S O L I T U D I N E
Soltanto i più forti
fanno i conti con la solitudine.
Gli altri la riempiono con chiunque.
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
S O L I T U D I N E
Soltanto i più forti
fanno i conti con la solitudine.
Gli altri la riempiono con chiunque.
ABITUDINI CHE RIVELANO UN’ELEVATA INTELLIGENZA
Di Annibale Parisi
In sintesi
Secondo esperti in psicologia, l’intelligenza si manifesta attraverso una serie di abitudini distintive.
La lettura intensa si rivela una ricerca di conoscenza profonda, mentre l’interesse verso diversi generi letterari denota una ricchezza intellettuale.
Inoltre, la solitudine può stimolare il pensiero profondo e la creatività, mentre l’apertura mentale favorisce l’apprendimento continuo.
Questi elementi, uniti a un alto livello di auto-critica e adattabilità, creano un profilo di eccellenza intellettuale.
L’atto di leggere intenzionalmente è una pratica fondamentale per chiunque cerchi di approfondire la propria comprensione del mondo.
La lettura non è solo un mezzo per acquisire informazioni, ma diventa un viaggio interiore che stimola la mente a riflettere su temi complessi e articolati.
Chi investe tempo nella lettura di testi impegnativi, infatti, sviluppa una sensibilità critica e la capacità di cogliere sfumature che arricchiscono il proprio bagaglio culturale.
La vera intelligenza si manifesta attraverso la curiosità.
Coloro che eccellono nel loro percorso intellettuale non si limitano a un singolo genere, ma abbracciano la varietà.
Questo approccio consente di attingere a diverse prospettive e di comprendere le differenze culturali, storiche e sociologiche che caratterizzano le opere letterarie.
La diversificazione nella scelta dei testi è un segno evidente di un apprendimento dinamico e di un’apertura mentale.
In un’epoca di distrazioni incessanti, la solitudine assume un valore inestimabile.
Essa offre lo spazio necessario per una riflessione profonda e per l’emergere di idee originali.
Gli individui che riescono a trovare questo silenzio interno sviluppano una creatività avvincente, capace di darle vita attraverso l’arte, la scrittura o la ricerca scientifica.
La solitudine non è quindi un segno di isolamento, ma di un’intensa attività cognitiva.
Una mente aperta è una delle qualità imprescindibili per la crescita personale.
Gli individui che riconoscono l’importanza dell’apprendimento continuo si mostrano maggiormente disposti ad accettare le critiche e a considerare punti di vista alternativi.
Questa umiltà intellettuale non solo stimola il dialogo, ma rappresenta anche un passo cruciale verso il miglioramento di sé e l’acquisizione di nuove competenze.
La capacità di adattarsi a nuove sfide e circostanze è un indicatore fondamentale dell’intelligenza. I
n un mondo in continua evoluzione, gli individui che si rivelano flessibili e pronti a cambiare rotta affrontano le incertezze con maggiore resilienza.
Questa adattabilità non è solo utile per risolvere problemi, ma è anche rimarchevole per chi desidera prosperare in situazioni complesse e variabili.
La curiosità è un motore potente che alimenta l’esprit d’initiative.
Gli individui con una curiosità insaziabile non si accontentano delle risposte facili.
Essi pongono domande, esplorano nuove idee e si dedicano alla ricerca di soluzioni innovative.
Questa passione per l’esplorazione stimola una continua evoluzione personale e favorisce un’analisi profonda dei fenomeni che li circondano.
Una vasta gamma di interessi è un chiaro segnale di una mente vivace e in continuo movimento.
Gli individui che coltivano passioni per discipline diverse, dall’arte alla scienza, creano connessioni uniche e contributi originali.
Questa ricchezza intellettuale permette loro di affrontare le sfide con una maggiore varietà di strumenti e approcci.
Il processo di autovalutazione è cruciale per il miglioramento personale.
Gli individui che si sottopongono a un rigoroso esame delle proprie azioni e delle proprie capacità possono identificare aree di crescita e lavorare per migliorarsi.
Questa critica di sé è essenziale per raggiungere l’eccellenza e per sviluppare competenze sempre più avanzate.
Impegnarsi in attività che richiedono standard elevati consente agli individui di sviluppare una disciplina robusta.
Questo impegno si traduce in un ciclo virtuoso di riflessione e apprendimento, dove gli errori vengono visti non come fallimenti, ma come opportunità di crescita e miglioramento.
Aspirare all’eccellenza diventa così un principio guida che arricchisce ogni aspetto della vita intellettuale.
In sintesi, l’adozione di queste abitudini non solo segna l’elevata intelligenza di un individuo, ma contribuisce anche a costruire una vita ricca di significato e realizzazione personale.
La fusione di lettura, curiosità, adattamento e riflessione forma un complesso quadro dove l’intelligenza non è solo un attributo, ma un percorso in continua evoluzione verso la conoscenza e l’auto-miglioramento.
M O M E N T I D I S O L I T U D I N E
Sì, io me li ritaglio spesso e a lungo ed in un ambiente confortevole e rassicurante come casa mia.
Li adoro perché rappresentano una crescita personale ed un bisogno interiore.
I momenti di solitudine, infatti, non sono mica una prigione.
Al contrario, un isolamento non momentaneo cercato e voluto, è uno stare bene con se stessi, riflettere, trovare soluzioni, specchiarsi nella propria intima spiritualità.
La solitudine forzata, invece , investe uno stato emotivo differente nel quale emergono solo aspetti negativi.
Un essere umano caratterialmente normale e semplice è, di solito, più propenso a stare con gli altri ma, a volte, succede che ci si può ritrovare a star male se circondati da tante persone.
Un soggetto forte ed acculturato, invece, si sa appartare con i propri pensieri per sentirsi libero nella sua indipendenza spazio – temporale esplorativa e riflessiva.
Chi non sa stare bene da solo, difficilmente può essere un buon compagno.
S O L I L O Q U I O
È stata colpa mia,
ho fatto tutto io.
C’ho provato a stare
insieme ad una persona
e, per un po’ di tempo,
c’ho anche creduto.
Non riesco proprio
a immaginarmi di avere
un posto in cui tornare,
qualcuno che mi aspetta a casa.
Ogni volta è sempre così.
Vado avanti e mi sembra
di lasciare indietro
un piccolo vuoto in più.
Credo di essere fatto così, sai?
Forse sono destinato
a stare sempre da solo.
F E M M I N I C I D I
da QUORA
Riporta Flavio T. , corrispondente di QUORA.
un autorevole appello ai Padri e a tutti i maschi contro la piaga dei femminicidi nel nostro paese..
19 nov.
Condivido questo articolo dello psichiatra psicoterapeuta, ricercatore e divulgatore Alberto Pellai, che ha dedicato la maggior parte del suo impegno all’adolescenza e alle sue fragilità, con una particolare attenzione a quella maschile:
LETTERA A NOI PADRI
La morte di Giulia ci interpella tutti, noi maschi, uomini, padri, compagni di vita. Non possiamo non sentirci addosso tutto il dolore del mondo. Giulia è anche nostra figlia. Così come il suo assassino. Sono i figli e le figlie che cresciamo nelle nostre vite, nelle nostre famiglie. Sono i figli e le figlie a cui consegniamo la vita con cui li abbiamo messi al mondo perché la rendano quel territorio in cui diventare chi davvero vogliono essere. In questo progetto educativo, devono imparare che non possono esistere parole come possesso, sopruso, sopraffazione. Lo devono sapere le nostre figlie, prima di tutto. Perché se solo un amore si contamina con queste parole allora da lì si deve fuggire. E denunciare. Lo devono però prima di tutto imparare i nostri figli. La sfida enorme con i nostri figli maschi non è solo insegnare loro a non essere violenti, cosa fondamentale, sia chiaro. La vera sfida è quella di insegnare loro ad essere “veri” con se stessi. A comprendere che costruire una storia d’amore significa esercitare tre competenze fondamentali dentro una relazione: rispetto, responsabilità ed empatia. Che vanno insegnate ancora prima della non violenza. Perché se apprendi queste tre competenze, allora la violenza non entrerà mai nella tua vita, il possesso non comparirà mai come bisogno dentro una storia d’Amore.
Cari padri, il cambiamento nella vita dei nostri figli maschi può avvenire a partire da noi. Siamo figli di padri che ci hanno amati e cresciuti, ma che quasi mai sono riusciti a dirci: “Ti voglio bene, figlio mio”. Siamo figli di padri che quasi mai sono stati capaci di vedere le nostre lacrime, anche quando era impossibile non farlo. Siamo figli di uomini che non hanno quasi mai saputo parlarci del sesso, dell’amore, del corpo che cambia, della pubertà. Eppure questi temi sono di importanza cruciale nella vita di un ragazzo.
Noi padri siamo i compagni di viaggio che stanno davanti, di fianco e dietro a un figlio che a sua volta diventerà uomo. Nel vivergli accanto possiamo mostrargli cosa vuol dire per noi uomini essere persone vere. Possiamo aiutarlo a non temere la tristezza e a trasformare la paura in coraggio. Possiamo educarlo a tenere alto lo sguardo sugli altri e sulla vita facendo del nostro sguardo uno specchio in cui lui stesso può riflettersi per cercare quell’immagine identitaria che ancora gli appare sfocata e poco definita, così come deve essere alla sua età.
Noi padri possiamo rendere la relazione con i nostri figli un’occasione di allenamento al rispetto e alla verità, un laboratorio dove si discute dell’amore e della sessualità, uno spazio di vita in cui – aiutando loro a diventare gli uomini che vogliono essere – diventiamo noi stessi uomini più completi e più veri.
Siamo noi padri gli scultori di un nuovo modo di essere maschi e uomini in questo terzo millennio, in cui i nostri figli si trovano spesso sospesi tra il falso mito del vero uomo e il bisogno profondo di diventare uomini veri.
(Tratto da “Ragazzo mio. Lettera agli uomini veri di domani” di A. Pellai, De Agostini ed.).
Con un enorme dolore, oggi, mi sento padre di Giulia e anche padre del suo assassino. Sento dentro di me tutto il dolore del mondo. E comprendo che la rivoluzione più necessaria oggi è quella che dobbiamo fare noi padri.
Se volete e potete condividete questo messaggio con un uomo.

Giacomo Leopardi è il solo grande poeta e letterato del passato remoto che ancora vive nel nostro presente smemorato. Non Manzoni, non Foscolo, non Tasso, che lo stesso Leopardi pur considerava più grande di Dante né gli altri classici. A Leopardi si dedicano film, saggi, si celebrano perfino gli anniversari della sue poesie, come l’Infinito.
Eppure fu maltrattato nel suo tempo, come egli stesso scrisse: «sto qui, deriso, sputacchiato, preso a calci da tutti, menando l’intera vita in una stanza…», confidò a Pietro Brighenti nel 1821. Trattato come un deforme, un “saccentuzzo” maleodorante, “un gobbo fottuto”, un nano maledetto, alto appena un metro e 41, un fisico che ricorda quello di Antonio Gramsci; deriso non solo a Recanati ma anche a Napoli, definito un “ranavuottolo” e uno “scartellato”. Questo spiega la totale scissione del poeta favoloso dall’uomo risentito contro il mondo, le donne, l’umanità. Per lui “l’odio è di gran lunga il più durevole fra i piaceri: gli uomini amano in fretta, ma detestano a tutto loro agio e a lungo”. E comunque preferiva l’odio all’indifferenza. Poi il suo elogio del delitto che è a suo dire “un atto eroico”.
Del Leopardi oscuro, “intellettuale livido e livoroso”, tratta la “biografia non autorizzata” di Raffaele Ascheri, da poco edita da Cantagalli; una ricostruzione attenta e assai “scorretta” del grandissimo poeta.
Penoso è il capitolo della sua fame di denaro e delle sue umilianti richieste di aiuti a famigliari, prelati e potenti. Si faceva ipocrita e “untuoso”, pur di ottenere qualcosa. E per convincere i suoi genitori a sostenerlo economicamente, minacciava loro di tornare a casa, così gravando con i suoi esigenti consumi ed essendo “di grandissimo incomodo coi miei metodi strani di vita e colla mia malinconia”. Detestava insegnare, perché reputava gli studenti “insolenti” e lui troppo timido per insegnare; preferiva dare lezioni private di latino e greco. Imbarazzante è il capitolo dedicato a lui come “raccomandato vaticano”, e un altro sull’”ateo papalino”, pronto ad abdicare penosamente alla sua coerenza con una “servile e zelante abiura” e “alla sua dignità personale ed intellettuale” pur di strappare una sinecura ben pagata, “all’ombra del potere teocratico vaticano”. Mostrò insincera umiltà e piaggeria verso i potenti, arrivando a deprecare “la malintesa libertà di pensare”; e si disse felicissimo di servire il Papa Re. In questo appare più leale il cattolico fervente Monaldo che gli sconsigliò di travestirsi da clericale, perché “il galantuomo deve procedere in coerenza dei suoi principii, e non conviene ricevere stipendio da un Principe, vergognandosi di portare la sua divisa”. Giacomo non volle però trasferirsi a Roma, adottando tutte le scuse possibili, perfino “una stitichezza eccessiva” e la sofferenza della carrozza per il trasferimento. Voleva un incarico a Bologna, dove si trovava bene, con una “ben piccola fatica e piccolo tempo”; così sfumò la sua pretesa.
Leopardi fu ipocrita anche con suo padre: quando gli attribuirono la paternità dei Dialoghetti di Monaldo, al di là dei suoi cerimoniosi carteggi col padre, in cui diceva che non voleva “farsi bello degli altrui meriti”, definì altrove quel libro paterno “infamissimo, scelleratissimo”, con dialoghi “sozzi e fanatici”.
Praticando la dissimulazione, adottava anche nella corrispondenza la doppia faccia e la doppia morale. Adulava i prelati, chiedendo favori, ma in privato o in altre corrispondenze li disprezzava, fino a definirli “coglioni” (es. l’abate Cancellieri).
E un odio verso l’umanità e molte città, come Firenze “fetidissima”, e verso i romani e i napoletani; un disprezzo delle donne, soprattutto quelle che non ricambiavano il suo amore, fino a definirle “puttane” (come Teresa Malvezzi). Naturalmente in tutto questo pesavano le sue malattie, la sua cecità progressiva e la sua pessima alimentazione, la sua golosità di dolci che gli fu fatale; l’ultima fu la scorpacciata di confetti canellini di Sulmona che gli procurò amorosamente Paolina, la sorella di Antonio Ranieri, verso cui fu ingrato nonostante le tante premure ricevute. Refrattario alle abluzioni quotidiane, sciatto e malvestito, esaltava bacco e tabacco non potendo godersi Venere.
Ascheri smentisce la diceria di Leopardi omosessuale, che Giacomo definì “un vizio antinaturale”, “una snaturalezza infame”. Il biografo passa in rassegna i suoi infelici amori non ricambiati.
Il suo pessimo carattere, unito all’invidia per il suo genio, gli procurò inimicizie e odii; come quello di Niccolò Tommaseo che lo oltraggiò in versi: “Natura con un pugno lo sgobbò: “Canta, gli disse irata”; ed ei cantò». Ma anche con Manzoni si conobbero ma non si presero. Il deforme e cagionevole Leopardi esaltava la forza e il vigore fisico; Adriano Tilgher notava che “nessun moralista ha tanto esaltato la salute, il vigore e l’allegrezza quanto il pessimista e malato Leopardi”. In questo, trovò nel tempo un fratello, Nietzsche. E come lui esaltò lo spirito guerriero, la giovinezza e la salute, necessaria “a mantenere il vigore dell’animo e il coraggio che non saranno mai in un corpo debole”. Il superuomo ante litteram.
Poi vennero gli studi di Cesare Lombroso e di Giuseppe Sergi su di lui, a considerarlo uno psicopatico e un genio epilettico. Ascheri affronta il suo contraddittorio “nazionalismo” risorgimentale, i tentativi postumi di fascistizzarlo durante il regime o di arruolarlo come “progressista” e “materialista” da parte degli studiosi marxisti. Il responso finale è che fu “un cattivo maestro”. Ma fu un genio incomparabile. Grandezza della poesia, miseria della vita; nano in più sensi, gigante nella letteratura. Giacomo passa, Leopardi resta.
ELOGIO DELLA SOLITUDINE
Essere soli per un po’ è pericoloso.
Una volta che vedi quanto si sta tranquilli,
non vuoi più avere a che fare con altre persone.
Tom Hardy attore inglese
Alone man
is nothing.
L’uomo, da solo,
è nulla.
Non c’è presenza
più forte
di un’assenza.
VIRTUTIS ET
LIBERAE VITAE
MAGISTRA OPTIMA
SOLITUDO.
La solitudine è
eccellente maestra
di valore e
di libertà di vita.
Dalle “Solitudines”, serie di decorazioni a fresco nel Palazzo Farnese (Jacopo Barozzi da Vignola) a Caprarola.
Dopo tante ore
che ti trovi da solo
e non ascolti nessuno,
può accadere che puoi
sentire i tuoi pensieri.
La solitudine crea
persone d’ingegno,
o idioti.
Victor Hugo.
La solitudine è per me
una fonte di guarigione
che rende la mia vita
degna di essere vissuta.
Carl Gustav Jung.
Tutte le difficoltà dell’uomo
sono causate dalla sua incapacità
di mettersi a sedere da solo,
in una stanza, nella completa quiete.
Blaise Pascal
Colui che sa stare
da solo
è colui che
ha già regolato
tutti i conti
con se stesso.