Numero2038.

 

P I A C E R E

 

Devo piacermi

per dare piacere.

 

Mi sono appuntato questa semplice frase, che ho sentito pronunciare, a notte inoltrata, durante una simpatica trasmissione televisiva che tratta esclusivamente di sesso e argomenti connessi, senza intenti didascalici, senza dottori o psicologi, ma che è condotta con leggerezza e senza ipocrisia, facendo parlare liberamente le persone presenti dei loro gusti, dei loro comportamenti, delle loro esperienze.
A pronunciarla era una donna che, intervistata dalla conduttrice sul tema del “piacere” e del “desiderio”, ha così, sinteticamente, espresso il proprio pensiero, che io ho percepito come illuminante, quasi folgorante. E ho tentato di prendere sonno, elucubrando e rimestando, in balia di mille considerazioni che si accavallavano nella mia mente.
Alla fine, ci ho dormito sopra, ripromettendomi di dedicare a questo argomento un numero del BLOG, per sviscerarlo meglio.

La prima considerazione che mi è balzata in testa è stato il parallelismo di questo aforisma con l’evangelico “ama il prossimo tuo come te stesso” (Matteo, 22. 37-39). E anche  «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuorecon tutta l’anima tuacon tutta la forza tuacon tutta la mente tuae il tuo prossimo come te stesso» (Luca 10, 25-37) . Dopo il primo comandamento, quello di amare Dio, questo secondo è il comandamento più fondante di tutta la “morale cristiana”. Sappiamo che su di esso si è sviluppata la teoria etica  della Religione Cristiana, con la sottolineatura stringente e apodittica dell’amore per il prossimo. Non per niente, al primo posto, nell’enunciazione, viene “ama il prossimo tuo”. Tale e tanta è stata la preponderanza di questo concetto, che per duemila anni è stato messo in ombra, in secondo piano e, dico io, accuratamente, volutamente, intenzionalmente trascurato il “come te stesso”.
Ebbene, io intendo riesumare il paragone del vangelo, ribaltando i termini della questione: ama te stesso, per amare meglio gli altri.
La frase della signora intervistata, è la trasposizione esatta, sul piano della sessualità, di questo elementare enunciato. Al primo posto, in una sana ed equilibrata visione della vita, io ci metto l’amore per se stessi.
Non voglio mica fondare una Controreligione! Voglio solo riabilitare una esigenza primaria e naturale della personalità umana, che è quella di occuparsi della propria salute mentale, morale e fisica e, vivaddio, anche della propria felicità, prima di abbracciare supinamente ogni dettato altruistico, per quanto cogente possa essere: è l’istinto di sopravvivenza, ma di buona sopravvivenza.

Nella frase evangelica, quello che viene collocato al primo posto è l’amore per gli altri. Nella frase mia, che pur mantiene l’esortazione e l’ammonimento all’amore, al primo posto ho messo l’uomo, l’individuo pensante, responsabile, sensibile, empatico, pronto alla fraternità, alla collaborazione, alla generosità, alla misericordia. Ma solo dopo aver fatto proprio, compiutamente, il bagaglio di questi valori, inglobandolo nel proprio DNA esistenziale.
Sì, perché l’uomo non nasce, secondo natura, dotato di questi buoni principi.

L’amore per se stessi è una categoria naturale, insita nell’uomo. L’amore per gli altri è una dotazione culturale acquisita nel corso dell’evoluzione sociale ed esistenziale.

Per completare la nozione del radicamento di questi principi, nel tempo e nello spazio dell’umanità, invito il lettore a consultare brevemente il numero seguente (Numero2037.).

“Homo homini lupus” (l’uomo è un lupo per l’uomo) è una espressione latina che troviamo nella commedia di Plauto, L’Asinaria. 

Il concetto dell’ “homo homini lupus” è stato ripreso dal filosofo britannico Thomas Hobbes nella sua opera De Cive (Il cittadino); secondo Hobbes, la natura dell’uomo è essenzialmente egoistica e a determinare le azioni umane sono solamente l’istinto di sopravvivenza e quello di sopraffazione; egli ritiene impossibile che l’uomo si senta spinto ad avvicinare un proprio simile in virtù di un amore naturale; i legami di amicizia o di società degli uomini sono dovuti solamente al timore reciproco.
Nello stato di natura, ovvero in quello stato non regolato da alcuna legge, ogni persona, mossa dal suo più recondito istinto, cerca di danneggiare gli altri e di eliminare tutti coloro che rappresentano un ostacolo al raggiungimento dei propri scopi; in altri termini, ogni individuo vede nel proprio prossimo un nemico.
Fuori dall’ambito puramente filosofico, l’espressione latina è ancora oggi utilizzata, talvolta ironicamente, talvolta sconsolatamente, per sottolineare la malvagità, l’egoismo e la malizia dell’uomo; in questo senso ha pressoché il valore dell’altrettanto celebre detto mors tua vita mea (la tua morte è la mia vita).

Egoismo, egocentrismo, soggettivismo, individualismo, egotismo, solipsismo, narcisismo. Sono tutti termini che, con sottili sfumature a differenziare l’uno dall’altro, si riferiscono allo stesso concetto. Ma si badi bene, non hanno niente a che fare con il contenuto del mio pensiero.
L’amore per se stessi, come lo intendo io, o amor proprio, è occuparsi di sé, non trascurando gli altri, ma per meglio occuparsi degli altri.
Una personalità equilibrata ed armonica, consapevole e partecipativa non potrà mai erigere steccati, ma solo costruire ponti verso gli altri da sé. Probabilmente, nella costruzione del proprio “taglio mentale” e nella messa a fuoco della propria “Weltanschauung”, o “concezione, visione del mondo e della vita”, il compito più difficile è quello di predisporsi un filtro critico agguerrito e ben attrezzato. Per ottenere questo, è necessaria una straordinaria serie di azioni e di impegni, che non tutti trovano né possibili, né utili, né agevoli: studi, fino ad alti livelli, esperienze, le più disparate, interessi, impegnativi e formativi, frequentazioni, a volte selettive e non facili, stili di vita, talvolta costrittivi e, comunque, di elevato spessore umano e sociale.
Insomma, amare se stessi, per prepararsi alla vita, non è una cosa da ridere, anzi, è un percorso pieno di sacrifici, di difficoltà, di rinunce. Un percorso per nulla autocelebrativo, bensì autoformativo, spesso affrontato con mezzi propri ed inadeguati, combattendo battaglie dove le sconfitte sono sempre più frequenti, ma, comunque, più illuminanti delle vittorie.
Il traguardo di arrivo è una personalità matura, consapevole, preparata ad affrontare la vita, il lavoro, la famiglia, la società con una corazza temprata, con armi affilate, non con  “lo spirto guerrier ch’entro mi rugge” (Ugo Foscolo – Alla sera), ma con animo determinato e motivato, ricco della propria autostima.
Pensate che questa personalità sia ben predisposta verso gli altri, o che si manifesti e si imponga attraverso l’arroganza o la sopraffazione?
Il mio punto di vista, è quello che mi auguro di aver interpretato nella mia vita: è la prima delle due alternative appena citate. Per questo ne parlo, come esperienza personale, senza profferire sentenze o sprecare giudizi sul comportamento di altri.

D’altra parte, qualche secolo prima della frase evangelica, l’oracolo di Delfi, ripreso e sottolineato da Socrate, aveva raccomandato il “conosci te stesso”, come la chiave per aprire le porte del mondo, per interagire e misurarsi con esso. Non ho mai conosciuto, in tutto lo scibile umano, un precetto più illuminante ed esaustivo di questo.
Su quanto detto finora, segnalo e raccomando la lettura dei seguenti Numeri: 1758, 1559, 1400, 1396, 1370.

 

Tornando alla frase di partenza, mi ha stuzzicato una curiosità: ma una donna che dà piacere (sessuale) ad un uomo, dà piacere (orgasmo) anche a se stessa, perché si piace? Vuol dire perché è più disinibita, per il fatto di piacersi?
Allora, l’uomo che funzione avrebbe? E l’atto sessuale, è un darsi piacere reciprocamente, oppure è un'(auto)masturbazione attraverso il corpo del partner? Mio Dio, che guazzabuglio!
Con l’aiuto della vostra pazienza ed attenzione, tento di fare chiarezza: in realtà, non so dove questo discorso andrà a parare.
Quando una donna ha la consapevolezza di avere un bel corpo, armonioso, gradevole, curato, seducente (non solo agli occhi del partner, ma anche ai propri) è sicuramente ben disposta all’atto sessuale e predisposta a goderne lei stessa, oltre che a dare piacere sessuale al compagno. Fin qui, tutto potrebbe quadrare. E questa è la “conditio sine qua non” ( condizione imprescindibile), per instaurare un rapporto sessuale. Almeno da parte femminile.
Ribaltiamo i termini della questione. Una donna che non ha un corpo di suo gradimento, che è consapevole di non essere tanto sexy, non mi dilungo ad appurarne i motivi, ma che si concede ugualmente al proprio partner, per un’attrattiva sessuale di non precisata alchimia, vuol dire, forse, che può non essere così disinibita, come le circostanze richiederebbero? E che, pur facendo arrivare all’orgasmo il compagno, che compie decorosamente il suo dovere, senza tante fisime, può risentire di un freno inibitorio, che deriva dalla coscienza della propria condizione, e non godere appieno del rapporto, impedendosi di suo, in qualche modo, l’orgasmo?
So bene che molte donne non raggiungono mai, o quasi mai, l’orgasmo facendo l’amore col proprio compagno, e che il colpevole di questa “défaillance”, sarebbe proprio lui, il maschio egoista o inadeguato che, pensa a soddisfare le proprie voglie, senza pensare al piacere della compagna.
Ma, in presenza di un rapporto normale, come durata ed intensità, per la prestazione del maschio, può accadere che la femmina manifesti una partecipazione psicologicamente impedita da una scarsa autostima?
Dicono tutti che, nell’altro campo, quello maschile, l’eiaculazione precoce ha motivazioni sintomatiche di carattere psicologico. Perché non potrebbe essere dello stesso tipo, intendo psicologico, in campo femminile, la mancanza di orgasmo (anorgasmia)? E la causa potrebbe essere proprio la scarsa considerazione delle proprie fattezze muliebri?
Quello che, sul piano puramente fisico, la moderna medicina ha riscontrato essere una patologia autoimmune, ovvero, detto in soldoni, il corpo si fa male da solo, non potrebbe verificarsi, attraverso la somatizzazione, anche in ambito psicologico o psichiatrico? Cioè la mente cerca una espiazione, un’autopunizione, negandosi ciò che desidera, cioè la soddisfazione sessuale?

Messa così, un po’ semplicisticamente, la cosa potrebbe riassumersi in questo modo: le donne che si piacciono, che sono contente di sé, hanno molto probabilità di soddisfare sessualmente il partner e anche se stesse.
Le donne che hanno problemi di gradimento del proprio stato fisico, pur soddisfacendo il compagno, potrebbero avere grossi problemi a provare il proprio orgasmo.
L’altra faccia della medaglia, in campo maschile, potrebbe dirci che gli uomini che sono sicuri di sé, delle proprie “performances” e delle dimensioni del loro apparato sessuale, hanno, almeno, normali rapporti, soddisfacenti per se e per la compagna; mentre gli uomini che manifestano insicurezze e problematiche di varia natura, è più probabile che cadano vittime dell’eiaculazione precoce.
Fatto sta, in entrambi i casi, che l’autostima gioca un ruolo di primaria importanza in ambito sessuale.
Ed è proprio giusto e vero che l’apparato sessuale che conta e vale, di gran lunga, di più non sta in mezzo alle gambe, ma in mezzo alle orecchie.

Sono stati scritti migliaia di libri e trattati su questi temi. Darete voi ascolto ad un povero disinformato, ma disinibito, come me? Come sempre, a me interessa gettare il sassolino nello stagno.

 

 

 

 

 

Numero2037.

 

T H E   G O L D E N   R U L E

 

BUDDHISM : Hurt no others with that which pain yourself.

CHRISTIANITY : Do unto others as you would have them do unto you.

HINDUISM : Treat others as you would yourself be treated.

ISLAM : Do unto all men as you would wish to have done unto you.

JUDAISM : What you yourself hate, do to no man.

NATIVE AMERICANS : Live in harmony for we are all related

SACRED EARTH : Do as you will, as long as you harm no one.

 

L A    R E G O L A   D’ O R O

 

BUDDHISMO : Non far male agli altri con ciò che potrebbe far male a te stesso.

CRISTIANESIMO : Agisci verso gli altri, come vorresti che essi agissero verso di te.

INDUISMO : Tratta gli altri, come tu stesso vorresti essere trattato.

ISLAM : Comportati verso tutti gli uomini, come desidereresti sia fatto verso di te.

GIUDAISMO : Non fare a nessun uomo ciò che tu stesso odii.

NATIVI AMERICANI : Vivi in armonia, perché siamo tutti della stessa famiglia.

SACRA TERRA : Fai come vuoi, finché non danneggi qualcuno.

Numero2036.

 

L’  E R O T I S M O

 

Ahimé, è il contrabbando

della nostra vergogna.

Noi lo viviamo quando

trasgredire bisogna,

 

però, persino amando,

sembra quasi una rogna:

e l’istinto nefando

finisce nella fogna.

 

Perché c’hanno insegnato

che il piacere è brutto

e godere in privato

è, nonostante tutto,

 

pur sempre un peccato

e l’amore è distrutto

come fosse un reato,

o come fosse un lutto.

 

Le rime che ho trovate,

da modesta  poesia,

non sono ricercate

come fosse un’elegia:

 

non le considerate

frutto di fantasia,

ma siano ricordate

perché senza ipocrisia.

 

Numero2034.

 

M O T T E T T O :    D O L C E T T O    O    S C H E R Z E T T O.            (Rappetto)

( ovvero “Il sogno di un uomo ridicolo”     di   Fjodor  Dostoevskij )

 

Non concordo con il detto

che a tavola ed a letto,

non si deve aver rispetto.

Provo, in questo poemetto,

a spiegare il mio concetto.

Quando a tavola mi metto,

io non cado nel vizietto

di fare un gran banchetto,

altrimenti, sono schietto,

per me, come a Caporetto,

è un nefasto trabocchetto.

Debbo stare circospetto,

sobrio, umile e corretto:

è in gioco il mio aspetto

di dinamico vecchietto.

Ma se faccio il furbetto,

come fossi un giovinetto,

se del cibo prediletto

ogni eccesso mi permetto,

di mangiare io non smetto

e mi faccio lo sgambetto

per quel vizio maledetto.

Per sembrare un fighetto,

a rinunce son costretto:

ogni giorno un fioretto!

 

Ma, quando sono a letto

con l’ignobile progetto

di cantare un bel duetto,

beh, allora, lo ammetto,

io non faccio l’angioletto,

ma divento un diavoletto:

le rinunce non le accetto.

Già ho fatto il chierichetto,

quando ero un ragazzetto,

Ora che sono un ometto,

e il peccato è negletto,

mi comporto da maschietto

senza tema o preconcetto.

Già intravvedo il sorrisetto

di chi nutrirà il sospetto

che sembro un po’ bulletto:

son sicuro, ci scommetto!

Ma, per gioco o per diletto,

a costui farò un dispetto

e, alla fine del sonetto,

gli suggerirò un precetto,

con un ultimo versetto:

se vuoi essere perfetto,

parco, a cena, e poveretto,

ma, spregiudicato a letto.

 

N.d.R.   Ogni riferimento a persone o situazioni reali è puramente casuale o ….. improbabile.

 

 

Numero2032.

 

Girata da Alexis

 

Un tizio, parecchio intelligente, di nome Aldous Huxley, diceva diversi anni fa:

 

La dittatura perfetta avrà

la sembianza di una democrazia,

una prigione senza muri,

nella quale i prigionieri

non sogneranno mai di fuggire,

un sistema di sudditanza dove,

grazie al consumo e al divertimento,

gli schiavi ameranno la loro schiavitù.

Numero2029.

 

Questo popolo di poveri

ha bisogno di essere

rispettato e capito

anche in ciò che non dice.

 

Libera interpretazione di un pensiero di Leonardo Sciascia.
Lui si riferisce al popolo di Sicilia.
Io, adesso, mi riferisco al popolo dell’Italia intera.

Numero2028.

 

G I Ù   L A   M A S C H E R I N A :  L E   C A P R I O L E   D E L L A   P O L I T I C A   I T A L I A N A.

 

Mi accorgo che, ultimamente, sto scrivendo un po’ troppo di politica, cosa per me insolita. Non pensavo di aver così tanto da dire, ma lo dico lo stesso perché lo faccio “liberamente”, cioè con mente libera, secondo i criteri di approccio di questo blog.

I concetti di “destra” e “sinistra”, come categorie mentali ed etichette del politichese, mi sono particolarmente ostiche, per non dire antipatiche, ma devo ricorrervi per addentrarmi in un argomento che, sicuramente, è poco palese e avviene, per lo più, sotto traccia e sotto mentite spoglie.
Lo premetto, succintamente. In Italia da molti decenni ormai, le leggi cosiddette di “sinistra” anche se annacquate, ammorbidite, devitalizzate, vengono emanate dai governi di “destra”, mentre, viceversa, le leggi connotate di “destra” vengono approvate e promulgate, con analoghe ed equivalenti modalità, dai governi di “sinistra”.
Ci avete fatto caso?
Lo spirito autenticamente riformatore di ciascuna “parte”, o schieramento di “partiti”, viene travisato, prostituito, edulcorato. Quel che ne risulta, alla fine, è quasi sempre un papocchio, un compromesso al ribasso, un’abdicazione ai principi di appartenenza che dequalificano vistosamente i provvedimenti.
Lo dico con ferma convinzione, anche se può sembrare una critica impietosa: le leggi che hanno visto la luce in questi ultimi tempi sono genericamente scadenti, non hanno quasi mai sortito risultati soddisfacenti, e sono state oggetto di “revisionismo” o “controriforma” da parte dei governi che succedevano per alternanza.

Ma qual è il motivo vero di questo fenomeno?
Lo scopo prevalente in questa procedura controversa e controproducente è quello di delegittimare la controparte politica, lo schieramento opposto, sottraendo loro i principi operativi che avrebbero potuto raccogliere il consenso.
Cercano, così facendo, di togliere acqua al mulino, far mancare aria al fuoco, o il carburante al motore della macchina della parte avversa. È più importante mettere in cattiva luce l’avversario, indebolendolo nelle rivendicazioni e negli argomenti di propaganda, piuttosto che emanare una legge fortemente caratterizzata, ma, in questo, estremizzata che abbia tutti i canoni propri dello schieramento legiferante.

Riporto qui di seguito un interessante articolo pubblicato, a firma del giovane ma attento filosofo, Diego Fusaro :

 

È IL CAPOLAVORO DEL CAPITALE: FAR FARE ALLA SINISTRA CIÔ CHE PRIMA FACEVA FARE ALLA DESTRA.

Il meccanismo è sempre il medesimo. Si usa la patologia per screditare l’organo sano. Si identifica – per restare in tema attuale – la polmonite col polmone e, così, per combattere la polmonite si attacca il polmone in quanto tale.
(N.d.R. : è una specie di malattia autoimmune).
Nel caso specifico, si prende la patologia di qualche strampalato avventuriero dell’assurdo per delegittimare il corpo sano della critica.
Come? Prendi quattro stolti, magari in giacca arancione, che dicono che “il virus non esiste” e li usi come alibi per delegittimare en bloc chiunque critichi ciò che realmente sta avvenendo e che non mi stancherò di denunciare: il virus c’è ed è, al contempo, usato come base di una nuova razionalità politica di tipo autoritario ed ultraliberista, che aggira i parlamenti, potenzia gli esecutivi, produce task forces non elette, accelera la digitalizzazione della società e il massacro dei ceti medi e dei lavoratori.
È in atto una riplasmazione decisiva del mondo capitalista della produzione, in chiave autoritaria e verticistica.
Le democrazie parlamentari sono state parentesi e ora il capitale si sta adoperando per archiviarle per sempre.
Chi non ha capito questo, non ha compreso l’ABC ed è del tutto inutile discutere con lui. Chi non ha capito che da questa situazione non si tornerà indietro, perché essa risponde alla nuova razionalità politica del mondo della produzione, è ancora alla fase tolemaica della questione.
Analogamente si dica degli sciocchi che pensano che sia tutta una questione di vaccini, come se il vaccino fosse il Sacro Graal del capitale. La questione è assai più articolate e riguarda – lo ripeto ad nauseam – la ristrutturazione verticistica del capitalismo su scala planetaria. Ce l’ha insegnato Gramsci : quando la classe dominante ha il dominio, ma inizia a perdere il consenso (in questo caso, leggi populismi, sovranismi ecc.), deve ricorrere all’autoritarismo e, all’occorrenza, alla violenza: distanziamento sociale, divieto di assembramento, confinamento.
In Italia non poteva essere la destra a gestire ciò, ché, altrimenti, sarebbe stato subito evidente il gioco: e ora tutti griderebbero “fascisti!”. Facendo fare la parte dell’autoritarismo repressivo alle sinistre ( con la stessa logica con cui il capitale ha affidato a loro, fin dagli anni ’90, il compito di massacrare nel sangue i lavoratori a colpi di jobs act e riforme liberiste), il risultato è che ora si urla “fascista!” a chi si oppone all’autoritarismo repressivo del capitalismo terapeutico.
È il capolavoro del capitale: far fare alla sinistra ciò che prima faceva fare alla destra. E lasciare alla destra la sgangherata e non credibile guida dell’opposizione. Fa ridere (più che piangere) sentire i nostalgici del Ventennio che urlano contro l’autoritarismo in atto. Essi finiscono per rafforzare l’ordine dominante.