a valle della protesta luterana e al periodo della Riforma fino a cadere nell’oblio.

A causa di queste sovrapposizioni tra le varie figure dei Vangeli, Maria Maddalena divenne un simbolo di pentimento e divenne patrona di varie istituzioni che si occupavano della gioventù femminile, come l’Ordine di Santa Maria Maddalena o le congregazioni delle maddalene di Lubań e Torino. Il suo nome fu anche usato per le Case Magdalene in Irlanda, conventi che ospitavano ragazze inviate dalle famiglie o dagli orfanotrofi: l’ultima Casa Magdalene in Irlanda è stata chiusa nel 1996.

Il biblista Gianfranco Ravasi ha sottolineato che l’identificazione di Maria Maddalena con Maria di Betania e con la peccatrice pentita è frutto di equivoci.

Tuttavia l’identificazione di Maria Maddalena con la prostituta rimane ancora viva nella tradizione popolare. Come già accennato, ad esempio, in vari film che narrano di Gesù, Maria Maddalena viene effettivamente identificata con una prostituta, come in Mel Gibson, La passione di Cristo, nel film ispirato al romanzo di Nikos Kazantzakis L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese e nel famoso musical Jesus Christ Superstar, diretto da Norman Jewison, tratto dall’omonimo album musicale di Andrew Lloyd Webber.

Culto

Legenda aurea

Dopo l’inizio della predicazione degli apostoli, Lazzaro, Maria Salome, Marta di Betania, Maria Jacobé e Maria Maddalena, assieme alla serva Sara la Nera, furono gettati in mare su una barca dai pagani, perché morissero. Vagarono per lungo tempo in mare su una barca priva di remi e nocchiero, finché dalla Terra Santa giunsero in Francia nel territorio di la Couronne, dove dopo lungo peregrinare trovarono finalmente un pozzo di acqua potabile: per tal motivo il luogo d’approdo è chiamato ancora oggi Santo Terro, “santa terra”, dove vi è una cappella dedicata alla Santa Croce, la chiesetta della Sainte-Croix, il famoso pozzo e la supposta impronta di un piede di Lazzaro. Due volte l’anno vi è una processione alla cappella. Da qui, imbarcata l’acqua potabile necessaria, i santi personaggi avrebbero proseguito per la Camargue, per approdare a Saintes-Maries-de-la-Mer.

Dall’abitato di Saintes-Maries-de-la-Mer, mentre Maddalena si sarebbe diretta verso Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, Lazzaro a Marsiglia, Marta a Tarascona, Maria Salomé, Maria Jacobé e Sara si sarebbero stabilite vicino all’oppidum evangelizzando la regione. Una famosa versione di questa storia è contenuta nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze (sec. XIII).

Nella Chiesa antica

Il culto più antico rivolto a Maria Maddalena, risalente alla fine del IV secolo, è quello che si svolgeva nei riti della Chiesa Orientale la seconda domenica dopo Pasqua, chiamata “delle mirofore”. In quel giorno si commemoravano le donne che il giorno dopo la crocifissione e la morte di Gesù si recarono al sepolcro con gli unguenti per imbalsamarlo. Tra le mirofore un ruolo importante l’aveva Maria Maddalena, l’unica che è sempre citata in tutti e quattro i vangeli canonici. Il primo centro della venerazione della Maddalena fu Efeso, dove secondo una tradizione si sarebbe recata insieme a Maria madre di Gesù e all’apostolo Giovanni e dove si diceva fosse pure la sua tomba, nell’ingresso della grotta dei Sette Dormienti; si sposta poi a Costantinopoli, dove all’epoca di Leone il Filosofo (nell’886) sarebbe stato trasferito il corpo, e si diffonde poi nella Chiesa Occidentale soprattutto dall’XI secolo.

In Occidente

La diffusione del culto in Occidente avvenne soprattutto grazie all’Ordine dei Frati Predicatori, secondo la testimonianza di Umberto de Romans: “Dopo che la Maddalena si è data alla penitenza, è stata resa dal Signore così grande per grazia, che dopo la Beata Vergine non si trova donna alla quale nel mondo non si renda maggior riverenza e non si dia maggior gloria in cielo”. I domenicani la considerano una delle loro patrone. Varie congregazioni di frati e di suore le attribuirono il titolo di “apostola degli apostoli”, come viene celebrata nella liturgia bizantina, e paragonarono la missione di Maddalena, di annunciare la risurrezione, al loro ufficio apostolico.

Nel calendario romano generale la sua celebrazione è fissata al 22 luglio, senza alcun cenno alla supposta identificazione con la peccatrice. La sua memoria è stata elevata a festa da papa Francesco al 3 giugno 2016 per sottolineare il compito di evangelizzatrice degli apostoli della santa, il ruolo della donna nella Chiesa e l’azione della misericordia di Dio.

Una tradizione riportata nella Legenda aurea racconta che la Maddalena con i fratelli e altri discepoli sia partita dalla Palestina per approdare a Saintes-Maries-de-la-Mer dopo un viaggio periglioso, nonostante la barca fosse ingovernabile; una variante della leggenda, attestata anche da un affresco di Giotto nella cappella della Maddalena della basilica inferiore di Assisi, vuole che l’approdo sia avvenuto a Marsiglia.

Il culto di Maddalena si diffuse in Europa e i suoi devoti costruirono numerose chiese in suo onore: la più nota è quella gotica di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume (1295), dove è conservato quello che si dice sia il teschio della santa. Fu Carlo II d’Angiò ad effettuare l’inventio di tale reliquie nel 1279, convalidate da papa Bonifacio VIII nel 1295. “Sainte Baume” in antico provenzale significa “santa grotta”: a Plan-d’Aups-Sainte-Baume, sotto la cima più alta del massiccio montagnoso, c’è una grotta dove la tradizione vuole che sia morta la Santa, oggi sede di una chiesa, che accoglie una fonte di acqua e un convento domenicano. In tale chiesa è presente una reliquia della Maddalena. Il luogo, conosciuto nel Cinquecento come Nanse o Nanze (odierna Nans-les-Pins), era allora meta di frequenti pellegrinaggi da tutta Europa, soprattutto dalle corti italiane. Il cardinale Luigi d’Aragona ha lasciato un diario redatto dal chierico molfettese Antonio De Beatis con dettagli sui luoghi della Maddalena in Provenza, così come l’alvitano Mario Equicola nel suo Iter in Narbonensem Galliam, che riporta il viaggio per un pellegrinaggio di Isabella d’Este, marchesa di Mantova.

In ogni modo, ben prima di Saint Maximin, il culto di Maria Maddalena si era formato presso l’abbazia borgognona di Vezelay, dove già nel 1050 si diceva fosse conservato il corpo.

Il culto della Maddalena, peraltro, non è una prerogativa esclusiva della Francia, come dimostra l’esistenza di molti edifici a lei dedicati ad esempio in Italia (oltre un centinaio).

Reliquie

Come santa cattolica, le reliquie di Maria Maddalena furono venerate a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, Provenza, attraendo una tale folla di pellegrini che venne eretta una grande basilica verso la metà del XIII secolo, una delle più famose chiese gotiche del sud della Francia. L’inventio delle reliquie è attribuita a Carlo II d’Angiò, detto “lo zoppo”, fatta nel 1279. Le reliquie furono convalidate da papa Bonifacio VIII nel 1295 e custodite nella basilica di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume.

Benché le sue ossa siano state disperse durante la Rivoluzione francese, si disse che la sua testa fosse rimasta nel suo sacrario in una caverna a La Sainte-Baume vicino a Marsiglia, dove la santa si sarebbe ritirata; si racconta anche di grandi miracoli e benedizioni ricevute da chi si recasse al sacrario per venerare Maddalena. Il piede della santa, custodito in un prezioso reliquiario dell’ambito di Benvenuto Cellini è stato venerato per secoli a Roma in una cappella posta all’ingresso di Ponte Sant’Angelo ultima delle reliquie maggiori prima di giungere sulla tomba di San Pietro. Il piede è oggi conservato nella Basilica di San Giovanni de’ Fiorentini. Altre Reliquie consistenti in filamenti di capelli, stralci di camicie e piccoli resti ossei, sono custodite nella Collegiata di Atrani (SA) in Costiera Amalfitana.

Tradizione delle uova di Pasqua

 

Da secoli, è costume di molti Cristiani ortodossi orientali terminare la celebrazione pasquale dipingendo uova e proclamando “Cristo è risorto!”. Le uova simboleggiano la nuova vita, e Cristo che risorge dalla morte. Da questo nacque la tradizione di colorare le uova di Pasqua.

Una tradizione riguardante Maria Maddalena dice che dopo la morte di Gesù Cristo, usò la sua posizione per ottenere un invito a un banchetto dato dall’imperatore Tiberio. Quando lei lo incontrò, teneva un uovo puro nelle sue mani ed esclamò “Cristo è risorto!” Tiberio rise, e disse che la resurrezione di Gesù Cristo dalla morte era probabile quanto l’uovo nella sua mano diventasse rosso mentre lo teneva. Secondo la leggenda, prima che finisse di parlare, l’uovo nella sua mano diventò rosso e lei continuò a proclamare il Vangelo in tutta la casa imperiale.

Narrativa recente

 

Alla fine del ventesimo secolo, in seguito al successo del libro Il santo Graal di Baigent, Leigh e Lincoln, è diventata famosa la chiesa di Santa Maria Maddalena di Rennes-le-Château nella regione dell’Aude.

Il Vangelo di Maria

Un’ulteriore attestazione di Maria di Magdala e del suo ruolo tra i primi cristiani è fornito dal Vangelo di Maria, uno scritto gnostico non incluso nel canone ortodosso, perduto e noto solo attraverso due frammenti in greco del III secolo e in una traduzione in lingua copta del V secolo. Anche se questi manoscritti furono scoperti e pubblicati tra la metà del XIX secolo e il 1947, ci sono riferimenti in opere anteriori (anche del III secolo) e dei Padri della Chiesa al Vangelo di Maria, le quali rivelano il grado in cui fu disprezzato e osteggiato. Nel testo frammentario, i discepoli fanno domande al Signore risorto e ricevono risposta.

«Ma essi rimasero tristi e piangevano forte. Dissero: “Come possiamo andare dai gentili e predicare loro il vangelo del regno del figlio dell’uomo? Là non è mai stato dispensato, dobbiamo dispensarlo (proprio) noi?»

«S’alzò allora Maria, li salutò tutti, e disse loro: “Non piangete, fratelli, non siate malinconici e neppure indecisi. La sua grazia sarà con voi tutti e vi proteggerà. Lodiamo piuttosto la sua grandezza, avendoci egli preparati e mandati agli uomini.»

Pietro disse a Maria Maddalena:

«Sorella, noi sappiamo che il Salvatore ti amava più delle altre donne. Comunicaci le parole del Salvatore che tu ricordi, quelle che tu conosci, (ma) non noi; (quelle) che noi non abbiamo neppure udito»

Allora racconta — alla richiesta di Pietro — di aver avuto una visione del Salvatore, e riporta il suo discorso con lui, che mostra influenze gnostiche.

«Quello che a voi è nascosto io ve lo comunicherò.»

La sua visione non fu creduta:

«Ma Andrea replicò e disse ai fratelli: “Che cosa pensate di quanto lei ha detto? Io, almeno, non credo che il Salvatore abbia detto questo. Queste dottrine, infatti, sono sicuramente delle opinioni diverse.»

«Riguardo a queste stesse cose, anche Pietro replicò interrogandoli a proposito del Salvatore: “Ha forse egli parlato in segreto a una donna prima che a noi e non invece apertamente? Ci dobbiamo ricredere tutti e ascoltare lei? Forse egli l’ha anteposta a noi?»

Karen King ha osservato che «il confronto di Maria con Pietro, uno scenario trovato anche nel vangelo apocrifo di TommasoPistis Sophia, e nel vangelo apocrifo degli Egiziani, riflette alcune delle tensioni nella Cristianità del II secolo. Pietro e Andrea rappresentano ortodosse posizioni che negano la validità della rivelazione esoterica e rigettano l’autorità delle donne a insegnare».

Questi scritti sono inoltre in contrapposizione con l’affermazione di Gesù riportata dal Vangelo secondo Giovanni:

«Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto.»

Maria Maddalena nel Pistis Sophia

Secondo il Codex Askewianus (maggiormente noto come Pistis Sophia), dopo la resurrezione, Cristo, allo scopo di istruire gli apostoli sui misteri, si trattenne sulla terra per undici anni. Come altri vangeli gnostici dunque, esso contiene una supposta “rivelazione segreta” di Gesù risorto ai discepoli riuniti in assemblea (incluse quattro donne: Maria Maddalena, Salome, la Madonna e Marta). Durante questi undici anni, indicato nel primo capitolo dell’opera, Gesù avrebbe portato i suoi discepoli solo fino a un certo livello di conoscenza, per poi portarli, in seguito, a gradi di conoscenza superiori, descrivendo che la trasmissione di una conoscenza (gnosi) superiore richiese a Gesù l’ascesa al cielo con la relativa trasfigurazione, così come viene descritta nei capitoli successivi.

«Detto questo ai suoi discepoli, soggiunse: – Chi ha orecchie da intendere, intenda! Udite queste parole del salvatore, Maria rimase un’ora (con gli occhi) fissi nell’aria; poi disse: – Signore, comandami di parlare apertamente. Gesù, misericordioso, rispose a Maria: – Tu beata, Maria. Ti renderò perfetta in tutti i misteri di quelli dell’alto. Parla apertamente tu il cui cuore è rivolto al regno dei cieli più di tutti i tuoi fratelli» (capitolo 17).

Questo passo del capitolo 17 mostra Maria Maddalena che si erge a protagonista all’interno dell’opera. All’interno del Pistis Sophia, i discepoli interloquiscono con Cristo: la Madre di Gesù interviene tre volte (capitoli 59, 61, 62), Salomè altre tre volte (capitoli 54, 58 e 145) e Marta quattro (capitoli 38, 57, 73 e 80). Tuttavia, Maria Maddalena interviene, in contesti sempre molto importanti, sessantasette volte. Gesù arriva a lodarla varie volte e lei arriva persino a intercedere presso di lui quando i discepoli non capiscono qualche passaggio (capitolo 94). All’interno del Pistis Sophia, Maria Maddalena simboleggia la Conoscenza (Gnosi), e rappresenta dunque l’incarnazione umana di Sophia, e come tale, la Sposa e la controparte femminile di Cristo. Nel Vangelo apocrifo di Filippo, la Sophia viene identificata come la Maria Maddalena, tanto da aver fatto ipotizzare come, il Giovanni dell’Ultima cena di Leonardo, possa essere Maria Maddalena vista nel concetto gnostico di Sophia.

Ipotesi su Maria Maddalena

Autrice del Quarto Vangelo, il Vangelo secondo Giovanni?

Nel 1998, Ramon K. Jusino ha proposto una teoria senza precedenti secondo cui il “discepolo amato” del Vangelo di Giovanni è Maria Maddalena. Jusino ha basato la sua argomentazione in gran parte sui libri gnostici di Nag Hammadi, rifiutando il punto di vista di Raymond E. Brown secondo cui questi libri erano sviluppi successivi, e sostenendo invece che il Vangelo esistente di Giovanni è il risultato della modifica di un testo precedente che presentava Maria Maddalena come il discepolo amato. Tale opinione non ha avuto particolare successo tra gli studiosi, che continuano a considerare i vangeli gnostici come testi successivi e, pertanto, non affidabili.

L’amicizia tra la Maddalena e Gesù

Il vangelo gnostico di Filippo dice che Gesù baciava Maria Maddalena. Da questo particolare, alcuni racconti moderni a esso ispirati sottolineano l’intimità fra Gesù e Maria Maddalena. Secondo le scuole gnostiche il bacio rituale non aveva un significato erotico, ma era espressione della comunione, della fratellanza e della certezza della redenzione degli eletti. La stessa espressione si ritrova nel Nuovo Testamento, nelle epistole di Paolo e di Pietro: «salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio» (Rm 16,16, 1P 5:14).

Nei frammenti del testo apocrifo ritrovati fra i Codici di Nag Hammadi si legge che «la compagna del Salvatore è Maria Maddalena, Cristo la amava più di tutti gli altri discepoli e soleva spesso darle dei baci». La frase sarebbe comunque una ricostruzione perché nel manoscritto ci sarebbero in realtà degli spazi vuoti, evidenziati di seguito con delle parentesi: La compagna del ( ) Maria Maddalena ( ) più di ( ) discepoli ( ) baciarla ( ) sulla ( ).

La parola usata per “compagna” nel testo copto del vangelo di Filippo è inoltre un prestito dall’originale greco koinônós. Questo termine non significa “sposa” o “amante”, bensì “compagna” ed è comunemente usata per indicare rapporti di amicizia e fratellanza. Ma in quello stesso vangelo, che secondo gli studiosi non risale a prima della seconda metà del II secolo, il bacio è un segno rituale comune anche agli altri personaggi. Secondo gli gnostici inoltre Gesù e Maria Maddalena erano le incarnazioni umane degli eoni Cristo e Sophia. Il passo non va dunque inteso come una prova storica del matrimonio tra Gesù e la Maddalena, ma secondo le affermazioni gnostiche sull’incoronamento sulla terra del legame celeste degli eoni, dunque come allegoria.

Maria Maddalena è comunque rappresentata nei Vangeli canonici come un personaggio importante: la sua presenza alla Crocifissione la fa ritenere come una seguace che era stata molto vicina a Cristo e a sua madre Maria.

 

Numero2816.

 

L E    D O N N E    E    I L    V E L O

 

Scrive Carlo Coppola su QUORA:

 

San Paolo nella sua famosa prima lettera ai Corinzi dice testualmente:

“Di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo, e capo di Cristo è Dio. Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo. Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra. L’uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell’uomo. E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo; né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli.

Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea. (…)

Alla stessa maniera facciano le donne, con abiti decenti, adornandosi di pudore e riservatezza, non di trecce e ornamenti d’oro, di perle o di vesti sontuose, ma di opere buone, come conviene a donne che fanno professione di pietà. La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo.”

La tradizione islamica ha le stesse radici ed esprime gli stessi concetti.

Particolare curioso quella citazione “a motivo degli angeli” di cui gli esegeti non sanno dare una spiegazione adeguata. Probabilmente si riferisce ad una tradizione ebraica secondo la quale agli angeli del signore piacessero le donne umane e piacessero i capelli lunghi delle donne.

Nella Genesi infatti si legge che “scesero sulla terra gli angeli del Signore e videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero molte in mogli”.

In sostanza tutte e tre le religioni monoteistiche prevedono un ruolo subordinato della donna e una sua sottomissione testimoniata dal velo e dal fatto di doversi abbigliare decorosamente.

La tradizione occidentale non fa eccezione.

Solo negli ultimi anni in ambito religioso si è cercato di arrampicarsi sugli specchi per giustificare nella dottrina cattolica l’emancipazione femminile ma con risultati abbastanza ridicoli. Basta leggere qualche commento degli esegeti moderni per farsi quattro risate del tentativo di questi preti di far dire a San Paolo quello che non ha mai detto.

Numero2785.

 

da QUORA

 

Cosa vuole un uomo da una donna oltre il sesso?

 

Vorrei far notare ciò che il sesso IMPLICA per un uomo, che egli spesso non sa di se stesso e che le donne anche spesso non sanno.

Un uomo vuole essere amato e accettato così com’è.

Con i suoi bisogni, le sue carenze e i suoi difetti.

E il sesso è, per l’uomo medio (ci sono certamente delle eccezioni), il veicolo più forte per sperimentare l’amore, l’accettazione e l’essere accettato.

Ci sono altri veicoli, ma sono più complicati.

Chi lo accetta quando lui vuole semplicemente ciò che vuole e come lo vuole, gli dà amore nella sua percezione.

La donna che gli dice e dimostra: “Mi piace il tuo modo di fare, sono felice con te”, lo rende felice.

In realtà non ha bisogno di molto più di questo , ma proprio questo è abbastanza e difficile da trovare.

La seconda cosa che vuole un uomo forse è la lealtà verso di lui.

Per questo, lui è disposto a dare molto, cioè quasi tutto ciò di cui lei ha bisogno.

In cambio, mette anche i suoi bisogni in attesa.

Ma questo include che anche lei, in questa materia, metta da parte i suoi bisogni a volte, e facendo sesso solo quando lui lo vuole e come lo vuole.

Poi farà altre cose quando lei vorrà e come vorrà, anche se al momento potrebbe non pensare che siano così fantastiche.

In realtà lei vuole molte più cose di lui.

Anche se sembrano poche, però “coprono” quasi tutto per lui.

So che tutto questo può non sembrare fantastico a prima vista. Nemmeno io penso sempre che sia fantastico.

Ma è così.

Queste cose non sono la mia “opinione”. È così che funziona nella mia esperienza.

Ma io non sono un uomo.

Sentitevi liberi di correggermi.

Numero2780.

 

 

da QUORA

 

U S A N Z E   A N T I C H E

 

Erodoto, storico greco antico ( 484 a.C.- 425 a.C.), famoso per i suoi numerosi viaggi, descrive alcune usanze di Babilonia:

Una volta all’anno, in ogni villaggio si faceva così: conducevano in un unico luogo, allo scopo di riunirle tutte, le ragazze che si trovassero in età da marito e intorno ad esse si radunava una folla di uomini.

  • Poi un araldo le faceva alzare in piedi, una per una, e le vendeva: cominciava dalla più bella, poi, quando questa aveva trovato un generoso compratore, metteva all’asta la seconda per bellezza. La vendita si faceva a scopo matrimoniale.
  • I Babilonesi benestanti in età da prendere moglie superandosi a vicenda con le offerte si acquistavano le più graziose; invece gli aspiranti mariti del popolo, che non badavano all’estetica, si prendevano le ragazze più brutte e una somma di denaro. Questa somma derivava dalla vendita delle ragazze belle, quindi le belle ragazze accasavano le ragazze brutte.

N.d.R.: Così vivevano tutti felici e contenti !?

Numero2770.

 

A  PROPOSITO  DI  STUPRI

 

È   S C R I T T O   N E L L A   B I B B I A

 

La donna stuprata deve sposare lo stupratore

 

AT Deuteronomio 22, 28  ( AT = Antico Testamento. Deuteronomio è il quinto libro del Pentateuco, contenente le prescrizioni di Mosè relative alla vita religiosa e sociale del Popolo Ebraico dopo l’insediamento in Palestina).

«Se un uomo trova una fanciulla vergine che non sia fidanzata, l’afferra e pecca con lei e sono colti in flagrante, l’uomo che ha peccato con lei darà al padre della fanciulla cinquanta sicli d’argento; essa sarà sua moglie, per il fatto che egli l’ha disonorata, e non potrà ripudiarla per tutto il tempo della sua vita.»

 

N.d.R.:  VERITA’  RIVELATA!

Numero2753.

 

da  QUORA

 

SEMBRA  CHE  QUESTA  SIA  UNA  STORIA  VERA

 

“Signor Abdel, perché è venuto in Tribunale oggi?”

“Perché rivoglio indietro mia moglie e mia figlia!”

“Cosa è successo?”

“Due mesi fa lei è andata via portandosi via mia figlia. Ha abbandonato la casa coniugale! Una sera sono tornato dal mio lavoro di muratore e loro non c’erano più. Così, senza spiegazione, mi hanno lasciato solo.”

“Vedo che è presente anche la signora accompagnata dai servizi sociali. Signora, è vero quello che dice suo marito?”

“Sì, ci siamo sposati sei anni fa nel nostro paese e abbiamo avuto una bambina. Io a lui voglio ancora bene ma…ma non ce la facevo più…”

“Per quale motivo?”

“Mi diceva le parolacce, mi trattava male tutti i giorni davanti alla bambina…era sempre peggio. Mi faceva mangiare seduta per terra. Adesso per la crisi lavorava meno ed era sempre nervoso.”

“La picchiava?”

“….No. No. I miei genitori al telefono mi dicevano di sopportare, di stare zitta, che una brava moglie sta sempre con suo marito…”

“Questo deve essere!”

“Signor Abdel, stia zitto, lasci parlare sua moglie. Avvocato, contenga il suo cliente. Signora vada avanti, cosa stava dicendo?”

“Qui mi sentivo sola, i miei fratelli sono lontani in Francia, ci ho provato a vivere in pace con lui ma non ci riuscivo. Allora un giorno invece di portare la bimba all’asilo siamo andate dai Carabinieri del paese che mi hanno ascoltato e poi ci hanno portato in comunità.”

“Non so nemmeno dove stanno! E’ due mesi che non vedo mia figlia!”

“Abdel, tu lo sai cosa è successo, lo sai perché me ne sono andata.”

“Non dovevi farlo! Tu devi rimanere in casa ad aspettarmi!”

“Io ti voglio bene ma tu non devi fare certe cose davanti alla bambina.”

“Stai dicendo un sacco di bugie! Sei una bugiarda come al solito. E la bambina sta crescendo come te!”

“Sai che io ho sopportato tanto. Non capisco perché sei così arrabbiato con me.”

“Perché tu, tu sei una puttana!”

“No, io non ti ho mai tradito!”

“No, tu sei una puttana perché quando facevi l’amore con me godevi!”

(la moglie umiliata scoppia a piangere ed esce dall’aula)

“Signor Abdel…”

“Dica, signor giudice.”

“Le auguro di trovare una moglie come vuole.”

“Cioè?”

“Che non gode mentre fa l’amore con lei.”

“E’ così che deve essere!”

“Basta così. Avvocato, porti via il suo cliente.”

Numero2746.

 

da Quora

 

Q U A L C O S A   D I   B E L L O

 

Bob Marley una volta disse:

 

“Potresti non essere il suo primo,

il suo ultimo, o il suo unico.

Amava prima, amerà di nuovo.

Ma se lei ti ama ora, cos’altro conta?

Lei non è perfetta – e nemmeno tu,

e voi due potreste non essere mai perfetti insieme,

ma se riesce a farti ridere, pensaci due volte,

e ammetti di essere umano e di fare errori.

Tienila e dalle tutto quello che puoi.

Potrebbe non pensare a te ogni secondo della giornata,

ma lei ti darà un pezzo di se stessa.

Sai che puoi spezzarle il cuore:

quindi non farle del male,

non cambiarla, non analizzarla e

non aspettarti più di quello che può dare.

Sorridi quando ti rende felice,

Falle sapere quando ti fa arrabbiare,

e senti la sua mancanza quando non c’è.

Ama con tutto il tuo essere quando ricevi amore.

Perché non ci sono ragazze perfette,

ma ci sarà sempre una ragazza perfetta per te…”. ❤

Numero2706.

 

“Femina est aliquid

deficiens et occasionatum”.

 

Questa definizione è di San Tommaso d’Aquino

e si riferisce al pensiero di Aristotele,

espresso con le corrispondenti parole greche,

in merito alla donna:

 

La donna è qualcosa

di mancante e di occasionale.

 

Naturalmente la Chiesa Cattolica

si è uniformata al sentire retrostante

di questo Dottore della Chiesa.

 

Ma i tempi stanno cambiando ….

Numero2681.

 

da una chat di  QUORA

 

Cosa vogliono le donne in un uomo di 25 anni:

1. Essere bello

2. Essere affascinante

3. Avere successo finanziario

4. Essere un buon ascoltatore

5. Essere spiritoso

6. Essere in buona forma

7. Avere stile nel vestire

8. Apprezzare le cose belle

9. Essere pieno di sorprese

10. Essere un amante creativo e romantico

 

Cosa vogliono le donne in un uomo di 35 anni:

1. Che abbia occhi belli e non sia calvo

2. Che apra la portiera della macchina o prenda una sedia

3. Che abbia abbastanza soldi per una bella cena

4. Che sappia ascoltare più che parlare

5. Che sappia ridere alle loro battute

6. Che porti le borse della spesa

7. Che abbia almeno una cravatta

8. Che si goda la buona cucina casalinga

9. Che si ricordi i compleanni e gli anniversari

10. Che sia romantico almeno una volta alla settimana

 

Cosa vogliono le donne in un uomo a 45 anni:

1. Non deve essere troppo brutto (se è calvo, dovrebbe radersi la testa)

2. Non può buttarle fuori quando sono in macchina

3. Non lavorare troppo e quando, di tanto in tanto , le porta fuori a cena, non gridare

4. Deve annuire con la testa quando si parla

5. Deve capire le loro battute

6. Essere abbastanza in forma per spostare i mobili

7. Indossare una camicia per coprire la sua enorme pancia

8. Non comprare champagne con il tappo a vite

9. Abbassare la tavoletta del water quando usa la toilette

10. Radersi almeno nei fine settimana

 

Cosa vogliono le donne in un uomo di 55 anni:

1. Mantenere i peli del naso e delle orecchie tagliati

2. Non ruttare o scoreggiare in pubblico

3. Non chiedere soldi più volte

4. Non appisolarsi o dormire quando stanno parlando

5. Non raccontare la stessa barzelletta più e più volte

6. Essere abbastanza in forma da alzarsi dal divano nei fine settimana

7. Indossare ancora calzini e pantaloni nuovi

8. Godersi una buona cena davanti alla TV

9. Ricordarsi ancora il loro nome

10. Radersi almeno qualche fine settimana

 

Cosa vogliono le donne in un uomo che ha 65 anni:

1. Che non spaventi i bambini

2. Che si ricordi dov’è il bagno

3. Che non spenda troppi soldi per il medico

4. Che russi solo quando sonnecchia

5. Che si ricordi perché sta ridendo

6. Che sia abbastanza in forma per stare almeno in piedi da solo

7. Che normalmente indossi ancora i vestiti

8. Che non gli piacciano solo i cibi morbidi

9. Che si ricordi dove lascia la sua dentiera

10. Che si ricordi ancora cos’è un fine settimana

 

Cosa vogliono le donne in un uomo di 75 anni:

1. Essere ancora in grado di respirare

2. Non dimenticare di pulire il water e il bagno

3. E poi ….

Numero2615.

 

UNA  VERGINE  PER  IL  PRINCIPE    (fatto storico)

 

Siamo sul finire del Rinascimento quando le famiglie nobiliari italiane stanno già percorrendo una linea discendente.

Gli stessi Gonzaga non sono più la famiglia potente e ricca della generazione precedente ma, almeno sulla carta, rappresentano ancora un buon partito per gli altri Stati italiani.

Guglielmo Gonzaga, attuale duca, pensa che un matrimonio tra il figlio ed erede Vincenzo e Margherita Farnese possa mettere una pietra sopra alla rivalità tra le due famiglie.

Dopo però un anno i due giovani non hanno ancora avuto figli e si scopre che la causa è un problema fisico di Margherita. A questo punto si arriva allo scioglimento del matrimonio con l’intervento di Carlo Borromeo, il futuro santo imparentato con i Gonzaga.

Vincenzo stavolta punta ancora più in alto: Eleonora de’ Medici, ma il granduca di Toscana Francesco I sospetta “della impotentia del Principe di Mantova” e teme che “sarà ogni dì più impotente d’haver figli, perché ha la materia grandissima la quale oltre che per la grandezza diventa fiacca et impotente a erigersi per poter penetrar’ nella natura della donna”.

Prima del matrimonio impone una prova di virilità all’erede del ducato di Mantova.

Il test si svolge a Venezia nel 1584 e il Gonzaga ha a disposizione tre prove con una vergine fiorentina, tale Giulia Albizzi, di 21 anni, consenziente sulla base della promessa di una ricca dote e un marito pronto a sposarla
Accompagnata da Belisario Vinta, e accolta dal commissario e medico mantovano Marcello Donati, la fanciulla attese che Vincenzo Gonzaga si sentisse pronto all’atto alla presenza di testimoni.

Il primo tentativo finì male per un improvviso malore dell’uomo, causato dall’aver ingerito troppe ostriche (noto afrodisiaco fin dall’Antichità), ma in seguito la “prova” si svolse come tutti auspicavano e la virilità del giovane venne certificata. La ragazza venne visitata a lungo e attentamente, furono controllate anche le lenzuola, infine fu interrogata per avere conferma che tutto si fosse svolto nel migliore dei modi.

Di queste due storie che sembrano inventate rimane documentazione negli archivi.

Una volta superato il test, il matrimonio dell’anno tra il Gonzaga e la Medici può quindi essere programmato il 29 aprile 1584.

La coppia ebbe sei figli. Mentre la Albizzi, rimasta incinta, come promesso, fu fatta sposare a un giovane addetto di Casa Medici, con una buona dote e con l’assicurazione per lui di fare carriera.