Saper ascoltare significa
possedere, oltre al proprio,
anche il cervello altrui.
Leonardo da Vinci.
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
Saper ascoltare significa
possedere, oltre al proprio,
anche il cervello altrui.
Leonardo da Vinci.
A proposito di Alzheimer ….
parlando di CERVELLO, sapete cosa dicono gli Inglesi?
USE IT
OR
LOSE IT.
O lo usi
o
lo perdi.
Relazione tra convenzioni, bias cognitivi e abitudini.
Il bias cognitivo (pronuncia inglese [ˈbaɪəs]) o distorsione cognitiva è un pattern (modello) sistematico di deviazione dalla norma o dalla razionalità nei processi mentali di giudizio. In psicologia indica una tendenza a creare la propria realtà soggettiva, non necessariamente corrispondente all’evidenza, sviluppata sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque a un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio.
I bias cognitivi sono forme di comportamento mentale evoluto: alcuni rappresentano forme di adattamento, in quanto portano ad azioni più efficaci in determinati contesti, o permettono di prendere decisioni più velocemente quando maggiormente necessario; altri invece derivano dalla mancanza di meccanismi mentali adeguati, o dalla errata applicazione di un meccanismo altrimenti positivo in altre circostanze. Questo fenomeno viene studiato dalla scienza cognitiva e dalla psicologia sociale.
L’etimologia del termine bias è incerta: in italiano arriva dall’inglese, col significato di “inclinazione”, ma a sua volta discende dall’antico francese biais e ancora prima dal provenzale, col significato di “obliquo” o “inclinato”.
Il bias è una forma di distorsione della valutazione causata dal pregiudizio. La mappa mentale di una persona presenta bias laddove è condizionata da concetti preesistenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici e validi.
Il bias, contribuendo alla formazione del giudizio, può quindi influenzare un’ideologia, un’opinione e un comportamento. È probabilmente generato in prevalenza dalle componenti più ancestrali e istintive del cervello.
Dato il funzionamento della cognizione umana, il bias non è eliminabile, ma si può tenerne conto “a posteriori” (per esempio in statistica e nell’analisi sperimentale) o correggendo la percezione per diminuirne gli effetti distorsivi.
Un’applicazione alla sociologia è il modello di propaganda, che vuole spiegare le distorsioni (dette media bias) delle notizie nei mezzi d’informazione.
In ogni momento della vita l’individuo deve utilizzare le proprie facoltà cognitive per decidere cosa fare o per valutare la situazione che ha di fronte. Questo processo è influenzato direttamente dai seguenti fattori:
Se da una parte questi fattori consentono di prendere una decisione in tempi piuttosto brevi, dall’altra ne possono minare la validità.
La correttezza può dipendere da ulteriori fattori, tra cui, ad esempio, il tempo disponibile per acquisire informazioni o per prendere una decisione.
Ogni persona cerca di valutare la situazione presente in funzione delle esperienze passate, omettendo le differenze ove possibile, al fine di poter riutilizzare gli stessi criteri adottati in una situazione passata simile. Omettere tali differenze può essere determinante nell’invalidazione della valutazione finale.
L’individuo tende a omettere certi parametri se nella sua cultura di appartenenza tali aspetti sono visti come tabù, mentre tenderà ad esaltare il ruolo di quelli che sono ritenuti valori positivi.
Il cervello agisce sulla base di mappe o schemi mentali validi per affrontare larga parte delle situazioni. Esiste, però, un certo numero di situazioni che possono essere affrontate correttamente solo uscendo dalle mappe mentali consolidate. L’individuo che si limita a utilizzare tali mappe cade in errore quando affronta nuovi scenari.
La paura di prendere la decisione errata può portare a prendere la decisione errata, per il famoso paradosso della profezia che si autoavvera.
L’ancoraggio è un metodo euristico psicologico che descrive la propensione a prendere decisioni basandosi sulle prime informazioni trovate. Secondo questo metodo, gli individui cominciano da un punto di riferimento implicito (l’àncora) e vi fanno aggiustamenti per raggiungere la propria valutazione. Per esempio, il primo prezzo offerto per un’automobile di seconda mano imposta lo standard per il resto della negoziazione, nel senso che un prezzo inferiore sembra ragionevole anche se è comunque superiore al valore dell’automobile. Oppure una caratteristica da considerare diventa talmente dominante in un tutto più ampio tale da informare tutte le sue parti: ad esempio una persona non viene considerata per la sua interezza ma in quanto donna, uomo, nero, bianco, criminale, poliziotto, prima di qualsiasi altra cosa si possa pensare di questa.
L’ancoraggio influisce sul processo decisionale nelle negoziazioni, nelle diagnosi mediche e nelle sentenze giudiziarie.
L’apofenia, nota anche come patternicity, o agenticity, è la tendenza umana a percepire pattern significativi tra dati casuali. L’apofenia è ben documentata come razionalizzazione per il gioco d’azzardo. I giocatori d’azzardo immaginano di vedere pattern nei numeri che compaiono in lotterie, giochi di carte o roulette. Una delle manifestazioni di questo fenomeno si chiama gambler’s fallacy.
La pareidolia è la forma visiva o uditiva dell’apofenia. Si è ipotizzato che la pareidolia combinata con la ierofania fosse d’aiuto nelle società antiche a organizzare il caos e limitare l’entropia al fine di rendere intelligibile il mondo.
Il bias di conferma è un fenomeno cognitivo al quale l’essere umano è soggetto. È un processo mentale che consiste nel selezionare le informazioni possedute in modo da porre maggiore attenzione, e quindi maggiore credibilità, su quelle che confermano le proprie convinzioni e, viceversa, ignorare o sminuire quelle che le contraddicono.Questo processo, se abilmente sfruttato, è uno strumento di potere sociale, in quanto può portare un individuo o un gruppo a negare o corroborare una tesi voluta, anche quando falsa. A tal proposito può farsi riferimento al concetto di argomento fantoccio.
Un altro tipo di bias cognitivo è lo hindsight bias (Bias del senno di poi), che consiste nell’errore del giudizio retrospettivo. Lo hindsight bias è la tendenza delle persone a credere, erroneamente, di aver saputo prevedere un evento correttamente, una volta che l’evento è ormai noto. Il processo si può sintetizzare nell’espressione: “Ve l’avevo detto io!”. Nella cultura popolare questo processo ha preso forma, nel tempo, con il proverbio “Del senno di poi son piene le fosse”.
Con “bias di risultato” s’intende la tendenza a rileggere il passato sulla base di conoscenze acquisite in momenti successivi che modificano la qualità della visione di quello stesso passato.
Se un argomento è supportato da dettagli con informazioni vere e magari importanti, ma non pertinenti o legate all’argomento, questo viene valutato più convincente. Si tende cioè a considerare implicitamente una qualche forma di correlazione con le informazioni vere aggiuntive anche quando, a pensarci bene, non c’è.
Bias di memoria
Esistono molti tipi di bias di memoria, tra cui:
Nella scienza sperimentale e applicata, i bias costituiscono dei fattori psicologici che intervengono nella verifica delle ipotesi, influenzando ad esempio la registrazione dei risultati. Possono essere d’origine culturale, cognitiva, percettiva, e tendono in particolare a confermare una certa previsione al di là di quella che può essere l’evidenza.
Il bias può essere considerato come un errore sistematico. Nelle pubblicazioni scientifiche si cerca di escludere queste distorsioni tramite la revisione specialistica (detta peer review).
Molte ricerche scientifiche, soprattutto nel campo delle scienze sociali, sono viziate dal fatto che i risultati dei test rappresentano solo una piccola fetta di popolazione mondiale, chiamata con l’acronimo WEIRD (Western, Educated, Industrializated, Rich, Democratic), ovvero persone occidentali, istruite, ricche e democratiche. Tale distorsione prende il nome di WEIRD bias.
Il meccanismo del bias può essere utilizzato al fine di ottenere un vantaggio nella negoziazione e/o nella vendita. Il settore della pubblicità si basa largamente sull’uso di bias piuttosto che sulle reali capacità dei prodotti offerti.
Il negoziatore o il venditore possono far cadere il cliente in una trappola cognitiva utilizzando tecniche che fanno leva sui fattori di bias. Al fine di indurre il cliente a cadere in trappola, il venditore può accorciare i tempi, fare leva sul contesto culturale e sulle credenze del compratore e fornire informazioni addizionali, non sempre veritiere, che hanno lo scopo di oscurare le informazioni già a disposizione del compratore.
Anche le truffe ai danni delle persone anziane si basano sull’innesco di trappole cognitive. Gli anziani tendono infatti a essere più soggetti a cadere nel bias, a causa della minore adattabilità dei processi cognitivi.
La peggiore violenza contro l’uomo
è la degradazione dell’intelletto.
Elsa Morante.
Ricevo da Giuliana e…. diffondo.
A PROPOSITO DI …. CERVELLO.
Questa è per noi !!!!
Il direttore della George Washington University School of Medicine sostiene che il cervello di una persona anziana è molto più pratico di quanto si creda comunemente.
A questa età, l’interazione degli emisferi destro e sinistro del cervello diventa armoniosa, il che espande le nostre possibilità creative. Ecco perché tra le persone con più di 60 anni puoi trovare molte personalità che hanno appena iniziato le loro attività creative.
Naturalmente, il cervello non è più veloce come in gioventù. Tuttavia, guadagna in flessibilità. Pertanto, con l’età, è più probabile che prendiamo le decisioni giuste e siamo meno esposti alle emozioni negative. Il picco dell’attività intellettuale umana si verifica intorno ai 70 anni, quando il cervello inizia a funzionare a pieno regime.
Nel tempo aumenta la quantità di mielina nel cervello, una sostanza che facilita il rapido passaggio dei segnali tra i neuroni.
Per questo motivo, le capacità intellettuali aumentano del 300% rispetto alla media.
Interessante anche il fatto che dopo 60 anni una persona può utilizzare 2 emisferi contemporaneamente. Ciò consente di risolvere problemi molto più complessi.
Il professor Monchi Uri, dell’Università di Montreal, ritiene che il cervello del vecchio scelga la strada che consuma meno energia, elimina il superfluo e lascia solo le giuste opzioni per risolvere il problema. È stato condotto uno studio che ha coinvolto diverse fasce di età. I giovani erano molto confusi quando affrontavano i test, mentre quelli con più di 60 anni prendevano le decisioni giuste.
Ora, diamo un’occhiata alle caratteristiche del cervello tra i 60 e gli 80 anni. Sono davvero rosa.
CARATTERISTICHE DEL CERVELLO DI UNA PERSONA ANZIANA.
1. I neuroni nel cervello non muoiono, come dicono tutti intorno a te. Le connessioni tra di loro semplicemente scompaiono se non ci si impegna nel lavoro mentale.
2. La distrazione e l’oblio sorgono a causa di una sovrabbondanza di informazioni. Pertanto, non è necessario che tu concentri tutta la tua vita su sciocchezze inutili.
3. A partire dai 60 anni, una persona, quando prende decisioni, non usa un singolo emisfero, come i giovani, ma entrambi.
4. Conclusione: se una persona conduce uno stile di vita sano, si muove, svolge un’attività fisica praticabile ed è pienamente attiva mentalmente, le capacità intellettive NON diminuiscono con l’età, semplicemente CRESCONO, raggiungendo un picco all’età di 80-90 anni.
Quindi non aver paura della vecchiaia. Sforzati di svilupparti intellettualmente. Impara nuovi mestieri, fai musica, impara a suonare strumenti musicali, dipingi quadri! Danza! Interessati alla vita, incontra e comunica con gli amici, pianifica il futuro, viaggia come meglio puoi. Non dimenticare di andare in negozi, caffè, spettacoli. Non stare zitto da solo: è distruttivo per chiunque. Vivi con il pensiero: tutte le cose belle sono ancora davanti a te!
FONTE: New England Journal of Medicine.
Trasmetti queste informazioni alla tua famiglia e ai tuoi amici tra i 60, i 70 e gli 80 anni in modo che possano essere orgogliosi della loro età 😉
N.d.R. : Obiettivamente, non posso che confermare queste teorie recenti ed un po’ controcorrente. A partire dall’età della pensione, ho registrato in me un rigurgito di attività cerebrali, specialmente di tipo creativo. Ho imparato da solo a suonare la chitarra, ho cominciato a scrivere di tutto e di più su questo BLOG, cose che mai mi sarei sognato di fare in precedenza. E, soprattutto, mi è aumentata la brama di conoscere ed assaporare novità e stimoli di ogni tipo e natura, con una curiosità proporzionale alla quantità di tempo che ho a disposizione: tanta.
Quando sei giovane, sembra che la vita ti sfugga dalle mani, come sabbia dalle tue dita: non ti resta un gran che. Sembra che sia la vita che ti divora il tempo, in pensieri, emozioni ed attività che è lei stessa a gestire e dispensare. Quando, come ora per me, il tempo lo gestisci tu, ti accorgi che la classifica delle priorità e delle importanze è tutta cambiata: i valori, i ritmi, le scadenze, gli approcci e le conseguenze sono molto più intrinsecamente vicini alle loro reali carature, non alterati da una compressione artificiale, indotta e, a volte, truffaldina, che la scarsità del tempo instaura inevitabilmente.
Non c’è peggior condanna,
per l’animo umano,
che vivere all’insaputa
di se stessi.
Che cos’è
il tuo telefono cellulare
se non
il tuo ciuccio digitale?
Segnalato da mio figlio Alexis
T H E S O C I A L D I L E M M A
Nothing vast enters
the life of mortals
without a curse.
Sophocles
Niente di vasto entra
nella vita dei mortali
senza una maledizione.
Sofocle.
Il Docufilm THE SOCIAL DILEMMA getta una luce sull’influenza che YOUTUBE, FACEBOOK,TWITTER ed altri Social Media Networks – e, per estensione, i loro algoritmi – hanno sulla vita dei loro utenti.
Il filmato critica il modo in cui gli algoritmi, progettati per predisporre gli utenti alla pubblicità, hanno condotto a gravi problemi sociali, come il sensazionalismo e la polarizzazione.
Come disse Sofocle: “Niente di vasto entra nella vita dei mortali senza una maledizione” ed ora, il conseguimento di guadagni a breve termine dei Social Media ci ha caricato addosso il “dilemma sociale” di una cultura che è impossibile da sostenere.
Se non stai pagando
per il prodotto,
allora il prodotto
sei tu.
F R I E D R I C H N I E T Z S C H E.
Nelle parole di un altro scrittore filosofo, Marcello Veneziani.
Quando morì, il 25 agosto del 1900, Friedrich Nietzsche era già morto da una decina d’anni. La sua mente aveva cessato di pensare, sragionava, era entrata nella sacra oscurità della follia. Ma la sua morte, all’esordio del Novecento, gli spalancò il secolo in cui fu il più influente pensatore, non solo e non tanto nelle ideologie e nei rivolgimenti storici, ma nella svolta antropologica e nell’affiorare delle pulsioni latenti dell’umanità. Perché Nietzsche non è stato solo un filosofo, da capire e da studiare, ma è stato soprattutto una guida per trasformare se stessi e il mondo, più di Marx e Freud.
Nietzsche fu prima considerato poeta del pensiero, letterato aristocratico, amato da altri letterati, come da noi D’Annunzio. Poi fu scoperto in chiave politica, e tra i primi vi fu il giovane socialista Mussolini. Che nel nome di Nietzsche viaggiò dal socialismo alla nascita del fascismo. Poi fu eletto, con la complicità della sorella e di suo cognato, padre putativo del nazismo. Dopo la guerra, Nietzsche riapparve nel pensiero occidentale come tentazione irrazionale, pura dinamite; fino a diventare lo scopritore delle energie vitali della terra e dell’uomo, la vita che primeggia sulla ragione, l’impulso estetico e biologico che domina sulla ratio scientifica e filosofica, l’infanzia e il gioco che prendono il sopravvento sulla maturità e il calcolo. Per lui si può coniare una nuova definizione: non filosofo ma biosofo, scopritore delle sorgenti sanguigne della vita. Nel nostro tempo nasce il superuomo di massa e sfiora il delirio estetico e dionisiaco, tra sesso, fumo e trasgressione. È lui il cattivo maestro, il deicida per eccellenza, il filosofo della Morte di Dio e dell’avvento del nichilismo. Eccolo il distruttore di tutti i valori nel nome della superba energia della vita e dell’arte, scatenata dal pericolo.
Ma non si può attribuire a quell’asceta gentile il catalogo degli errori e degli orrori del nostro tempo, dal Novecento ai giorni nostri. Nietzsche ha acceso gli animi, turbato le menti, reso intrepidi i cuori. Ma conservando l’innocenza tragica e giocosa del suo pensare. E come le fontane di cui aveva scritto non possono impedire di essere sporcate dai passanti così accadde al suo pensiero; ma grazie alla sua fluente profondità “poi torneremo di nuovo limpidi”.
Lui stesso disse che “mi si comincerà a comprendere nel Novecento ma mi si comprenderà appieno solo a partire dal terzo millennio”. Siamo ai primi passi.
Il suo pensiero va oltre la storia e i suoi scenari, la sua stessa idea di Grande Politica mira a oltrepassare la storia e l’umanità del suo tempo. Nietzsche poi non uccide Dio ma descrive la morte del cristianesimo nella nostra epoca. Anche del nichilismo Nietzsche è sismografo e profeta; non lo invoca, lo vede e lo prevede.
Benedetto XVI indicò in Nietzsche il profeta dell’ateismo e del nichilismo, del rifiuto superbo dell’umiltà e dell’obbedienza; ma il Papa poi disse che sono più vicini a Dio i non credenti irrequieti, piuttosto che i credenti di routine. In questa luce, Nietzsche sarebbe più vicino a Dio rispetto ai farisei e ai credenti spenti che seguono la fede per forza d’inerzia. E fu questa, del resto, l’idea di pensatori cristiani come Max Scheler e Gustave Thibon, ma anche Sciacca e Del Noce che non videro Nietzsche nella luce sinistra dell’Anticristo.
Quanto al superuomo di massa della nostra epoca, vaghi sono i legami tra Zarathustra e Superman, tra Dioniso e Vasco Rossi o Jim Morrison, tra il filosofo dell’Amor fati ( Amor fati è una locuzione latina che si traduce con “l’amore del fato”: una concezione del destino trattata dallo stoicismo che riprendeva l’antica visione della circolarità della storia ).o l’asceta dell’Eterno Ritorno e i Rambo, i Palestrati, i Tycoon della finanza e dell’industria, o alcuni feroci satanisti della cronaca nera. E scarsi sono i legami tra il suo superuomo e il transumanesimo. (Il transumanesimo, o transumanismo, a volte abbreviato con >H o H+ o H-plus, è un movimento culturale che sostiene l’uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive e migliorare quegli aspetti della condizione umana che sono considerati indesiderabili, come la malattia e l’invecchiamento, in vista anche di una possibile trasformazione post umana).
La volontà di predominio esaltata da Nietzsche non basta a spiegare la natura umana, accanto ad essa vibrano altre volontà, anche opposte: per esempio, la volontà di annientarsi, che poi Freud chiamerà istinto di morte, pulsione suicida; la volontà di trascendersi in una dimensione superiore ed impersonale; la volontà di amare e perfino di annullarsi nell’amare; e sotto tutte, la più umile e primaria volontà di vivere, che aveva descritto Schopenhauer precursore della biosofia nietzschiana. Nietzsche è un moralista, dice il mio amico e suo traduttore Sossio Giametta.
Nietzsche è stato a lungo inchiodato a una citazione, “Non esistono fatti ma interpretazioni” che sarebbe il riassunto cinico di un’epoca che nega la verità, la realtà, e insieme nega le regole, per affidarsi solo all’arbitraria soggettività. In realtà, Nietzsche in quel passo polemizzava col positivismo del suo tempo e il feticismo dei fatti; intendeva negare che i fatti isolati dal contesto, dalle cause e dai soggetti che li vivono, potessero da soli spiegare la realtà. Perfino San Tommaso, maestro di metafisica e realismo, dice che la verità è il combaciare di intelletto e realtà, non basta la sola fisica dei fatti a spiegare la vita e il mondo.
Se dunque non è il superuomo, o meglio l’oltreuomo, come dice Vattimo, se non è l’Anticristo, qual è allora la chiave nefasta del nietzscheanesimo? È la volontà di potenza, ma quel delirio di dominio è proprio quel che più unisce Nietzsche alla parabola occidentale, dal predominio al nichilismo fino alla società globale dell’ultimo uomo. Nella Volontà di Potenza Nietzsche non è originale ma diventa l’altoparlante dell’hybris moderna. (Hybris : presso gli antichi Greci, l’orgogliosa tracotanza che porta l’uomo a presumere della propria potenza e fortuna e a ribellarsi contro l’ordine costituito, sia divino che umano, immancabilmente seguita dalla vendetta o punizione divina ( tísis ): concetto di fondamentale importanza in alcuni scrittori greci, specialmente in Eschilo. Hybris (ˈhyːbris, in greco antico: ὕβϱις, hýbris) è un topos (tema ricorrente) della tragedia e della letteratura greca, presente anche nella Poetica di Aristotele. Significa letteralmente “tracotanza”, “eccesso”, “superbia”, “orgoglio”).
Nietzsche non invoca la distruzione dei valori ma la loro trasvalutazione e aggiunge un’osservazione decisiva: in mancanza di valori tocca a noi essere valorosi, cioè caricarci sulle nostre spalle tutto il peso della perdita di valori. Titanismo tragico per un soggetto destinato a tramontare. Alla fine non è la storia ad accogliere la sua visione ma la natura, il ritmo del cosmo, l’eterno ritorno dell’universo. L’innocenza tragica e giocosa di Nietzsche, biosofo.
MV, La Verità
Segnalato da mio figlio Alexis
La mancanza di razionalità, nell’affrontare
molti temi e fenomeni sconosciuti o insoliti,
è comune e frequente a causa di un errore
cognitivo della mente umana.
La mente umana si rifiuta di prendere
in seria considerazione tutte le ipotesi
che sono in eccessiva dissonanza
con i propri precetti morali.
È, quindi, un errore causato
dalla distorsione morale del giudizio.
Roberto Quaglia.
(N.d.R. : insomma, tutto ciò che non ci piace o è non attendibile o è falso.
Specularmente, solo ciò che ci piace potrebbe essere vero e credibile.
Su questa lacuna cognitiva della mente umana, sono basati atteggiamenti fideistici e comportamenti come il negazionismo e la credulità).
Il cervello è più attivo
quando cerca idee
che non richiedono
molto pensiero.
In te, ci sono più domande
che ti vengono alla mente,
o più certezze che ti coltivi?
Chiedilo alla tua coscienza
e, nel caso che si verifichi
la seconda delle due ipotesi,
prendi seri provvedimenti:
il tuo cervello sta invecchiando.
IL CERVELLO È PIÙ GRANDE DEL CIELO
Sto leggendo il libro che ha questo titolo, scritto in stile niente affatto accademico o strettamente scientifico, dal Prof. Giulio Maira, un luminare di fama internazionale, uno dei più insigni neurochirurghi Italiani.
Ne riporto alcuni brani, semplici ed istruttivi, sperando di trovare qualche lettore interessato come me a questo affascinante mistero che è il cervello umano.
Diamo i numeri.
Il cervello umano è l’organo più meraviglioso e misterioso dell’universo; è la struttura più complessa dell’intero sistema solare conosciuto.
Per descrivere la composizione di quest’organo, dobbiamo usare cifre da capogiro. Consta di quasi 100 miliardi di neuroni (per la precisione, 86 miliardi, dicono gli esperti che li hanno contati) : è la cosiddetta sostanza grigia, capace di realizzare milioni di miliardi di connessioni. Il neurone è l’unità cellulare che costituisce il tessuto nervoso, il quale concorre alla formazione del sistema nervoso, insieme alle Cellule della neuroglia e al tessuto vascolare. Grazie alle sue peculiari proprietà fisiologiche e chimiche è in grado di ricevere, elaborare e trasmettere impulsi nervosi sia eccitatori che inibitori, nonché di produrre sostanze denominate neurosecreti.
In un cervello umano adulto, vi sono più di 150 mila miliardi di sinapsi (Le sinapsi sono i punti di contatto tra due cellule nervose e servono per propagare gli impulsi nervosi).
Gli assoni, le lunghe fibre di connessione tra le cellule, le superstrade del cervello, costituiscono la sostanza bianca: coprono una lunghezza totale di circa 160.000 Km, più di un terzo della distanza dalla Terra alla Luna, quattro volte la circonferenza della Terra all’Equatore.
Si pensa che il cervello possa eseguire fino a 38 miliardi di operazioni al secondo!
Tutto questo con un consumo di 15 watt l’ora, meno del consumo di una vecchia lampadina a incandescenza. Nessun computer al mondo, almeno finora, è in grado di batterci.
La quantità di sinapsi che sono dentro la nostra testa è incredibile.
Se il numero di neuroni è 10 elevato alla 11, quello delle sinapsi è di 10 elevato alla 16. In ogni istante, in ogni cervello umano, milioni di impulsi elettrici sfrecciano lungo gli assoni fino a 480 Km orari, mentre quantità innumerevoli di sostanze chimiche, i neurotrasmettitori(*), saltano da una cellula all’altra mandando informazioni.
Ogni notte, durante il sonno, le migliaia di miliardi di sinapsi della nostra corteccia si riducono di circa il 20%. Si tratta di una operazione solo apparentemente dissennata: il taglio è indispensabile per evitare che il cervello raggiunga un ingolfamento informativo. Così, invece, la mattina dopo, rimosso quel che è stato ritenuto meno importante, si è pronti a far tesoro di nuove esperienze e ad imparare tante cose nuove.
Come da tutto questo incredibile, apparente caos, come da tuta questa materia grezza possa scaturire un pensiero intelligente, è uno dei misteri più grandi dell’universo.
(*) I neurotrasmettitori presenti nel nostro sistema nervoso e collegati ai circuiti neuronali sono tanti. Ne sono stati scoperti, finora, più di un centinaio.
Ne segnalo solo alcuni:
la dopamina: agisce nella regolazione del movimento e nei meccanismi del piacere;
l’adrenalina (o epinefrina): svolge un’ azione eccitatoria, con effetti sul risveglio e sull’attenzione;
la serotonina: importante per la regolazione dell’umore, dell’impulsività e dei meccanismi del sonno;
l’acetilcolina: il neurotrasmettitore più abbondante nel cervello umano, è mediatore di vie nervose implicate nella trasmissione di segnali motori verso i muscoli scheletrici, nell’attivazione cerebrale e agisce su movimento, memoria, motivazione e sonno;
le endorfine: utili per la sopportazione del dolore, vengono rilasciate durante un esercizio fisico, un’attività sessuale, o quando si prova dolore;
l’ossitocina: oltre ad avere un ruolo importante nel momento del travaglio e dell’allattamento, è considerata l’ormone della fedeltà e dell’amore, importante per la costruzione di legami sentimentali.
Essendo in grado di modulare le informazioni che viaggiano attraverso i miliardi di percorsi cerebrali, queste molecole esercitano un potente effetto sull’umore, le emozioni, i pensieri e gli stati mentali.
Questo dato permette di fare un aggancio con un argomento di estrema importanza, cioè quello dell’effetto che le droghe e l’alcol hanno sul cervello.
Se consideriamo, infatti, che le droghe, essendo sostanze chimiche, agiscono proprio legandosi ai recettori dei neurotrasmettitori e alterando il corretto funzionamento della trasmissione delle informazioni, che di conseguenza vengono distorte, capiamo quanto il loro uso possa modificare il normale funzionamento del cervello.
Nel corso della sua lunga evoluzione, il cervello umano ha sviluppato una capacità straordinaria ed affascinante, quella di “inglobare la sua storia”, di custodire, quasi fosse un museo, i resti di tutte le fasi di una evoluzione avvenuta nel corso di milioni di anni e che, come ultimo atto, ha visto lo sviluppo della corteccia cerebrale che ha avvolto, anteriormente ed all’esterno, le strutture nervose preesistenti.
Questo percorso evolutivo ha plasmato un organo che, invece di trasformarsi in qualcosa di differente da quello che era, si è ampliato sviluppando nuove e più complesse funzioni, senza perdere quelle di cui già disponeva.
Nella configurazione attuale del nostro cervello possiamo quindi riconoscere sia le strutture più antiche, altamente specializzate in funzioni vitali e nell’elaborazione di emozioni, sia quelle più recenti, capaci di complesse operazioni intellettive.
La cosa affascinante è che, nello sviluppo del cervello di ognuno di noi, dall’embrione all’età adulta, grosso modo viene seguito lo stesso percorso: il cervello si sviluppa allargandosi e proiettandosi in avanti, ripercorrendo, in un brevissimo tempo, gli stadi succedutisi in millenni di lenti e continui cambiamenti. Anche dopo la nascita, il lento completamento del cervello inizia da quello più antico e, solo alla fine, la corteccia, il cervello più recente, raggiunge la sua maturità.
Ripercorrendo le diverse tappe dell’evoluzione, possiamo schematicamente dividere il cervello in tre parti.
La prima, risalente a circa 500 milioni di anni fa, è costituita dalle strutture più antiche ed è, in pratica, identica a quella dei rettili.
Si trova nella parte posteriore e centrale del cervello e comprende il tronco dell’encefalo, il cervelletto e i nuclei della base. In essa troviamo le strutture che permettono al cuore di batter e ci consentono di respirare, quelle che regolano i nostri stati di veglia e di sonno, che percepiscono gli sbalzi di temperatura e il senso della fame, che ci permettono di muoverci in modo coordinato.
In altri termini, queste strutture antiche controllano funzioni necessarie per la sopravvivenza e lo fanno senza mai fermarsi, ma in modalità completamente automatica; nessuno di noi si pone il problema di dover respirare o di modificare il battito del proprio cuore. Nel progredire dell’evoluzione da rettili a mammiferi, il cervello è diventato più complesso ed ha sviluppato strutture completamente nuove, quali il sistema limbico, sviluppatosi tra 200 e 300 milioni di anni fa al centro del cervello e sopra le strutture più antiche, quasi ad avvolgerle. Questa parte del cervello contiene le aree deputate all’elaborazione delle emozioni e al controllo dei comportamenti. Per gli animali che vivono in gruppi sociali, come le scimmie, svolge un ruolo importantissimo.
Le aree più importanti che lo costituiscono sono:
l’ippocampo, porta d’ingresso della memoria;
l’amigdala, il luogo in cui nascono le emozioni;
il talamo, una sorta di stazione di ritrasmissione, che raccoglie i segnali degli organi dei sensi e li spedisce alle varie regioni della corteccia;
l’ipotalamo, regolatore della temperatura corporea, del ritmo sonno-veglia, della fame, della sete e di alcuni aspetti della riproduzione e del piacere.
Tutte queste strutture costituiscono il cervello emotivo e si attivano per evitare situazioni sgradevoli (minacce, pericoli,eventi che ci incutono paura) o per cercare e perseguire emozioni piacevoli (nutrirsi, stare con persone che ci fanno sentire sicuri, che ci dimostrano affetto, che ci piacciono).
La terza e più recente regione del cervello umano, quella razionale che controlla i comportamenti più evoluti è la corteccia cerebrale, la neocortex, lo strato più esterno dell’encefalo, comparso circa 100.000 anni fa.
L’area più coinvolta in questa evoluzione è la corteccia prefrontale, la parte più razionale del nostro cervello. Negli uomini, la neocortex, nonostante sia sottile quanto un fazzoletto, è particolarmente sviluppata: corrisponde all’80 per cento circa della massa cerebrale ed è assai convoluta e ripiegata su se stessa.
Queste pieghe rappresentano la soluzione ad un problema evolutivo: come disporre all’interno della scatola cranica, in modo poco ingombrante, i quasi 2 metri quadrati che misura la corteccia una volta spiegata. Piegandola e ripiegandola, creando i solchi e le fessure, che a loro volta costituiscono le circonvoluzioni e i lobi, la natura ha fatto sì che il cranio potesse contenerla.
In questo modo, la natura, nel corso di una lunga e lenta evoluzione, ha salvato le strutture antiche ed ha acquisito nuovi dispositivi senza sconvolgere quelli precedenti. Ha, innanzitutto, assicurato la sopravvivenza dell’individuo, difficile nel suo habitat primordiale; ha poi sviluppato le emozioni per dare una connotazione positiva ad azioni essenziali per la sopravvivenza, quali soddisfare la fame, la sete, la riproduzione sessuale; alla fine, e al vertice del processo di evoluzione e maturazione, ha creato le funzioni razionali superiori, quelle che distinguono gli esseri umani dagli altri animali e ci permettono di avere coscienza di noi stessi, di comunicare, di ragionare, di metterci nei panni degli altri o di prendere decisioni basate sul pensiero più logico o intuitivo.
Pur essendo tutte e tre queste parti strettamente collegate da un’intricata rete di autostrade neuronali, vi sono differenze importanti nel loro modo di interagire. La parte di cervello più antico, quella del cervelletto e del tronco cerebrale, nel suo funzionamento è autonoma e, benché le sue funzioni siano vitali, solitamente non si ha consapevolezza del suo operare. Le altre due parti, quella emotiva e quella razionale, invece, interagiscono continuamente in un modo di rilevante importanza per l’evoluzione della specie umana.
Viene da domandarsi se quello che vediamo adesso sia il risultato finale, definitivo, dell’encefalo, o se, anche noi, non rappresentiamo che una tappa intermedia nell’evoluzione del genere umano, alla quale seguirà un’ulteriore evoluzione del cervello con l’acquisizione di capacità oggi impensabili, tali da permetterci di entrare in quel mondo misterioso che oggi non conosciamo, di fare luce in quella oscurità che avvolge ciò che ancora non sappiamo.
Certamente il cervello si evolve ed è logico pensare che si evolverà ancora.
Tuttavia, come sarà il cervello dei secoli futuri, oggi non ci è dato saperlo.
IL CERVELLO È PIÙ GRANDE DEL CIELO (continua)
“…il cervello è misterioso, straordinario e complesso come l’universo che ci circonda, da esso proviene tutto ciò che ci caratterizza come esseri umani.
Da tutti i neuroni, le fibre che li connettono e le sinapsi che, con i neurotrasmettitori, ne permettono il funzionamento, dipende la qualità della vita dell’individuo, quella che ognuno di noi percepisce e che si identifica nell’esperienza della bellezza e nei momenti di felicità che la vita ci concede.
Molte sono le aree cerebrali che possono essere coinvolte nel perseguimento di questo obiettivo, ma voglio segnalare alcune strutture che ritengo essenziali.
Si tratta di un neurotrasmettitore, la dopamina, e di tre aree cerebrali, il sistema limbico. la corteccia prefrontale, e un gruppo di neuroni chiamati neuroni specchio, che ci permettono di percepire come propri il movimento e gli stati emozionali provenienti dall’esterno.
La dopamina è il messaggero più importante tra quelli in gioco nei processi emozionali del piacere e della ricompensa; è detta il mediatore chimico del piacere. Tutte le volte che compiamo un’azione che ci dà piacere,quando c’innamoriamo, quando vinciamo una competizione sportiva, quando leggiamo un libro che ci appassiona, quando qualcosa ci rende felici, quando riusciamo ad esprimere la nostra creatività o quando, semplicemente, vediamo una cosa bella, si attiva un meccanismo che porta alla produzione di dopamina e al desiderio di ripetere quell’esperienza che ci ha dato piacere.
Grazie a questo meccanismo, sfruttando la dopamina, la natura ci fa percepire come piacevoli alcuni comportamenti essenziali per la sopravvivenza, quali il mangiare, il bere il riprodursi, e ci fa desiderare di ripeterli. La natura, in altre parole, ha fatto in modo di farci piacere attività che sono fondamentali per la nostra vita e per la riproduzione della specie, attività che sono proprie di tutti gli esseri animali. Immaginiamo cosa sarebbe successo se non ci desse piacere mangiare o bere, o se ci procurasse disgusto avere un’attività sessuale, l’umanità si sarebbe certamente già estinta!
In questo meccanismo di piacere e desiderio, entra prepotentemente un circuito cerebrale primordiale, che è parte del cervello più antico, risalente com’è a milioni di anni addietro, nella storia evolutiva dell’uomo.
È il sistema limbico, deputato al controllo delle emozioni e degli istinti e ancora molto importante per la sopravvivenza umana. Le emozioni sono meccanismi biologici istintivi che ravvivano le nostre esistenze e ci aiutano nei compiti fondamentali della vita: cercare il piacere ed evitare il dolore. Sono quelle che ci spingono a fare la guerra, ma anche l’amore.
In pratica, tutte le volte che sperimentiamo qualcosa di piacevole, si attiva il meccanismo che porta alla produzione di dopamina, e questa va ad accumularsi soprattutto in una piccola area del sistema limbico, il nucleo accumbens, detta il centro del piacere più istintivo. Quando questo nucleo viene coinvolto, i suoi neuroni dopaminergici attivano altre due strutture del sistema limbico che sono l’amigdala, deputata all’elaborazione delle nostre emozioni, e l’ippocampo, sede della memoria, area in cui si formano i ricordi.
L’amigdala (in greco antico significa mandorla, ha infatti questa forma) è la parte del cervello che colora la nostra vita. Da lì partono le sensazioni che proviamo quando ci alteriamo per rabbia, per gelosia, per paura o, anche, per amore; oppure quando ci divertiamo, ridiamo o piangiamo. L’amigdala è fortemente connessa all’ippocampo. Tutto quello che colpisce emotivamente l’amigdala viene trasmesso con forza all‘ippocampo e fissato nelle aree della memoria. In questo modo, si fissa nel ricordo l’esperienza piacevole che la dopamina ha segnalato. Noi memorizziamo meglio tutto ciò che ci emoziona. Basti pensare al film della nostra vita, fatto di avvenimenti, persone, cose che sono rimaste incise nella memoria a lungo termine per la forza che hanno avuto di emozionarci.
Negli animali, questo meccanismo è sufficiente per spingere a ripetere l’esperienza che ha procurato piacere. In noi uomini, che non possiamo lasciare i comportamenti solamente all’istinto, al cervello primordiale, in questo gioco tra piacere e desiderio, tra dopamina e sistema limbico, interviene prepotentemente anche la corteccia prefrontale, sede del raziocinio, del controllo dei comportamenti e dei processi decisionali; il direttore d’orchestra del nostro cervello, quello che caratterizza l’essere umano, rispetto agli altri animali.
La corteccia prefrontale è coinvolta in tutte le operazioni associate all’intelligenza ed è la sede dell’elaborazione della maggior parte del pensiero razionale. Il grande neuropsicologo russo Luria, la definiva “l’organo della civilizzazione”, deputata a controllare le funzioni delle strutture soggiacenti, più antiche, per far sì che la ragione vinca sull’irragionevolezza. Con il coinvolgimento della corteccia prefrontale, oltre che fissare nella memoria il ricordo dell’esperienza piacevole, dell’emozione provata, si dà alla stessa una rappresentazione cognitiva che, se positiva, spinge la nostra mente (e non solo il nostro istinto) a ripetere quell’esperienza.
In questo modo, si ripete il gioco che ha caratterizzato l’evoluzione della specie umana, un gioco fondamentale tra cervello antico (o cervello emotivo) e cervello recente (o cervello razionale) : senza la pressione del sistema limbico e dell’emotività, senza la passione, insomma, la parte nobile del cervello non avrebbe quelle spinte ad agire, ad inventare, non avrebbe, in sostanza, la creatività che ha permesso all’uomo di realizzare tutte le opere che conosciamo.
“Tu chiamale, se vuoi, emozioni!” fa cantare Mogol a Battisti, scrivendo, in una frase, il senso della vita di ognuno di noi.
Con la corteccia cerebrale, insomma, si pensa, si ricorda,, si parla; ma sono le aree più antiche, quelle delle emozioni, che ci danno il batticuore e rendono viva la nostra esistenza.
E in questo, sta un’altra grande differenza tra l’uomo e il computer: nessun computer è in grado di provare emozioni, nessuno scienziato, finora, è stato in grado di dotare un computer di un’amigdala.


