Se vuoi imparare a volare
bisogna che prima
cominci a precipitare.
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
Se vuoi imparare a volare
bisogna che prima
cominci a precipitare.
U N P I Z Z I C O D I F O L L I A
Chi vive senza un pizzico di follia
non è così saggio come crede.
Perché la saggezza non è stare fermi,
né vivere in gabbia per paura di sbagliare.
La vera saggezza è osare,
cambiare strada, rischiare qualcosa,
seguire un’idea che fa battere il cuore.
Un tocco di follia ci ricorda che siamo vivi,
che la vita non è solo prudenza,
ma anche coraggio, curiosità, movimento.
Sii saggio, sì, ma non dimenticare
di essere anche un po’ folle.
È lì che nasce la vera libertà.
@healingsoulmusic436
R I N A S C I T A
Il peso di ciò che
è già passato
e la paura di ciò
che potrebbe accadere
ti rubano la vita
che stai affrontando.
Ma tu sei qui.
E qui è dove
puoi rinascere.
C A M B I A M E N T O
di Ana Maria Sepe, psicologa.
Troviamo difficile abituarci al cambio di stagione, al cambiamento del fuso orario o della dieta.
Per non parlare dei cambiamenti più importanti, quelli che avvengono sul lavoro o nelle dinamiche familiari.
Quando percepiamo che la trasformazione è troppo forte, ci irrigidiamo e si presenta ciò che in psicologia si conosce come “resistenza al cambiamento”.
I cambiamenti sono desiderati, ricercati, ma al tempo stesso, sono paradossalmente temuti e allontanati.
La resistenza al cambiamento si riferisce proprio alla contraddizione interiore vissuta da molte persone: una sorta di pendolo in cui, alternativamente una volta l’individuo è consapevole delle proprie paure e resistenze ad effettuare trasformazioni, e altre volte invece è sintonizzato più sulle proprie spinte alla trasformazione ma poco in contatto con le proprie paure.
Fondamentalmente, si tratta di un meccanismo attraverso il quale cerchiamo di mantenere le cose come prima.
Tuttavia, quando cambiano le condizioni, questa resistenza serve solo ad affaticarci, sia fisicamente che mentalmente. Il cambiamento può essere qualcosa di molto difficile da affrontare e gestire.
La maggior parte delle persone vuole cambiare la propria vita, in qualche modo o in un altro, ma è tutt’altro che semplice dare inizio al cambiamento o sostenerlo a lungo.
Spesso la paura e l’incertezza associate al cambiamento ci spingono infatti a rimanere rintanati nella nostra zona di confort e alla fine preferiamo rimanere dove siamo piuttosto che cercare di cambiare lo status quo.
Allora passano i mesi, gli anni e continuiamo a lamentarci di qualcosa che non va nella nostra vita senza darci da fare per cambiarla.
E quando qualche evento non dipendente da noi altera le condizioni di “normalità” delle nostre esistenze, generando un cambiamento, puntualmente ci ritroviamo incapaci di affrontarlo.
La tensione si concretizza nella contrapposizione tra il cambiamento esterno e la nostra resistenza a cambiare dentro di noi. Le modalità della resistenza sono invece varie:
Come possiamo dunque tuffarci nel cambiamento, imparare ad affrontarlo e a gestirlo, se la resistenza sembra remarci contro?
La strada del cambiamento può essere incredibilmente ardua, ma possiamo decidere di trasformarla, tutto dipende dal nostra atteggiamento.
L’aspettativa spesso non è una buona consigliera, soprattutto quando è irrealistica.
Pertanto, quando devi affrontare un cambiamento, non ripeterti frasi come: “non è nulla, sarà facile da affrontare”, perché probabilmente non sarà così.
Invece, immagina il peggior scenario possibile.
Dare libero sfogo per pochi minuti al proprio pensiero catastrofico, quando si torna alla realtà ci aiuta a capire che non era tutto così negativo come pensavamo.
Infatti, uno studio ha dimostrato che si tende ad ingigantire le conseguenze emotive degli eventi negativi, riducendone al minimo i lati positivi.
Con questo trucco è possibile equilibrare le tue aspettative e il cambiamento sarà meno opprimente di quanto pensavi e quindi genererà meno resistenza.
Uno dei problemi principali che ha generato la nostra società è sicuramente la repressione delle emozioni.
Si suppone che non dovremmo provare ira, rabbia o tristezza, dobbiamo essere sempre di buon umore e disponibili.
Questo fa sì che reprimiamo le nostre emozioni e ci rifiutiamo di identificarle. Tuttavia, il fatto che non gli diamo un nome non significa che non esistano.
Se vuoi approcciarti al cambiamento devi imparare a riconoscere ciò che senti.
I primi giorni proverai un certo disagio e ti sentirai impotente o turbata, ma sappi che è normale; sono reazioni perfettamente comprensibili davanti al cambio.
Se per esempio continui a stare con una persona che ti fa soffrire per paura di stare sola, significa che hai deciso di reprimere i tuoi stati d’animo.
Di certo la situazione non cambierà….il tempo passerà, starai al fianco del tuo compagno e ti porterai dietro tutta la sofferenza e la frustrazione di questa relazione tossica.
E tutto questo perché? Perché non vuoi dare una svolta alla tua vita!
Se si nascondono gli stati d’animo si otterrà solo di aumentare la resistenza al cambiamento, ma se si accettano, si potrà voltare pagina più velocemente adattandosi alle nuove circostanze.
Durante le prime fasi è normale avere dei dubbi.
È come tuffarsi in una piscina di acqua fredda, il cambiamento è così drastico che ci chiediamo che cosa stiamo facendo e avremo la tendenza ad uscirne.
Tuttavia, se si resiste e si supera la resistenza iniziale, dopo un po’ ci si sentirà a proprio agio.
Non è che l’acqua sia ora più calda, ma siamo noi che ci siamo abituati.
Per superare la resistenza al cambiamento non basta riconoscere le nostre emozioni, è importante anche essere consapevoli dei nostri pensieri.
Ad esempio, invece di pensare: “voglio scappare, non mi piace questa situazione”, pensiamo invece, “ho paura perché si tratta di una situazione nuova, ma alla fine mi ci abituerò.”
Ricorda sempre che i tuoi pensieri hanno una forte influenza sulle tue emozioni per cui è importante avere dei pensieri più sereni e coerenti con la realtà.
Spesso la resistenza al cambiamento si presenta perché non vogliamo cambiare i vecchi modelli impostati precedentemente, ma anche perché non conosciamo bene la nuova situazione.
Quindi, un ottimo modo per evitare la resistenza al cambiamento è quella di fare in modo di sperimentare gradualmente le nuove circostanze.
Cerca di affrontarle con l’atteggiamento di un bambino, con curiosità e senza pregiudizi.
Se ne hai bisogno, non esitare ad appoggiarti alle persone che hanno vissuto la stessa situazione in precedenza, chiedi loro che cosa hanno fatto e quali strategie sono risultate loro più utili.
Ogni situazione nuova comporta aspetti positivi e negativi.
Quando le emozioni ci accecano spesso non siamo in grado di vedere entrambi gli aspetti, ma è essenziale imparare a concentrarsi negli aspetti positivi del cambiamento. Se necessario, elencali su di un foglio.
Molto presto ti renderai conto che esiste qualche opportunità di crescita.
Non voler cambiare per paura di fallire significa restare intrappolati nella logica del perdente!
Ci priviamo così della gioia di vivere e di affrontare le sfide che la vita quotidianamente ci propone.
Il fallimento è una parte inevitabile di ogni cambiamento, e in realtà ogni fallimento dovrebbe essere celebrato: se non avessimo fallito non avremmo imparato nulla.
Solo così sarà possibile trovare gioia in ogni tentativo, in ogni vittoria, in ogni fallimento, e il cambiamento sarà una ricompensa di per sé.
Recita un proverbio cinese “Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono dei ripari ed altri costruiscono dei mulini a vento”…..tu cosa scegli?
La vita ti metterà a dura prova con situazioni ed eventi a cui non puoi sfuggire e che magari ti arrecheranno dolore, fanno parte di quel pacchetto che chiamiamo vita, ma sappi che non saranno mai insormontabili.
Ciò che accade fuori non è mai responsabile del tuo stato d’animo interiore.
Il vero e unico responsabile è il tuo atteggiamento mentale nei confronti di ciò che accade.
Chiediti: sto davvero vivendo la vita che voglio?
Se la risposta è negativa, chiediti il perché, e agisci. Inizia a crearti la tua vita, non perdere più tempo, è arrivato il momento di smettere di seguire gli altri, di giudicare, di soffermarti sulle discussioni.
Inizia a goderti la vita come meriti. Ricorda sempre: tu NON sei inferiore a nessuno se credi in te stesso.
Questa è la credenza più ingenua del mondo!
Prova a svitare un bullone con la sola forza di volontà, finirai per farti solo male le dita! Il bullone lo devi conoscere, devi saperne il calibro e poi disporre di una chiave inglese e capire il verso giusto per svitarlo.
Believe you can
and you’re
halfway there.
Credi che ce la fai
e sei già
a metà strada.
G I O R D A N O B R U N O
“Verrà un giorno che l’uomo
si sveglierà dal suo oblio e
finalmente comprenderà chi è
veramente e a chi ha ceduto
le redini della sua esistenza:
a una mente fallace, menzognera
che lo rende e lo tiene schiavo.”
Queste parole si possono considerare il compendio del pensiero filosofico, sociale e morale di Giordano Bruno (Nola 1548 – Roma 1600) filosofo, scrittore e frate domenicano.
Lui, uomo di Chiesa, scriveva questo indicando proprio nella Chiesa la “mente fallace, menzognera”.
Per le sue teorie filosofiche, giudicate eretiche ed essendosi rifiutato di rinnegare i propri principi e le convinzioni maturate nella sua esperienza di vita clericale, dal Tribunale dell’Inquisizione fu condannato al rogo e arso vivo a Roma, in Piazza di Campo dei Fiori, il 17 Febbraio 1600.
LODE ALL’ AMICO RISANATO.
Antonietta Fagnani Arese: chi era costei?
Era una contessa Milanese, ben conosciuta nel giro della Nobiltà Meneghina, amica ed amante, per qualche tempo (1800 – 1803) di Ugo Foscolo, il nostro poeta, noto esponente del Neoclassicismo del Primo Ottocento, di cui abbiamo studiato a scuola odi e sonetti.
A questa gentile Signora, il Foscolo ha dedicato un’Ode, pubblicata nel 1802, dal titolo ALL’AMICA RISANATA, un polpettone ottocentesco e neoclassico, che oggi farebbe ridere, ma che allora, secondo i criteri didattici dei nostri tempi giovanili, si doveva studiare come esemplare storico della nostra Letteratura. È un omaggio all’innamorata che usciva da un periodo di malattia e ritornava alla vita normale. Evito ogni ulteriore dettaglio sull’opera: non varrebbe la pena approfondire.
Invece, la cito qui, come aggancio e riferimento, per il suo titolo, che mi è venuto in mente oggi, 1 Giugno 2022, dopo aver giocato l’ennesimo doppio di tennis, avendo come avversario il mio caro amico “biondo”. Detto per inciso, anche per la brillante prestazione del giocatore ora citato, che mi giocava contro, ne sono uscito, seppur di poco, sconfitto. E lo riferisco con grande piacere perché, dopo tanti mesi di traversie, lui, “il biondo”, ha oggi dimostrato di essere pienamente recuperato ad una condizione fisico – atletica accettabile e soddisfacente. La sua palla malefica ha ricominciato a tormentarmi e a mettermi in difficoltà: complimenti e congratulazioni, con l’augurio che questa condizione di benessere si prolunghi per tanto tempo ancora.
Ma, Ugo Foscolo scrisse l’ODE “ALL’AMICA RISANATA”.
Io scrivo, invece, questa LODE ALL’AMICO RISANATO.
Ricevo dalla mia amica Elisabetta
G A N D H I
DEDICATA A TUTTI GLI IDOTI DELLA VOSTRA VITA ….
Quando Gandhi studiava giurisprudenza all’Università di Londra, aveva un professore, Peters, che non lo sopportava.
Gandhi, però, non era tipo da lasciarsi intimidire.
Un giorno il professore stava mangiando nel refettorio e Gandhi gli si sedette accanto.
Il professore disse: – “Signor Gandhi, lei sa che un maiale e un uccello non possono mangiare insieme?”
“OK, Prof, sto volando via ….” – rispose Gandhi, che andò a sedersi ad un altro tavolo.
Il professore, profondamente infastidito, decise di vendicarsi al successivo esame, ma Gandhi rispose brillantemente a tutte le domande.
Allora decise di fargli la domanda seguente: – “Signor Gandhi, immagini di stare per strada e di notare una borsa; la apre e vi trova la saggezza e molto denaro. Quale delle due cose tiene per se?”
“Certamente il denaro, Prof!”
“Ah, io invece, al posto suo, avrei scelto la saggezza”.
“Lei ha ragione, Prof, in fondo, ciascuno sceglie quello che NON ha!”
Il professore, furioso, scrisse sul libretto la parola IDIOTA e glielo restituì.
Gandhi lesse il risultato della prova e tornò subito indietro ….
“Professore, lei ha firmato l’esame ma si è dimenticato di mettere il voto!”
Et ventis adversis
Nonostante i venti contrari
F R I E D R I C H N I E T Z S C H E.
Nelle parole di un altro scrittore filosofo, Marcello Veneziani.
Quando morì, il 25 agosto del 1900, Friedrich Nietzsche era già morto da una decina d’anni. La sua mente aveva cessato di pensare, sragionava, era entrata nella sacra oscurità della follia. Ma la sua morte, all’esordio del Novecento, gli spalancò il secolo in cui fu il più influente pensatore, non solo e non tanto nelle ideologie e nei rivolgimenti storici, ma nella svolta antropologica e nell’affiorare delle pulsioni latenti dell’umanità. Perché Nietzsche non è stato solo un filosofo, da capire e da studiare, ma è stato soprattutto una guida per trasformare se stessi e il mondo, più di Marx e Freud.
Nietzsche fu prima considerato poeta del pensiero, letterato aristocratico, amato da altri letterati, come da noi D’Annunzio. Poi fu scoperto in chiave politica, e tra i primi vi fu il giovane socialista Mussolini. Che nel nome di Nietzsche viaggiò dal socialismo alla nascita del fascismo. Poi fu eletto, con la complicità della sorella e di suo cognato, padre putativo del nazismo. Dopo la guerra, Nietzsche riapparve nel pensiero occidentale come tentazione irrazionale, pura dinamite; fino a diventare lo scopritore delle energie vitali della terra e dell’uomo, la vita che primeggia sulla ragione, l’impulso estetico e biologico che domina sulla ratio scientifica e filosofica, l’infanzia e il gioco che prendono il sopravvento sulla maturità e il calcolo. Per lui si può coniare una nuova definizione: non filosofo ma biosofo, scopritore delle sorgenti sanguigne della vita. Nel nostro tempo nasce il superuomo di massa e sfiora il delirio estetico e dionisiaco, tra sesso, fumo e trasgressione. È lui il cattivo maestro, il deicida per eccellenza, il filosofo della Morte di Dio e dell’avvento del nichilismo. Eccolo il distruttore di tutti i valori nel nome della superba energia della vita e dell’arte, scatenata dal pericolo.
Ma non si può attribuire a quell’asceta gentile il catalogo degli errori e degli orrori del nostro tempo, dal Novecento ai giorni nostri. Nietzsche ha acceso gli animi, turbato le menti, reso intrepidi i cuori. Ma conservando l’innocenza tragica e giocosa del suo pensare. E come le fontane di cui aveva scritto non possono impedire di essere sporcate dai passanti così accadde al suo pensiero; ma grazie alla sua fluente profondità “poi torneremo di nuovo limpidi”.
Lui stesso disse che “mi si comincerà a comprendere nel Novecento ma mi si comprenderà appieno solo a partire dal terzo millennio”. Siamo ai primi passi.
Il suo pensiero va oltre la storia e i suoi scenari, la sua stessa idea di Grande Politica mira a oltrepassare la storia e l’umanità del suo tempo. Nietzsche poi non uccide Dio ma descrive la morte del cristianesimo nella nostra epoca. Anche del nichilismo Nietzsche è sismografo e profeta; non lo invoca, lo vede e lo prevede.
Benedetto XVI indicò in Nietzsche il profeta dell’ateismo e del nichilismo, del rifiuto superbo dell’umiltà e dell’obbedienza; ma il Papa poi disse che sono più vicini a Dio i non credenti irrequieti, piuttosto che i credenti di routine. In questa luce, Nietzsche sarebbe più vicino a Dio rispetto ai farisei e ai credenti spenti che seguono la fede per forza d’inerzia. E fu questa, del resto, l’idea di pensatori cristiani come Max Scheler e Gustave Thibon, ma anche Sciacca e Del Noce che non videro Nietzsche nella luce sinistra dell’Anticristo.
Quanto al superuomo di massa della nostra epoca, vaghi sono i legami tra Zarathustra e Superman, tra Dioniso e Vasco Rossi o Jim Morrison, tra il filosofo dell’Amor fati ( Amor fati è una locuzione latina che si traduce con “l’amore del fato”: una concezione del destino trattata dallo stoicismo che riprendeva l’antica visione della circolarità della storia ).o l’asceta dell’Eterno Ritorno e i Rambo, i Palestrati, i Tycoon della finanza e dell’industria, o alcuni feroci satanisti della cronaca nera. E scarsi sono i legami tra il suo superuomo e il transumanesimo. (Il transumanesimo, o transumanismo, a volte abbreviato con >H o H+ o H-plus, è un movimento culturale che sostiene l’uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive e migliorare quegli aspetti della condizione umana che sono considerati indesiderabili, come la malattia e l’invecchiamento, in vista anche di una possibile trasformazione post umana).
La volontà di predominio esaltata da Nietzsche non basta a spiegare la natura umana, accanto ad essa vibrano altre volontà, anche opposte: per esempio, la volontà di annientarsi, che poi Freud chiamerà istinto di morte, pulsione suicida; la volontà di trascendersi in una dimensione superiore ed impersonale; la volontà di amare e perfino di annullarsi nell’amare; e sotto tutte, la più umile e primaria volontà di vivere, che aveva descritto Schopenhauer precursore della biosofia nietzschiana. Nietzsche è un moralista, dice il mio amico e suo traduttore Sossio Giametta.
Nietzsche è stato a lungo inchiodato a una citazione, “Non esistono fatti ma interpretazioni” che sarebbe il riassunto cinico di un’epoca che nega la verità, la realtà, e insieme nega le regole, per affidarsi solo all’arbitraria soggettività. In realtà, Nietzsche in quel passo polemizzava col positivismo del suo tempo e il feticismo dei fatti; intendeva negare che i fatti isolati dal contesto, dalle cause e dai soggetti che li vivono, potessero da soli spiegare la realtà. Perfino San Tommaso, maestro di metafisica e realismo, dice che la verità è il combaciare di intelletto e realtà, non basta la sola fisica dei fatti a spiegare la vita e il mondo.
Se dunque non è il superuomo, o meglio l’oltreuomo, come dice Vattimo, se non è l’Anticristo, qual è allora la chiave nefasta del nietzscheanesimo? È la volontà di potenza, ma quel delirio di dominio è proprio quel che più unisce Nietzsche alla parabola occidentale, dal predominio al nichilismo fino alla società globale dell’ultimo uomo. Nella Volontà di Potenza Nietzsche non è originale ma diventa l’altoparlante dell’hybris moderna. (Hybris : presso gli antichi Greci, l’orgogliosa tracotanza che porta l’uomo a presumere della propria potenza e fortuna e a ribellarsi contro l’ordine costituito, sia divino che umano, immancabilmente seguita dalla vendetta o punizione divina ( tísis ): concetto di fondamentale importanza in alcuni scrittori greci, specialmente in Eschilo. Hybris (ˈhyːbris, in greco antico: ὕβϱις, hýbris) è un topos (tema ricorrente) della tragedia e della letteratura greca, presente anche nella Poetica di Aristotele. Significa letteralmente “tracotanza”, “eccesso”, “superbia”, “orgoglio”).
Nietzsche non invoca la distruzione dei valori ma la loro trasvalutazione e aggiunge un’osservazione decisiva: in mancanza di valori tocca a noi essere valorosi, cioè caricarci sulle nostre spalle tutto il peso della perdita di valori. Titanismo tragico per un soggetto destinato a tramontare. Alla fine non è la storia ad accogliere la sua visione ma la natura, il ritmo del cosmo, l’eterno ritorno dell’universo. L’innocenza tragica e giocosa di Nietzsche, biosofo.
MV, La Verità
Segnalata da Rita
Questa è una frase attribuita a Gandhi:
ci invita a riflettere sul nostro modo di affrontare le avversità.
La vita non è aspettare
che passi la tempesta,
ma imparare a ballare
sotto la pioggia.
Mahatma Gandhi.
SUCCISA VIRESCIT
La traduzione di questo motto latino è “Recisa alla base, torna a rinverdire”.
Le parole, che ornano lo stemma dell’abbazia di Montecassino, che mostra una quercia tagliata al piede, dal cui ceppo vanno spuntando rami nuovi, vengono anche usate in riferimento a tutto ciò che, dopo la distruzione, trova in sé la forza di tornare a nuova vita.
Si tratta di un simbolo (o di una allegoria, se considerata dal punto di vista delle figure retoriche) di rigenerazione, forza interiore, capacità di riscatto.
Ha funzione conativa, ovvero il suo scopo è quello di spingere l’individuo a reagire, a risollevarsi anche dopo un avvenimento tragico, distruttivo, che ha quasi annientato il suo essere.
“Quasi”, appunto, non del tutto.
E’ quell’avverbio a fare la differenza, a invitare a chiedersi di che pasta si è fatti, a spronare all’autorigenerazione.
L’icona dell’albero tagliato è metafora della straziante perdita (di una persona cara, di tutti i beni, della propria integrità corporea), ma i rami verdi che nonostante tutto iniziano a spuntare, generando le foglie, lo sono della capacità di affrontare anche i più grandi dolori, le più grandi perdite e rimettersi in piedi, ancora vivi, ancora fecondi di progetti, di idee, di giorni da affrontare con energia.
E’ simbolo della forza della vita che non dipende dall’energia personale, ma che senza la collaborazione e la volontà di chi aspira a rialzarsi non potrebbe comunque agire.
Contiene in sé l’implicazione di un passato pieno e rigoglioso, la presupposizione che si è subito un feroce attacco, l’antitesi tra la perdita quasi totale e la rinascita, il paradosso che un albero reciso possa germogliare e infine l’inferenza generata dai concetti di ceppo e rami verdi: la vita non muore mai, si rigenera in forme nuove e inaspettate.
Insomma, un vero albero della vita.
Queste, che ho riportato, sono le parole, le più espressive possibili, che ho trovato a titolo esplicativo riguardanti l’aforisma.
Le faccio pienamente e convintamente mie, nell’ estendere il mio augurio a tutti gli Italiani di ritrovare la forza di risollevarsi e rinascere da questo “Tsunami” dell’ Epidemia di Coronavirus che ci sta passando sulla testa.
È un’occasione storica: mostriamo al mondo di cosa siamo capaci.
Sono sicuro che ce la faremo.
Non amo fare numero,
preferisco fare la differenza.
…..e se la strada è in salita,
è solo perché sei destinato
ad arrivare in alto….
Le sfide
vanno sempre accettate.