Numero3585.

 

L E    C O S E    C H E    T I    R E N D O N O    I N F E L I C E

 

Ci sono pensieri

che non portano luce:

i sentimenti degli altri,

il passato che non torna,

le parole dette,

gli sguardi giudicanti,

le sconfitte,

l’ansia del futuro,

i tuoi difetti,

le scelte di ieri …

Più ci pensi, e

più sono pesanti.

La verità è semplice:

non tutto merita

il tuo tempo.

Lascia andare

ciò che ti spegne.

Tieni stretta solo

la tua pace.

 

@healingsoulmusic436

 

Numero3462.

 

PER  USCIRE  DAL  BURNOUT  (esaurimento nervoso – sindrome da stress cronico)

 

Ascolta i segnali del corpo – la stanchezza è un avviso, non un difetto.

Rallenta il ritmo – non puoi guarire correndo ancora più veloce.

Crea confini chiari – impara a dire no senza sensi di colpa.

Fai pause rigenerative – anche 10 minuti di silenzio fanno la differenza.

Dormi in modo profondo – il riposo è la prima cura naturale.

Condividi ciò che provi – parlarne alleggerisce il peso emotivo.

Muovi il corpo ogni giorno – anche camminare muove energia bloccata.

Coltiva hobby che ami – riportano gioia e senso di libertà.

Prenditi tempo offline – riduci notifiche e sovraccarico digitale.

Chiedi aiuto professionale – non sei solo/a, la cura è un atto di forza.

 

@AnimaOltreilimiti80.

Numero3396.

 

7  TIPI  DI  RIPOSO

DI  CUI  TUTTI  HANNO  BISOGNO.

 

RIPOSO  FISICO: relax, yoga, 7-9 ore di sonno.

RIPOSO  EMOTIVO: parla con amici, esprimiti, di’ “no” quando serve.

RIPOSO  MENTALE: mindfulness, musica, fa’ passeggiate, leggi.

RIPOSO SOCIALE: tempo da soli, famiglia, amici stretti.

RIPOSO  SENSORIALE: niente schermi, chiudi gli occhi, goditi il silenzio.

RIPOSO  CREATIVO: disegna, scrivi, cucina, fa’ giardinaggio.

RIPOSO  SPIRITUALE: medita, rifletti, stai nella natura.

 

@stanzazen  YouTube.

Numero3091.

 

P E N S I E R I  N I    A    C A S A C C I O

 

Le carezze esprimono ciò

che le parole non dicono.

 

L’amore non invecchia mai

nella mente e nel cuore

di due che si capiscono.

 

La bellezza di una relazione non sta

nella giovinezza del corpo

ma nella profondità dell’anima.

 

Lascia che la tua vita sia

un riflesso dei tuoi valori,

della tua serenità interiore

e del tuo appagamento.

Numero2788.

 

da QUORA

 

Riporto un articolo che sottoscrivo e di cui faccio tesoro, perché di imparare a vivere non si finisce mai.

 

Io non credo nel diavolo. Non l’ho mai visto, tranne che nelle immagini create dagli uomini. Sono sicuro che l’inferno, come canta De André, “esiste solo per chi ne ha paura”. Non credo negli esorcisti, credo negli psichiatri. Non credo nel soprannaturale, credo nella natura.

Però mi ha fatto pensare la frase detta dal padre di una delle tante vittime del massacro dei miliziani di Hamas al rave party nel deserto. Quel padre ha detto: “Non dobbiamo chiamarli bestie. Le bestie non fanno quelle cose. Loro non sono bestie, sono diavoli”.

Effettivamente, se esistesse un sindacato delle bestie, emetterebbe un comunicato per diffidarci dall’accostare il loro nome al nostro. Lo facciamo spesso. Lo faccio anche io, ogni volta che non trovo la misura per definire la rabbia e il ribrezzo che mi suscitano certe scene di sangue e di ferocia. Questi non sono uomini, sono bestie. Non dobbiamo più dirlo. Ci allontana dalla realtà.

Certo, la natura non è un pranzo di gala, ogni secondo una bestia scanna un’altra bestia per mangiarla, per sopravvivere. Ma quando hanno la pancia piena, e si sono riprodotte, e hanno garantito la sopravvivenza della specie, le bestie si fermano. “Il leone si è addormentato e paura più non fa” dice una vecchia, bellissima canzone. Le bestie uccidono per sopravvivenza, non uccidono per vendetta, non uccidono per religione, non uccidono per ideologia.

Invece nei kibbutz di Israele come nei villaggi ucraini, nella striscia di Gaza bombardata, l’unica galera al mondo che rinchiude moltitudini di innocenti, nei villaggi sudanesi e yemeniti, non si muore per fame o per necessità. Si muore per odio. Odio etnico, odio religioso, odio politico. E dunque, lasciamo stare le bestie e torniamo al diavolo. Forse è la pista giusta.

La parola viene dal greco diabolos, che vuol dire, grosso modo, “colui che si intromette”. Indicava, in origine, il calunniatore, quello che semina zizzania, che avvelena i discorsi, quello che distorce la verità per alimentare la discordia.

L’arma principale del diavolo, da sempre, è la menzogna. Il diavolo mente, e lo fa per guastare gli animi. Beh, questo è già un grosso indizio. C’è quasi sempre una menzogna, alla radice della guerra. La menzogna della razza superiore e delle razze inferiori, la menzogna dell’aggressore che si spaccia sempre per aggredito, e la menzogna suprema, la più infame, che è muovere guerra perché Dio lo vuole. Se il torto è sempre e solo del nemico, e mai il nostro, la prima vittima è la verità. Il torto, in Medio Oriente, è spalmato come il burro sul pane. Nessuno ne è immune. Ma ammetterlo vorrebbe dire riaprire un varco alla verità, e in guerra non c’è spazio per la verità. Il linguaggio della guerra è la propaganda, la menzogna, la calunnia reciproca. La guerra è il palcoscenico del diavolo.

Nonostante l’uomo abbia sempre cercato di dare al diavolo sembianze di bestia, soprattutto la capra e il serpente, il volto del diavolo è sempre, in ogni immagine che lo raffigura, molto simile al nostro. Trasfigurato, mostrificato, dipinto di verde e di rosso per farlo sembrare più spaventoso: ma il re della menzogna e della guerra ha il volto degli uomini. Basta guardarlo, il diavolo, per scoprire quanto ci assomiglia. Il diavolo non ha nessun bisogno di esistere per davvero. Esiste l’uomo, e tanto basta per dare un volto al Male.

Michele Serra