Numero2924.

 

da QUORA

 

Che fine fanno i soldi che si danno alla Chiesa?

 

Scrive Luca Lombardi, corrispondente di QUORA

 

Che fine fanno i soldi che si danno alla Chiesa? Ce lo racconta un sacerdote cattolico, intervistato dal giornalista Emiliano Fittipaldi, in un ristorante:

Inforchettato il primo gambero, il sacerdote più anziano, quello che non avevo mai incontrato prima, va al sodo. “Devi scrivere un libro. Devi scriverlo anche per Francesco. Che deve sapere.

Deve sapere che la Fondazione del Bambin Gesù, nata per raccogliere le offerte per i piccoli malati, ha pagato parte dei lavori fatti nella nuova casa del cardinale Tarcisio Bertone.

Deve sapere che il Vaticano possiede case, a Roma, che valgono quattro miliardi di euro. Ecco. Dentro non ci sono rifugiati, come vorrebbe il papa, ma un sacco di raccomandati e vip che pagano affitti ridicoli.

“Francesco deve sapere che le fondazioni intitolate a Ratzinger e a Wojtyla hanno incassato talmente tanti soldi che ormai conservano in banca oltre 15 milioni.

Deve sapere che le offerte che i suoi fedeli gli regalano ogni anno attraverso l’Obolo di San Pietro non vengono spese per i più poveri, ma ammucchiate su conti e investimenti che oggi valgono quasi 400 milioni di euro.

Deve sapere che quando prendono qualcosa dall’Obolo, i monsignori lo fanno per le esigenze della curia romana.

“Deve sapere che lo Ior ( Istituto per le Opere di Religione = Banca del Vaticano) ha quattro fondi di beneficenza avari come Arpagone: nonostante l’istituto vaticano produca utili per decine di milioni, il fondo per opere missionarie ha regalato quest’anno la miseria di 17 mila euro. Per tutto il mondo!

Deve sapere che lo Ior non è stato ancora ripulito e che dentro il torrione si nascondono ancora clienti abusivi, gentaglia indagata in Italia per reati gravi.

Deve sapere che il Vaticano non ha mai dato ai vostri investigatori della Banca d’Italia la lista di chi è scappato con il bottino all’estero. Nonostante noi l’avessimo promesso.

Deve sapere che per fare un santo, per diventare beati, bisogna pagare. Già, sborsare denaro. I cacciatori di miracoli sono costosi, sono avvocati, vogliono centinaia di migliaia di euro. Ho le prove.

“Deve sapere che l’uomo che lui stesso ha scelto per rimettere a posto le nostre finanze, il cardinale George Pell, in Australia è finito in un’inchiesta del governo sulla pedofilia, alcuni testimoni lo definiscono ‘sociopatico’. E in Italia nessuno scrive niente. Deve sapere che Pell ha speso per lui e i suoi amici, tra stipendi e vestiti su misura, mezzo milione di euro in sei mesi.

“Francesco deve sapere che la società di revisione americana che qualcuno di noi ha chiamato per controllare i conti vaticani ha pagato a settembre 2015 una multa da 15 milioni per aver ammorbidito i report di una banca inglese che faceva transazioni illegali in Iran.

Deve sapere che la Santa Sede per guadagnare più soldi ha distribuito tesserini speciali a mezza Roma: oggi vendiamo benzina, sigarette e vestiti tax free, incassando 60 milioni l’anno.

“Deve sapere che non è solo Bertone che vive in trecento metri quadrati, ma ci sono un mucchio di cardinali che vivono in appartamenti da quattrocento, cinquecento, seicento metri quadrati. Più attico e terrazzo panoramico.

Deve sapere che il presidente dell’Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica), Domenico Calcagno, si è fatto un “buen retiro” in una tenuta della Santa Sede in mezzo al verde, facendo aprire una società di comodo a suoi lontani parenti.

Deve sapere che il moralizzatore Carlo Maria Viganò, l’eroe protagonista dello scandalo Vatileaks, è in causa con il fratello sacerdote che lo accusa di avergli fregato milioni dell’eredità.

Deve sapere che Bertone ha preso a noleggio un elicottero costato 24 mila euro per andare da Roma in Basilicata.

Deve sapere che il Bambin Gesù controlla allo Ior un patrimonio pazzesco da 427 milioni di euro, e che il Vaticano ha investito pure in azioni della Exxon e della Dow Chemical, multinazionali che inquinano e avvelenano.

Deve sapere che l’ospedale di Padre Pio ha trentasette tra palazzi e immobili, e che oggi hanno un valore stimato in 190 milioni di euro.

Deve sapere che i salesiani investono in società in Lussemburgo, i francescani in Svizzera, che diocesi all’estero hanno comprato società proprietarie di televisioni porno.

Deve sapere che un vescovo in Germania ha scialacquato 31 milioni per restaurare la sua residenza, e che una volta beccato è stato promosso con un incarico a Roma.

Francesco deve sapere un sacco di cose. Cose che non sa, perché nessuno gliele dice.”

Il monsignore posa la forchetta e si pulisce la bocca con il tovagliolo. Il prete che conosco bene gli versa un po’ di vino nel bicchiere, un Sacrisassi Le Due Terre. Il canuto reverendo alza il calice, strizza un occhio per osservare con attenzione il colore giallo paglierino attraverso il cristallo, beve due lunghi sorsi, poi sorride.

“Qui fuori c’è parcheggiata una macchina piena di documenti. Dello Ior, dell’Apsa, dei dicasteri, dei revisori dei conti chiamati dalla commissione referente, la Cosea.

È per questo che ho chiesto che lei venisse in auto. Non ce la farebbe a portarli via in motorino.”
Si alza di scatto. “A proposito, noi non abbiamo contanti. Stavolta il ristorante lo paga lei?”.

 

(dal libro di Emiliano Fittipaldi, Avarizia, Milano, 2015)

Numero2919.

 

Quali sono le 20 cose assolutamente importanti e utili nella vita?

 

da  QUORA

 

Scrive Flavian Mwasi, corrispondente di QUORA

 

1.Matrimonio – Avere o meno un compagno di vita è una questione di scelte. Ma ti dirò perché ne vale la pena: la vita è migliore quando sei in coppia.

2.Sesso – Questo è il numero due della lista per ovvi motivi. A meno che tu non sia celibe, ne hai assolutamente bisogno. Inoltre, senza di esso, i matrimoni sono morti. È una chiamata di biologia e perpetua i tuoi geni.

3.Amore – Non comincerò nemmeno a spiegare perché ne hai bisogno. È ciò che rende la vita utile e bella.

4.Famiglia – Perché fornisce un sistema di supporto che nessun’altra istituzione può dare. E lega insieme nella società.

5.Resilienza – La vita stessa è dura e non devo ricordarti che ci sono molte prove. Una pelle spessa per resistere ad ogni avversità è una cosa particolarmente buona da avere.

6.Rischio – Sì, ti è mai venuto in mente che senza rischi non può mai esserci un successo significativo? Tutti abbiamo imparato a camminare assumendo dei rischi. Grandi rischi.

7.Risate – Hai sentito che ci vogliono molti meno muscoli facciali per sorridere che per essere arrabbiati? Bene, le risate pompano l’ossigeno tanto necessario nei polmoni perpetuando la tua longevità.

8.Fitness – Fitness e salute vanno di pari passo. Se hai l’abitudine di mangiare bene, fai un ulteriore passo avanti e fai alcuni esercizi. Tieni lontano il medico e le conseguenze negative.

9.Felicità – Puoi fare a meno dei soldi, ma hai assolutamente bisogno della felicità per rimanere mentalmente sano.

10.Viaggio: non riesco nemmeno a spiegare come la sensazione di viaggiare e sperimentare nuove avventure influisce sul tuo sistema psicofisico. Mette in uno stato di riposo.

11.Investire – Assicurare il tuo futuro è d’obbligo se sai che sarai ancora qui a meno che non accada qualcosa di brutto. Anche se ti succede qualcosa di brutto, vale comunque la pena investire per non lasciare alla tua famiglia poco o niente.

12.Istruzione: non puoi immaginare quanto sia potente la capacità di leggere e scrivere. Ottenere un’istruzione pertinente non è solo utile, ma anche un investimento.

13.Amici: gli amici sono utili soprattutto se ti trovi in ​​condizioni di ristrettezza.

14.Definizione degli obiettivi – Non puoi semplicemente vivere senza meta nella vita.

15.Disciplina: ti terrà fuori dai guai.

16.Saggezza: ti aiuterà a prendere buone decisioni e giudizi solidi.

17.Passione – Ne hai assolutamente bisogno.

18.Coraggio: proverai a fallire molte volte. Devi dotarti di questa capacità per continuare a provare anche quando sai che rischi di fallire di nuovo.

19.Focus – Ci sono un sacco di cose che funzioneranno per te. Impostare la tua attenzione è assolutamente necessario per assicurarti di non perdere l’obiettivo.

20.Fiducia in se stessi: se non credi e non apprezzi te stesso, nessun altro lo farà.

 

 

Scrive Eric, corrispondente di QUORA.

 

  • Fare ogni sera almeno due ore di compiti a casa, a partire dalle medie. Devo una parte importante del mio successo all’educazione formale e all’abitudine di imparare. Non me ne pentirò mai. E non mi è mai mancato il tempo per fare tutte le attività che i bambini normalmente svolgono.
  • Fare circa 45 minuti di esercizio fisico ogni giorno della settimana. La vostra salute non è negoziabile.
  • Coltivare un hobby creativo. Anche se la musica non mi ha mai portato denaro, si è comunque dimostrata la forma di meditazione più efficace per me. Esprimete in ogni modo la vostra creatività ma non permettete che vi distragga dalla vostra carriera.
  • Trascorrere del tempo nella natura. Non deve necessariamente trattarsi di molto tempo. Una semplice passeggiata di 30–60 minuti nel verde è in grado di ricordarvi il vostro posto nel mondo e nella meraviglia della vita.
  • Abitare il più vicino possibile al lavoro. Anche se il costo della casa aumenta, vale la pena di doversi spostare meno per andare al lavoro. Non c’è maggior spreco di energia mentale che guidare durante l’ora di punta.
  • Intraprendere quotidianamente un’attività che connetta mente e corpo (a parte l’esercizio vigoroso). Yoga, stretching e meditazione vi mantengono in contatto con il vostro corpo. È una pratica di rispetto di sé e di auto-nutrimento che mantiene le emozioni in equilibrio.
  • Capire il vero significato della politica e della propaganda. Attraverso un processo di auto-consapevolezza, apprendimento della storia e comprensione della psicologia della manipolazione, potete imparare a non essere succubi di un governo. Rimanete indipendenti ed evitate lo stress di avvicinarvi troppo a una qualsiasi causa politica o religiosa senza un’attenta analisi e il giusto senso della misura.
  • Donare a enti benefici. Scegliete delle buone cause (donare abiti, supportare le culture, educazione) e aiutate il prossimo a prosperare. Essere consapevoli di potersi permettere di aiutare gli altri vi farà sentire persone forti e degne.
  • Avere una bassa impronta ambientale. In ogni cosa che vi riguarda, fate in modo di non sprecare risorse. Usate meno acqua, elettricità, riscaldamento, benzina, sapone, abbigliamento, ecc. che potete per soddisfare i vostri bisogni. Quando vi guarderete indietro vi farà sentire meglio sapere di avere avuto un impatto minimale sul mondo.
  • Mostrare gentilezza verso gli stranieri. Probabilmente il singolo indicatore più accurato della vostra gentilezza è come trattate persone che non avete mai visto prima e che non vedrete mai più. Atti altruistici di gentilezza sono estremamente gratificanti. Siate automobilisti, clienti, pedoni e turisti gentili. Nutrite la vostra anima con atti di gentilezza.
  • Mantenere un’immagine rispettabile. Abbiate sempre un aspetto curato. Non indossate mai abbigliamento strappato. Non attirate su di voi attenzione non necessaria. Mantenete pulita l’auto e ordinata la casa/il giardino. Pensate che il mantenere una buona esteriorità sia fare la vostra parte per mantenere bella l’umanità. Avere una buona immagine vi aiuta nel lavoro e nella vita personale.
  • Risparmiare per le emergenze. Più denaro avrete risparmiato, più tranquillità avrete. Sapere che potete affrontare anche emergenze finanziarie di un certo tipo (guasti all’auto, spese mediche, spese veterinarie, ecc.) vi donerà pace interiore. I soldi non comprano la felicità, ma di sicuro comprano sicurezza.
  • Trascorrere un po’ di tempo a imparare cose che vi aiuteranno ad avanzare nella vostra carriera. Più skills di solito si traducono in un lavoro più interessante e in uno stipendio più elevato. Pensate al tempo passato a imparare nuove abilità come al migliore investimento possibile del vostro tempo.
  • Comprare un’auto affidabile invece di una troppo vistosa o troppo economica. È un dato di fatto che le auto più affidabili non sono quelle con le migliori prestazioni o quelle più accattivanti. Ma le auto affidabili non sono mai quelle più a buon mercato. Fate in modo di comprare la marca più di qualità che vi potete permettere e non buttate soldi in quelle che consumano di più.
  • Spendere abbastanza denaro in cibo/verdura fresca. Vale sempre la pena procurarsi cibo di qualità. La verdura fresca costa più del cibo in scatola, ma è di qualità migliore. Risparmiare sul cibo e compromettere la vostra nutrizione è da stupidi.
  • Prendere il vostro lavoro sul serio. È ovvio che non tutti hanno il lavoro dei sogni. Considerate che trascorrerete 40 ore a settimana al lavoro per almeno 40 anni della vostra vita. Dovreste essere voi a dare un senso e un valore al vostro lavoro piuttosto che aspettarvi che sia il lavoro a intrattenervi. Qualcuno vi paga per un motivo. Avrete più successo e troverete più significato in quello che fate quando lo prenderete sul serio e rimarrete coinvolti.
  • Trovare uno scopo alla vostra vita. La felicità non si ottiene inseguendo il piacere. Si ottiene contribuendo a rendere il mondo un posto migliore. Allineatevi con quello che la società abbisogna di più da voi. Scoprite i talenti che vi rendono utili e donateli al mondo.
  • Dedicare tempo a relazioni meritevoli. Il lavoro è importante ma non dovrebbe mai precludere il tempo dedicato alle vostre relazioni più importanti. Tutti i rapporti umani richiedono tempo e una certa dose di sforzo. Come tutte le cose di valore nella vita, lo sforzo è inevitabile. Fate in modo di incontrare regolarmente coloro che vi sono più vicini. È tempo ben impiegato.
  • Mantenere una curiosità infantile e un senso di meraviglia nei confronti del mondo. Quando qualcosa vi sembra interessante, prendetevi del tempo per impararne di più. Cercate fatti interessanti sulla natura, le persone, la storia, la scienza. Il processo di apprendimento non finisce mai. Ogni nuovo giorno è una nuova pagina nel libro della vita. Cercate la bellezza.
  • Riposare abbastanza. Per riposo non intendo piacere sfrenato o distrazione. Intendo un periodo tranquillo, tempo per dormire, tempo per ponderare, tempo per riflettere sugli eventi nella vostra vita. Lasciate sempre spazio per rinfrancarvi e recuperare dalle sfide della vita. Una persona ben riposata è molto più produttiva di una stressata. Prendetevi il tempo per guardare lontano o per chiudere semplicemente gli occhi e riposare la mente stanca.

 

Scrive Anubhav Jain, corrispondente di QUORA          (non sono 20 ma 14)

 

  1. Lo stress e il fumo, entrambi sono le principali cause di impotenza e di altri problemi sessuali.
  2. Quando le persone hanno grandi aspettative da te, è un loro problema, non avere il mal di testa, ignorali.
  3. L’amore non riguarda solo la ricerca del piacere da un corpo, l’amore riguarda le emozioni, la cura, la compatibilità, l’accettazione, la fiducia e la connessione divina con una persona che può essere sostenuta per tutta la vita.
  4. Non cercare di adattarti alla definizione di “figo”, le persone prima apprezzano e poi ti corrono davanti nella vita, in seguito.
  5. Fatti molti amici, ma continua a valutare la loro genuinità e continua a eliminarne alcuni.
  6. La vita non scorre sui social media, la vita scorre sulla praticità e sulla realtà, tieni gli occhi aperti alla verità.
  7. I genitori non hanno sempre torto, né hanno sempre ragione, ma almeno ascoltali prima di prendere una decisione, sono esperti e si prendono sinceramente cura di te.
  8. Scegli una carriera dopo aver analizzato, valutato ed eliminato tra le varie opzioni, non decidere sotto l’influenza di qualcuno o semplicemente per far parte della corsa al successo.
  9. L’abitudine di investire può portarti una fortuna un giorno o almeno alleggerire il tuo fardello un giorno, in futuro.
  10. Le persone vincono la più grande delle guerre essendo educate, umili ed esprimendo le loro opinioni autentiche con fermezza, non puoi combattere con tutti.
  11. Dai via tutto, ma non dare mai il rispetto per te stesso a nessuno ad ogni costo.
  12. Essere un ragazzo non ti rende speciale, essere un ragazzo rispettoso e amorevole ti rende speciale.
  13. Quando lavori, non solo guadagni denaro ma acquisisci preziosa esperienza, concentrati su entrambi per una buona carriera.
  14. Non cercare aiuto e assistenza, sei abbastanza in grado di trovare soluzioni ai problemi più grandi, pensa solo con una mente rilassata.

Numero2917.

 

Come si fa a capire chi è veramente un buon amico?

 

da QUORA

 

Scrive Emanuele De Feo, corrispondente di QUORA

 

Papà mi diceva…
per capire chi è un buon amico
organizza una festa
fai una festa bellissima
prendi buone birre
e dei vini sopra i tredici
prendi del buon cibo
e che la musica di sottofondo
sia bella, che possa accogliere tutti
mettila alta
ma non troppo
lascia che i vostri dialoghi
non vengano coperti dagli assoli,
invita amici, mi diceva, invitane tanti,
invita tutti gli amici che conosci

e poi finita la festa
lascia che ognuno prenda la via
che preferisce,
non forzare nessuno a rimanere
non convincere
non prolungare mai la festa
che le feste hanno origini più antiche di noi,
sanno loro quando finire,
tu saluta e augura la buonanotte a tutti
e osserva

osserva bene chi di sua volontà
resta ad aiutarti,
chi ti aiuterà a lavare i piatti
chi ti aiuterà a rimettere a posto
a sistemare le cose,
questi saranno i tuoi buoni amici,
quelli che non ti staranno accanto
solo quando la musica e il vino
gioiranno con le tue buone lune,

i buoni amici
sono quelli che rimarranno
anche quando la tua vita
avrà da offrire solo briciole e disordine

e alla fine di tutto,
mi diceva papà
ricorda, alla fine di ogni bellissima festa
alla fine di ogni momento epico
di ogni grande successo
e di ogni impresa riuscita,
vedrai che accanto a te
resteranno sempre pochissime persone,
ma quelle pochissime
ricordalo sempre,
valgono tutto.

Questo è il metodo che suggerisce Gio Evan, noto scrittore italiano.

Se capisci chi rimane quando la vita ha da offrire solo disordine, allora capirai veramente chi potrai chiamare “amico”.

Numero2916.

 

da  QUORA

 

 

“Invecchiamento Accelerato: Abitudini da Scongiurare per Preservare la Gioventù”

 

Scrive Pier Carlo Lava, corrispondente di QUORA

 

 

1. Dieta Sregolata e Povera di Nutrienti

Una dieta ricca di cibi altamente processati, zuccheri raffinati e grassi saturi può avere impatti negativi sulla salute e accelerare il processo di invecchiamento. Adottare una dieta bilanciata, ricca di frutta, verdura, proteine magre e grassi sani può contribuire a mantenere il corpo sano e in forma.

2. Scarsa Attività Fisica e Sedentarietà

La mancanza di esercizio fisico può contribuire all’indebolimento muscolare, alla perdita di flessibilità e all’aumento di peso, tutti fattori che possono accelerare il processo di invecchiamento. Mantenere uno stile di vita attivo può contribuire a preservare la funzionalità fisica e mentale nel corso degli anni.

3. Esposizione Eccessiva al Sole senza Protezione

L’esposizione eccessiva ai raggi UV senza protezione può accelerare l’invecchiamento della pelle, causando rughe, macchie scure e perdita di elasticità. Utilizzare creme solari e adottare misure di protezione può aiutare a preservare la salute della pelle nel tempo.

4. Consumo Eccessivo di Alcool e Tabacco

Il consumo eccessivo di alcol e il fumo sono collegati a molteplici problemi di salute, inclusi danni ai polmoni, al cuore e alla pelle. Ridurre o eliminare queste abitudini può contribuire a rallentare il processo di invecchiamento e migliorare la qualità della vita.

5. Mancanza di Sonno Adeguato

La mancanza di sonno non solo influisce sul nostro stato di veglia quotidiano ma può anche accelerare l’invecchiamento. Un riposo sufficiente è fondamentale per il recupero delle cellule e la gestione dello stress, entrambi cruciali per preservare la vitalità nel tempo.

6. Stress Cronico e Mancanza di Gestione dello Stress

Lo stress cronico può avere impatti negativi sulla salute mentale e fisica, contribuendo all’invecchiamento precoce. Pratiche come la meditazione, lo yoga o l’esercizio fisico possono aiutare a gestire lo stress e promuovere il benessere generale.

Conclusioni: Scelte Consapevoli per una Vecchiaia in Salute

Evitare queste abitudini dannose e adottare uno stile di vita sano può contribuire a preservare la salute e rallentare il processo di invecchiamento. Facendo scelte consapevoli, possiamo investire nel nostro benessere a lungo termine e godere di una vecchiaia più sana e attiva.

 

Scrive Chris Nichols, corrispondente di QUORA

 

Quali sono alcune difficili verità sull’invecchiamento?

 

Più invecchi e più ti rendi conto che molte cose che ti sono state insegnate in gioventù sono semplicemente sbagliate.

  1. Puoi essere tutto ciò che vuoi essere. No, non puoi. Ci sono test in cui non otterrai un punteggio abbastanza alto che ti impediranno di essere accettato in qualunque programma desideri. Tutto questo pur avendo l’intelligenza e l’abilità necessarie per eccellere in qualunque professione. Anche se hai le credenziali e l’esperienza giuste, se non stanno assumendo per quello che vuoi fare… beh… potresti essere sfortunato. Ci sono migliaia di motivi per cui non puoi essere quello che vuoi essere.
    1. Ma indovina un po’, puoi essere il migliore nelle opportunità che la vita ti offre.
  2. Il duro lavoro viene premiato. No, non sempre. A volte il potere dell’universo cospira contro gli individui che lavorano sodo e premia ingiustamente i nostri amici, colleghi e conoscenti pigri, alla ricerca di scorciatoie, meno intelligenti.
    1. Ma se non demordi, non lasci che l’ingiustizia del mondo rovini il tuo atteggiamento, ti presenti ogni giorno e fai del tuo meglio, aumenterai sicuramente le probabilità di avere una vita appagante.
  3. Il denaro e la ricchezza sono la tua più grande risorsa. No, no non lo sono. Sono importanti e forniscono sicurezza e libertà.
    1. Ma la tua salute è la tua più grande risorsa. Se hai un cancro terminale o qualche altra condizione orribile, tutti i soldi del mondo non contano. Infatti, se contrai il diabete di tipo 2 o una malattia cardiaca, ciò che puoi fare ne risente radicalmente. Quindi investi quotidianamente nella tua salute.
  4. Che gli altri si preoccupino della tua casa, dei tuoi vestiti, dei tuoi giocattoli e di te in generale. No, no, non lo fanno. Tutti pensiamo che gli altri si preoccupino di ciò che abbiamo o non abbiamo. Non è così. Infatti le persone che pensiamo stiano pensando a noi, di solito non ci pensano affatto. Al mondo non importa davvero di te.
    1. Ma, se sei fortunato, hai alcune persone che si prendono davvero cura di te. Di solito è un numero molto piccolo di persone. Sono le persone che contano davvero nella tua vita e probabilmente a loro potrebbe importare di meno di tutti i tuoi giocattoli.
  5. Che vivremo tutti per sempre. No, no non succederà. Certo, nessuno ti dice apertamente che vivrai per sempre. Ma ogni messaggio che riceviamo in TV, sui social media o nella cultura in generale sembra voler farci credere di essere immortali. Peggio ancora, le nostre menti sembrano guidarci come se dovessimo vedere i prossimi due secoli.
    1. Ma tu morirai. Tutti quelli che conosci moriranno. Questo non dovrebbe spaventarci. Dovrebbe liberarci, indurci ad essere presenti in ogni momento, perché questo momento è tutto ciò che abbiamo veramente. Il passato è andato. Il futuro non è garantito. Abbiamo l’oggi. Abbraccialo e permettigli di far crescere l’amore che hai dentro di te. Quindi condividi quell’amore.

Numero2914.

 

da QUORA

scrive Paolo Lo Re, corrispondente di QUORA

 

 

Cosa diresti a qualcuno per convincerlo a credere in Dio?

 

 

Anche se argomentati con garbo e capacità espositiva, questi sono gli argomenti del “disegno intelligente”, contro cui valgono tutte le risposte date con intelligenza da Richard Dawkins in The god delusion (La delusione di Dio) o in The blind watchmaker (L’orologiaio cieco).

Con meno capacità e brillantezza espositiva, e con argomentazioni più rozze ma fondamentalmente analoghe, è espresso da ogni testimone di Geova che bussa alla porta di qualcuno.

Si chiama principio antropico.

Noi esistiamo perché l’Universo è fatto in modo da permettere la nostra esistenza. Questo è sicuro. Se alcune costanti fisiche fossero diverse, tutto l’Universo sarebbe diverso, e non sarebbe possibile la vita nella forma che conosciamo.

Ma da questo, alle idee che l’Universo sia così perché realizzato da qualcuno in base a un progetto specifico, e che questo progetto contempli la (o addirittura sia centrato sulla) nostra esistenza, è un passo molto lungo.

E’ parecchio più realistico (e onesto!) dire che l’Universo è fatto come è fatto, e perché è fatto così non si sa.

E che, per come è fatto l’Universo, è tecnicamente possibile lo sviluppo della vita come la conosciamo.

E che, seppure con probabilità bassissime, la vita come la conosciamo può evolvere verso lo sviluppo di intelligenza ed autocoscienza.

E che anche un evento a probabilità bassissime si verifica, se c’è un numero sufficiente di tentativi.

Osservo che la probabilità di centrare un 6 al superenalotto è all’incirca una su 600 milioni, eppure c’è regolarmente chi vince. E’ bassa e trascurabile la probabilità che una specifica persona vinca ma, dato il numero di tentativi (schedine giocate) è quasi certo che qualcuno vincerà.

Allo stesso modo era a priori particolarmente bassa la probabilità che si sviluppasse vita intelligente sulla sola base di reazioni chimiche naturali proprio sul terzo pianeta proprio della nostra stella ma, considerato l’immane numero di galassie, stelle e pianeti, era quasi certo che da qualche parte sarebbe potuto succedere.

Non si vede la necessità di introdurre una variabile indipendente come una causa prima non creata. Anzi, i principi di economia in logica come l’Ockham razor (rasoio di Ockham) raccomandano di NON farlo.

E l’argomento di trovare per “il tutto” una “causa prima” si scontra con la ovvia necessità di giustificare l’esistenza della “causa prima”. La risposta standard che la necessità di una causa prima non si applica alla causa prima stessa è una discreta arrampicata sugli specchi.

Equivale a dire: “Applichiamo la logica: l’Universo esiste, e sappiamo che tutto ha un inizio, quindi qualcuno lo ha creato, secondo logica deve aver avuto un inizio. Ma questo qualcuno da dove è venuto fuori? No, su questo non si applica più la logica. Questo qualcuno c’è sempre stato, non ha un inizio.”.

Possibile che chi ricorre all’argomento della creazione non veda la contraddizione? Si usa la logica solo quando sembra serva al proprio scopo e, quando genera una contraddizione, invece di ammettere l’errore intrinseco dell’argomento la si abbandona?

Quanto ai miracoli, se confrontiamo i dati rilasciati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla percentuale di casi di remissione spontanea di malattie (sul totale dei casi di malattia) con i dati ufficiali su numero e qualità di miracoli definiti tali dalla chiesa e avvenuti a Lourdes, in confronto al numero di pellegrini, se ne deduce semmai che, se si ha un cancro, si ha più probabilità di guarire se si resta a casa e non ci si cura, che se si va a Lourdes e si prega tanto tanto.

Spiacente, ma non credo che esistano argomenti che possano convincere dell’esistenza di dio un ateo che sappia ragionare…

Numero2913.

 

da  QUORA

 

S E S S O    E    P E C C A T O

 

Scrive   Domenico Zampaglione, ex dirigente scolastico presso il Ministero della Pubblica Istruzione, corrispondente di QUORA

 

È peccato fare sesso? È peccato non farlo!

L’unica cosa contronatura è astenersi dal fare sesso, visto che siamo portati a farlo molto naturalmente.

Però si può peccare facendolo, quando lo imponiamo ad altri con la violenza o lo facciamo con persone non consapevoli, come i minori ad esempio, cosa invece molto gradita a tanti preti.

Il sesso è una forma di relazione umana che porta gioia a due creature che si piacciono, godono del rapporto fisico reciprocamente e  consapevolmente scelgono le carezze gradite ad entrambi.

Tutta questa storia del peccato è una perversione della mente, nata per torturare l’anima della gente e imporre sulle coscienze il potere di controllo di una casta di pretesi rappresentanti di Dio.

E infatti, ti si raccomanda di correre dal prete, perché lui ha il potere di assolverti, nella confessione.
Una bufala indecorosa.

Non sarebbe ora di finirla con la superstizione?

 

 

Numero2911.

 

da QUORA

 

Scrive Heisenberg, corrispondente di QUORA

 

In che modo gli atei dimostrano che non esiste Dio?

 

L’onere della prova spetta a chi afferma che esiste e, come insegna il buon Russell, non è tecnicamente possibile dimostrare l’inesistenza di un umanoide con poteri divini che gioca a nascondino nei dintorni della nostra stella madre.

Ma poi quale Dio? Ne “esistono” letteralmente a migliaia.

Se intendi il Dio delle religioni abramitiche, cioè il tizio onnipotente, quello che ti posso obiettare è al massimo l’illogicità della cosa, ma puntualmente verrei smentito dai fedeli con il solito bla, bla, bla della mente che non può capire Dio. Big Bang, evoluzione, relatività e meccanica quantistica, ma capire una superstizione no; vabbè annuiamo e sorridiamo.

Rivolgendomi però a chi volesse eventualmente utilizzare gli oltre dieci miliardi di neuroni del lobo frontale per qualcosa di più consono alla sua funzione specifica, propongo invece la seguente riflessione.

Onnipotente al mio paese vuol dire ” di potere illimitato”. E potere illimitato, significa energia infinita.

Per cui, se esiste un Dio onnipotente, dev’esserci di conseguenza una quantità infinita di energia; il tutto però non si osserva allo stato attuale delle cose, anche perché una condizione del genere farebbe collassare con ogni probabilità l’intero Universo.

Ergo, in questo contesto, un Dio onnipotente non può esistere.

E se anche esistesse al di fuori non potrebbe comunque interagire, poiché in qualsiasi modo lo faccia trasferirebbe energia infinita e l’Universo, come lo conosciamo, smetterebbe di esistere.

Tra l’altro, pur ammesso che esista al di fuori, il fatto stesso di non poter interagire con la nostra realtà, lo renderebbe irrilevante e pertanto praticamente inesistente anche in questo caso.

Questo è solo uno dei tanti paradossi che vengono a generarsi quando la mente associa proprietà impossibili a determinati personaggi letterari. Io ne ho pensato uno un attimo più interessante, ma basterebbe una riflessione da prima media del tipo:

Dio può creare un muro indistruttibile che neanche lui può distruggere?

No → non è onnipotente. Si → non è onnipotente.

Cioè boh. Sarò strano io, ma non ho mai capito come fa la gente a credere in certe cose.

Numero2909.

 

P O E S I A    A    S A N R E M O

 

M A R I P O S A    di Fiorella  Mannoia         ovvero l’orgoglio femminile

premiata dalla Giuria del Festival 2024 per il miglior testo.

 

Sono la strega in cima al rogo
Una farfalla che imbraccia il fucile
Una regina senza trono
Una corona di arancio e di spine
Sono una fiamma tra le onde del mare
Sono una sposa sopra l’altare
Un grido nel silenzio che si perde nell’universo
Sono il coraggio che genera il mondo
Sono uno specchio che si è rotto
Sono l’amore, un canto, il corpo
Un vestito troppo corto
Una voglia un desiderio
Sono le quinte di un palcoscenico
Una città, un impero
Una metà sono l’intero
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
E nel profondo sono libera, orgogliosa e canto
Ho vissuto in un diario, in un poema e poi in un campo
Ho amato in un bordello e mentito non sai quanto
Sono sincera sono bugiarda
Sono volubile, sono testarda
L’illusione che ti incanta
La risposta e la domanda
Sono la moda, l’amore e il vanto
Sono una madonna e il pianto
Sono stupore e meraviglia,
Sono negazione e orgasmo
Nascosta dietro a un velo
Profonda come un mistero
Sono la terra, sono il cielo
Valgo oro e meno di zero
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
E anche nel buio sono libera, orgogliosa e canto
Sono stata tua e di tutti di nessuno e di nessun altro
Con le scarpe e a piedi nudi
Nel deserto e anche nel fango
Una nessuna centomila
Madre, figlia, luna nuova, sorella, amica mia
Io ti do la mia parola
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
Ma nel profondo sono libera, orgogliosa e canto
Mi chiamano con tutti i nomi
Con tutti quelli che mi hanno dato
E per sempre sarò libera, e orgogliosa canto!

Numero2908.

 

P O E S I A    A    S A N R E M O

 

….. “Sogna, ragazzo, sogna,

ti ho lasciato un foglio sulla scrivania,

manca solo un verso a quella poesia,

puoi finirla tu”. 

 

Roberto Vecchioni questa volta ha dedicato gli ultimi versi della sua celebre canzone al giovane genovese Alfa, con cui ha condiviso il palco dell’Ariston alla serata duetti di Sanremo 2024.

Due generazioni a confronto, una che cede il passo all’altra. Una canzone che ha fatto la storia della musica, Sogna ragazzo sogna, che si trasforma in un testimone alle nuove generazioni, un invito a guardarsi dentro e imparare a sognare in grande, come ha fatto Alfa. Il rapper genovese, non ha provato a nascondere la sua emozione di duettare sul palco insieme a un gigante come Vecchioni, portando una canzone che lo accompagna da quando è piccolo. “Cinque anni fa caricavo canzoni online da una cameretta con il poster di Roberto Vecchioni, oggi canto con lui al Festival di Sanremo… la vita è strana e se ci penso ho i brividi” ha scritto Alfa sui suoi profili social.

Ricondividendo il replay del duetto, ha aggiunto: “Spero di avervi emozionato almeno la metà di quanto mi sono emozionato io”.

Alla fine del brano, Vecchioni ha guardato Alfa, toccandogli un braccio e cantando le parole “Puoi finirla tu”, lo ha indicato e gli ha lasciato la scena sul palco, ascoltando ad occhi chiusi, con il sorriso sulle labbra, il finale rap scritto da un giovane ragazzo che sogna. Ecco i versi che Alfa ha aggiunto alla “poesia” di Vecchioni.

 

“Lo voglio scrivere, cancellare e riscrivere

Strappare delle pagine e usare dell’inchiostro invisibile

Per poterlo nascondere e non lasciarne traccia

Non so se sarà poesia oppure solo carta straccia

In fondo c’ho 20 anni ma sai che cosa sento?

Ho tutta la vita davanti eppure sto perdendo tempo.

C’è chi corre perché scappa, poi chi corre perché insegue.

Io corro perché è solo quello che mi fa stare bene.

Salgo sopra questo palco per giocare con la vita.

Ma se poi mi si spezza il fiato, se mi si spezza la matita?

Più in basso è il punto di partenza, più alta è la salita.

Ma spero che il panorama, valga tutta sta fatica.

Non so che cos’è l’amore, ma a volte lo percepisco

In un tramonto, uno sguardo, un disco.

E se mi guardo attorno, penso che son fortunato.

Non so chi ha creato il mondo, ma so che era innamorato”.

Numero2907.

 

D O N N E    E    D O N N E     (Sacre e profane)

 

da QUORA

 

Scrive Elena Cerasetti        (N.d.R. : con interpolazioni e aggiunte su mie ricerche personali).

 

 

madonna/puttana, la dicotomia del femmineo.

 

Puttana ha nella nostra lingua un significato gravemente offensivo e dispregiativo. ma che significa davvero?

La parola deriva dal latino puteus che significa pozzo, buca. Il termine puteus si accosta al principio di ricezione e contenimento, ossia alla simbolizzazione della vagina, dell’utero, del grembo. e i puticuli, intesi come grembi ipogei, indicavano in origine una cavità naturale o un buco scavato apposta per seppellire i morti: il ritorno alla madre.

Nel testo sacro dello zoroastrismo, l’Avesta, la parola putika indica invece un lago mistico di acqua rigenerante. una sorta di cocoon (bozzolo), insomma. una piscina miracolosa dove l’acqua (elemento associato al femmineo) è in grado di guarire dalla più terribile delle malattie: l’invecchiamento.

In molti dialetti italiani, putein, puto, puta, putìn indicano il fanciullo o la fanciulla, ossia uno stato giovane, puro, beato dell’essere umano. Analogamente lo spagnolo puta e il francese pute alludevano a ciò che è puro o santo. Viceversa la parola ebraica kaddosh, che vuol dire sacro, è associata alla kaddeshà che indica la figura un tempo definita come “prostituta sacra”. Sono stati il tempo e una buona dose di misoginia a conferire alla radice sanscrita puta tutt’altro senso.

Dunque, puta ha etimologicamente insito il principio di sacralità, ma la sessuofobia e la misoginia dei patriarchi hanno efficacemente associato alla sessualità, e in particolare al corpo della donna, l’idea di peccato, creando uno dei paradossi più scomodi della storia del cattolicesimo: il paradosso puttana/madonna.

Anticamente il sesso era una forma liturgica, un atto mistico (l’orgasmo) che permetteva all’essere umano di trascendere i propri sensi comuni per entrare nella dimensione spirituale. Sexus in latino vuol dire scisso (dal verbo latino secare = tagliare, distinguere, separare, anche segare). La solenne festa misterica delle nozze sacre riuniva pertanto le due polarità scisse (maschile e femminile) in una sola carne, era un rituale di passaggio del mondo e delle sue creature, e di trasformazione interiore. E la ierodula, la sacerdotessa-amante (dal greco ἱερόν+δουλία = ieròn + dulìa: al servizio del sacro), era chiamata prostituta sacra, assumendo l’epiteto della dea al cui servizio era addetta: Ishtar.
Ishtar, nella mitologia babilonese, era la regina degli dei, la signora del cielo e della terra. Perciò il suo nome venne a significare semplicemente dea. Eroina e rappresentante lo spirito della discordia e del contrasto, è anche dea tanto dell’amore puro quanto di quello sregolato, vergine e prostituta nello stesso tempo.

Le antiche sacerdotesse della luna erano chiamate “vergini”. Vergini significava “non sposate”, non appartenenti ad un uomo, donne che erano “l’Uno in sé”. La parola “vergine” deriva dal latino “virgo – virginis” (da una antica radice indoeuropea varg- = essere turgido, gonfio, rigoglioso)  e significa “forza”, “abilità” e fu poi applicata agli uomini come “virile” (stessa radice vir).

Diana, Astarte, la sopracitata Ishtar, Iside erano tutte chiamate “vergini”. Il termine non faceva riferimento alla castità sessuale, ma alla loro indipendenza sessuale. E tutti i grandi eroi di culture passate, storiche o mitiche, si sono detti essere nati da madri “vergini”: Gilgamesh, Marduk, Buddha, Osiride, Dioniso, Gengis Khan, Gesù, tutti sono stati riconosciuti come Figli della Grande Madre, la forza originale, e i loro poteri enormi venivano da lei.

Gli Ebrei hanno usato questa parola, il cui significato, in aramaico originale è “giovane donna” o “signora”, senza connotazioni sessuali di castità. Ma più tardi i traduttori cristiani, non potendo concepire la “Vergine Maria” come una donna dalla sessualità indipendente, hanno distorto il significato in “sessualmente pura, incontaminata, casta”.

I corpo della donna era, cosa impensabile per il nostro mondo occidentale contemporaneo, la via per entrare in “rapporto” con il divino. Per i pagani, le donne erano naturalmente in contatto con il divino, mentre gli uomini da soli non potevano raggiungere l’obiettivo di questo percorso mistico. Resta un residuo ribaltato nelle scuole di buddismo definito piccolo veicolo (hinayana, diffuso in sud-est asiatico), secondo il quale per raggiungere l’illuminazione le donne devono prima reincarnarsi nel corpo di un uomo; e anche nella nostra cultura patriarcale con la figura della “prostituta madre”, la donna grande amata dagli uomini e tollerata dalle donne che inizia i giovani maschi all’estasi sessuale.

Ma qualcosa sotto sopravvive. Un proverbio sufi, la religione pre-islam di cui Maometto è un esponente in quanto sacerdote di Fatma (una delle manifestazioni della grande madre trina, ridotta a sorella di Maometto durante l’islamizzazione), recita: “La cura è nella vagina della donna”. Mentre la prodigiosa capacità della sua saliva, che appartiene alla tradizione medicinale matriarcale (una tavoletta d’argilla proveniente dall’antica Ninive attesta che le malattie oftalmiche erano curate con latte misto allo sputo delle prostitute sacre), sopravvive nel vangelo di Marco. D’altronde, è il gesto più antico del mondo da parte delle madri leccare le ferite dei bambini per lenirne il dolore ed evitare infezioni..

Le prostitute sacre erano dette anche vergini sacre (παρθένος ιερά = parténos ierà). Tra le incombenze a loro affidate, oltre all’offerta della “divina grazia celeste”, c’erano la guarigione dalle malattie attraverso lo sputo medicinale e le secrezioni della vagina. Archetipi da riesumare sono, ad esempio: Medea (da μέδομαι (medomai): prendersi cura), la profezia (Cassandra e le Sibille), la danza sacra (Arianna e la danza delle gru), le lamentazioni funebri (le prefiche), i cori delle tragedie (contrappunto morale).

La loro verginità però non è legata all’imene, ma allo stato di donna nubile (libera dal matrimonio). Pertanto le ierodule erano vergini, perché non vincolate a legame matrimoniale, e sante perché esercitavano la funzione sacerdotale come incarnazione terrena della dea madre. Ai figli generati dalle sacerdotesse sacre si conferiva un epiteto che dovrebbe ricordarci qualcosa: “nato da vergine”.

E, a proposito di sorgenti nascoste nella nostra cultura pesantemente fallocratica, sperare nella provvidenza (ossia nella divina assistenza) significa in realtà affidarsi alla magia divinatoria e profetica del femminile. Il verbo latino provideo vuol dire prevedere, vaticinare. per cui la divina provvidenza è incarnazione delle capacità mantiche del femmineo; le antiche matriarche infatti erano in grado di gestire i beni agricoli necessari alla comunità perché sapevano prevedere il movimento degli astri e i cambi di stagione. Dio vede e provvede, ma sua madre lo faceva da molto prima.

 

Chi è invece la madonna? che significa madonna? “semplicemente” la “mia signora” (mea domina“).

Madonna è un titolo onorifico che si usa rivolgendosi a una donna o parlando di essa. In alcuni luoghi dell’Abruzzo è il titolo che le nuore rivolgono per rispetto alle suocere entrando nella casa della matriarca, ossia la madre dello sposo. (N.d.R.: anche in Friulano me madone significa mia suocera)

La sua rappresentazione non origina con il cristianesimo, ma è di molto antecedente. Poco studiata dagli autori dei vangeli cristiani, che la proiettano nel corpo della giovane vergine Miriam (Maria), la donna più famosa di tutta la storia del mondo è generata dal buio. Dai vangeli nulla trapela, pare una donna senza passato. Viene nominata pochissime volte. Solo dal Medioevo in poi (il primo fu Bernardo da Chiaravalle), la sua figura è stata elevata a livelli devozionali stratosferici. Nonostante il mistero che la circonda da sempre, la madonna è in ogni angolo del pianeta e la devozione nei suoi confronti è sconfinata. Essa è infatti madre di Dio e regina del cielo.

Le sue manifestazioni sono innumerevoli, come le sue forme, sono essenzialmente la stessa dea e incarnano l’aspetto della madre divina. I cristiani hanno distrutto i suoi templi e ucciso i suoi devoti, ma essa sopravvive dentro di loro con il nome di Maria. Chiunque abbia dimestichezza con la cultura pagana è in grado di cogliere le similitudini tra la vergine Maria e la dea madre: la mater(ia), dunque il cosmo.

Il catechismo cattolico afferma che Dio stesso sia stato creato da Maria (Ave Maria, madre di Dio).

Alcuni oggetti di culto che la rappresentano sono sopravvissuti attraverso i secoli persino nelle religioni monoteiste ferocemente patriarcali, quali l’islam e il cristianesimo giudaico-romano.

• il rosario rappresenta la ciclicità del corpo del mondo e della donna e, al contempo, è strumento estatico attraverso la respirazione circolare e la ripetizione mantrica dei nomi divini.

• ha il manto blu trapunto di stelle sul capo e il mondo in mano, giacché essa è regina del cielo e della terra.

• in alcune sue manifestazioni è nera e il colore nero non sta a simboleggiare solo la tenebra, ma anche la terra scura e fangosa della fertilità: per l’iniziato, la madonna nera è madre terra.

• in altre, e la presenza è molto forte in Abruzzo, è rappresentata con collane di corallo rosso, il cui colore rammenta il ciclo mestruale.

• in epoche antecedenti il cristianesimo, la vergine celeste (la dea madre natura) è raffigurata con il neonato Dio sole tra le braccia: è il bambin Gesù, che nasce con il solstizio d’inverno (Natale) e muore con l’equinozio di primavera (Pasqua).

• il giallo dorato del nimbus (nuvola) ovale, la particolare ellissi ( vedi l’immagine alla fine) che molto spesso circonda alcune rappresentazioni mariane, si dipana in raggi solari che emanano in ogni direzione.

• ha la corona di stelle, dodici come i mesi, come i simboli dello zodiaco che punteggiano l’anno solare, come le tribù di Israele discendenti dai figli di Giacobbe.

• l’aureola sulla testa è il cerchio, il simbolo della presenza del divino: si tratta di un simbolo dalla storia antichissima, tramandato nel mondo cattolico con il nome di halo (alone). L’aureola è regina del simbolismo magico degli antichi egizi e può essere considerata l’equivalente di un piccolo sole da cui scaturisce la luce.

• la falce di luna è il simbolo cornuto della potenza generatrice, come la labrys (ascia bipenne) di Arianna.

• la colomba è simbolo zoomorfo di Afrodite: nelle culture pagane infatti la colomba è animale sacro alla dea dell’amore.

• la veste azzurra è il mare (regina delle acque) e il mare rappresenta la fonte di tutta la creazione. Afrodite nasce dall’acqua e ἀφρός (afròs) significa schiuma del mare. Il nome Miriam, secondo alcune fonti, significa goccia di mare. E probabilmente, dal latino mare-maris, è proprio questo il significato del nome Maria. E Miriam si è trasformata in Maria.

 

Elena Cerasetti

 

C’è poi il personaggio evangelico di Maria Maddalena che assomma in sé tutti i caratteri del sacro e del profano  che sono stati per secoli oggetto di diatriba, soprattutto per gli esegeti delle Sacre Scritture. Le pulsioni sessuofobiche che hanno sempre permeato la catechesi dottrinale della Chiesa Cattolica hanno stigmatizzato o esaltato, di volta in volta, di luogo in luogo, in secoli diversi la figura di questo straordinaria, ma controversa, rappresentante del sesso femminile. Obtorto collo (di malavoglia),la componente maschile largamente predominante nell’establishment cristiano ha accettato ed ammesso l’importanza della Maddalena nella storia della vita di Cristo. Gli apostoli stessi, ancora in vita, erano di lei molto invidiosi e gelosi delle sue prerogative e della “confidenza” di cui godeva da parte di Gesù: lei, sola donna in mezzo a 12 apostoli, era preferita, prediletta, privilegiata come nessuno di loro e ciò costituiva un’anomalia incredibile. che è poi continuata in tutta la storia della Chiesa. Ma sotto la pressione della devozione popolare, specialmente femminile, una forma di riscatto e di riabilitazione della Maddalena ha preso corpo nel tempo, che però ha registrato come contestuale e contemporaneo contraltare l’innalzamento a livelli celestiali della figura di Maria Vergine e Madre, che non era stata granché valorizzata e considerata prima: non sia mai che la presunta “compagna” del Cristo prevalesse per importanza iconica sulla madre di lui. Suocera contro nuora: nella classifica patriarcale, sappiamo chi deve primeggiare nel ranking (elenco di merito) ed è sempre accaduto.

da  Wikipedia

 

M A R I A   M A D D A L E N A

 

Maria Maddalena (in ebraico מרים המגדלית?, in greco: Μαρία ἡ ΜαγδαληνήMaria hē Magdalēnē) detta anche Maria di Magdala, secondo il Nuovo Testamento è stata un’importante seguace di Gesù.

Venerata come santa dalla Chiesa cattolica, che celebra la sua festa il 22 luglio, la sua figura viene descritta, sia nel Nuovo Testamento sia nei Vangeli apocrifi, come una delle più importanti e devote discepole di Gesù.

Fu tra le poche a poter assistere alla crocifissione e – secondo alcuni vangeli – divenne la prima testimone oculare e la prima annunciatrice dell’avvenuta resurrezione.

 

Soprannome

L’aggettivo “Maddalena” viene accompagnato in qualche passo dei vangeli dalla precisazione “detta”: per esempio in Lc 8,2 il testo originale riporta “Μαρία ἡ καλουμένη Μαγδαληνή” (= Maria chiamata Maddalena). In Mc 16,9 questa precisazione non è presente (il testo greco si traduce letteralmente “Maria Maddalena”).

Si è posta così la domanda se il soprannome “Maddalena” indichi che la donna proveniva da Magdala — una piccola cittadina sulla sponda occidentale del Lago di Tiberiade, detto anche “di Genezaret” — o abbia un altro significato.

Anche se molti studiosi ritengono valido il senso di semplice riferimento alla città d’origine, qualcuno ritiene che esso si scontri con problemi oggettivi legati alla toponomastica del I secolo (nelle fonti del I secolo Magdala è citata esclusivamente con il nome greco di Tarichea) e all’identificazione della località, resa difficile dalla presenza di diverse località denominate Magdala e dall’assenza nei testi evangelici di riferimenti precisi che consentano di identificare la città natale di Maria Maddalena.

L’appellativo “Maddalena” potrebbe avere invece una suggestiva valenza simbolica derivata dal termine ebraico/aramaico migdal / magdal =Torre, usato per sottolineare l’importanza di questa donna all’interno della comunità dei discepoli di Gesù. Già san Girolamo adottò questa interpretazione quando, in una sua lettera, scrisse di Maria Maddalena come di colei che «per il suo zelo e per l’ardore della sua fede ricevette il nome di “turrita” ed ebbe il privilegio di vedere Cristo risorto prima degli apostoli».

Maria Maddalena nei vangeli canonici

Maria Maddalena è menzionata nel Vangelo secondo Luca (8:2-3), assieme a Susanna e Giovanna, come una delle donne che «assistevano Gesù con i loro beni». Secondo tale vangelo, esse erano spinte dalla gratitudine: proprio da Maria Maddalena «erano usciti sette demòni». Costoro finanziavano personalmente la missione itinerante del Maestro.

Secondo la tradizione, era una delle tre Marie che accompagnarono Gesù anche nel suo ultimo viaggio a Gerusalemme (Matteo 27:55; Marco 15:40-41; Luca 23:55-56), dove furono testimoni della crocifissione. Maria rimase presente anche alla morte e alla deposizione di Gesù nella tomba per opera di Giuseppe di Arimatea.

« Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria Maddalena. »

Fu ancora lei, di primo mattino nel primo giorno della settimana, assieme a Salome e a Maria di Cleofa, la madre di Giacomo il Minore (Matteo 28:1 e Marco 16:1-2 oltre che nell’apocrifo Vangelo di Pietro 12), ad andare al sepolcro, portando unguenti per ungere la salma. Le donne trovarono il sepolcro vuoto ed ebbero una “visione di angeli” che annunciavano la risurrezione di Gesù (Mt 28:5).

« Nel giorno dopo il sabato, Maria Maddalena si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro… Maria Maddalena andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto. » 

Maria Maddalena, in un primo momento corse a raccontare quanto visto a Pietro e agli altri apostoli (Giovanni 20:1-2). Ritornata al sepolcro, si soffermò piangendo davanti alla porta della tomba. Qui il “Signore risorto” le apparve, ma in un primo momento non lo riconobbe. Solo quando venne chiamata per nome fu consapevole di trovarsi davanti Gesù Cristo in persona, e la sua risposta fu nel grido di gioia e devozione, Rabbunì, cioè “maestro buono”. Avrebbe voluto trattenerlo, ma Gesù la invitò a non trattenerlo e le disse:

« Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre mio; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Sto ascendendo al Padre mio e al Padre vostro, al Mio Dio e al vostro Dio »

Divenne così, nel Vangelo secondo Giovanni, la prima annunciatrice della resurrezione e si meritò in seguito il titolo di “apostola degli apostoli” e di “evangelista” in qualità di prima annunciatrice della buona notizia. «Il capitolo 20 di Giovanni, al versetto 17, raggiunge uno dei punti di più difficile comprensione. Ci si trova dinanzi all’ultima tappa del cammino di fede della Maddalena. Ricorre il verbo “attaccarsi”, “afferrare”, “toccare” (hàpto). Questo termine, col valore di toccare, nei vangeli sinottici, è sempre riferito a Gesù. Egli è colui che tocca, per guarire (cf Mt 8,3; Mc 7,33; Mc 8,22; Lc 22,51). Viene anche riferito a Gesù, affinché egli possa essere toccato (cf. Mc 3,10) o affinché tocchi qualcuno. L’incontro tra la Maddalena e Gesù costituisce l’unico caso in cui Gesù riferisce a se stesso il toccare. la forma è quella dell’imperativo presente medio, negativo. Si tratta, più esattamente, di un “medio di interesse”. Il verbo esprime l’azione di Maria, compiuta a proprio vantaggio. Indica il trattenere per sé, che Gesù impedisce. Gesù ordina di non essere toccato. Maria, forse, ha iniziato a farlo, in un atteggiamento di prostrazione, ai piedi di Gesù. vi sarebbe collegamento, così, con il racconto di Matteo (cf. Mt 28,9). La forma imperativa presente “non toccarmi” […] non indica (a differenza dell’aoristo) che una data azione non debba essere compiuta. Indica, invece, che quell’azione deve essere fermata. Il senso, dunque, è: “Non continuare a toccarmi. Non continuare a stringermi a te”. Gesù, dunque, non vuole porre una separazione tra Sé e Maria. Il suo atteggiamento verso la Maddalena, a ogni modo, non ha paralleli. […] Gesù impone di non essere toccato, perché indica un nuovo modo di relazione. Il Risorto non è infastidito dal comportamento di Maria. Vuole introdurla, semplicemente, dentro la piena relazione con lui. Si tratta della condizione dei risorti in Cristo (cf. 1Ts. 4,16). La fisicità non è stata annullata né è divenuta realtà sottile o evanescente. C’è, è la stessa, ma, dentro l’evento della risurrezione, si rivela diversa. […] Il rapporto con l’amato deve entrare, dunque, in una prospettiva nuova. Maria, invece, ha equivocato l’incontro con Gesù risorto. Pensa che Gesù sia tornato tra i vivi. La Maddalena, così, crede che la condizione sia la stessa, in cui Gesù si trovi, prima della morte. Il tentativo di Maria, di trattenere Gesù, nasce dalla speranza di ristabilire la relazione di sempre. Maria non ha capito che il modo della relazione con il Maestro si è modificato. Il testo potrebbe essere tradotto con “Non continuare a toccarmi”. […] Senza toccare né afferrare, si può stare, pur sempre, con il Maestro.».

Identificazione di Maria Maddalena con la peccatrice penitente

La figura di Maria di Magdala è stata identificata per lungo tempo con altre figure di donna presenti nei vangeli:

  • alcune tradizioni accostano la figura di Maria Maddalena a Maria di Betania, la sorella di Marta e del risorto Lazzaro (Lc 10:38-42 e Gv 11:1-45) e alla peccatrice che unge i piedi a Gesù a casa di Simone il Fariseo, probabilmente a Nain, in Galilea:
« Ed ecco, una donna che era in quella città, una peccatrice, saputo che egli era a tavola in casa del fariseo, portò un vaso di alabastro pieno di olio profumato e, stando ai piedi di lui, di dietro, piangendo, cominciò a rigargli di lacrime i piedi; e li asciugava con i suoi capelli; e gli baciava e ribaciava i piedi e li ungeva con l’olio  »
L’accostamento avviene poiché entrambe le donne (per intendersi, Maria di Betania e la peccatrice) lavano i piedi al Cristo e li ungono con il profumo: nel caso di Maria di Betania, per Giovanni il fatto avviene a Betania, in Giudea, probabilmente a casa di Lazzaro (Gv 12:1-11), per Marco e Matteo l’episodio avviene sempre a Betania ma a casa di Simone il lebbroso, l’unzione viene fatta alla testa e non ai piedi e i due evangelisti non riportano il nome della donna che rimane anonima (Mc 14:3-9 – Mt 26:6-13), mentre l’episodio della peccatrice riportato da Luca avviene in casa di uno di cui si dice che fosse un Fariseo di nome Simone.
L’ipotesi che si tratti di due distinte figure è sostenuta dai seguenti particolari:

  • l’unzione dei piedi di Maria appare verso la fine della vita pubblica di Gesù, quella della peccatrice non è specificato, anche se l’episodio è collocato nel corso del ministero di Gesù in Galilea;
  • i due episodi hanno un significato diverso: nel vangelo secondo Luca si evidenzia la misericordia di Gesù verso i peccatori, negli altri vangeli si preannuncia la morte imminente di Gesù;
  • non è assolutamente assodato che Maria di Betania e Maria Maddalena siano la stessa persona.
A sostegno dell’ipotesi che si tratti invece della stessa figura si può invece ricordare che:

  • nel caso di Maria, Gesù è il festeggiato di una cena in casa di Simone il lebbroso, nel caso della peccatrice Gesù è in casa di uno che si chiama Simone, tuttavia ciò non è di per sé significativo, perché questo nome all’epoca di Gesù era molto diffuso in Palestina;
  • è molto improbabile che per due volte in due luoghi differenti Gesù sia stato unto con una quantità di olio di nardo avente esattamente lo stesso valore (Mc 14:5 e Gv 12:5) e che per due volte questo abbia dato luogo alle stesse pesanti critiche da parte dei presenti; bisogna però considerare che il vangelo secondo Luca non riporta che si trattava di un olio prezioso e costoso e che il fariseo non s’indigna per l’unzione in sé ma per la sua effettuazione da parte di una pubblica peccatrice, donna impura che non avrebbe dovuto toccare un maestro spirituale;
  • in altri casi gli evangelisti sono in disaccordo su tempi e luoghi di eventi (es. i due racconti della natività in Matteo e Luca, le differenze nel giorno della crocifissione tra Giovanni e i sinottici e altri ancora).
  • più di una volta il Nuovo Testamento mostra imbarazzo e reticenza nei confronti delle persone che hanno stretti legami con Gesù (es. l’improvvisa menzione della guida di Giacomo, “il fratello del Signore” (Ga 1:19), negli Atti (At 12:17, At 15:13), non preceduta da alcuna spiegazione o introduzione pur essendo essa ampiamente attestata dai più importanti scrittori cristiani antichi, Origene, Eusebio, San Girolamo, Pseudo-Clemente e anche da non cristiani come Giuseppe Flavio.
  • il comprensibile imbarazzo degli evangelisti di fronte agli elementi che indichino l’accoglimento da parte di Gesù delle aspettative di regalità terrena su di lui appuntate dalla popolazione ebrea. L’unzione di Gesù è, in tal senso, il più caratteristico di essi.
  • se anche il senso teologico dei due episodi è diverso in Giovanni rispetto a Luca e in parte anche a Marco e Matteo, si deve ricordare che l’autore del quarto Vangelo mostra non di rado la tendenza a subordinare il racconto degli eventi esigenze teologiche. Nel situare, per esempio, a differenza dei sinottici, la morte di Gesù al momento del sacrificio pasquale, Giovanni tende ad asserire l’identificazione tra Gesù e la vittima del sacrificio. Ancora, nel fornire il particolare, unico rispetto ai sinottici, della ferita al costato da cui esce sangue e acqua, Giovanni allude alla natura kosher della vittima. In entrambi i casi le implicazioni teologiche dei particolari sono così evidenti da non poter essere ignorate nell’analisi delle discordanze tra Giovanni e i sinottici.
  • Maria viene inoltre scambiata per l’adultera salvata da Gesù dalla lapidazione (come raccontato nella Pericope Adulterae) in Gv 8:1-11. In questo caso non ci viene tramandato nemmeno il nome della donna e l’identificazione probabilmente avviene solo per analogia con il caso precedente. L’accostamento tra Maria Maddalena e l’adultera redenta risale in realtà al 591, quando il papa Gregorio Magno, basandosi su alcune tradizioni orientali, in due sue omelie (XXV e XXXIII) identificò le due figure.

L’identificazione di Maria Maddalena con Maria di Betania o con la peccatrice è stata infine esplicitamente ridiscussa dalla Chiesa cattolica nel 1969 (dopo il Concilio Vaticano II). Tuttavia, era comune nell’esegesi medievale, e per antichissima tradizione anche oggi, tanto che la figura della Maddalena peccatrice fu inserita accanto a quella del Buon Ladrone nella sequenza del Dies irae (utilizzata nella liturgia cattolica tradizionale dei defunti):

«Qui Mariam absolvisti / et latronem exaudisti / mihi quoque spem dedisti.»

A seguito della riforma liturgica il testo della sequenza è stato ritoccato eliminando il nome di Maria; esso, tuttavia, è ancora recitato secondo la lezione tradizionale nelle celebrazioni della Messa tridentina.

La stessa identificazione è rifiutata dai protestanti. Anche gli ortodossi ritengono che Maria Maddalena, Maria di Betania e la peccatrice anonima del vangelo secondo Luca siano tre donne diverse.

Invece, nel cosiddetto Vangelo di Maria Valtorta, di poco anteriore al Concilio Vaticano II, la figura di Maria Maddalena è chiaramente identificata con quella di Maria di Betania e la peccatrice pentita. (Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, cap. 98.4; J. F. Lavère, L’enigma Valtorta, CEV, Isola del Liri 2012, vol. 1, pagg. 239-240).

L’umanista e teologo Jacques Lefèvre d’Étaples affrontò nel Cinquecento, tra il 1517 e il 1519, il problema dell’identificazione delle cosiddette tre Marie. Infatti, egli si era occupato proprio della figura della Maddalena, su incarico della madre di Francesco I, Re di Francia, Luisa di Savoia, che gli aveva commissionato un’agiografia della santa. Il teologo Lefèvre scrisse diversi opuscoli relativi al dibattito delle tre Marie, partendo dalla tradizione della Chiesa cristiana orientale, di culto greco e lontana da Roma dai tempi dello Scisma d’Oriente (1054). Il dibattito fece scalpore all’epoca e si diffuse anche in Italia, presso umanisti delle varie corti, come ad esempio a Mantova presso i Gonzaga grazie al precettore della marchesa Isabella d’Este, Mario Equicola. Tale dibattito si smorzò a valle della protesta luterana e al periodo della Riforma fino a cadere nell’oblio.

A causa di queste sovrapposizioni tra le varie figure dei Vangeli, Maria Maddalena divenne un simbolo di pentimento e divenne patrona di varie istituzioni che si occupavano della gioventù femminile, come l’Ordine di Santa Maria Maddalena o le congregazioni delle maddalene di Lubań e Torino. Il suo nome fu anche usato per le Case Magdalene in Irlanda, conventi che ospitavano ragazze inviate dalle famiglie o dagli orfanotrofi: l’ultima Casa Magdalene in Irlanda è stata chiusa nel 1996.

Il biblista Gianfranco Ravasi ha sottolineato che l’identificazione di Maria Maddalena con Maria di Betania e con la peccatrice pentita è frutto di equivoci.

Tuttavia l’identificazione di Maria Maddalena con la prostituta rimane ancora viva nella tradizione popolare. Come già accennato, ad esempio, in vari film che narrano di Gesù, Maria Maddalena viene effettivamente identificata con una prostituta, come in Mel Gibson, La passione di Cristo, nel film ispirato al romanzo di Nikos Kazantzakis L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese e nel famoso musical Jesus Christ Superstar, diretto da Norman Jewison, tratto dall’omonimo album musicale di Andrew Lloyd Webber.

Culto

Legenda aurea

Dopo l’inizio della predicazione degli apostoli, Lazzaro, Maria Salome, Marta di Betania, Maria Jacobé e Maria Maddalena, assieme alla serva Sara la Nera, furono gettati in mare su una barca dai pagani, perché morissero. Vagarono per lungo tempo in mare su una barca priva di remi e nocchiero, finché dalla Terra Santa giunsero in Francia nel territorio di la Couronne, dove dopo lungo peregrinare trovarono finalmente un pozzo di acqua potabile: per tal motivo il luogo d’approdo è chiamato ancora oggi Santo Terro, “santa terra”, dove vi è una cappella dedicata alla Santa Croce, la chiesetta della Sainte-Croix, il famoso pozzo e la supposta impronta di un piede di Lazzaro. Due volte l’anno vi è una processione alla cappella. Da qui, imbarcata l’acqua potabile necessaria, i santi personaggi avrebbero proseguito per la Camargue, per approdare a Saintes-Maries-de-la-Mer.

Dall’abitato di Saintes-Maries-de-la-Mer, mentre Maddalena si sarebbe diretta verso Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, Lazzaro a Marsiglia, Marta a Tarascona, Maria Salomé, Maria Jacobé e Sara si sarebbero stabilite vicino all’oppidum evangelizzando la regione. Una famosa versione di questa storia è contenuta nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze (sec. XIII).

Nella Chiesa antica

Il culto più antico rivolto a Maria Maddalena, risalente alla fine del IV secolo, è quello che si svolgeva nei riti della Chiesa Orientale la seconda domenica dopo Pasqua, chiamata “delle mirofore”. In quel giorno si commemoravano le donne che il giorno dopo la crocifissione e la morte di Gesù si recarono al sepolcro con gli unguenti per imbalsamarlo. Tra le mirofore un ruolo importante l’aveva Maria Maddalena, l’unica che è sempre citata in tutti e quattro i vangeli canonici. Il primo centro della venerazione della Maddalena fu Efeso, dove secondo una tradizione si sarebbe recata insieme a Maria madre di Gesù e all’apostolo Giovanni e dove si diceva fosse pure la sua tomba, nell’ingresso della grotta dei Sette Dormienti; si sposta poi a Costantinopoli, dove all’epoca di Leone il Filosofo (nell’886) sarebbe stato trasferito il corpo, e si diffonde poi nella Chiesa Occidentale soprattutto dall’XI secolo.

In Occidente

La diffusione del culto in Occidente avvenne soprattutto grazie all’Ordine dei Frati Predicatori, secondo la testimonianza di Umberto de Romans: “Dopo che la Maddalena si è data alla penitenza, è stata resa dal Signore così grande per grazia, che dopo la Beata Vergine non si trova donna alla quale nel mondo non si renda maggior riverenza e non si dia maggior gloria in cielo”. I domenicani la considerano una delle loro patrone. Varie congregazioni di frati e di suore le attribuirono il titolo di “apostola degli apostoli”, come viene celebrata nella liturgia bizantina, e paragonarono la missione di Maddalena, di annunciare la risurrezione, al loro ufficio apostolico.

Nel calendario romano generale la sua celebrazione è fissata al 22 luglio, senza alcun cenno alla supposta identificazione con la peccatrice. La sua memoria è stata elevata a festa da papa Francesco al 3 giugno 2016 per sottolineare il compito di evangelizzatrice degli apostoli della santa, il ruolo della donna nella Chiesa e l’azione della misericordia di Dio.

Una tradizione riportata nella Legenda aurea racconta che la Maddalena con i fratelli e altri discepoli sia partita dalla Palestina per approdare a Saintes-Maries-de-la-Mer dopo un viaggio periglioso, nonostante la barca fosse ingovernabile; una variante della leggenda, attestata anche da un affresco di Giotto nella cappella della Maddalena della basilica inferiore di Assisi, vuole che l’approdo sia avvenuto a Marsiglia.

Il culto di Maddalena si diffuse in Europa e i suoi devoti costruirono numerose chiese in suo onore: la più nota è quella gotica di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume (1295), dove è conservato quello che si dice sia il teschio della santa. Fu Carlo II d’Angiò ad effettuare l’inventio di tale reliquie nel 1279, convalidate da papa Bonifacio VIII nel 1295. “Sainte Baume” in antico provenzale significa “santa grotta”: a Plan-d’Aups-Sainte-Baume, sotto la cima più alta del massiccio montagnoso, c’è una grotta dove la tradizione vuole che sia morta la Santa, oggi sede di una chiesa, che accoglie una fonte di acqua e un convento domenicano. In tale chiesa è presente una reliquia della Maddalena. Il luogo, conosciuto nel Cinquecento come Nanse o Nanze (odierna Nans-les-Pins), era allora meta di frequenti pellegrinaggi da tutta Europa, soprattutto dalle corti italiane. Il cardinale Luigi d’Aragona ha lasciato un diario redatto dal chierico molfettese Antonio De Beatis con dettagli sui luoghi della Maddalena in Provenza, così come l’alvitano Mario Equicola nel suo Iter in Narbonensem Galliam, che riporta il viaggio per un pellegrinaggio di Isabella d’Este, marchesa di Mantova.

In ogni modo, ben prima di Saint Maximin, il culto di Maria Maddalena si era formato presso l’abbazia borgognona di Vezelay, dove già nel 1050 si diceva fosse conservato il corpo.

Il culto della Maddalena, peraltro, non è una prerogativa esclusiva della Francia, come dimostra l’esistenza di molti edifici a lei dedicati ad esempio in Italia (oltre un centinaio).

Reliquie

Come santa cattolica, le reliquie di Maria Maddalena furono venerate a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, Provenza, attraendo una tale folla di pellegrini che venne eretta una grande basilica verso la metà del XIII secolo, una delle più famose chiese gotiche del sud della Francia. L’inventio delle reliquie è attribuita a Carlo II d’Angiò, detto “lo zoppo”, fatta nel 1279. Le reliquie furono convalidate da papa Bonifacio VIII nel 1295 e custodite nella basilica di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume.

Benché le sue ossa siano state disperse durante la Rivoluzione francese, si disse che la sua testa fosse rimasta nel suo sacrario in una caverna a La Sainte-Baume vicino a Marsiglia, dove la santa si sarebbe ritirata; si racconta anche di grandi miracoli e benedizioni ricevute da chi si recasse al sacrario per venerare Maddalena. Il piede della santa, custodito in un prezioso reliquiario dell’ambito di Benvenuto Cellini è stato venerato per secoli a Roma in una cappella posta all’ingresso di Ponte Sant’Angelo ultima delle reliquie maggiori prima di giungere sulla tomba di San Pietro. Il piede è oggi conservato nella Basilica di San Giovanni de’ Fiorentini. Altre Reliquie consistenti in filamenti di capelli, stralci di camicie e piccoli resti ossei, sono custodite nella Collegiata di Atrani (SA) in Costiera Amalfitana.

Tradizione delle uova di Pasqua

 

Da secoli, è costume di molti Cristiani ortodossi orientali terminare la celebrazione pasquale dipingendo uova e proclamando “Cristo è risorto!”. Le uova simboleggiano la nuova vita, e Cristo che risorge dalla morte. Da questo nacque la tradizione di colorare le uova di Pasqua.

Una tradizione riguardante Maria Maddalena dice che dopo la morte di Gesù Cristo, usò la sua posizione per ottenere un invito a un banchetto dato dall’imperatore Tiberio. Quando lei lo incontrò, teneva un uovo puro nelle sue mani ed esclamò “Cristo è risorto!” Tiberio rise, e disse che la resurrezione di Gesù Cristo dalla morte era probabile quanto l’uovo nella sua mano diventasse rosso mentre lo teneva. Secondo la leggenda, prima che finisse di parlare, l’uovo nella sua mano diventò rosso e lei continuò a proclamare il Vangelo in tutta la casa imperiale.

Narrativa recente

 

Alla fine del ventesimo secolo, in seguito al successo del libro Il santo Graal di Baigent, Leigh e Lincoln, è diventata famosa la chiesa di Santa Maria Maddalena di Rennes-le-Château nella regione dell’Aude.

Il Vangelo di Maria

Un’ulteriore attestazione di Maria di Magdala e del suo ruolo tra i primi cristiani è fornito dal Vangelo di Maria, uno scritto gnostico non incluso nel canone ortodosso, perduto e noto solo attraverso due frammenti in greco del III secolo e in una traduzione in lingua copta del V secolo. Anche se questi manoscritti furono scoperti e pubblicati tra la metà del XIX secolo e il 1947, ci sono riferimenti in opere anteriori (anche del III secolo) e dei Padri della Chiesa al Vangelo di Maria, le quali rivelano il grado in cui fu disprezzato e osteggiato. Nel testo frammentario, i discepoli fanno domande al Signore risorto e ricevono risposta.

«Ma essi rimasero tristi e piangevano forte. Dissero: “Come possiamo andare dai gentili e predicare loro il vangelo del regno del figlio dell’uomo? Là non è mai stato dispensato, dobbiamo dispensarlo (proprio) noi?»

«S’alzò allora Maria, li salutò tutti, e disse loro: “Non piangete, fratelli, non siate malinconici e neppure indecisi. La sua grazia sarà con voi tutti e vi proteggerà. Lodiamo piuttosto la sua grandezza, avendoci egli preparati e mandati agli uomini.»

Pietro disse a Maria Maddalena:

«Sorella, noi sappiamo che il Salvatore ti amava più delle altre donne. Comunicaci le parole del Salvatore che tu ricordi, quelle che tu conosci, (ma) non noi; (quelle) che noi non abbiamo neppure udito»

Allora racconta — alla richiesta di Pietro — di aver avuto una visione del Salvatore, e riporta il suo discorso con lui, che mostra influenze gnostiche.

«Quello che a voi è nascosto io ve lo comunicherò.»

La sua visione non fu creduta:

«Ma Andrea replicò e disse ai fratelli: “Che cosa pensate di quanto lei ha detto? Io, almeno, non credo che il Salvatore abbia detto questo. Queste dottrine, infatti, sono sicuramente delle opinioni diverse.»

«Riguardo a queste stesse cose, anche Pietro replicò interrogandoli a proposito del Salvatore: “Ha forse egli parlato in segreto a una donna prima che a noi e non invece apertamente? Ci dobbiamo ricredere tutti e ascoltare lei? Forse egli l’ha anteposta a noi?»

Karen King ha osservato che «il confronto di Maria con Pietro, uno scenario trovato anche nel vangelo apocrifo di TommasoPistis Sophia, e nel vangelo apocrifo degli Egiziani, riflette alcune delle tensioni nella Cristianità del II secolo. Pietro e Andrea rappresentano ortodosse posizioni che negano la validità della rivelazione esoterica e rigettano l’autorità delle donne a insegnare».

Questi scritti sono inoltre in contrapposizione con l’affermazione di Gesù riportata dal Vangelo secondo Giovanni:

«Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto.»

Maria Maddalena nel Pistis Sophia

Secondo il Codex Askewianus (maggiormente noto come Pistis Sophia), dopo la resurrezione, Cristo, allo scopo di istruire gli apostoli sui misteri, si trattenne sulla terra per undici anni. Come altri vangeli gnostici dunque, esso contiene una supposta “rivelazione segreta” di Gesù risorto ai discepoli riuniti in assemblea (incluse quattro donne: Maria Maddalena, Salome, la Madonna e Marta). Durante questi undici anni, indicato nel primo capitolo dell’opera, Gesù avrebbe portato i suoi discepoli solo fino a un certo livello di conoscenza, per poi portarli, in seguito, a gradi di conoscenza superiori, descrivendo che la trasmissione di una conoscenza (gnosi) superiore richiese a Gesù l’ascesa al cielo con la relativa trasfigurazione, così come viene descritta nei capitoli successivi.

«Detto questo ai suoi discepoli, soggiunse: – Chi ha orecchie da intendere, intenda! Udite queste parole del salvatore, Maria rimase un’ora (con gli occhi) fissi nell’aria; poi disse: – Signore, comandami di parlare apertamente. Gesù, misericordioso, rispose a Maria: – Tu beata, Maria. Ti renderò perfetta in tutti i misteri di quelli dell’alto. Parla apertamente tu il cui cuore è rivolto al regno dei cieli più di tutti i tuoi fratelli» (capitolo 17).

Questo passo del capitolo 17 mostra Maria Maddalena che si erge a protagonista all’interno dell’opera. All’interno del Pistis Sophia, i discepoli interloquiscono con Cristo: la Madre di Gesù interviene tre volte (capitoli 59, 61, 62), Salomè altre tre volte (capitoli 54, 58 e 145) e Marta quattro (capitoli 38, 57, 73 e 80). Tuttavia, Maria Maddalena interviene, in contesti sempre molto importanti, sessantasette volte. Gesù arriva a lodarla varie volte e lei arriva persino a intercedere presso di lui quando i discepoli non capiscono qualche passaggio (capitolo 94). All’interno del Pistis Sophia, Maria Maddalena simboleggia la Conoscenza (Gnosi), e rappresenta dunque l’incarnazione umana di Sophia, e come tale, la Sposa e la controparte femminile di Cristo. Nel Vangelo apocrifo di Filippo, la Sophia viene identificata come la Maria Maddalena, tanto da aver fatto ipotizzare come, il Giovanni dell’Ultima cena di Leonardo, possa essere Maria Maddalena vista nel concetto gnostico di Sophia.

Ipotesi su Maria Maddalena

Autrice del Quarto Vangelo, il Vangelo secondo Giovanni?

Nel 1998, Ramon K. Jusino ha proposto una teoria senza precedenti secondo cui il “discepolo amato” del Vangelo di Giovanni è Maria Maddalena. Jusino ha basato la sua argomentazione in gran parte sui libri gnostici di Nag Hammadi, rifiutando il punto di vista di Raymond E. Brown secondo cui questi libri erano sviluppi successivi, e sostenendo invece che il Vangelo esistente di Giovanni è il risultato della modifica di un testo precedente che presentava Maria Maddalena come il discepolo amato. Tale opinione non ha avuto particolare successo tra gli studiosi, che continuano a considerare i vangeli gnostici come testi successivi e, pertanto, non affidabili.

L’amicizia tra la Maddalena e Gesù

Il vangelo gnostico di Filippo dice che Gesù baciava Maria Maddalena. Da questo particolare, alcuni racconti moderni a esso ispirati sottolineano l’intimità fra Gesù e Maria Maddalena. Secondo le scuole gnostiche il bacio rituale non aveva un significato erotico, ma era espressione della comunione, della fratellanza e della certezza della redenzione degli eletti. La stessa espressione si ritrova nel Nuovo Testamento, nelle epistole di Paolo e di Pietro: «salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio» (Rm 16,16, 1P 5:14).

Nei frammenti del testo apocrifo ritrovati fra i Codici di Nag Hammadi si legge che «la compagna del Salvatore è Maria Maddalena, Cristo la amava più di tutti gli altri discepoli e soleva spesso darle dei baci». La frase sarebbe comunque una ricostruzione perché nel manoscritto ci sarebbero in realtà degli spazi vuoti, evidenziati di seguito con delle parentesi: La compagna del ( ) Maria Maddalena ( ) più di ( ) discepoli ( ) baciarla ( ) sulla ( ).

La parola usata per “compagna” nel testo copto del vangelo di Filippo è inoltre un prestito dall’originale greco koinônós. Questo termine non significa “sposa” o “amante”, bensì “compagna” ed è comunemente usata per indicare rapporti di amicizia e fratellanza. Ma in quello stesso vangelo, che secondo gli studiosi non risale a prima della seconda metà del II secolo, il bacio è un segno rituale comune anche agli altri personaggi. Secondo gli gnostici inoltre Gesù e Maria Maddalena erano le incarnazioni umane degli eoni Cristo e Sophia. Il passo non va dunque inteso come una prova storica del matrimonio tra Gesù e la Maddalena, ma secondo le affermazioni gnostiche sull’incoronamento sulla terra del legame celeste degli eoni, dunque come allegoria.

Maria Maddalena è comunque rappresentata nei Vangeli canonici come un personaggio importante: la sua presenza alla Crocifissione la fa ritenere come una seguace che era stata molto vicina a Cristo e a sua madre Maria.

 

Numero2906.

 

12 segni di personalità che dimostrano che sei una persona elegante.

 

Nell’ambito dell’individualità, l’eleganza è un concetto che trascende l’abbigliamento. Non si tratta solo di moda; si tratta di portamento, di atteggiamento e di come interagisci con il mondo. Questo articolo esplora 12 aspetti distintivi che distinguono una persona veramente elegante. Attraverso osservazioni di comportamento e caratteristiche di personalità uniche, ti mostreremo come l’eleganza sia radicata molto più in profondità di quanto la superficie possa suggerire. Preparati a scoprire una nuova prospettiva sull’eleganza.

La tua eleganza innata: sintomi e segreti

Sei mai stato descritto come una persona elegante? Non è solo una questione di abbigliamento; esistono segni di personalità che dimostrano la tua eleganza innata. Questi tratti possono essere sottili, ma sono inconfondibili.

Comportamento raffinato: che cosa significa realmente?

Un comportamento raffinato non si limita a conoscere etichette e regole sociali. È anche una questione di rispetto e considerazione verso gli altri. Le persone eleganti non cercano di dominare le conversazioni o di attirare l’attenzione su di sé. Al contrario, valorizzano le altre persone con la loro presenza.

Anche la capacità di mantenere la calma durante i momenti di stress è un segno di eleganza. Le persone eleganti non perdono mai la compostezza, anche nelle situazioni più difficili.

Il tuo stile sottile e inconfondibile

L’eleganza non significa necessariamente indossare abiti firmati o gioielli costosi. È più una questione di stile personale e di come porti te stesso. Le persone eleganti hanno uno stile sottile ma inconfondibile che riflette la loro personalità e il loro buon gusto.

Il tuo senso dello stile può essere espresso attraverso la tua scelta di abbigliamento, accessori, o anche il tuo comportamento. Ricorda, l’eleganza è una questione di qualità, non di quantità.

Come il tuo linguaggio del corpo rivela la tua eleganza

Gestualità fluida e controllata: il segno di una persona di classe

Il modo in cui ti muovi può rivelare molto sulla tua eleganza. Le persone eleganti si muovono con grazia e fluidità, dimostrando un controllo del proprio corpo che suggerisce un senso innato di equilibrio e compostezza.

Questo non significa che devi essere un ballerino professionista o un atleta per essere elegante, ma semplicemente che devi essere consapevole del tuo linguaggio del corpo e di come esso può influenzare le percezioni degli altri.

Il silenzio: un indicatore di eleganza spesso sottovalutato

Le persone eleganti sanno che non è sempre necessario rispondere o parlare per fare una buona impressione. A volte, il silenzio può essere più potente delle parole. Saper mantenere il silenzio, ascoltare attentamente e rispondere in modo appropriato è un segno di rispetto verso gli altri e di autodisciplina.

Il silenzio può anche essere un segno di fiducia in sé stessi. Le persone eleganti non sentono il bisogno di riempire ogni momento di silenzio perché sono a proprio agio con i propri pensieri e sentimenti.

L’intelligenza emotiva: un indicatore di eleganza

Decifrare le emozioni altrui: un talento degli eleganti

Una persona elegante non è solo consapevole delle proprie emozioni, ma è anche capace di decifrare quelle degli altri. Questo è un segno di intelligenza emotiva, una qualità che permette alle persone eleganti di costruire relazioni significative e rispettose.

Essere in grado di capire e rispettare le emozioni altrui è un segno di maturità emotiva e di empatia, due tratti chiave delle persone eleganti.

La tua risposta emotiva riflette la tua classe

Non solo le persone eleganti sono in grado di capire le emozioni altrui, ma rispondono anche a queste emozioni in modo appropriato. Non si lasciano sopraffare dalle emozioni negative e cercano di risolvere i conflitti in modo pacifico e rispettoso.

La loro risposta emotiva riflette la loro classe, perché sanno che le loro azioni e parole possono avere un impatto significativo sugli altri.

Empatia: un tratto inconfondibile di una persona elegante

Una delle caratteristiche più notevoli delle persone eleganti è la loro empatia. Sono in grado di mettersi nei panni degli altri e di capire i loro sentimenti e punti di vista. Questa capacità di connessione emotiva è un segno di eleganza e rispetto per gli altri.

L’empatia non significa necessariamente essere d’accordo con gli altri, ma significa rispettare e comprendere le loro emozioni. È un segno di maturità emotiva e di saggezza interiore.

Il tuo atteggiamento positivo riflette la tua eleganza

Ottimismo: un segno inequivocabile di una persona di classe

Le persone eleganti tendono ad avere un atteggiamento positivo. Non sono cieche alle difficoltà della vita, ma scelgono di concentrarsi sulle cose positive. Questo ottimismo non è solo un modo per migliorare il proprio umore, ma è anche un segno di forza interiore e resilienza.

L’ottimismo non significa ignorare i problemi, ma cercare soluzioni e opportunità in ogni situazione. È una qualità che riflette una visione di vita equilibrata e ottimista.

La tua resilienza: un segno di sofisticata forza interiore

La resilienza è la capacità di resistere alle difficoltà e di recuperare da esse. È un segno di forza interiore e di eleganza. Le persone eleganti non si lasciano abbattere dalle avversità, ma le vedono come opportunità per crescere e imparare.

Essere resilienti non significa essere invincibili, ma significa avere la forza di superare le sfide e di continuare a perseguire i propri obiettivi. È una qualità che riflette la sofisticata forza interiore di una persona elegante.

Eleganza e generosità: due facce della stessa medaglia

La generosità discreta: un tratto di una persona elegante

La generosità è un altro segno di eleganza. Le persone eleganti sono generose non solo con i loro beni materiali, ma anche con il loro tempo, la loro attenzione e il loro affetto. Sanno che la vera ricchezza non si misura in termini materiali, ma in termini di relazioni significative e gratificanti.

La generosità delle persone eleganti non è ostentata o eccessiva, ma discreta e autentica. Non cercano riconoscimento o gratitudine, ma donano perché sanno che è la cosa giusta da fare.

Come il tuo atteggiamento generoso riflette la tua classe

La tua generosità non solo beneficia gli altri, ma riflette anche la tua classe e la tua eleganza. Mostra che sei una persona che si preoccupa degli altri e che è disposta a dare senza aspettarsi nulla in cambio.

La generosità non è una questione di quantità, ma di qualità. Non si tratta di quanto dai, ma di come dai. Una persona elegante dà con amore e rispetto, mostrando la sua umanità e la sua empatia.

L’arte di dare: un segno di sofisticata eleganza

L’arte di dare è un segno di sofisticata eleganza. Le persone eleganti sanno che non è sempre quello che dai, ma come lo dai che conta. Sanno che un piccolo gesto di gentilezza può avere un grande impatto e che l’amore e l’affetto che donano possono fare la differenza nella vita di una persona.

Le persone eleganti non solo danno, ma lo fanno con grazia e generosità. Questo è un segno di sofisticata eleganza, una qualità che solo le persone più straordinarie possiedono.

In conclusione, l’eleganza non è solo una questione di aspetto o di stile, ma è una qualità interiore che si riflette nel comportamento, nelle azioni e nelle reazioni di una persona. Se possiedi questi dodici segni di personalità, allora sei senza dubbio una persona elegante. Ricorda, l’eleganza è un viaggio, non una destinazione. Continua a coltivare questi tratti e a vivere la tua vita con grazia ed eleganza.

Numero2905.

 

da QUORA

 

I    C O G N O M I    D E G L I    O R F A N I     L’argomento è già stato trattato al Numero1502, questo è un approfondimento.

 

I cognomi degli orfani.

Prima del Medio Evo, i genitori in difficoltà economiche non abbandonavano i propri figli, ma li vendevano; le femmine venivano vendute per la prostituzione e i maschi per i lavori dei campi e le fatiche.

Durante il Medio Evo Federico II di Svevia mise fine a questa pratica con una legge che proibiva la vendita delle femmine per la prostituzione.

Si passò così alla pratica detta “oblazione”, consisteva nel lasciare in “dono” i propri figli nei conventi, abbandonandoli in un marchingegno a ruota che permetteva di introdurre il pargolo dall’esterno, mantenendo l’anonimato.

Quando un bambino veniva abbandonato si doveva mettergli un cognome.

A Napoli, tutti i bimbi della ruota degli esposti si chiamavano appunto Esposito, che è “esposto” in spagnolo, oppure Ruotolo. Prima di adottare questa pratica, infatti, i neonati venivano esposti sui gradini delle chiese e lasciati anche per ore alle intemperie, prima che qualcuno li scoprisse: spesso venivano trovati morti assiderati.

A Firenze ed in Toscana, uno dei conventi fu lo Spedale di Santa Maria degli Innocenti, e gli esposti ebbero tutti il cognome di Innocenti, Degli Innocenti, Nocenti, Nocentini.

A Milano l’istituto era l’ospizio di Santa Caterina della Ruota, che aveva come simbolo una colomba, perciò qui i trovatelli vennero nominati Colombo e Colombini. Similmente a Pavia, ad esempio, gli esposti vennero chiamati spesso Giorgi, mentre a Siena avevano per cognome Della Scala.

Spesso i bimbi abbandonati venivano chiamati con cognomi esplicativi: Esposti, Orfano, Proietti, Trovato, Ventura, Venturini, Bastardo, Ignoto, Incerto, Infascelli, D’Avanzo, Spurio. Casadei, Casadidio, Casagrande, Diotallevi, Donadio, Vacondio, Bentivoglio. In Veneto Balasso.

Se abbandonati vicino alla ruota degli esposti venivano chiamati Rota, vicino ad un ponte Da Ponte, vicino ad una chiesa il cognome era Chiesa, Dalla Chiesa, Della Chiesa.

Erano i figli di “N.N.” (Nomen Nescio = non conosco il nome) o di “M. IGNOTA” ( Mater Ignota = di madre sconosciuta, da cui il termine dispregiativo “mignotta”).