Numero1898.

L’ INTERA  MONOGRAFIA  SU  ETTORE  MAJORANA  E  ROLANDO  PELIZZA  È  PUBBLICATA  DAL  NUMERO1465  AL  NUMERO1455.

 

QUESTA  È  UNA  INTEGRAZIONE  DI  STRINGENTE  ATTUALITÀ

ETTORE  MAJORANA  E  LA  SFIDA  CLIMATICA

Francesco Alessandrini e Roberta Rio   

Dal loro libro “LA MACCHINA il ponte tra la scienza e l’Oltre”.

 

Sinossi

 

Via dalle pagine della storia ufficiale Ettore Majorana, non solo continuò a vivere, ma con le sue ricerche si spinse ben oltre i confini dell’allora conosciuto, penetrando i “segreti” della Materia e del Creato, come mai era stato possibile fare fino a quel momento in modo “scientifico”.
Ne sono discese una nuova matematica e una nuova fisica
 – la Fisica del Terzo Millennio– che alimentano un salto epocale nella conoscenza umana.
 Nell’ambito delle sue ricerche, egli ha anche valutato attentamente variazioni climatiche e ambientali indotte dall’inquinamento provocato dall’uomo
 e dalla sua tecnologia. La capacità previsionale di Ettore e la comprensione del fatto che nessun evento del nostro mondo è casuale, gli hanno permesso,
già negli anni ’70, di prevedere con estrema esattezza, le problematiche legate al clima e all’ambiente, che ora stiamo sperimentando. Le sue previsioni, in assenza di un intervento in grado di invertire la rotta, sono decisamente preoccupanti e, del resto, ci stiamo tutti rendendo conto delle trasformazioni climatiche non positive in atto. Ma Ettore ci fornisce anche una soluzione che potrebbe soccorrerci dall’imminente collasso ambientale.
1. Introduzione
La fisica attuale è molto lontana dalla conoscenza delle fondamenta dell’universo in cui viviamo.
Per raggiungerla è necessario un radicale cambio di paradigma, un vero e proprio salto conoscitivo “epocale”, che permetta di guardare il mondo della Materia dal di fuori, dall’Oltre Materia.
Qualcuno questo salto l’ha fatto. Ed è riuscito a costruire un “quadro” teorico dell’universo e delle sue modalità di funzionamento talmente preciso e affidabile da poter poi essere trasformato in una macchina, la macchina di Rolando Pelizza, in grado di sperimentare quella teoria e di compiere delle cose assolutamente impensabili per la scienza attuale.
Quest’uomo si chiama Ettore Majorana.
Nel corso della costruzione di una nuova matematica e di una nuova fisica, descritte nella sua “Teoria Generale degli Esponenti”, si è reso conto che tutti i fenomeni naturali seguono una logica e delle regole ben precise. In particolare Ettore ha compreso, a partire dall’osservazione dei fenomeni fisici,
l’inesistenza di una casualità dei fenomeni stessi. È riuscito anche a inquadrare le relazioni che governano alcuni “gruppi” di fenomeni che la fisica attuale considera caotici e originati dal caso. La matematica di Ettore descrive tutto questo. È diventata così lo strumento per prevedere lo sviluppo di fenomeni fisici finora considerati imprevedibili. Noi abbiamo tentato di comprendere questa nuova fisica e nuova matematica, ma gli elementi di riferimento che abbiamo non sono certamente completi né sufficientemente chiari. Il risultato che presentiamo è dunque solo la nostra comprensione e interpretazione di ciò che ci sembra sia il geniale lavoro di Ettore. Ma anche se tutto non è ancora definito, siamo convinti di essere sulla buona strada. In ogni caso la responsabilità di quanto affermiamo è solamente nostra e chiediamo scusa a Ettore, che certamente ci sta guardando da qualche “posto” di questo nostro grande Creato, se abbiamo grossolanamente frainteso le sue scoperte. In quanto segue analizziamo, in particolare, le sue considerazioni sul clima e sul fatto che, già negli anni ’70, aveva previsto ciò che stiamo affrontando ora in ambito climatico e ambientale e, soprattutto, ciò che ci accadrà se non interveniamo immediatamente.
 2. Ettore Majorana
Ufficialmente, Ettore Majorana, scienziato geniale del periodo della “grande fisica italiana”scomparve il 25 marzo 1938. Da allora si rifugiò segretamente in un monastero italiano. Nel corso dei successivi decenni di permanenza, poté sviluppare i suoi studi, tutti rivolti alla conoscenza delle reali fondamenta della materia e della vita. A chi volesse conoscere con maggior dettaglio la sua storia, indichiamo la lettura del nostro testo “ La macchina. Il ponte tra la
 scienza e l’Oltre”.
 3. Il cielo non può attendere
In una lettera di Majorana al Prof. Erasmo Recami del 20 dicembre 2000, Ettore si dimostra profondamente preoccupato per il futuro del nostro mondo legato in modo indissolubile al surriscaldamento del pianeta.
Nella stessa lettera si cita la documentazione spedita già nel 1976 a Rolando Pelizza, il suo allievo costruttore della “macchina”.
In essa era presente una «relazione dettagliata sul tema e le sue conseguenze: dai primi sintomi, all’inizio del 2000, all’incremento del problema a partire dal 2010, in seguito al quale è lecito aspettarsi delle vere e proprie catastrofi ambientali».
Figura 1: Estratto della lettera di E. Majorana al prof. Erasmo Recami del 20 dicembre 2000.
Già nel 1976, dunque, Ettore aveva previsto che il pianeta sarebbe entrato in una fase di surriscaldamento anomalo ed eccessivo, che avrebbe iniziato a generare “delle vere e proprie catastrofi ambientali” tra il 2022 e il 2024.  In quel momento, ovvero tra pochi anni, la sopravvivenza della razza umana sulla Terra sarebbe stata in serio pericolo. Oggi gli esperti del clima sono giunti alle stesse previsioni, ma posticipate. Si parla alla peggio della decade 2030-2040, ovvero ci illudiamo di avere ancora molto tempo. Ma secondo Ettore non è così.
Sulla Terra si sono sempre verificate lente fluttuazioni climatiche, in un’alternanza di fasi di raffreddamento (glaciazioni) e surriscaldamento. Per quanto lente fossero, esse portarono regolarmente a drastiche riduzioni nel numero degli esseri viventi.
L’attuale pulsazione climatica è solo parzialmente frutto di fattori naturali.
A essi, come dimostrano gli studi di alcuni scienziati tra cui il glaciologo Claude Lorius, si sovrappongono delle cause antropiche, ovvero date dal comportamento dell’uomo.
Analizzando i risultati di centinaia di carotaggi di ghiaccio in Antartide, Claude Lorius, a metà degli anni ’80, rese noto che nel corso degli ultimi duecento anni, ovvero dall’inizio dell’industrializzazione, il livello di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera era drasticamente aumentato. La Terra non riesce più a regolarlo grazie ai suoi normali cicli di autodepurazione.
In altre parole, l’uomo, bruciando a dismisura carbone, petrolio e metano, si è inserito nel meccanismo di regolazione naturale del clima, modificandolo pesantemente. Tre sono le alterazioni ambientali che attualmente affliggono in maniera preoccupante il nostro pianeta: il “buco dell’ozono”, l’eccesso di  CO2  e l’effetto serra.
Analizziamole brevemente. Quello che viene definito “buco dell’ozono” è in realtà un fenomeno duplice. Da un lato stiamo assistendo a un generale assottigliamento dell’ozonosfera, ovvero di quella fascia della stratosfera, posizionata tra i 15 e i 39 chilometri sopra la superficie della Terra. Essa ha il compito di trattenere e assorbire circa il 99% delle radiazioni solari nocive per la vita. Dall’altro, in alcune zone, come sopra l’Antartide per esempio, questa riduzione ha raggiunto dei livelli limite tanto da parlare di un vero e proprio “buco”, ovvero assenza completa di ozono.
Questi “buchi” sono qualcosa di pulsante con cicli naturali di durata stagionale, annuale o pluriennale. Si pensi che sopra l’Antartide sono state registrate variazioni primaverili del 70% rispetto alla stagione precedente, poi recuperate in quella successiva.
Talvolta si è avuta l’impressione che un buco si fosse chiuso naturalmente, mentre in realtà si trattava solo di una ridistribuzione dell’ozono nell’ozonosfera: la “chiusura” di un “buco” provoca una riduzione di spessore in altre zone, ma la quantità complessiva di ozono è sempre la stessa e, anzi, è in continua e irreversibile diminuzione.
Ma c’è ancora qualcosa di importante che la scienza non ci dice, o forse non sa, e che Ettore, invece, ha constatato essere in atto.
1  Secondo lui l’equilibrio dello strato dell’ozono è ormai compromesso nel senso che la sua diminuzione, alimentata inizialmente da agenti chimici
introdotti dall’uomo, ha assunto ora una specie di “vita propria”: essa progredisce anche se si riducono le sostanze inquinanti. Non c’è praticamente nulla che l’uomo e la scienza tradizionale possano fare per bloccare questo fenomeno, anche se qualche fonte, per smorzare i toni, afferma che il fenomeno è in regressione e che si esaurirà nel 2080.
2  L’anidride carbonica è la seconda sfida della nostra epoca. Essa ha mantenuto, nelle varie ere, livelli accettabili per la Terra che, per esempio tramite gli alberi, è sempre riuscita ad assorbirla ,trasformarla e riutilizzarlaMa anche questo equilibrio si è ora spezzato. Soprattutto il grande consumo di combustibili fossili (tutti caratterizzati dalla presenza di carbonio) ha aumentato notevolmente il livello di COnell’atmosfera, portandolo a un livello tale da provocare gravi scompensi ambientali.
Anche se ne interrompessimo “all’istante” l’emissione, non riusciremmo comunque a ridurre in tempi brevi la presenza di CO2. Si pensi solo
che ha dei cicli naturali di vita nell’atmosfera di oltre cento anni.
In ogni caso essa è per noi molto importante perché partecipa alla realizzazione dell’effetto serra, necessario per la vita sulla Terra. Si tratta di un fenomeno che permette al pianeta di trattenere nella sua atmosfera le radiazioni, provenienti dal sole, responsabili dell’incremento termico. Il risultato è un aumento della temperatura terrestre, che senza questo effetto sarebbe più bassa di almeno trenta gradi. Tuttavia, se in eccesso, porta a un innalzamento tale della temperatura da rendere difficili le possibilità di vita, se non addirittura impossibili. In un documento del 1990, pietra miliare nello studio climatico, Lorius, Jim Hansen e altri scienziati scrissero che le variazioni nel contenuto di COe di CH(metano) hanno giocato un ruolo significativo nei cambiamenti climatici glaciali-interglaciali amplificandoli, insieme alla crescita e decadimento dei ghiacci continentali dell’emisfero nord […]».
Queste considerazioni influenzarono la stesura e l’approvazione del protocollo di Kyoto, sottoscritto nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005. Dal 1976, anno dei primi avvertimenti di Majorana, al 2005 si contano quasi trent’anni. Abbiamo perso un mare di tempo, in una follia suicida figlia in parte dell’avidità umana, che antepone la ricchezza e il potere personale alla ricerca di una soluzione per il bene comune e, in parte, della non conoscenza. E oggi, dopo oltre 40 anni, le nazioni stanno ancora discutendo sul da farsi, pur essendosi in gran parte rese conto del grandioso pericolo a cui siamo sottoposti. Ma ormai è troppo tardi. I calcoli di Ettore dimostrano che abbiamo già superato il punto di non ritorno e i primi effetti davvero “disastrosi” saranno visibili proprio tra il 2022 e il 2024. Le variazioni della temperatura e della posizione degli ingressi radiativi attraverso l’atmosfera terrestre modificheranno i movimenti dei venti, le formazioni di nubi, lo scioglimento dei ghiacciai etc. La prima conseguenza di ciò si manifesterà – e in parte si sta già manifestando– nei fenomeni temporaleschi e ventosi. Per esempio, secondo Ettore, la quantità di acqua di una singola goccia di pioggia diverrà pari a quella di un grosso bicchiere: si parla di gocce del volume di 250 cl, ¼ di litro! Significa che si verificheranno acquazzoni di una violenza inaudita: quelle che oggi chiamiamo “bombe” d’acqua, che già mettono in crisi tutti i sistemi di smaltimento idrico, faranno “sorridere” rispetto a quello che potrà accadere.

La grande quantità d’acqua in atmosfera verrà alimentata da un’evaporazione molto più veloce di quella attuale, generata sia dall’aumentato calore sia da una superficie delle acque molto più estesa, provocata dallo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari. Lo scioglimento dei ghiacci provocherà un innalzamento delle acque di circa 80 m rispetto al livello attuale, sommergendo vaste zone costiere. Ma non solo. I venti aumenteranno di velocità fino a 400-600 km orari, ovvero molto più violenti delle peggiori trombe d’aria che si sono già verificate sulla Terra. Tanto per fare un paragone, il famoso e disastroso uragano Irma del 2017 ha raggiunto la velocità di “soli” 295 km/h, velocità mantenuta per ben 37 ore consecutive. Ma non ci sarà solo caldo. Il generale squilibrio che si genererà provocherà anche eventi estremamente freddi. Alcune zone del pianeta diventeranno presto invivibili e sarà pressoché impossibile soccorrere coloro che saranno colpiti da questi fenomeni atmosferici così estremi. Si avranno dei fenomeni migratori molto più accentuati di quelli attuali, che genereranno problemi sociali che non osiamo immaginare.

Oltre a ciò, l’eccesso di radiazioni, dovuto alla mancanza di ozono, porterà a una parziale inibizione della fotosintesi clorofilliana con un conseguente forte rischio di abbassamento delle possibilità alimentari per l’ecosistema.
Le radiazioni ci faranno ammalare, con gravi danni alla nostra pelle, perché di intensità superiore a quella che i nostri corpi sono in grado di sopportare. Insomma, la vita umana così come la sperimentiamo ora sul nostro pianeta, secondo Majorana sta per finire. E questo non accadrà tra migliaia di anni e nemmeno tra centinaia. Stiamo parlando di un arco di tempo molto, ma molto più breve! La Terra sta per diventare un luogo adatto solo per scarafaggi e altri animali, dotati di uno scheletro esterno che li ripara dalle radiazioni ultraviolette. E forse neanche per loro.
 4. Una soluzione esiste.
Ettore ci dice che la scienza tradizionale non può nulla! Questo, del resto, viene confermato anche dai nostri scienziati che dichiarano di non avere gli strumenti per ridurre efficacemente la presenza di COin atmosfera. Non ha le conoscenze e gli strumenti per farlo. Per quanto ne sappiamo, gli unici che possono salvarci da questa situazione sono la fisica e la matematica di Ettore, Rolando e la macchina.
Ci auguriamo che i governanti, di fronte all’evidente rischio di estinzione, si decidano finalmente a trascurare i propri desideri ed esigenze di potere per provvedere all’unica cosa prioritaria in questo momento: garantire la sopravvivenza della razza umana sulla Terra.
Il primo passo necessario sarebbe quello di avviare un grosso lavoro di mappatura dei “buchi dell’ozono”, utilizzando le risorse satellitari a disposizione.
Accanto alla posizione e struttura dei “buchi”, è altrettanto importante definire la quantità, la densità e il tipo di materiale gassoso, che si trova in essi e negli strati limitrofi, in assenza dell’ozono.
La macchina di Rolando, infatti, ha la possibilità di trasformare –  trasmutare – i materiali, ma non può creare dal nulla: ha dunque bisogno di materia disponibile per poter attivare un processo di cambiamento di un gas in un altro. Sarebbe auspicabile che i “buchi” fossero riempiti di anidride carbonica, in modo da ottimizzare il lavoro di ripristino degli equilibri atmosferici. L’ozono manca, l’anidride carbonica è in eccesso: con un solo intervento si potrebbe trasformare l’anidride carbonica in ozono e si avrebbe così il duplice risultato desiderato, di aumento del primo e riduzione della seconda. Analogamente bisogna procedere anche a una mappatura più completa dell’anidride carbonica.
 Una volta raccolti tutti i dati, si potrà intervenire mettendo in azione la macchina di Rolando.
Essa ha la possibilità di trattare con un’unica “applicazione” e all’istante (in circa 5 millesimi di secondo) un volume di 8 milioni di metri cubi, ovvero un cubo di 200 metri di lato. A detta di Rolando sarebbero facilmente costruibili delle macchine in grado di trattare dei volumi 1000 volte superiori (un cubo di 2 km di lato) e addirittura 1 milione di volte superiori (un cubo di 20 km di lato).Questa fase di lavoro dovrebbe essere svolta in due momenti distinti: per prima cosa il fenomeno dei “buchi nell’ozono” deve essere bloccato nella sua “virulenza”. Pertanto gli interventi saranno d’impatto e mireranno a trasformare rapidamente grossi volumi, senza tante raffinatezze.
Dopo di che si entrerà nel dettaglio, andando a rifinire il tutto secondo la quantità e la posizione che verranno ritenute più corrette ed equilibrate, sotto un controllo continuo dei rilevatori satellitari.
Una volta terminato lo scudo protettivo dell’ozono e riportata l’ozonosfera a quelle che sono le sue dimensioni e concentrazioni ottimali, ci si occuperà del problema dell’anidride carbonica, in parte già diminuita con l’intervento precedente.
 
Le zone a maggior densità verranno trasformate in ossigeno o in altri componenti dell’aria, eventualmente carenti: dalla “fastidiosa” anidride carbonica, si passerà a una piacevole aria pura.
 
La soluzione quindi c’è.
L’importante è che venga data assoluta priorità alla risoluzione del problema.
 
 5. Conclusioni
Noi non siamo certamente dei catastrofisti. Ma abbiamo imparato a fidarci di Ettore Majorana e di Rolando Pelizza. Se loro dicono che la situazione è grave, siamo seriamente propensi a credere che abbiano ragione. E se poi ci dicono anche di avere la soluzione per questa complessa sfida climatica, non vediamo logico motivo per cui coloro che hanno in mano la tecnologia di Ettore e di Rolando non si diano da fare con la massima urgenza per risolvere la situazione. Se non lo faranno, avranno sulla coscienza le sofferenze e la scomparsa dell’intero genere umano, compresi essi stessi e le loro famiglie. Ma noi siamo molto fiduciosi che lo faranno. E così il genere umano potrà continuare a evolversi gradualmente e utilizzare le incredibili conoscenze che Ettore Majorana ha portato sulla Terra.
6. Il percorso
Questo articolo, pubblicato in occasione della conferenza “La fisica di Ettore Majorana e la sfida climatica, fa parte del programma di divulgazione della
Fisica del Terzo Millennio, una fisica assolutamente innovativa che parte dalla mente di Ettore Majorana. La sua conoscenza e accettazione non sarà immediata e l’umanità dovrà aspettare prima di viverla diffusamente nei suoi aspetti più pratici: sì, perché l’umanità, pur avendone un bisogno immediato legato alle appena descritte problematiche sul clima, non è ancora pronta per utilizzarla. È prima necessario un percorso di graduale crescita e di cambiamento degli atteggiamenti umani e dell’uso della scienza: sì, certo, anche la scienza deve evolvere nelle sue conoscenze ma soprattutto
nella coscienza del ruolo che è tenuta ad avere nell’ambito dello sviluppo della vita sul nostro pianeta. Ringraziamo con tutto il nostro cuore Ettore e Rolando per questa grande possibilità che hanno introdotto sulla Terra e, soprattutto, li appoggiamo incondizionatamente per essere sempre stati dalla parte del “bene”.

Numero1889.

CONFESSIONE

” I vantaggi di avere 60 anni o più”.

 

Riderai quando vedrai il messaggio di risposta.

 

“Non cambierei mai i miei fantastici amici, la mia vita meravigliosa, la mia amata famiglia per i capelli meno grigi o una pancia più piatta.

Crescendo sono diventata più amichevole e meno critica con me stessa.

Sono diventata mia amica…

Non mi biasimo per aver mangiato biscotti extra, per non aver fatto il letto o per aver comprato qualcosa di stupido di cui non avevo bisogno.

Ho il diritto di essere disordinata, di essere stravagante.

Ho visto molti cari amici lasciare questo mondo troppo presto, prima di rendermi conto della grande libertà dell’ invecchiamento.

Chi mi biasimerà, se decido di leggere o giocare sul mio computer fino alle quattro e dormire fino a mezzogiorno?

Chi mi renderà felice come stare a letto o davanti alla TV per tutto il tempo che voglio?

Ballerò con quei meravigliosi successi degli anni ’70 e ’80 e se allo stesso tempo voglio piangere per un amore perduto …

Io vado!

Se voglio, camminerò lungo la spiaggia in pantaloncini troppo distesi su un corpo in decomposizione e mi tufferò tra le onde con abbandono, nonostante gli sguardi penalizzanti degli altri del jet set.

Invecchieranno anche loro.

So che a volte dimentico, ma ci sono alcune cose nella vita che dovrebbero anche essere dimenticate.

Ricordo le cose importanti. Certo, nel corso degli anni il mio cuore si è rotto.

Ma i cuori infranti ci danno forza, comprensione e compassione.

Un cuore che non ha mai sofferto è immacolato e sterile e non conoscerà mai la gioia di essere imperfetto.

Sono fortunata ad aver vissuto abbastanza a lungo da avere i miei capelli grigi e le mie risate giovanili incise per sempre in profondi solchi in faccia.

Molti non hanno mai riso, molti sono morti prima che i loro capelli diventassero d’argento.

Man mano che invecchi, è più facile essere positivi.

Ti importa meno di quello che pensano gli altri.

Non mi interrogo più.

Mi sono guadagnata il diritto di sbagliare. Quindi, per rispondere alla tua domanda, mi piace essere vecchia.

Mi piace la persona che sono diventata.

Non vivrò per sempre, ma mentre sono ancora qui, non perderò tempo a rimpiangere ciò che potrebbe essere stato o preoccuparmi di ciò che sarà.

E se ne ho voglia, mangerò dessert ogni giorno.

Ce l’hai?

Possa la nostra amicizia non essere mai separata, perché proviene dal cuore!

Invia questo ad almeno 7 persone oltre i 60 anni e vedrai cosa succede sullo schermo.

Riderai!

Farà bene alla testa.

 

Solo da oltre 60 anni.❤❤❤ va bene anche se sei più giovane!?

Numero1856.

AD  ULTERIORE  INTEGRAZIONE  ED APPROFONDIMENTO  DEL  NUMERO  1857

Computer QuantisticoLo sviluppo dei computer quantistici affonda le sue origini negli anni ’80. Fu allora che i ricercatori cominciarono ad intravedere la possibilità di creare un super elaboratore in grado di sfruttare le leggi della meccanica e della fisica quantistica per oltrepassare finalmente i limiti dei cosiddetti super computer, spalancando di fatto le porte ai nuovi e interessantissimi orizzonti dell’Intelligenza Artificiale. Ad oggi, sono già stati creati sistemi avanzati basati su pochi qubit (bit quantistici), ma la vera sfida di scienziati e ricercatori è realizzare computer quantistici basati su migliaia di qubit entro pochi anni. Soltanto questa condizione consentirebbe un vero e proprio “salto quantico” nella qualità dei calcoli che un computer riesce ad eseguire. In sostanza, stiamo parlando di sistemi contenenti infiniti qubit (e non i bit utilizzati dai computer che conosciamo), capaci di effettuare centinaia di migliaia di calcoli al secondo. Gli studi tuttora in corso fanno sapere che ci vorranno almeno dieci anni per raggiungere una maturità tecnologica tale da poter realizzare una macchina di questo genere. A contendersi la partita al momento sono Google, IBM, Intel e Microsoft, ma anche alcuni centri specializzati come quello di Harvard e il MIT (Massachusetts Institute of Technology), che si scontrano con le ingerenze di alcuni studi russi e cinesi. Di recente, anche l’Unione Europea ha finalmente deciso di investire nella ricerca, destinando un miliardo di euro per i prossimi dieci anni.

Cos’è e come è fatto un computer quantistico?

Bit e QubitTutti i computer che usiamo si basano sulla logica binaria. Ogni unità (il bit) prevede due possibilità di scelta (0 e 1) e tutte le informazioni offerte (più o meno complesse) vengono elaborate con una stringa di valori composta da tanti 0 e 1. Questo non è il caso del computer quantistico, che punta a sfruttare le diverse proprietà della fisica e della meccanica quantistica, consentendo al sistema di ragionare in maniera profondamente diversa dai computer precedenti e, quindi, non lineare. Il bit, infatti, è stato sostituito con il qubit, in grado di analizzare qualsiasi query o problema in maniera simultanea, anziché binaria. Il computer quantistico, pertanto, non funziona in parallelo e la sua rapidità non dipende da una mera questione di potenza, ma è legata semplicemente a un modo totalmente nuovo di elaborare le informazioni. Se gli attuali computer seguono le regole della fisica classica, questo non è il caso dei computer quantistici, i quali grazie alla fisica quantistica sarebbero in grado di processare informazioni che con gli attuali sistemi richiederebbero migliaia di anni. Non si tratta di una tecnologia che darà vantaggi in ogni ambito, motivo per il quale i computer tradizionali non verranno accantonati. Ciò nonostante, questo nuovo approccio lascia intravedere possibilità di applicazione enormi e, già attualmente, esistono settori nei quali il salto sembra molto interessante. Tra questi la chimica, la fisica, la farmaceutica e la crittografia. Per adesso, queste macchine sono ancora in fase embrionale, soprattutto dal punto di vista dell’hardware. Malgrado gli investimenti effettuati negli ultimi anni da molte aziende attive nel settore informatico, la sperimentazione procede ancora a tentoni. Il motivo principale sta nella mancanza degli standard e, soprattutto, nella scarsità di specialisti in grado di lavorarvi, essendo questi poche centinaia in tutto il mondo. Per capire come la scienza sia arrivata alla realizzazione dei computer quantistici è necessario tirare in ballo la Legge di Moore e la miniaturizzazione dei circuiti: a partire dagli anni ’60, si è assistito a un miglioramento progressivo della potenza di calcolo dei Pc, incremento legato a doppio filo con la parallela e costante miniaturizzazione dei circuiti elettronici da cui deriva anche la celebre Legge di Moore. Secondo questa regola, la complessità dei microcircuiti, misurata attraverso il numero di transistor presenti in un chip (il processore) e la conseguente velocità di calcolo, raddoppiano ogni 18 mesi. Tuttavia, questa legge oggi non risulta quasi più applicabile e il motivo principale sta nel raggiungimento dei limiti imposti dalla meccanica, che rendono molto più difficile che in passato proseguire sulla strada della miniaturizzazione. Limite questo, che in un certo senso ha spalancato le porte a un netto cambio di paradigma, basato sulla necessità di sfruttare le potenzialità della meccanica e della fisica quantistica, allo scopo di raggiungere una maggior potenza e fluidità di calcolo. Ed ecco che i bit sono stati sostituiti dai qubit, non codificati medianti i simboli 1 e 0, ma relativi allo stato quantistico in cui si trovano le particelle o gli atomi impiegati. Questi ultimi possono avere contemporaneamente valore 1 e 0, tra l’altro in una varietà di combinazioni tali da produrre milioni di stati quantistici differenti. Una condizione che assume significati vastissimi se pensata in relazione alla progressione matematica: 2 qubit possono avere ben 4 stati contemporaneamente, 4 qubit corrispondono a 16 stati, 16 qubit a 256 stati e così via fino a quantità che nessuno strumento elettronico attuale è in grado di immaginare. Grazie a questi sistemi le capacità di codifica si amplierebbero talmente tanto da poter processare informazioni estremamente complesse, come quelle che regolano l’Intelligenza Artificiale. In poche parole, un computer quantistico sarebbe capace di elaborare nello stesso momento, in virtù delle sue capacità di calcolo parallelo, diverse soluzioni per un singolo problema, anziché semplici calcoli sequenziali come avviene attualmente per i pc tradizionali.

Come funzionano i computer quantistici?

Per il momento, a frenare gli scienziati che stanno lavorando a questi sistemi, è stata la manipolazione controllata degli atomi e delle particelle (finora realizzata con successo soltanto in presenza di pochi qubit ma mai per elaborazioni più complesse, che necessitano di centinaia o migliaia di qubit). La gestione degli atomi riguarda principalmente la loro comunicazione e connessione. Inoltre, è fondamentale uno sviluppo parallelo degli algoritmi dedicati. Il funzionamento di questi sistemi avanzati si basa essenzialmente su due delle leggi che regolano la meccanica quantistica:

  • il principio di sovrapposizione“, da cui ha origine la capacità delle particelle di trovarsi in più stati diversi contemporaneamente (dando la possibilità anche al qubit di poter essere sia 1 che 0 simultaneamente);
  • la correlazione quantistica” (entanglement), che indica il vincolo esistente tra due particelle e, in questo caso, due qubit; secondo tale principio, è possibile individuare lo stato di una particella (e di un qubit) osservando quella a cui è vincolata.

Dal punto di vista puramente pratico, il funzionamento dei computer quantistici prevede due approcci fondamentali:

  • il primo, che avviene attraverso il raffreddamento dei circuiti con il raggiungimento del cosiddetto zero assoluto(indicato con il valore di 0 gradi Kelvin, corrispondenti a -273,15 gradi Celsius). In questo modo i circuiti funzionano come conduttori senza alcuna resistenza che interferisca sulla corrente; in tal caso è possibile parlare di “punti quantici“, termine usato per indicare una nanostruttura dotata di uno speciale materiale semiconduttore, situata in un altro semiconduttore con un intervallo di energia più ampio;
  • il secondo metodo previsto, invece, ricorre ai cosiddetti ioni intrappolati, ovvero quegli atomi e molecole dotati di una carica elettrica e intrappolati in un campo elettromagnetico. Questi atomi vengono manipolati affinché il dislocamento degli elettroni sia in grado di produrre una trasformazione dello stato degli ioni e di conseguenza possa funzionare come qubit;

Seguendo tali principi, il computer quantistico è in grado di sfruttare i qubit per processare calcoli infinitamente complessi, a una velocità che attualmente risulta inimmaginabile (rispetto alle macchine odierne, sarebbero capaci di impiegare secondi anziché anni, garantendo risultati nettamente più affidabili). Come affermato in precedenza, esistono ancora molti ostacoli da superare, tra cui la manipolazione corretta delle particelle (particolarmente fragili e volatili, proprio perché soggette a cambiamenti di stato repentini), la creazione di infrastrutture hardware adeguate (attualmente per il raffreddamento di questi particolari sistemi viene impiegato l’elio e le macchine devono essere conservate in ambienti senza vibrazioni) e lo sviluppo di algoritmi espressamente dedicati al quantum computing.

La storia del computer quantistico

Murray Gell-Mann

Il primo a pensare ad un computer basato sull’uso delle particelle elementari fu Murray Gell-Mann (cui fu assegnato il premio Nobel per la fisica nel 1969). Il fisico statunitense, nel 1982, aveva già intravisto la possibilità di sfruttare talune proprietà degli atomi per dar vita a una tipologia innovativa di scienza informatica. Richard Feynman raccolse le idee di Gell-Mann e introdusse il metodo della sovrapposizione degli stati delle particelle elementari. Tre anni dopo, nel 1985, David Deutsch dimostrò l’assoluta validità di queste indicazioni e lavorò per metterle in pratica. Nel 1998 fu realizzato il primo prototipo di computer quantistico. A rendere realtà le intuizioni dei colleghi che l’avevano preceduto fu il fisico Bruce Kane, che realizzò un elaboratore basato su atomi di fosforo disposti su uno strato di silicio spesso soltanto 25 nanometri. Nel 2001, IBM ha realizzato uno dei primissimi elaboratori quantistici a 7 qubit, mentre nel 2013 è stato presentato al pubblico il computer quantistico D-Wave. Nel 2016, dopo che IBM ha messo pubblicamente a disposizione il primo computer quantistico in modalità cloud (Quantum Experience, dotato di un processore a 5 qubit), il governo cinese ha lanciato in orbita il satellite Micius, il primo della storia ad usare standard di comunicazioni quantistiche, avviando di fatto una competizione serrata tra Cina e Stati Uniti. Nel 2017, IBM ha aggiornato i suoi elaboratori quantistici via cloud, dotandoli di processori a 16 e a 20 qubit. Il primato di IBM, tuttavia, è durato soltanto pochi mesi, poiché nel marzo del 2018 a strapparlo all’azienda informatica americana ci ha pensato Google, con il suo nuovissimo Quantum AI Lab, dotato di un processore Bristlecone a 72 qubit. Sempre nel marzo del 2018 l’Istituto di Fisica e di Tecnologia di Mosca ha lanciato una nuova affascinante sfida, presentando al mondo intero un articolo relativo agli sviluppi di una connessione Internet quantistica ad alta velocità, un’innovazione che aprirebbe scenari inimmaginabili.

Gli ambiti interessati: chimica, biologia, farmaceutica e crittografia

Quantum Computing e Blockchain

Le future applicazioni dei computer quantistici cominceranno laddove le macchine tradizionali non sono in grado di arrivare. I computer del prossimo futuro, infatti, puntano a risolvere problemi estremamente complessi, sia definendo simulazioni basate sulle regole della natura, sia velocizzando in maniera esponenziale le operazioni richieste. Scendendo più nel dettaglio, una delle applicazioni future che pare maggiormente alla portata del quantum computing sembra essere quella relativa al settore chimico-biologico. In questo caso, le simulazioni possono essere utili per comprendere meglio le possibili interazioni tra le molecole da impiegare nello sviluppo dei farmaci. In futuro, potremmo produrre in maniera più efficiente e aderente alle nostre esigenze prodotti quali medicinali e concimi. E per ottenere quanto appena detto potrebbero bastare processori costituiti da 100/200 qubit. Oggi, le macchine più evolute ed affidabili raggiungono i 70-75 qubit. Qualora si riuscissero a creare computer quantistici animati da migliaia di qubit, potremmo accedere a simulazioni e informazioni sempre più complesse e, quindi, ad ulteriori applicazioni in grado di abbracciare un gran numero di settori diversi. L’altro campo interessato dalle sperimentazioni è la crittografia, ovvero la tecnologia che consente di cifrare i messaggi rendendoli incomprensibili a tutti coloro che non sono in possesso delle chiavi che permettono di renderli leggibili.

Oltre che per cifrare meglio le proprie informazioni, i computer quantistici potrebbero essere anche lo strumento per svelare e decifrare i messaggi di eventuali vittime o avversari. In teoria, con questi sistemi sarebbe possibile persino “bucare” una blockchain, oggi praticamente inattaccabili con i computer tradizionali. Al momento, soltanto i governi e le più importanti aziende di ricerca hanno accesso ad applicazioni di questo tipo, ma è ovvio che nel prossimo futuro andrà messa in piedi anche una discussione relativa al tema delle competenze, onde evitare spiacevoli inconvenienti.

I computer quantistici di IBM e Google

IBM è stata una delle prime realtà ad aver investito nello sviluppo del Quantum Computing e nella realizzazione di computer quantistici generalisti ed accessibili a tutti. Oggi, sono disponibili sistemi da 20 qubit pronti all’uso e, a breve, anche macchine dotate di processori da 50 e più qubit. I sistemi IBM Q online dotati di processori da 20 qubit, a partire dall’anno in corso vedranno miglioramenti nella progettazione degli stessi qubit, oltre che nel packaging, nell’hardware e nella connettività. I tempi di coerenza (ovvero la quantità di tempo necessaria per eseguire i calcoli) si attestano attualmente sui 90 microsecondi. Oltre che per l’elevata velocità di calcolo, questi sistemi di nuova generazione si differenziano anche per un’eccellente affidabilità. Su quantità di qubit infinitamente più elevate si attestano i computer quantistici realizzati in collaborazione da NASA e Google, presso uno dei poli di sviluppo informatico più noti al mondo: il Quantum Artificial Intelligence Lab in California. Il dispositivo realizzato più di recente prende il nome di D-Wave Two, un computer quantistico a 512 qubit derivato direttamente dal D-Wave, nato nel 2011 e dotato di un processore da 128 qubit. Il D-Wave Two è un computer quantistico in cui ogni qubit si presenta come un circuito superconduttore tenuto a temperature bassissime (circa -271 gradi Celsius), grazie all’impiego dell’elio e di alcuni dischi in rame che provvedono a schermare il sistema dalle interferenze elettromagnetiche e a dissipare il calore prodotto dalla macchina. Il problema principale che i computer quantistici sono chiamati ad affrontare riguarda l’ancora elevata percentuale di errore. Questi dispositivi funzionano a temperature bassissime e vanno schermati dall’ambiente circostante in quanto i bit quantistici usati attualmente risultano ancora molto instabili e ogni genere di rumore o cambio di temperatura può generare errori. Proprio per questo motivo, i qubit presenti nei processori quantistici non sono in realtà singoli qubit, ma spesso combinazioni di bit in grado di ridurre gli eventuali errori. Un altro fattore che limita la ricerca e la produzione di sistemi super intelligenti è relativo al fatto che la maggior parte di questi computer è in grado di conservare il proprio stato per meno di 100 microsecondi. I sistemi realizzati da Google hanno evidenziato tassi di errore ancora elevati, pari all’1% per quanto riguarda la lettura, allo 0,1% per i single-qubit e allo 0,6% nel caso delle porte a due-qubit. Ciascuno dei chip Bristlecone a basso errore realizzati da Google è munito di 72 qubit. Google, oltre che sui qubit, sta lavorando anche per migliorare la sincronizzazione di tutte le tecnologie presenti in un computer di questo genere (il software, l’elettronica di controllo e il processore stesso).

Il futuro dei computer quantistici

IonQ sta attualmente lavorando alla realizzazione di un computer quantistico che impiega il metodo degli ioni intrappolati. Secondo Christopher Monroe, fisico e fondatore di IonQ, la scienza si sta attualmente concentrando su due modelli distinti, ovvero i circuiti superconduttori (la strada percorsa da IBM e Google) e gli ioni intrappolati (sui quali sta lavorando il centro di ricerca di Harvard). Facendo delle comparazioni tra i due sistemi, Monroe è giunto alla conclusione che le prestazioni ottenute attraverso tali tecnologie siano molto simili. A fare la differenza, però, sarebbe il collegamento tra i qubit: tutti gli ioni intrappolati sono collegati fra loro mediante forze elettromagnetiche; nei circuiti superconduttori, invece, soltanto alcuni qubit sono connessi, condizione in grado di rallentare il passaggio delle informazioni. Sempre secondo Monroe, l’umanità potrà salutare la comparsa dei primi sistemi dotati di migliaia di qubit entro poco più di un decennio. Ovviamente, scienziati e ricercatori intuiranno meglio le possibili applicazioni man mano che questi sistemi verranno migliorati.

 

Numero1805.

Letto alla Festa del nostro Anniversario.

 

25  ANNI  ASSIEME.

 

In questi ultimi tempi, ho scritto, non molto ma abbastanza, un po’ per me, per i miei hobby e i miei interessi, talvolta per qualche ricorrenza di amici o amiche, qualche poesiola, cose di poco conto, cose a destra e a manca, da dilettante della parola, ma da professionista del sentimento. In quest’ultimissimo anno, in particolare, mi sono dedicato alla redazione di un BLOG, del quale vi dirò più tardi.
Ma, mi sono accorto che, tranne che in qualche rara occasione di molto tempo fa, a te, Rita, io non ho mai scritto niente di veramente significativo.

In questa circostanza, in questa ricorrenza dei nostri 25 anni assieme, circondati da persone care e amiche, ho sentito il dovere, e il piacere, di rimediare alla mancanza, per farmi perdonare, se ce ne fosse bisogno, e se ne sono capace.

E comincio a scrivere di noi, per ricordare e ricordarci , a spanne e con un po’ di emozione, cosa sono stati questi lunghi e brevi anni di serena compagnia e di buona vita.
La nostra. Insieme. Sì, separati nei luoghi di residenza, ma sempre insieme.
L.A.T.: acronimo inglese che significa Living Apart Together, cioè Vivere Separati Insieme. Formula consigliabile, se possibile, per un L.L.L., altro acronimo inglese che vuol dire Long Lasting Love, cioè Amore che Dura a Lungo.

A sgranare il rosario dei giorni dopo i giorni, tanti belli, alcuni difficili e dolorosi, altri impegnativi oppure normali, non ci penso proprio. Se siamo qua, bene o male, la salute ci ha sorretto e, quel che conta, abbiamo fatto del nostro meglio per rendere, l’un l’altra, la vita degna di essere vissuta.
E, per quanto mi riguarda, io ho avuto, da te e con te, in questi 25 anni, il pezzo migliore della mia vita.

Per superare, con un po’ di faccia tosta e disinvoltura, l’approccio all’”incipit”, che è sempre difficile, del mio discorso, prendo a prestito, anche se corro il rischio di apparire melodrammatico, parole che mi sono venute in mente, parole non mie, ma che faccio mie per modificarne il senso. Sono i versi di una delle più belle romanze della musica lirica Italiana di sempre, “Sono andati, fingevo di dormire….”, da “La Bohéme”, versi di Giacosa e Illica per la musica indimenticabile di Giacomo Puccini, là dove Mimì, stesa sul giaciglio di morte, dice a Rodolfo: “Ho tante cose che ti voglio dire, o una sola, ma grande come il mare. Come il mare, profonda ed infinita….” E qui, segue un verso che io non citerò per motivi di privacy, sono parole che si dicono nell’intimità di una coppia, ma che molti conoscono.

Ebbene, voglio cambiare il finale della frase, riprendendo e ripetendo: “Ho tante cose, che ti voglio dire, o una sola, ma grande come il mare. Come il mare profonda ed infinita: Grazie, Rita!” Così ho fatto pure la rima! E ridiamoci su, tanto per sdrammatizzare, se no mi metto a piangere.

E da altre parole in musica, traggo lo spunto per proseguire, precisamente dai versi del “Faber” De Andrè, nella sua magnifica “La Canzone dell’amore perduto”, là dove dice: “L’amore che strappa i capelli è finito ormai, non resta che qualche svogliata carezza…. e un po’ di tenerezza”. E dirò, a mia volta, chiosando, che sulla “svogliata carezza”, sorvolerei, per i motivi di privacy prima citati, mentre avrei da eccepire,  vigorosamente, sul “po’ di tenerezza”.
Non di tenerezza di poco conto si tratta, quella che tu hai saputo regalarmi in tutti questi anni, ma di un continuo, costante, assiduo, attento impegno per i miei bisogni materiali e, soprattutto, di un sorprendente, eccezionale, magnifico senso di affettuosa complicità e dedizione sul piano spirituale e sentimentale. Di nuovo, grazie, Rita!
In 25 anni condivisi insieme, “mi sono fatto persuaso” di aver vinto un premio.  Il mio affetto per te non è mai mutato, ma si è arricchito di comprensione, rispetto, devozione e gratitudine. E, da te, ho avuto pazienza, lealtà, umiltà e mitezza nei tuoi capelli sempre più bianchi, nei tuoi occhi a volte stanchi. Di cuore, grazie, Rita!

E ti voglio chiedere scusa per un po’ di cose.
Scusa, se ti sgrido quando scrivi male le lettere delle parole crociate, al punto che non sai neanche leggere le parole che scrivi; scusa, se ti sgrido, perché non ne ricordi i significati, dopo averteli spiegati più volte; scusa, perché ti zittisco sempre quando canti, stonata come una campana rotta, eppure sapessi come mi piace, sempre e comunque, il tuo  sgangherato cantare; scusa, se perdo le staffe, quando ti metti a starnazzare come un’anitra impazzita tutte le volte che, in macchina, supero i 50 all’ora, o quando ti appassioni a programmi televisivi che io detesto.

Ma di una cosa, soprattutto, ho bisogno di farmi perdonare da te. Perché m’inalbero e do in escandescenze, ogni volta che nei telegiornali, sento parlare di mafia, di corruzione, di omertà, di collusione, di sprechi, di degrado ambientale e morale, di truffe e di furbetti di ogni specie, nella tua terra, “amara e bella”, da cui provieni.
Eppure tu, Rita, figlia di un poliziotto degli Uffici Giudiziari del Palazzo di Giustizia di Palermo, che ha combattuto e contrastato la mafia e la mentalità mafiosa, ai tempi di Falcone e Borsellino, tu sei di una specchiata onestà e di una trasparenza cristallina, in tutto quello che pensi e fai. E, come te, tuo fratello e tutti i tuoi parenti e amici, la cui disponibilità e generosità ho conosciuto e apprezzato.
Se m’incazzo, non è uno sfogo denigratorio contro di te, e tu lo sai. Ma so di procurarti un dispiacere. E di questo ti chiedo scusa, anche se succederà di nuovo. E’ più forte di me. Tu sei una “terrona” sui generis, un’anomalia eccezionale che conferma la regola. Ed è a te che io voglio bene, perché sei il contrario di ciò che detesto.
Ma, tutto sommato, come tutti possono capire, tutte queste scuse non sono una “captatio benevolentiae”, si tratta di ben piccole cose: bazzecole di nessun conto. Le mie incazzature e i tuoi difettucci. Mentre invece, se metto sull’altro piatto della bilancia, le tue doti e i tuoi meriti…..non ho abbastanza parole per dirti ancora: grazie, Rita!

Io non sono il tipo che ti dice: ”Non posso vivere senza di te”, perché non sarebbe vero. Nella mia vita ho fatto a meno di persone che credevo indispensabili, ho passato periodi in cui nemmeno io volevo farmi compagnia, sono sopravvissuto alla solitudine e ne ho fatto un mio punto di forza. Potrei vivere benissimo senza di te, la differenza è che non voglio. Mi manchi già da subito, appena hai varcato la soglia per uscire. E di questo, sempre grazie, Rita!

Le belle persone sono sempre belle. Anche se passano gli anni, anche se sono senza trucco, se sono stanche, se hanno le rughe. Perché la bellezza che hanno dentro non invecchia mai. Diventa, con gli anni, più fragile e preziosa, ma le belle persone non smettono mai di brillare. E tu sei una bella persona, non bella in senso fisico, ma bella e basta, bella perché, con un gesto, mi fai felice, anche se non te lo dico, bella perché fai parte di me e mi rendi migliore.

Ecco, proprio di questo, più che per gli altri motivi, ti voglio, infine, ringraziare. Perché, vivendoti accanto, ho imparato a guardarmi attraverso i tuoi occhi e, davanti alle manifestazioni del tuo affetto, ho avuto un riscontro, una risposta di ritorno, un formidabile “feed back” di gradimento che mi ha confortato e rasserenato: se questo è ciò che io significo per te, se io sono un uomo buono per te, allora, in stretto sillogismo e per la proprietà transitiva, io valgo qualcosa. E, nel profondo della mia interiorità, l’autostima e la fiducia hanno cacciato i feticci delle incertezze e delle insicurezze. Per questo mi hai reso migliore. Per questo, il grazie più grande, Rita!

I nostri prossimi 25 anni che verranno, sperabilmente un po’ di meno, almeno per me, sappiamo solo che saranno i più difficili. Ma, come abbiamo fatto sempre, ci adatteremo con pazienza, ma non con rassegnazione, alle condizioni della nostra età e della nostra salute, per portare a dignitoso compimento questo percorso che stiamo facendo insieme e che si chiama: la nostra vita.
E….prendiamola con allegria.

Ecco, l’allegria. Due sono stati i capisaldi del nostro rapporto: il rispetto reciproco e l’allegria. Del primo dirò che è stato costantemente presente, in modo spontaneo e naturale. Talvolta, possono esserci scappati,  un’imprecazione o un “vaffa…”: un momentaneo deragliamento, ma tutto è sempre rientrato nei binari del buon senso e del buongusto, stemperando l’alterazione con una risata e una parola di rabbonimento. Mai un muso lungo, una ripicca. E ci ha aiutato molto l’allegria, l’ironia bonaria, mai rancorosa. Una coppia può perdere la passione, può perdere pure il desiderio, ma se perde, anche, la capacità di ridere insieme, allora è finita. Noi stiamo bene assieme perché ci divertiamo, ci prendiamo in giro: è autoironia di coppia. Non ci sono segreti: le affinità fanno la coppia, le differenze la fanno durare. Non è la mancanza d’amore, ma la mancanza di amicizia che rende infelici i rapporti, come dice il mio amico Friederich Nietzsche.

Satis superque.

A voi, miei cari e amici miei, dico grazie di cuore, anche a nome di Rita, per essere qui, con noi, in questo giorno significativo. Avevo bisogno di voi, che ci conoscete e condividete con noi frequentazioni e compagnia, come uditorio qualificato, per testimoniare, anche emotivamente, di questa mia esternazione. Grazie per avermi ascoltato pazientemente e vi sento miei complici e sodali negli apprezzamenti che io ho rivolto alla mia compagna di vita, che è anche vostra amica a cui tutti voi, nessuno escluso, so che volete bene.
Rita, non so come andrà, non so che futuro ci aspetta: tu devi ancora trovare, capire quale strada percorrere; io, su un sentiero sconnesso, sto già camminando.
L’unica mia certezza è che voglio rinascere per essere migliore, per poter dare di più e ricevere di più, fuori dal grigiore e dalla consuetudine, dentro al vero me stesso. L’unico mio motore, quello che mi aiuta a continuare in questo mio cammino, è l’affetto che ho per te: profondo, intenso, unico. Questo sentimento, che la maturità, anzi, la vecchiaia, non rende effimero, è radicato in una certezza: con te mi sento vivo.
Con te, sento che potrò affrontare quello che la vita ha da proporre, con energia e consapevolezza, con fantasia ed ironia. Conto su di te, sulla tua presenza, rara ma cara, accanto a me. L’unico posto, che spero di continuare ad occupare, sta nel tuo cuore. E spero che, anche tu, aspiri alla stessa cosa. E che sia su questa terra, dove siamo nati per starci, e che non è nell’aldilà.

Quante rondini occorrono
perché sia primavera?
Quanti baci ci vogliono,
perché viva un amore?
Di cosa ha bisogno una vita,
per essere tale?
La mia ha bisogno di Rita.

Grazie.

Tricesimo, 23 Novembre 2019

Numero1794.

Ogni giorno ci muoviamo

in un mondo fatto di codici.

I codici elettronici sono

attorno a noi.

I codici genetici sono

dentro di noi:

determinano chi siamo,

come viviamo,

e, a volte, persino,

come moriremo.

E se ci fosse un codice

dietro ad ogni cosa,

un misterioso codice

superiore, che controlla

tutto ciò che è stato

e tutto ciò che sarà?

Lo chiameremmo Dio?

Numero1783.

Sono sempre felice, sai perché? 
Perché io non mi aspetto niente
da nessuno, l’attesa fa sempre male.
I problemi non sono eterni
e hanno sempre una soluzione.
L’unica cosa che non ha soluzione
è la morte. Non permettere
a nessuno di offenderti, di umiliarti.
Non devi assolutamente farti
abbassare la tua autostima.
Le urla sono le armi dei vigliacchi,
di coloro che non hanno….ragione.
Troverai sempre persone
che ti vogliono dare
la colpa del loro fallimento,
ma ognuno avrà ciò che merita….
Goditi la vita, perché è molto breve,
amala pienamente e sii
sempre felice e sorridente,
vivi la tua vita intensamente.
E, ricorda:
Prima di discutere, respira;
Prima di parlare, ascolta;
Prima di criticare, esaminati;
Prima di scrivere, pensa;
Prima di far male, senti;
Prima di arrenderti, prova;
Prima di morire, VIVI !

William Shakespeare.

Numero1771.

DESIDERATA

Passa, tranquillamente, tra il rumore e la fretta, e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio.

Finché è possibile, senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le persone.

Dì la verità con calma e con chiarezza, e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti, anche loro hanno una storia da raccontare.

Evita le persone volgari ed aggressive; esse opprimono lo spirito. Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine, perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te.

Gioisci dei tuoi risultati, così come dei tuoi progetti.

Conserva l’interesse per il tuo lavoro, per quanto umile; è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo.

Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non acciechi la tua capacità di distinguere la virtù; molte persone lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena di eroismo.

Sii te stesso. Soprattutto, non fingere negli affetti e neppure sii cinico riguardo all’amore, poiché, a dispetto di tutte le aridità e disillusioni, esso è perenne come l’erba.

Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall’età, lasciando, con un sorriso sereno, le cose della giovinezza.

Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l’improvvisa sfortuna. Ma non tormentarti con l’immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.

Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso. Tu sei figlio dell’Universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai diritto ad essere qui. E, che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio che l’Universo ti si stia schiudendo, come dovrebbe.

Perciò, sii in pace con Dio, comunque tu lo concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni, conserva la pace con la tua anima, pur nella rumorosa confusione della vita.

Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti, è ancora, e pur sempre, un mondo stupendo.

Fai attenzione.

Cerca di essere felice.

A  MIO  FIGLIO.

Numero1769.

L’ ETERNA  DOMANDA : COSA  C’ È  DOPO?

Nel ventre di una donna incinta, si trovano due bebè. Uno di loro chiede all’altro:
“Tu credi alla vita dopo il parto?”.
“Certo. Qualcosa deve esserci dopo il parto. Forse siamo qui per prepararci per quello che saremo più tardi”.
“Sciocchezze! Non c’è una vita dopo il parto. Come sarebbe quella vita?”
“Non lo so, ma sicuramente…. ci sarà più luce che qua. Magari, cammineremo con le nostre gambe e ci ciberemo con la bocca”.
“Ma è assurdo! Camminare è impossibile. E mangiare con la bocca? Ridicolo! Il cordone ombellicale è la via d’alimentazione…. Ti dico una cosa : la vita dopo il parto è da escludere. Il cordone ombellicale è troppo corto”.
“Invece, io credo che debba esserci qualcosa. E forse sarà diverso da quello cui siamo abituati ad avere qui”.
“Però, nessuno è tornato dall’aldilà, dopo il parto. Il parto è la fine della vita. E, in fin dei conti, la vita non è altro che un’angosciante esistenza nel buio che ci porta al nulla”.
“Beh, io non so esattamente come sarà dopo il parto, ma sicuramente vedremo la mamma e lei si prenderà cura di noi”.
“Mamma? Tu credi nella mamma? E dove credi che sia lei ora?”.
“Dove? Tutta intorno a noi! È in lei e grazie a lei che viviamo. Senza di lei, tutto questo mondo non esisterebbe”.
“Eppure io non ci credo! Non ho mai visto la mamma, per cui, è logico che non esista”.
“Ok, ma, a volte, quando siamo in silenzio, si riesce a sentirla o percepire come accarezza il nostro mondo. Sai?…. io penso che ci sia una vita reale che ci aspetta e che, ora, stiamo soltanto preparandoci ad essa”.