“CATINE”
Caterina Tomasulo – cabarista friulolucana ( lavora in un bar e proviene dalla Lucania).
Appena arrivata qua, uscita dalla stazione, sono entrata in un bar per bere un caffè. Mi hanno vista con la valigia e mi hanno detto : “SEI ASSUNTA!”
Come Assunta, non vi va bene Caterina? Io pensavo che fosse un nome. Per noi è solo un nome. Se tu chiedi, da noi, di essere ASSUNTA, “Assunta? E chi si’, la Madonna?” È il nome della Madonna, è una Festa religiosa, si festeggia il 15 di Agosto e basta. Il resto dell’anno, in nero.
Quando io sono arrivata qua, non capivo niente. A parte MANDI e O CUMBININ, io non capivo una madonna. È tutto un intercalare : BEN, MAH, CÈ, PO, BON.
Questo BON che voi mettete dappertutto nella frase, anche 20 volte, all’inizio della frase, alla fine, nel mezzo. Di solito BON comincia la frase e BON BON la finisce. Non si comincia col BON BON, di solito; e, in mezzo, tutti i BON di questo mondo. Perfino un teatro a Colugna, lo hanno chiamato BON : forse non sapevano come chiamarlo. Allora BON, BON BON.
E poi c’è il BEN : BEN, POBEN, POBEN BON; CÈ, PO, CEPO. Ma MONOMO, Ah, PONOPO, Ma SUPOSU, SUPO, DAI PO, SUPODAI PO, Ma VAMO, VAMO, VA SUL’OSTIE VA. Così lo “slang” si confonde. Poi ci sono le parole belle : NININ.
C’era NININ che mi piaceva tanto. CJALE CE NININ CA L’È, AL È TANT NININ, SATU. Allora NININ vuol dire “carino”. E poi sentivo : PASSIMI UN NININ DI PAN, VA UN NININ PUI IN LÀ. Allora NININ vuol dire anche “un poco”. Ma “un poco” non si dice anche UN TIC? Sì.
A volte si unisce UN TIC e UN NININ e viene fuori UN TINININ : “poco poco poco”, ‘N’ANTICCHIA, come dicono i Meridionali.
Il Friulano tende a unire le parole perché non ha tempo da perdere dietro alle parole, deve andare a lavorare. E anche il saluto è breve e conciso : breve la domanda e concisa la risposta, mica come i Meridionali che perdono un quarto d’ora.
Il Friulano dice : CE MUT? – ‘SOME.
Un’altra sfumatura di saluto : ALORE? – CÀ.
Un’altra : CE MUT SINO? – BEN. Basta, non di più.
Se a uno vien voglia di parlare tanto, dice : VONDE BEN. Due parole, ma basta.
Se poi uno si azzarda a dire : TAN BEN CHE MAI, gli fanno l’antidoping subito. C’è qualcosa che non va. E se mai dice : MAI CUSÌ TAN BEN, lo ricoverano direttamente : è pericoloso, parla troppo.
Tranne un’eccezione, tranne sul SI e sul NO. Lì le cose cambiano. I Meridionali diventano improvvisamente sintetici : SI e NO sono troppo lunghi, fanno un cenno con la testa per dire SÌ, eTZ per dire NO. Questo è un suono sconosciuto in tutto il mondo!
Invece il Friulano diventa improvvisamente prolisso. Non dice solo SÌ e NO, ma dice SIVE, NOVE, oppure POSISÌ, PONONÒ, e se poi si cambia la posizione del PO diventa : POSÌPO e PONÒPO, che ribaltano di nuovo la situazione.
POSÌPO nega e PONÒPO conferma.
“O PAI SIMPRI IO DI BEVI” – “POSÌPO, IAR O AI PAIAT IO”
Oppure : “TU NO TU PAIS MAI DI BEVI” – “AH, PONÒPO! CUI AIAL PAIAT IAR?”
Quindi, il contrario, POSÌPO vuol dire NO, e PONÒPO vuol dire SÌ. Come al Referendum. E, infatti, in Friuli, al Referendum si vota POSÌPO e PONÒPO.
Ma questa è un’eccezione. In generale, il Friulano è breve bisogna racchiudere in una parola piccola tutto un concetto.
Per esempio : una cosa fatta velocemente si dice TIC E TAC. Qualcosa, invece, fatto con difficoltà : CIF E CIAF. Per dire in qualche maniera, in qualche modo : O DI RIF O DI RAF, che molte volte va accoppiato col SI CUMBINE. E se c’è qualcosa bellissima : ALC E CÈ.
VIOT TU, IAR SERE, O SOI RIVADE CIF E CIAF A FA DI CENE, PERÒ O AI METUT SU DOI US IN FONGHET TIC E TAC; MI SON VEGNUS ALC E CÈ E, O DI RIF O DI RAF, SI CUMBINE.
La saggezza, la saggezza friulana.