Ho pensato di mettere
i miei soldi sul tavolo
e vedere che carte mi arrivano…..
dal film Will Hunting – Genio ribelle.
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
Ho pensato di mettere
i miei soldi sul tavolo
e vedere che carte mi arrivano…..
dal film Will Hunting – Genio ribelle.
Mandata da Carlo
Nell’ottimismo c’è la magia,
nel pessimismo c’è il nulla.
Abraham Hicks.
SUCCISA VIRESCIT
La traduzione di questo motto latino è “Recisa alla base, torna a rinverdire”.
Le parole, che ornano lo stemma dell’abbazia di Montecassino, che mostra una quercia tagliata al piede, dal cui ceppo vanno spuntando rami nuovi, vengono anche usate in riferimento a tutto ciò che, dopo la distruzione, trova in sé la forza di tornare a nuova vita.
Si tratta di un simbolo (o di una allegoria, se considerata dal punto di vista delle figure retoriche) di rigenerazione, forza interiore, capacità di riscatto.
Ha funzione conativa, ovvero il suo scopo è quello di spingere l’individuo a reagire, a risollevarsi anche dopo un avvenimento tragico, distruttivo, che ha quasi annientato il suo essere.
“Quasi”, appunto, non del tutto.
E’ quell’avverbio a fare la differenza, a invitare a chiedersi di che pasta si è fatti, a spronare all’autorigenerazione.
L’icona dell’albero tagliato è metafora della straziante perdita (di una persona cara, di tutti i beni, della propria integrità corporea), ma i rami verdi che nonostante tutto iniziano a spuntare, generando le foglie, lo sono della capacità di affrontare anche i più grandi dolori, le più grandi perdite e rimettersi in piedi, ancora vivi, ancora fecondi di progetti, di idee, di giorni da affrontare con energia.
E’ simbolo della forza della vita che non dipende dall’energia personale, ma che senza la collaborazione e la volontà di chi aspira a rialzarsi non potrebbe comunque agire.
Contiene in sé l’implicazione di un passato pieno e rigoglioso, la presupposizione che si è subito un feroce attacco, l’antitesi tra la perdita quasi totale e la rinascita, il paradosso che un albero reciso possa germogliare e infine l’inferenza generata dai concetti di ceppo e rami verdi: la vita non muore mai, si rigenera in forme nuove e inaspettate.
Insomma, un vero albero della vita.
Queste, che ho riportato, sono le parole, le più espressive possibili, che ho trovato a titolo esplicativo riguardanti l’aforisma.
Le faccio pienamente e convintamente mie, nell’ estendere il mio augurio a tutti gli Italiani di ritrovare la forza di risollevarsi e rinascere da questo “Tsunami” dell’ Epidemia di Coronavirus che ci sta passando sulla testa.
È un’occasione storica: mostriamo al mondo di cosa siamo capaci.
Sono sicuro che ce la faremo.
Ho molte cicatrici,
ma porto con me, anche,
il ricordo dei momenti
che non sarebbero mai
accaduti, se io non
avessi osato spingermi
al di là dei limiti.
Paulo Coelho.
Ayse Deniz Karacagil, giovane ragazza turca di etnia Curda, aveva 24 anni, quando morì in combattimento.
Nell’anno 2013, a 20 anni, prese parte alle proteste, spontanee ma reiterate, della gente comune di Istanbul contro la decisione di Erdogan di far radere al suolo un grande polmone verde della città, Gezi Park, per destinare l’area ad un nuovo centro commerciale. Venne arrestata, accusata di terrorismo, condannata chi dice a 98, chi dice a 103, facciamo una media di 100, ma non frustate, non giorni, non mesi, ma anni di carcere. Quando le truppe del Daesh, praticamente l’ISIS, invasero la Siria e un vasto territorio occupato anche dalle popolazioni Curde, le fu offerta la possibilità di commutare la pena, arruolandosi nell’esercito Curdo per difendere il proprio territorio. Scarcerata, si unì ai guerriglieri Curdi dell’YPG (Unità di Protezione Popolare) nella divisione femminile. Il giovane fumettista Romano Michele Rech, noto con lo pseudonimo di “Zerocalcare”, la conobbe sul fronte di guerra e ne descrisse la storia nel fumetto “Kobane calling”. La ragazza era conosciuta con il soprannome di “Cappuccio rosso”, perché aveva in testa sempre un copricapo di questo colore.
Roberto Vecchioni racconta in musica la tragica morte della ragazza, il 29 Maggio 2017, presso Raqqa. Le parole e la melodia, in una struggente commistione di pathos e di rabbia contro la guerra, sono un partecipe, emozionato ed emozionante omaggio al coraggio di una giovane ragazza, morta per un ideale, che non era solo la patria, ma anche il diritto delle donne all’affrancamento da una condizione disumana ed innaturale di sudditanza da principi religiosi, interpretati dagli uomini, e perpetrati surrettiziamente in secoli di oscurantismo.
Questo il testo della canzone:
C A P P U C C I O R O S S O
Ti penso amore mio che sei lontano
ti penso con il mio fucile in mano,
tu forse crederai che io sia pazza
che queste non son cose da ragazza.
E invece viene un giorno nella vita
che scegli e se non scegli l’hai tradita
e non importa se si vive o muore
piangere gioia o ridere dolore.
Questa curva di sole nel tramonto di Raqqa
mi disegna nel cuore l’arco della tua bocca,
ho tagliato i capelli, ho sfidato la rabbia,
i miei giorni più belli sono lacrime e sabbia.
Noi siamo di una patria senza terra,
noi siamo Curdi naufraghi di guerra:
è l’alba e coi compagni sto partendo
e parto e coi compagni sto cantando.
Ho in me tutte le favole di un tempo,
attorno a un fuoco acceso e ora spento,
e seguo il filo di una ninna nanna,
chiedendomi se ho messo il colpo in canna
C’era un drago di fuoco che sbarrava la strada,
ma non teme nemico un eroe con la spada;
ma non ho mai capito come andava a finire
che succhiandomi il dito cominciavo a dormire.
È il 29 maggio e non ho sonno
e qui c’è proprio il drago di mio nonno.
Saprò questa volta come va a finire,
che non ho proprio tempo di dormire.
Qui sparano li sento e non li vedo
qui sparano e mi sa che mi hanno preso;
ma non temere amore non è niente,
mi brucia un po’ ma in fondo non si sente.
Metti il pane nel fuoco, versa il vino migliore,
che ritorno tra poco, è questione di ore;
spazza tutte le foglie, che l’autunno è passato,
quando l’odio si scioglie, che sia verde il mio prato.
Se qualcuno me lo trova addosso,
riporti a casa il mio cappuccio rosso
Il mondo lo hanno sempre cambiato
i folli, gli eretici, le streghe e i ridicoli.
Non le greggi.
E io…. in quale categoria ho esercitato
e fornito il mio modestissimo contributo
al cambiamento e al rinnovamento?
In quella dei ridicoli.
Ho sempre riso e deriso
tutte le certezze e le affermazioni,
apodittiche o modaiole.
Per dirla in friulano:
“o soi simpri stat
un purcit fur dal cjot.”
( sono sempre stato
un maiale fuori dal porcile).
In latino, che era una lingua di agricoltori,
di allevatori e di pastori ,
si direbbe meglio: sus singularis
(maiale solitario) o ex grege (egregio)
cioè fuori dal gregge.
Senza puzza d’incenso, né saccenteria.
E’ stato ed è faticoso. Ma appagante.
Ti diranno che sei un pazzo,
solo perché loro non avranno
mai il coraggio di fare
quello che fai tu.
…..l’umiltà di non sentirsi
superiori a nessuno,
il coraggio di affrontare
qualsiasi situazione
e la saggezza di tacere
davanti alla stupidità
di certe persone….
Francesco Bergoglio Papa.
Il segreto della FELICITA’ è la LIBERTA’.
Il segreto della LIBERTA’ è il CORAGGIO.
Tucidide.
Quando tutto
sembra essere contro,
ricorda che l’aereo
decolla contro vento.
Henry Ford.
I codardi muoiono molte volte
prima della loro morte.
I valorosi muoiono solamente
quando incontrano la loro morte.
William Shakespeare.
Il coraggio è resistenza alla paura,
e dominio della paura,
ma non assenza di paura.
Mark Twain.
Non ammiro il coraggio dei domatori:
chiusi in gabbia,
sono al riparo dagli uomini.
G.B.Shaw.
Memento audere semper. Ricordati di osare sempre.
D’Annunzio.
Do things you never thought possible.
Fa’ cose che mai avresti pensato possibili.