E F F E T T O F I S I C O
La luce viaggia molto più veloce del suono.
Ecco perché alcune persone sembrano
brillanti, fino a quando non parlano.
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
E F F E T T O F I S I C O
La luce viaggia molto più veloce del suono.
Ecco perché alcune persone sembrano
brillanti, fino a quando non parlano.
P E R S O N E T O S S I C H E
Ti criticano davanti agli altri – Umiliazione pubblica.
Minimizzano i tuoi successi – Svalutazione
Ti interrompono continuamente – Mancanza di rispetto.
Ti incolpano dei loro errori – Scarico di responsabilità.
Ti fanno sentire inadeguata – Colpa indotta.
Ti escludono da decisioni importanti – Isolamento.
Ti fanno dubitare di te – Insicurezza programmata.
Ti ricordano i tuoi errori passati – Manipolazione emotiva.
Ti tolgono energie con lamentele costanti – Prosciugamento emotivo.
Ti trattano bene solo quando serve a loro – Amore condizionato.
@AnimaOltreilimiti80
da QUORA
Scrive Milena Colonna, corrispondente di QUORA
D I S C U S S I O N I I N U T I L I
Helen Mirren ha detto una volta: “Prima di discutere con qualcuno, chiediti se quella persona è abbastanza matura mentalmente da comprendere il concetto di un punto di vista diverso. Perché se non lo è, allora non ha davvero senso farlo.”
Non ogni discussione merita la tua energia. A volte, per quanto tu possa esprimerti chiaramente, l’altra persona non sta ascoltando per capire, ma sta ascoltando solo per replicare.
È intrappolata nella propria prospettiva, incapace o non disposta a considerare un altro punto di vista, e interagire con lei finisce solo per esaurirti.
C’è una grande differenza tra un confronto costruttivo e un dibattito inutile.
Una conversazione con qualcuno di mente aperta, che dà valore alla crescita e alla comprensione, può essere illuminante, anche se non si è d’accordo.
Ma cercare di ragionare con qualcuno che si rifiuta di guardare oltre le proprie convinzioni è come parlare a un muro.
Non importa quanta logica o verità tu porti: quella persona distorcerà, devierà o respingerà le tue parole, non perché tu abbia torto, ma perché non è disposta a considerare un’altra realtà.
La maturità non sta nel vincere una discussione: sta nel riconoscere quando una discussione non vale nemmeno la pena di essere affrontata.
È capire che la tua pace ha più valore che dimostrare qualcosa a chi ha già deciso che non cambierà idea.
Non ogni battaglia merita di essere combattuta. Non ogni persona merita una tua spiegazione.
A volte, la cosa più forte che puoi fare è andartene, non perché non hai nulla da dire, ma perché riconosci che certe persone non sono pronte ad ascoltare.
E questo non è un peso che spetta a te portare.
Myriam Barrett
L A V A N D E R I A P U L I T A
Una giovane coppia si trasferisce in un nuovo quartiere.
La mattina dopo, mentre fanno colazione davanti alla finestra, la giovane vede la vicina di casa stendere i panni fuori.
Suo marito sembrava silenzioso.
Ogni volta che la sua vicina stendeva i vestiti ad asciugare, la giovane donna faceva lo stesso commento.
Un mese dopo, la donna fu sorpresa di vedere dei panni puliti sullo stendibiancheria e lo disse a suo marito.
Il marito ha risposto:
Morale:
Quello che vediamo quando guardiamo gli altri dipende dalla chiarezza della finestra che stiamo guardando. Quindi non essere troppo veloce nel giudicare gli altri, specialmente se la tua visione della vita è offuscata da rabbia, gelosia, negatività o desideri insoddisfatti.
Giudicare una persona non definisce chi è.
Definisce chi sei.
Paulo Coelho. “Lavanderia pulita.”
Non giudicare sbagliato
ciò che non conosci,
cogli l’occasione
per comprendere.
Pablo Picasso.
Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia.
Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologa.
Sei brava/o a distinguere chi ti vuole genuinamente bene da chi, invece, ti usa per alimentare il suo insaziabile ego? In teoria, discernere il bene dal male non dovrebbe essere così difficili ma in pratica lo è, e anche tanto. Falliamo in questa impresa tutte le volte che riponiamo la nostra fiducia nella persona sbagliata, tutte le volte che sistematicamente ci deludono, tradiscono e che, in qualche modo, ci fanno sentire usati, sviliti e ignorati. Ignorati nei nostri bisogni di stima, validazione e affetto. Già, perché chi ti sta accanto per rinforzare il suo ego, ignora completamente cosa vuoi tu: è dannatamente concentrato su se stesso.
A tutti può capitare di riporre fiducia e speranze nella persona sbagliata, tuttavia, una volta notato il gap relazionale, chi sa discernere il bene per sé dal male per sé, sa come correre ai ripari e impara dall’esperienza. Al contrario, chi non riesce a fare agilmente questa distinzione, si ritrova spesso in relazioni del tutto sbilanciate e fa fatica a uscirne. A volte, distinguere ciò che è davvero bene per sé non è facile, perché nella nostra storia personale, nessuno ce l’ha mai mostrato davvero, in più, chi tenta di sminuirci, spesso lo fa in modo subdolo ed è molto bravo a camuffare i suoi reali scopi. Allora vediamo quali sono le caratteristiche tipiche di chi, per stare bene con se stesso, ha bisogno di farti sentire sbagliato e quali sono le frasi che potrebbero fungere da campanellino d’allarme.
Chi ha un ego insaziabile, dà un’immagine di sé irrealistica e, in parallelo, usa il riconoscimento esterno per compensare i propri vuoti e gli inaccettabili fallimenti personali. Tutti noi cerchiamo accettazione e consenso all’esterno, e fin qui è tutto bene: siamo animali sociali, abbiamo bisogno di sperimentare senso di appartenenza e gratificazione interpersonale e questi bisogni possono essere soddisfatti instaurando rapporti paritetici fatti di stima reciproca. Il problema insorge quando il riconoscimento esterno viene ricercato con la svalutazione, il controllo e il dominio sull’altro.
Queste persone, infatti, stanno bene con se stesse solo quando possono sentirsi migliori degli altri, le ho definite con un «ego insaziabile» perché è talmente grande la precarietà affettiva che si portano dentro, da essere impossibile da colmare, almeno non dall’esterno, almeno senza una profonda presa di consapevolezza. In realtà, queste sono così barricate nel loro stesso ego, da perdere ogni lucidità: esistono solo loro, ciò che pensano e ciò che vogliono. Gli altri non sono altro che strumenti e guai a farli sentire incompresi: uno dei tanti modi che hanno per piegare l’identità altrui e il non accettare che si possano avere valori diversi dai propri. Nelle relazioni che stringono, se l’altro ha idee diverse, semplicemente non ha valore, non viene accettato. L’accettazione, infatti, può passare solo per l’accondiscendenza più totale.
Quel grande ego smisurato e insaziabile, finisce per dissipare le energie altrui, per esercitare controllo, umiliare, disprezzare e distruggere tutto ciò che ha a tiro, fino a sminuire anche la più nobile e benevola delle intenzioni. Si nutre delle attenzioni degli altri ma non lo fa sempre in modo palese: l’ego insaziabile, infatti, è ben nascosto sotto una scintillante armatura costruita ad hoc. In più, l’ego insaziabile può indossare diverse armature, tante quanto sono le occasioni: più che una persona, ti ritrovi davanti un prestigiatore che fa giochi di magia distorcendo fatti ed emozioni. L’armatura più usata è quella del cavaliere senza macchia e senza paura, che si prodiga per gli altri. Un’armatura mantenuta scintillante per raccogliere consensi.
Esistono, poi, molte variabili, spesso l’armatura scintillante proietta un’immagine sempre affaccendata: tempo e risorse, all’apparenza, sono investiti in una «più alta causa»: il lavoro, la famiglia, il volontariato… Attenzione! È bellissimo dedicare del tempo ai propri affetti, avere ambizioni lavorative o fare volontariato, ma queste persone, enfatizzano il sacrificio. In fondo, se si sacrifica e se si sta impegnando così tanto per gli altri e non per sé, come potrebbe essere accusato di egocentrismo?
Queste persone, nelle relazioni, possono essere estremamente caustiche, corrodono anche la personalità più forte e tenace. La difficoltà sta nel fatto che all’apparenza non sono «persone tossiche» (estremamente lamentose, che parlano male di tutti…), sono piuttosto degli affabulatori, dei racconta storie che condiscono la realtà a loro piacimento, che possono dartela vinta al momento ma che poi hanno sempre in serbo per te una frecciatina, un rimprovero, un’osservazione scomoda da fare. Per queste persone c’è sempre un però, c’è sempre un ma, «Sì, tutto è bello ma…»; c’è sempre un modo più o meno velato per farti pesare tutto, ciò che hai fatto e ciò che non hai fatto. Come premesso, riescono a sentirsi soddisfatte, solo facendoti sentire in difetto.
Chi ha un ego vuoto può sfruttare falsi complimenti per screditarti . I falsi complimenti finiscono spesso con un punto interrogativo, un punto di domanda che però non solleva un dubbio concreto, piuttosto sottolinea un’ipotetica fragilità.
Altre frasi possono svalutare qualcosa che fai, sfruttando una generalizzazione o riportando casi reali o fittizi. Per esempio, ti sei laureato e, dopo repentine congratulazioni, ecco che arriva: «anche Tizio ha la tua stessa laurea, ora lavora nella paninoteca in fondo alla strada, speriamo che a te vada meglio». Oppure, hai vinto un concorso «beh, ormai tutti possono farlo, non è più come una volta…» o ancora «beato te, a me queste fortune non capitano mai», per sottintendere che non hai alcuna abilità, che sei solo stato baciato dalla fortuna mentre lei/lui, le cose, deve sudarsele. Sì, perché l’armatura scintillante che mostrano è quella di una persona che non ha mai avuto alcuno sconto dalla vita, come se tutti gli altri, invece, avessero trovato realizzazioni pronte all’uso in confezioni regalo! E, come se non bastasse, le realizzazioni degli altri sono sempre banali e scontate ma non le sue, le sue sono sempre imprese epiche!
Altri esempi di svalutazioni vertono sull’invalidazione di un’esperienza o un traguardo. Per esempio: «ho fatto un corso d’inglese, mi è piaciuto tantissimo». La replica: «Sì, sono contentissima per te, ma l’hai fatto con un madrelingua? Dovresti trascorrere qualche mese all’estero come ho fatto io, è l’unico modo vero per imparare la lingua». Lo scopo è quello di spegnere l’entusiasmo e la validità dell’impresa dell’altro.
«Carina quella borsa, ormai si vedono tanti falsi in giro». Una velata frecciatina sull’autenticità dell’accessorio che indossi. Queste persone hanno sempre da mettere becco su come gestisci il tuo tempo, il tuo denaro, le scelte che fai… lo fanno sentendosi legittimati. Si prendono anche più confidenze del dovuto e non si inalberano se tu provi a mettere distanze: sono bravissimi a fare gli offesi e si vendono egregiamente come vittime.
In tutte le frasi c’è una costante: una netta incongruenza. Quando un complimento non è esattamente un complimento e quando una domanda in realtà nasconde un’allusione scomoda, l’interlocutore è disorientato e, nella più calda ingenuità, si tende a ignorare il messaggio sgradito che però, avrà sortito il suo effetto: avrà istillato dubbi, avrà creato una crepa, avrà fatto sentire l’altro migliore.
Condivido con voi un’esperienza personale: un episodio vero e molto emblematico. Sono nella sala d’attesa di un centro medico. Un uomo non sa come azionare la macchinetta automatica che eroga bibite. La moglie mi chiede di aiutarlo. L’uomo è restio ma dopo qualche minuto e diversi tentativi falliti, accetta suo malgrado il mio aiuto: la moglie aveva sollecitato il mio intervento in quanto aveva un forte calo di pressione.
Mi avvicino alla macchinetta, inserisco una moneta, immetto il codice e la bibita esce puntuale: porgo la bibita alla moglie. Sto per andare via quando l’uomo esordisce: «Senta, qui ci sono 50 centesimi di resto, ma non è capace neanche a prendersi il resto?». Un uomo decisamente corrosivo, troppo preso da se stesso e dalle sue paure per ammettere una banale difficoltà. Pur di non accettare un limite (in questo caso, una palese difficoltà con la tecnologia), quell’uomo stava causando disagio a sua moglie e ha sentito il bisogno di sminuire il mio gesto.
Alcune persone sono così rigide che, per loro, ammettere un limite, significa ammettere di non valere. Vivono una precarietà interiore tale da dover riversare tutto il loro malessere nel mondo che li circonda. Una condizione molto triste che solo raramente riesce a trovare un aiuto adeguato: come premesso, queste persone mancano completamente di capacità introspettiva. Non potendo leggersi dentro, spostano tutto all’esterno.
A volte, le critiche sono spudorate, altre volte sono nascoste ma in tutti i casi, non raccontano nulla su chi le riceve, raccontano piuttosto il mondo emotivo di chi le muove. Chi sta in pace con se stesso non sente il bisogno di sminuire il tuo nuovo lavoro, non sente il bisogno di dire «acquistare un’auto super-accessoriata è una cazzata, fai lievitare il prezzo per nulla, è da fessi», dopo che ha saputo del tuo ultimo acquisto full optional.
Ma se non è un’auto, è lo smartphone, il vestito, le scarpe, il tuo aspetto, i tuoi capelli… queste persone trovano sempre il modo di disprezzarti, e lo fanno! Lavorare sui propri confini, sul proprio valore personale e senso di auto-efficacia, è l’antidoto migliore per qualsiasi critica, anche alla più distruttiva e subdola di tutte!
Dobbiamo stabilire dei limiti. Non bisogna tollerare critiche e disprezzo celato. Il disprezzo costante è un abuso psicologico che può danneggiare chi ha già delle fragilità di fondo. Non possiamo normalizzare il disprezzo. Permettere agli altri di sminuirci significa precipitare in un abisso in cui perdiamo di vista il nostro valore. Allora cosa fare? Per cambiare radicalmente la tua vita, inizia a formarti e a capire come funzionano davvero le cose.
Esiste una realtà ben concreta in cui tu sei al centro della tua vita. In cui tutti i tuoi bisogni hanno un senso, vanno ascoltati e appagati! Una realtà in cui puoi affermare te stesso, accoglierti e amarti. In tal modo, attrarrai a te solo persone che sono capaci di darti la considerazione che meriti. Che, come nel mio esempio, hanno cura del legame che instaureranno con te. Non si tratta di un’utopia. Tutto questo è possibile e puoi averlo in tutti i rapporti.
da QUORA
SEMBRA CHE QUESTA SIA UNA STORIA VERA
“Signor Abdel, perché è venuto in Tribunale oggi?”
“Perché rivoglio indietro mia moglie e mia figlia!”
“Cosa è successo?”
“Due mesi fa lei è andata via portandosi via mia figlia. Ha abbandonato la casa coniugale! Una sera sono tornato dal mio lavoro di muratore e loro non c’erano più. Così, senza spiegazione, mi hanno lasciato solo.”
“Vedo che è presente anche la signora accompagnata dai servizi sociali. Signora, è vero quello che dice suo marito?”
“Sì, ci siamo sposati sei anni fa nel nostro paese e abbiamo avuto una bambina. Io a lui voglio ancora bene ma…ma non ce la facevo più…”
“Per quale motivo?”
“Mi diceva le parolacce, mi trattava male tutti i giorni davanti alla bambina…era sempre peggio. Mi faceva mangiare seduta per terra. Adesso per la crisi lavorava meno ed era sempre nervoso.”
“La picchiava?”
“….No. No. I miei genitori al telefono mi dicevano di sopportare, di stare zitta, che una brava moglie sta sempre con suo marito…”
“Questo deve essere!”
“Signor Abdel, stia zitto, lasci parlare sua moglie. Avvocato, contenga il suo cliente. Signora vada avanti, cosa stava dicendo?”
“Qui mi sentivo sola, i miei fratelli sono lontani in Francia, ci ho provato a vivere in pace con lui ma non ci riuscivo. Allora un giorno invece di portare la bimba all’asilo siamo andate dai Carabinieri del paese che mi hanno ascoltato e poi ci hanno portato in comunità.”
“Non so nemmeno dove stanno! E’ due mesi che non vedo mia figlia!”
“Abdel, tu lo sai cosa è successo, lo sai perché me ne sono andata.”
“Non dovevi farlo! Tu devi rimanere in casa ad aspettarmi!”
“Io ti voglio bene ma tu non devi fare certe cose davanti alla bambina.”
“Stai dicendo un sacco di bugie! Sei una bugiarda come al solito. E la bambina sta crescendo come te!”
“Sai che io ho sopportato tanto. Non capisco perché sei così arrabbiato con me.”
“Perché tu, tu sei una puttana!”
“No, io non ti ho mai tradito!”
“No, tu sei una puttana perché quando facevi l’amore con me godevi!”
(la moglie umiliata scoppia a piangere ed esce dall’aula)
“Signor Abdel…”
“Dica, signor giudice.”
“Le auguro di trovare una moglie come vuole.”
“Cioè?”
“Che non gode mentre fa l’amore con lei.”
“E’ così che deve essere!”
“Basta così. Avvocato, porti via il suo cliente.”
“Femina est aliquid
deficiens et occasionatum”.
Questa definizione è di San Tommaso d’Aquino
e si riferisce al pensiero di Aristotele,
espresso con le corrispondenti parole greche,
in merito alla donna:
La donna è qualcosa
di mancante e di occasionale.
Naturalmente la Chiesa Cattolica
si è uniformata al sentire retrostante
di questo Dottore della Chiesa.
Ma i tempi stanno cambiando ….
Le persone con bassa autostima
sono le più critiche nei confronti degli altri.
Relazione tra convenzioni, bias cognitivi e abitudini.
Il bias cognitivo (pronuncia inglese [ˈbaɪəs]) o distorsione cognitiva è un pattern (modello) sistematico di deviazione dalla norma o dalla razionalità nei processi mentali di giudizio. In psicologia indica una tendenza a creare la propria realtà soggettiva, non necessariamente corrispondente all’evidenza, sviluppata sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque a un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio.
I bias cognitivi sono forme di comportamento mentale evoluto: alcuni rappresentano forme di adattamento, in quanto portano ad azioni più efficaci in determinati contesti, o permettono di prendere decisioni più velocemente quando maggiormente necessario; altri invece derivano dalla mancanza di meccanismi mentali adeguati, o dalla errata applicazione di un meccanismo altrimenti positivo in altre circostanze. Questo fenomeno viene studiato dalla scienza cognitiva e dalla psicologia sociale.
L’etimologia del termine bias è incerta: in italiano arriva dall’inglese, col significato di “inclinazione”, ma a sua volta discende dall’antico francese biais e ancora prima dal provenzale, col significato di “obliquo” o “inclinato”.
Il bias è una forma di distorsione della valutazione causata dal pregiudizio. La mappa mentale di una persona presenta bias laddove è condizionata da concetti preesistenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici e validi.
Il bias, contribuendo alla formazione del giudizio, può quindi influenzare un’ideologia, un’opinione e un comportamento. È probabilmente generato in prevalenza dalle componenti più ancestrali e istintive del cervello.
Dato il funzionamento della cognizione umana, il bias non è eliminabile, ma si può tenerne conto “a posteriori” (per esempio in statistica e nell’analisi sperimentale) o correggendo la percezione per diminuirne gli effetti distorsivi.
Un’applicazione alla sociologia è il modello di propaganda, che vuole spiegare le distorsioni (dette media bias) delle notizie nei mezzi d’informazione.
In ogni momento della vita l’individuo deve utilizzare le proprie facoltà cognitive per decidere cosa fare o per valutare la situazione che ha di fronte. Questo processo è influenzato direttamente dai seguenti fattori:
Se da una parte questi fattori consentono di prendere una decisione in tempi piuttosto brevi, dall’altra ne possono minare la validità.
La correttezza può dipendere da ulteriori fattori, tra cui, ad esempio, il tempo disponibile per acquisire informazioni o per prendere una decisione.
Ogni persona cerca di valutare la situazione presente in funzione delle esperienze passate, omettendo le differenze ove possibile, al fine di poter riutilizzare gli stessi criteri adottati in una situazione passata simile. Omettere tali differenze può essere determinante nell’invalidazione della valutazione finale.
L’individuo tende a omettere certi parametri se nella sua cultura di appartenenza tali aspetti sono visti come tabù, mentre tenderà ad esaltare il ruolo di quelli che sono ritenuti valori positivi.
Il cervello agisce sulla base di mappe o schemi mentali validi per affrontare larga parte delle situazioni. Esiste, però, un certo numero di situazioni che possono essere affrontate correttamente solo uscendo dalle mappe mentali consolidate. L’individuo che si limita a utilizzare tali mappe cade in errore quando affronta nuovi scenari.
La paura di prendere la decisione errata può portare a prendere la decisione errata, per il famoso paradosso della profezia che si autoavvera.
L’ancoraggio è un metodo euristico psicologico che descrive la propensione a prendere decisioni basandosi sulle prime informazioni trovate. Secondo questo metodo, gli individui cominciano da un punto di riferimento implicito (l’àncora) e vi fanno aggiustamenti per raggiungere la propria valutazione. Per esempio, il primo prezzo offerto per un’automobile di seconda mano imposta lo standard per il resto della negoziazione, nel senso che un prezzo inferiore sembra ragionevole anche se è comunque superiore al valore dell’automobile. Oppure una caratteristica da considerare diventa talmente dominante in un tutto più ampio tale da informare tutte le sue parti: ad esempio una persona non viene considerata per la sua interezza ma in quanto donna, uomo, nero, bianco, criminale, poliziotto, prima di qualsiasi altra cosa si possa pensare di questa.
L’ancoraggio influisce sul processo decisionale nelle negoziazioni, nelle diagnosi mediche e nelle sentenze giudiziarie.
L’apofenia, nota anche come patternicity, o agenticity, è la tendenza umana a percepire pattern significativi tra dati casuali. L’apofenia è ben documentata come razionalizzazione per il gioco d’azzardo. I giocatori d’azzardo immaginano di vedere pattern nei numeri che compaiono in lotterie, giochi di carte o roulette. Una delle manifestazioni di questo fenomeno si chiama gambler’s fallacy.
La pareidolia è la forma visiva o uditiva dell’apofenia. Si è ipotizzato che la pareidolia combinata con la ierofania fosse d’aiuto nelle società antiche a organizzare il caos e limitare l’entropia al fine di rendere intelligibile il mondo.
Il bias di conferma è un fenomeno cognitivo al quale l’essere umano è soggetto. È un processo mentale che consiste nel selezionare le informazioni possedute in modo da porre maggiore attenzione, e quindi maggiore credibilità, su quelle che confermano le proprie convinzioni e, viceversa, ignorare o sminuire quelle che le contraddicono.Questo processo, se abilmente sfruttato, è uno strumento di potere sociale, in quanto può portare un individuo o un gruppo a negare o corroborare una tesi voluta, anche quando falsa. A tal proposito può farsi riferimento al concetto di argomento fantoccio.
Un altro tipo di bias cognitivo è lo hindsight bias (Bias del senno di poi), che consiste nell’errore del giudizio retrospettivo. Lo hindsight bias è la tendenza delle persone a credere, erroneamente, di aver saputo prevedere un evento correttamente, una volta che l’evento è ormai noto. Il processo si può sintetizzare nell’espressione: “Ve l’avevo detto io!”. Nella cultura popolare questo processo ha preso forma, nel tempo, con il proverbio “Del senno di poi son piene le fosse”.
Con “bias di risultato” s’intende la tendenza a rileggere il passato sulla base di conoscenze acquisite in momenti successivi che modificano la qualità della visione di quello stesso passato.
Se un argomento è supportato da dettagli con informazioni vere e magari importanti, ma non pertinenti o legate all’argomento, questo viene valutato più convincente. Si tende cioè a considerare implicitamente una qualche forma di correlazione con le informazioni vere aggiuntive anche quando, a pensarci bene, non c’è.
Bias di memoria
Esistono molti tipi di bias di memoria, tra cui:
Nella scienza sperimentale e applicata, i bias costituiscono dei fattori psicologici che intervengono nella verifica delle ipotesi, influenzando ad esempio la registrazione dei risultati. Possono essere d’origine culturale, cognitiva, percettiva, e tendono in particolare a confermare una certa previsione al di là di quella che può essere l’evidenza.
Il bias può essere considerato come un errore sistematico. Nelle pubblicazioni scientifiche si cerca di escludere queste distorsioni tramite la revisione specialistica (detta peer review).
Molte ricerche scientifiche, soprattutto nel campo delle scienze sociali, sono viziate dal fatto che i risultati dei test rappresentano solo una piccola fetta di popolazione mondiale, chiamata con l’acronimo WEIRD (Western, Educated, Industrializated, Rich, Democratic), ovvero persone occidentali, istruite, ricche e democratiche. Tale distorsione prende il nome di WEIRD bias.
Il meccanismo del bias può essere utilizzato al fine di ottenere un vantaggio nella negoziazione e/o nella vendita. Il settore della pubblicità si basa largamente sull’uso di bias piuttosto che sulle reali capacità dei prodotti offerti.
Il negoziatore o il venditore possono far cadere il cliente in una trappola cognitiva utilizzando tecniche che fanno leva sui fattori di bias. Al fine di indurre il cliente a cadere in trappola, il venditore può accorciare i tempi, fare leva sul contesto culturale e sulle credenze del compratore e fornire informazioni addizionali, non sempre veritiere, che hanno lo scopo di oscurare le informazioni già a disposizione del compratore.
Anche le truffe ai danni delle persone anziane si basano sull’innesco di trappole cognitive. Gli anziani tendono infatti a essere più soggetti a cadere nel bias, a causa della minore adattabilità dei processi cognitivi.
Ricevo dalla mia amica Elisabetta
G A N D H I
DEDICATA A TUTTI GLI IDOTI DELLA VOSTRA VITA ….
Quando Gandhi studiava giurisprudenza all’Università di Londra, aveva un professore, Peters, che non lo sopportava.
Gandhi, però, non era tipo da lasciarsi intimidire.
Un giorno il professore stava mangiando nel refettorio e Gandhi gli si sedette accanto.
Il professore disse: – “Signor Gandhi, lei sa che un maiale e un uccello non possono mangiare insieme?”
“OK, Prof, sto volando via ….” – rispose Gandhi, che andò a sedersi ad un altro tavolo.
Il professore, profondamente infastidito, decise di vendicarsi al successivo esame, ma Gandhi rispose brillantemente a tutte le domande.
Allora decise di fargli la domanda seguente: – “Signor Gandhi, immagini di stare per strada e di notare una borsa; la apre e vi trova la saggezza e molto denaro. Quale delle due cose tiene per se?”
“Certamente il denaro, Prof!”
“Ah, io invece, al posto suo, avrei scelto la saggezza”.
“Lei ha ragione, Prof, in fondo, ciascuno sceglie quello che NON ha!”
Il professore, furioso, scrisse sul libretto la parola IDIOTA e glielo restituì.
Gandhi lesse il risultato della prova e tornò subito indietro ….
“Professore, lei ha firmato l’esame ma si è dimenticato di mettere il voto!”
Se pensi che una cosa è impossibile,
la rendi impossibile.
Dal film Gli uomini d’oro.
La gente crede solo
a quello che sa già.
Umberto Eco.
N.d.R. Mi permetto di integrare il pensiero:
La gente crede solo
a quello che sa già,
o a quello che crede
di sapere già.
Segnalato da mio figlio Alexis
La mancanza di razionalità, nell’affrontare
molti temi e fenomeni sconosciuti o insoliti,
è comune e frequente a causa di un errore
cognitivo della mente umana.
La mente umana si rifiuta di prendere
in seria considerazione tutte le ipotesi
che sono in eccessiva dissonanza
con i propri precetti morali.
È, quindi, un errore causato
dalla distorsione morale del giudizio.
Roberto Quaglia.
(N.d.R. : insomma, tutto ciò che non ci piace o è non attendibile o è falso.
Specularmente, solo ciò che ci piace potrebbe essere vero e credibile.
Su questa lacuna cognitiva della mente umana, sono basati atteggiamenti fideistici e comportamenti come il negazionismo e la credulità).
Si guarisce da una malattia,
ma non si guarisce mai
da una cattiva abitudine
o da un pregiudizio.