Numero3378.

 

L’ A B I T O    N O N    F A    I L    M O N A C O

 

Una donna stupida,

con un bel vestito,

rimane una donna stupida.

Una donna intelligente,

con un brutto vestito,

al momento può allontanarti.

Poi, quando scopri

che è intelligente,

il vestito non conta più.

 

Giorgio Armani.

 

Lo scrivo in poesia

alla maniera mia:

 

Quando una stupida donna

si mette una bella gonna,

il meglio fra le sottane,

sempre stupida rimane.

 

Se una donna intelligente

veste una cosa da niente,

non conta ciò che s’è messa,

perché lei resta se stessa.

Numero3198.

 

Scovata e segnalata da Rita che me la passa, scompisciandosi dalle risate.

 

VACANZE  DI  NATALE  A  CORTINA

 

Il motociclista e scrittore Roberto Parodi, noto sui social per prendere in giro alcuni costumi e inclinazioni della società moderna, si trova in vacanza a Cortina. Apriti cielo. Su Il Corriere della Sera ha tracciato un ritratto di quanto ha visto e sta vedendo in queste ore: “Cortina resta uno dei luoghi più eleganti e di classe dell’arco alpino ma non posso esimermi dal notare alcune tipologie piuttosto bizzarre. Partiamo dalle coatte italiane: piccolotte e rotondette. Sono arrivate da Ladispoli su una Dacia Sandero stracarica, con due metri cubi di valigie con outfit per ogni evenienza, sono venute a Cortina per colpa dei video di TikTok e delle canzoni del Pagante”.

 

Look decisamente bocciato: “Pelliccione nero palesemente comprato su Shein, capello mesciato, due dita di trucco, labbroni appena revisionati dal chirurgo amico della cugina, unghie da tre centimetri smaltate fuxia fatte dalla cinese sotto casa, leggings aderenti neri lucidi, in testa semi colbacco di pelliccia sintetica, ma quello solo con la fascia per risparmiare, stivaletti da città con suola di cuoio scivolosissimi e camminano una attaccata all’altra tenendosi una all’altra e barcollando per non cadere e ridacchiando scompostamente. Le vedi allo struscio sul corso o all’una del pomeriggio in baita sulle piste a prendere il sole, dove sono arrivate con la funivia perché non sanno sciare. Obiettivo: cercare disperatamente di farsi invitare a qualche festa”. E non è tutto.

“Poi ci sono escort dell’Europa dell’Est: alte, fisicate, aria antipatica, carnagione cadaverica, ciglia finte talmente lunghe che servono anche da ventaglio e fanno ombra. – ha continuato – Outfit: total white, pantaloni aderenti bianchi, maglione bianco, colbacco bianco, guantoni bianchi, moon boot pelosi bianchi, borsa Kelly o Birkin a seconda delle possibilità economiche degli accompagnatori, insomma sembrano la figlia un po’ mignotta di Babbo Natale. Tutto il look è stato comprato nel quadrilatero della moda a Milano, con l’American Express di imprenditore bresciano con la pancetta e la Lamborghini, la cui moglie – all’oscuro di tutto – si trova a Foppolo con i bambini e le amiche del burraco”.

 

E gli uomini? Sempre peggio secondo Parodi: “Una fauna di maranza e tamarri sta invadendo i locali più da giovani e tra molti gentiluomini, risaltano rumorosamente gruppi di tamarri. Tipo quelli che arrivano dalla cintura di Milano e Brianza. (…) Tutti in maglietta nera con mega scritte Balmain e Balenciaga, occhio un po’ pallato per la bamba, braccia in alto, pagano tutto in cash (di provenienza ignota). Ovviamente nessuno sa sciare e sono arrivati in baita con un Hummer o una Mercedes Classe G metallizzata che non sanno guidare e si è impantanata in 10 cm di neve a duecento metri dalla baita. L’hanno lasciata con le luci accese e le porte aperte”. Non c’è speranza.

Numero2736.

 

LA FORMULA DI SOCRATE 

di Cristina Dell’acqua.

 

Fate meditazione? Pensate che sia importante conoscere se stessi? (parliamo spesso di consapevolezza). Dubitate, senza per questo scivolare nel complottismo? Forse non lo sapete, ma siete potenziali discepoli di Socrate. Proprio lui, il filosofo greco.

Per usare un lessico moderno dovremmo dire che era un rompipalle (gli Ateniesi lo definivano un “tafano”), uno che insinua il dubbio, manda al macero le certezze. Un tipo provocatorio. Gentile, ma ribelle. Però più contemporaneo di altri, vicino al nostro presente.

Non ha lasciato niente di scritto. Tutto quello che sappiamo ce lo racconta Platone nei Dialoghi, dall’arte del dubbio alla cura, dall’amore alla condanna a morte con l’accusa di non credere negli Dei tradizionali e di corrompere i giovani. E se fosse arrivato il momento di riscoprirlo?

È l’idea di Cristina Dell’Acqua, appassionata di sperimentazione didattica, che insegna latino e greco al Collegio San Carlo di Milano, con La formula di Socrate, un saggio moderno senza esagerare ( le avevano suggerito di mettere in copertina Socrate con un cellulare e ha detto di no) che rivaluta la “tafanitudine” del filosofo e invita a tirar fuori il meglio di sé.

E allora proviamo a portare la formula di Socrate ai giorni nostri.

Il mondo è cambiato, la provocazione è lo sport nazionale: ne abbiamo ancora bisogno?

Sì, ma come la intendeva il filosofo. La provocazione oggi, non è dubbio, ma urlo, arroganza, egoismo. È marketing. È far parlare di sé, conquistare l’attenzione. Il metodo Socrate è l’opposto: ha la pacatezza delle opinioni, la forza dello spirito critico, senza il punto di vista del partito preso.

Facciamo un esempio?

L’intelligenza artificiale: chi la ama, chi la odia, chi ne ha semplicemente paura senza conoscerla. Piuttosto che scegliere l’opinione di un altro, ragionare, farsene una propria. Non demonizzare i vari Chatbot, ma dar loro valore nella maniera giusta. Non si tratta di saper fare e basta, ma di saper pensare. Uno che ti obbliga a riflettere è fastidioso, ma ti fa crescere, fiorire. Lo dico soprattutto per i ragazzi.

Oggi molti preferiscono diventare influencer per avere seguaci, successo, fama. Come si fa?

Capisco l’idea di appartenenza che rafforza gusto e passioni, ma ecco il “tafano” socratico. TiKTok, Istagram, i social media in genere ti fanno credere di essere sapiente, invece non è così. L’obiettivo dovrebbe essere diventare influencer di se stessi, soggetto e non oggetto, non preda delle mode altrui, non cortigiani, ma prìncipi. Dovremmo avere il coraggio di essere tutti un po’ più fastidiosi, un po’ più “tafani”.
Cerchiamo di essere accomodanti, ma in realtà è il dubbio – e chi invita a esercitarlo – a farti crescere. Dovremmo tirare fuori il filosofo che è dentro di noi. Socrate deve questa immagine alla madre, che faceva la levatrice

N.d.R.: la Maieutica era l’arte della levatrice: come la madre estraeva il parto dal ventre della gestante, così Socrate estraeva le idee dalla mente del giovane interlocutore che questi già aveva in sé, ma che non erano mai state espresse e manifestate, neanche a lui stesso.

Va bene, abbiamo cominciato a dubitare. E dopo?

Invece che verso l’esterno, dobbiamo proiettarci verso l’interno. Il boom di pratiche come mindfulness (consapevolezza) e meditazione ci dicono che ne abbiamo bisogno, che è la via giusta. “Conosci te stesso” era la frase scritta sul frontone del tempio di Apollo a Delfi. Sapere chi siamo, e soprattutto chi non siamo, è la formula dell’equilibrio di ogni esistenza. Altrimenti finiremo per vivere la vita di qualcun altro.

 

 

 

Numero2581.

 

I S T R U Z I O N E   A L   C O N S U M I S M O

 

Sono sempre più di moda

le armi di distrazione di massa.

 

N.d.R.: Le più recenti tendenze dell’indottrinamento consumistico prevedono che il popolo bue venga bombardato da offerte implementate attraverso l’allenamento e l’assuefazione alla DIPENDENZA da ogni forma di consumo. Un esempio su tutti. Una volta i film erano episodi singoli: consumato uno, una volta, bastava. Poi, ci hanno presentato i sequel, cioè la prosecuzione della storia del primo episodio, Qualche rara volta, addirittura, i prequel, cioè ciò che era successo prima dell’episodio proposto. Adesso, in televisione, per il business delle fiction, tutto si propina a furia di SERIAL con una decina di puntate non tutte assieme, all’inizio, ma a distanza di una settimana fra una puntata e l’altra, in modo da stimolare la curiosità di vedere ciò che succede alla prossima puntata. Gran lavoro per la fantasia degli sceneggiatori, ma gran disgrazia per gli utenti che vengono assuefatti alla DIPENDENZA dalla curiosità. Diventeranno, perciò, consumatori perfetti.
Perché le dipendenze, tutte le dipendenze, dal fumo, dall’alcol, dalla droga, dal sesso, dal gioco, dal cibo, dalle mode, dai comportamenti, ecc., si manifestano sempre e soltanto attraverso gli stessi canali neuronali del cervello umano. E quei signori lo sanno, lo sanno bene. Ci stanno istruendo, subdolamente e surrettiziamente, alla schiavitù compulsiva, ossessiva, devastante di stimoli di cui, pian piano, non possiamo più fare a meno.
Ci vogliono drogati. E noi non ce ne accorgiamo.

Numero2436.

 

Relata refero   (Riferisco cose riferite):

 

I O    V I    A C C U S O

 

Barbara d’Urso, Maria De Filippi, Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi e tutta la schiera della vostra bolgia infernale …. io vi accuso.

Vi accuso di essere fra i principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale, della sua corruzione e corrosione morale, della destabilizzazione mentale delle nuove generazioni, dell’impoverimento etico dei nostri giovani, della distorsione educativa dei nostri ragazzi.
Voi, con la vostra televisione trash (immondizia), i vostri programmi spazzatura, i vostri pseudo spettacoli artefatti, falsi, ingannevoli, meschini, avete contribuito, in prima persona e senza scrupoli, al Decadentismo del terzo millennio che, stavolta, purtroppo, non porta con sé alcun valore ma solo il nulla cosmico.
Siete complici e consapevoli promotori di quel perverso processo mediatico che ha inculcato la convinzione di una realizzazione di se stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo.
Avete sdoganato la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazione e riconoscimento sociale, perché i vostri programmi abbondano, con il vostro consenso, di cafoni, ignoranti e maleducati. Avete regalato fama e trasformato in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale.
Rappresentate l’umiliazione dei laureati, la mortificazione di chi studia, di chi investe tempo e risorse nella cultura, di chi, frustrato, abbandona infine l’Italia perché la ribalta e l’attenzione sono per i teatranti dei vostri programmi.

Parlo da insegnante,
che vede i propri alunni emulare esasperatamente gli atteggiamenti di boria, di falsità, di apparenza, di provocazione, di ostentazione, di maleducazione che diffondono i personaggi della vostra televisione;

che vede replicare nelle proprie aule le stesse tristi e squallide dinamiche da reality, nella convinzione che sia questo e solo questo il modo di relazionarsi con i propri coetanei e di guadagnarsi la loro accettazione e la loro stima;

che vede lo smarrimento, la paura, l’isolamento negli occhi di quei ragazzi che, invece, non si adeguano, non cedono alla seduzione di questo orribile mondo, ma per questo vengono ripagati con l’emarginazione e la derisione.

Ho visto, nei miei anni d’insegnamento, prima con perplessità, poi con preoccupazione, ora con terrore, centinaia di alunni comportarsi come replicanti degli imbarazzanti personaggi che popolano le vostre trasmissioni, per cercare di essere come loro. e provo orrore per il compiacimento che trasudano le vostre conduzioni al cospetto di certi personaggi.

Io vi accuso, dunque, perché di tutto ciò siete responsabili in prima persona.

Spero nella vostra fine professionale e nella vostra estinzione mediatica, perché solo queste potranno essere le giuste pene per gli irreparabili danni causati al Paese.

Prof. Marco Galice.

Numero2135.

 

Rita, che è una smanettona, e che mi sa attento e interessato a questi argomenti, mi segnala e mi passa un articolo che le è capitato sotto gli occhi, girovagando per il net.

 

Da AFFARITALIANI. IT  Il primo quotidiano digitale dal 1996

 

“Barbara D’Urso, De Filippi, Signorini: io vi accuso del decadimento italiano”

La lettera di un insegnante, Marco Galice, che attacca alcuni noti personaggi della tv che ritiene i “principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale”

IO VI ACCUSO

“Barbara D’Urso, Maria De Filippi, Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi e tutta la schiera della vostra bolgia infernale… io vi accuso. Vi accuso di essere tra i principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale, della sua corruzione e corrosione morale, della destabilizzazione mentale delle nuove generazioni, dell’impoverimento etico dei nostri giovani, della distorsione educativa dei nostri ragazzi. Voi, con la vostra televisione trash, i vostri programmi spazzatura, i vostri pseudo spettacoli artefatti, falsi, ingannevoli, meschini, avete contribuito in prima persona e senza scrupoli al Decadentismo del terzo millennio che stavolta, purtroppo, non porta con sé alcun valore ma solo il nulla cosmico.

Siete complici e consapevoli promotori di quel perverso processo mediatico che ha inculcato la convinzione di una realizzazione di sé stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo. Questo è il vostro mondo, questo è ciò che da anni vomitate dai vostri studi televisivi.

Avete sdoganato la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazioni e riconoscimento sociale, perché i vostri programmi abbondano con il vostro consenso di cafoni, ignoranti e maleducati. Avete regalato fama e trasformato in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale. Rappresentate l’umiliazione dei laureati, la mortificazione di chi studia, di chi investe tempo e risorse nella cultura, di chi frustrato abbandona infine l’Italia perché la ribalta e l’attenzione sono per i teatranti dei vostri programmi.

Parlo da insegnante, che vede i propri alunni emulare esasperatamente gli atteggiamenti di boria, di falsità, di apparenza, di provocazione, di ostentazione, di maleducazione che diffondono i personaggi della vostra televisione; che vede replicare nelle proprie aule le stesse tristi e squallide dinamiche da reality, nella convinzione che sia questo e solo questo il modo di relazionarsi con i propri coetanei e di guadagnarsi la loro accettazione e la loro stima; che vede lo smarrimento, la paura, l’isolamento negli occhi di quei ragazzi che invece non si adeguano, non cedono alla seduzione di questo orribile mondo, ma per questo vengono ripagati con l’emarginazione e la derisione.

Ho visto nei miei anni di insegnamento prima con perplessità, poi con preoccupazione, ora con terrore centinaia di alunni comportarsi come replicanti degli imbarazzanti personaggi che popolano le vostre trasmissioni, per cercare di essere come loro. E provo orrore per il compiacimento che trasudano le vostre conduzioni al cospetto di certi personaggi.  Io vi accuso, dunque, perché di tutto ciò siete responsabili in prima persona.  Spero nella vostra fine professionale e nella vostra estinzione mediatica, perché solo queste potranno essere le giuste pene per gli irreparabili danni causati al Paese.”

 

N.d.R. Se volete completare il panorama, cliccate sugli altri canali RAI, SKY, TV7, ecc. .
Ce n’è per tutti.

 

Numero2082.

 

M O V I D A   E   C O V I D A

 

  • Movida madrileña – movimento sociale ed artistico diffuso in Spagna dalla fine degli anni settanta con la caduta della dittatura franchista, fino ai primi anni novanta. Il termine movida ha poi via via perso tale connotazione culturale e socio-artistica ed in Italia è stato, ed è tuttora, utilizzato per indicare l’animazione, il “divertimento” e  la vita notturni.

Chiarito il suo significato e ricordata la sua origine, passo alla sua attualità di abitudine e fenomeno di costume e di comportamento largamente diffusi tra i giovani.
È un tipo di socializzazione e di incontro fra ragazzi e giovani che ha luogo, praticamente con cadenza quotidiana, dentro e fuori i locali che promuovono la cosiddetta “happy hour” (ora felice), mescita a prezzi popolari di alcolici a bassa gradazione (il famigerato “aperitivo”, lo “spriz” oppure la “birretta”).
Sul far della sera, seduti intorno ad un tavolino, o in piedi con il bicchiere in mano, centinaia, migliaia di ragazzi consumano i loro drink ed il loro tempo, come in un rito tribale.
E ” mi sovviene” il passo della indimenticabile ode di Giacomo Leopardi, Il passero solitario, là dove recita:
“Tutta vestita a festa,
la gioventù del loco
lascia le case
e per le vie si spande,
e mira ed è mirata
e in cor s’allegra”.

  • Questo accadeva due secoli fa. Perché mai dovremmo adontarci se, anche oggi, i nostri giovani indulgono in questo passatempo? Ma diciamola tutta: a noi anziani, di una generazione largamente superata, che impiegavamo il nostro tempo libero, magari dopo il lavoro, in un secondo lavoro per arrotondare il magro stipendio, oppure per un supplemento o recupero di studi, ovvero per una attività sportiva, e mai senza impegno e fatica, questi ragazzi d’oggi, che non trovano lavoro, ma nemmeno lo cercano, fanno un po’ di tenerezza ma anche di rabbia.
  • Io non lo so, ma sospetto che non di una sola “ora felice” si tratti, non di un bicchiere o due da bere con gli amici.  Mi si dice che le ore che si passano ai bar sono tante, che non si rincasa se non a notte inoltrata, che l’alcool non è controllato e limitato, ma scorre a fiumi, che, arrivata anche l’ora della fame e della cena, si mangiano stuzzichini e manicaretti che la moderna dietetica definisce “junk food” (cibo spazzatura) che, però, forniscono l’alibi per bere ulteriormente.
    A loro piace , alla gente normale, no.

Ecco, dunque, l’istinto di incolpare e condannare i giovani della movida di incontri ravvicinati, di assembramenti pericolosi in questi ultimi tempi di emergenza sanitaria per COVID-19.
Si coglie l’occasione delle restrizioni governative, per censurare e vietare questa abitudine, malvista dalla popolazione comune, in nome della sicurezza collettiva.

E allora, come in una tragedia greca, ecco il coro dei bempensanti, delle beghine, dei tartufi.
“Questa, della movida è una scellerata consuetudine, pericolosa come una droga, da cui si diventa dipendenti per assuefazione, che porta danni alla salute e all’equilibrio della personalità. In essa i giovani…..

le libertà si permettono,

le norme non rispettano,

e in pericolo ci mettono,

eppure non lo ammettono

e su questo non riflettono,

d’infischiarsene non smettono

d’imprudenze che commettono

per il virus che trasmettono.”

 

Ecco, sembra proprio un coro di donne del popolo che, nella tragedia della Grecia classica, cantano recitando il malumore e il dissenso della gente. Così Eschilo, Sofocle, Euripide davano voce all’opinione comune, al plauso o alla riprovazione dei protagonisti..

Così, la MOVIDA è diventata la COVIDA.

Numero1970.

 

IL  SISTEMA  “MODA” : Parla il migliore, GIORGIO  ARMANI.

 

Il  declino del sistema moda, per come lo conosciamo, è iniziato quando il settore del lusso ha adottato le modalità operative del fast fashion con il ciclo di consegna continua, nella speranza di vendere di più…Io non voglio più lavorare così, è immorale”. Inizia così la lettera scritta da Giorgio Armani a WWD Women’s Wear Daily, rivista settoriale punto di riferimento del mondo della moda. Una lettera che ha il valore di una road map per ripartire quando l’emergenza coronavirus sarà superata e ci sarà bisogno di ripartire dalle priorità, rallentando quei ritmi forsennati che il fashion system ha avuto in questi anni, ma che ha il sapore anche di uno sfogo. Nel mese di marzo le imprese italiane della moda si sono viste azzerare i fatturati, con la merce bloccata nei negozi chiusi almeno fino al prossimo 4 maggio, e le stime di Federazione Moda Italia fanno prevedere un calo di almeno il 50% degli incassi per il 2020 motivo per cui – dopo aver riconvertito le produzioni per fare camici e mascherine – bisogna ripensare a come ripartire.

“Non ha senso che una mia giacca, o un mio tailleur vivano in negozio per tre settimane, diventino immediatamente obsoleti, e vengano sostituiti da merce nuova, che non è poi troppo diversa da quella che l’ha preceduta. Io non lavoro così, trovo sia immorale farlo – scrive Armani -. Ho sempre creduto in una idea di eleganza senza tempo, nella realizzazione di capi d’abbigliamento che suggeriscano un unico modo di acquistarli: che durino nel tempo. Per lo stesso motivo trovo assurdo che durante il pieno inverno, in boutique, ci siano i vestiti di lino e durante estate i cappotti di alpaca, questo per il semplice motivo che il desiderio d’acquisto debba essere soddisfatto nell’immediato – prosegue lo stilista analizzando la situazione attuale -. Chi acquista i vestiti per metterli dentro un armadio aspettando la stagione giusta per indossarli? Nessuno, o pochi, io credo. Ma questo sistema, spinta dai department store, è diventata la mentalità dominante. Sbagliato, bisogna cambiare, questa storia deve finire Questa crisi è una meravigliosa opportunità per rallentare tutto, per riallineare tutto, per disegnare un orizzonte più autentico e vero”.

“Basta spettacolarizzazione, basta sprechi. Da tre settimane lavoro con i miei team affinché, usciti dal lockdown, le collezioni estive rimangano in boutique almeno fino ai primi di settembre, com’è naturale che sia. E così faremo da ora in poi. Questa crisi è anche una meravigliosa opportunità per ridare valore all’autenticità: basta con la moda come gioco di comunicazione, basta con le sfilate in giro per il mondo, al solo scopo di presentare idee blande. Basta intrattenere con spettacoli grandiosi che oggi si rivelano per quel che sono: inappropriati, e voglio dire anche volgari. Basta con le sfilate in tutto il mondo, fatte tramite i viaggi che inquinano. Basta con gli sprechi di denaro per gli show, sono solo pennellate di smalto apposte sopra il nulla. Il momento che stiamo attraversando è turbolento, ma ci offre la possibilità, unica davvero, di aggiustare quello che non va, di togliere il superfluo, di ritrovare una dimensione più umana… Questa è forse la più importante lezione di questa crisi”, conclude lo stilista.