Numero3110.

 

da  QUORA

 

Post di Alice, corrispondente di QUORA

 

Ma stiamo scherzando? Adesso hanno deciso che anche Socrate va bandito dalla scuola.

 

La notizia che ho appena letto ha dell’incredibile: a quanto pare una prestigiosa università londinese ha deciso di cancellare Socrate e Aristotele dai loro programmi di studio!

Perché, e farete fatica a crederci, Socrate, il più grande filosofo di tutti i tempi, è il capostipite della «mascolinità bianca» e ostacola il pensiero critico! «La filosofia greca che ha modellato la mia formazione non era progettato per promuovere il pensiero critico» ha affermato il portavoce dell’Università. Il loro obiettivo? Sbarazzarsi degli «uomini bianchi morti».

Ecco, questi non è che si sono bevuti il cervello! Non ne hanno mai avuto uno! Vedete, Socrate faceva una cosa, una cosa semplicissima e pericolosissima, pericolosa per ogni casta, potentato, istituzione: faceva delle domande! Tutto qui! E lo hanno messo a morte per questo! Perché con le sue domande, con i dubbi che instillava faceva pensare la gente ed era una minaccia allo status quo!

E ricordate il famoso detto socratico, «so di non sapere?» So di non sapere è il presupposto di ogni dialogo, di ogni confronto. Senza dialogo, senza confronto non c’è pensiero. Dialogo, dal greco dia «in mezzo» e logos pensiero, significa letteralmente che la ragione non sta mai solo da una parte, non è monopolio di questa o quella fazione! Ed è questo il punto: oggi la gente non è capace di dialogare! Di parlare, di avere un confronto civile! Il confronto fa paura! Perché il confronto genera dubbi e chi dubita è pericoloso oggi come ieri!

Tutti vogliono certezze assolute, tutti sanno, assicurano, garantiscono, promettono, ma soprattutto vogliono vendervi le loro certezze! Senza le certezze assolute crollano le ideologie, cadono le fazioni e la propaganda muore. Capite adesso perché vogliono bandire Socrate? L’unica domanda da farsi è: cui prodest? (a vantaggio di chi?).

Numero3091.

 

P E N S I E R I  N I    A    C A S A C C I O

 

Le carezze esprimono ciò

che le parole non dicono.

 

L’amore non invecchia mai

nella mente e nel cuore

di due che si capiscono.

 

La bellezza di una relazione non sta

nella giovinezza del corpo

ma nella profondità dell’anima.

 

Lascia che la tua vita sia

un riflesso dei tuoi valori,

della tua serenità interiore

e del tuo appagamento.

Numero3059.

 

E P I T T E T O      (50 – 130 d. C.)    Filosofo stoico.

 

1    Chiunque riesce

a farti arrabbiare,

diventa il tuo padrone.

 

2    L’uomo non è preoccupato

dai veri problemi, tanto quanto

dalle sue ansie immaginarie

riguardo ai problemi reali.

 

3    Le persone meschine

addossano le colpe agli altri,

le persone comuni

si accusano da sole,

i saggi vedono ogni colpa

come pura follia.

 

4   La natura ha dato agli uomini

una sola lingua ma due orecchie,

in modo che possiamo ascoltare

gli altri il doppio di quanto parliamo.

 

5    Le persone sono frugali

nel proteggere i loro beni personali,

ma se si tratta di sprecare tempo,

sono le più sprecone di una cosa

di cui è giusto essere avari.

 

6    Non è quello che ti succede,

ma è come reagisci che conta.

 

7    La ricchezza consiste

non nell’avere grandi possedimenti,

ma nel possedere pochi desideri.

 

8    Non spiegare la tua filosofia,

incarnala.

 

9    La chiave è stare solo

con persone che ti elevano,

la cui presenza fa

venir fuori il meglio di te.

Numero3058.

 

S E N E C A      Lucio Anneo Seneca  (4 a.C. – 65 d.C.)     Filosofo stoico, drammaturgo e politico Romano.

 

1    Chi soffre prima del necessario

soffre più del necessario.

 

2    Se vuoi davvero evitare

le cose che ti infastidiscono,

quello di cui hai bisogno non è

di essere in un posto diverso,

ma di essere una persona diversa.

 

3    Fino a quando non abbiamo

iniziato a farne a meno,

non ci rendiamo conto di quanto

siano inutili molte cose.

Le abbiamo usate non perché

ne avessimo bisogno,

ma perché le avevamo.

 

4    Se un uomo non sa

verso quale porto è diretto,

nessun vento è favorevole.

 

5    Non è povero l’uomo

che ha troppo poco,

ma è l’uomo che brama di più

ad essere povero.

 

6    Mentre aspettiamo la vita,

la vita passa.

 

7    La vita è molto breve

e ansiosa per coloro che

dimenticano il passato,

trascurano il presente

e temono il futuro.

 

8    Non è che abbiamo poco tempo,

ma che ne sprechiamo buona parte.

 

9    Nessun uomo ha il potere

di avere tutto ciò che vuole,

ma è nel suo potere

non volere ciò che non ha,

e utilizzare con gioia ciò che ha.

 

10   Come è una storia,

così è la vita:

non quanto è lunga,

ma quanto è buona

è ciò che conta.

 

11   La vita, se ben vissuta

è abbastanza lunga.

 

12   Soffriamo più spesso

nell’immaginazione

che nella realtà.

 

13   Non soffriamo degli eventi

della nostra vita ma,

del nostro giudizio su di essi.

È la nostra attitudine verso gli eventi,

non gli eventi stessi,

che possiamo controllare.

Niente è di per sé funesto,

neanche la morte è terribile

se non ne abbiamo paura.

 

14   Se vivi in armonia con la natura,

non sarai mai povero.

Se vivi secondo ciò

che pensano gli altri,

non sarai mai ricco.

Numero3057.

 

M A R C O    A U R E L I O               (121 – 180 d. C.), Filosofo stoico, scrittore, Imperatore Romano.

 

1    Hai potere sulla tua mente,

non sugli eventi esterni.

Realizza questo e troverai la forza.

 

2    Tutti amiamo noi stessi,

più degli altri,

ma ci preoccupiamo più

della loro opinione che della nostra.

 

3    Le cose a cui pensi determinano

la qualità della tua mente.

 

4    Se non è giusto,

non farlo.

Se non è vero,

non dirlo.

 

5    Tutto quello che sentiamo

è un’opinione, non un fatto.

Tutto quello che vediamo

è una prospettiva, non la verità.

 

6    Più valorizziamo le cose

al di fuori del nostro controllo,

meno controllo abbiamo su di esse.

 

7    Il valore di una persona

è misurato dal valore

di ciò che egli valuta.

 

8    La libertà è garantita

non dalla realizzazione

dei desideri degli uomini,

ma dalla rimozione del desiderio.

 

9    La felicità della tua vita

dipende dalla qualità

dei tuoi pensieri.

 

10   La padronanza della lettura

e della scrittura

richiede un maestro.

Ancor di più la vita.

 

11   Sii tollerante con gli altri

e severo con te stesso.

 

12   La miglior vendetta è

essere diverso da colui

che ha commesso l’ingiustizia.

 

13   Chi teme la morte

non farà nulla di degno

di un uomo vivo.

 

14   Il più potente

è colui che ha

più potere su se stesso.

 

15   In nessun luogo

l’uomo può trovare

un rifugio più tranquillo

e meno disturbato

che nella sua anima.

 

 

Numero3043.

 

Una pagina di grande letteratura e di profonda umanità che richiede una attenta riflessione.

 

T I    A U G U R O

 

Ti auguro in primo luogo di amare, e che amando, tu sia anche amato.

E che coloro che non ti amano, li dimentichi e che dopo averli dimenticati, non porti rancore.

Ti auguro che non sia così, ma se così fosse, che tu sappia vivere senza disperazione.

Ti auguro di avere amici e che, anche se non fossero assennati o responsabili, ti siano fedeli e leali, e che almeno ce ne sia uno di cui fidarti ciecamente.

E, poiché così è la vita, ti auguro di avere dei nemici.

Né troppi né troppo pochi, ma il numero giusto per farti dubitare ogni tanto delle tue certezze, e che tra di loro vi sia almeno uno nel giusto affinché tu non ti senta eccessivamente sicuro di te.

Ti auguro di essere utile ma non indispensabile, e che nei momenti bui, quando non ti resta più nulla, questo tuo essere utile ti sia sufficiente per farti restare in piedi.

Ti auguro di essere tollerante, non verso chi commette piccoli errori, cosa troppo facile, ma verso coloro che sbagliano spesso e in modo irrimediabile, e che dimostrando la tua tolleranza tu sia di esempio ad altri.

Spero anche che quando sei giovane non maturi troppo in fretta, e che quando sei già maturo non insisti a voler tornare giovane, e che quando sarai vecchio non ti lasci prendere dalla disperazione.

Perché ogni età ha il suo piacere e il suo dolore.

Non voglio che tu sia triste.

No, non tutto l’anno, ma potresti provare tristezza solo per un giorno.

In modo che tu apprezzi che la risata ritrovata è buona e migliore di una solita risata blanda, costante e malsana.

Ti auguro di scoprire, subito, prima di tutto e nonostante tutto, che esistono e ti circondano persone oppresse e trattate con ingiustizia, e persone infelici.

Ti auguro di accarezzare un gatto, gettare delle briciole a un passero e ascoltare un cardellino che innalza trionfante il suo canto mattutino, perché ti farà sentire bene così, senza altro motivo.

Ti auguro di piantare un seme, per piccolo che sia, e di accompagnarlo durante la sua crescita, per scoprire di quante vite è fatto un albero.

Ti auguro anche che tu abbia un po’ di soldi, solo per il necessario e il pratico, e che almeno una volta all’anno pensi a questi soldi e dici a te stesso: “Questi sono miei, me li sono guadagnati”.

Solo per far capire chi è il padrone di chi.

Ti auguro anche che tu resti il più a lungo possibile con coloro che ami e che, se se ne vanno, tu possa piangere senza lamentarti e soffrire senza sentirti in colpa.

Ti auguro infine che tu, uomo o donna, abbia una compagnia buona, oggi e il giorno dopo, e che esausti e sorridenti parliate d’amore per ricominciare.

Se avrai tutte queste cose, non ho più nulla da augurarti.

 

Victor Hugo

 

 

Numero2973.

 

Viaggi astrali: cosa sono veramente e come indurli

da Elisa Corsi | Mag 2, 2017

Il viaggi astrale è un argomento tanto affascinante quanto delicato, va trattato con la massima attenzione e la giusta dose di sensibilità.

L’avrai senz’altro sentito nominare, magari dalla tua insegnante di yoga o in tv durante un’intervista a qualche scienziato americano. Ebbene, scommetto che ti sei domandato almeno una volta cosa siano questi viaggi astrali.

Non è vero?

Oggi sono parecchie le teorie che gravitano attorno a questo tema, ed alle spalle abbiamo una fiorente letteratura yogica che ce ne parla. Qualcuno li definisce come una via di mezzo tra sogno e realtà, qualcun altro ne sottolinea la pericolosità, e taluni addirittura negano la possibilità di effettuarli da vivi.

Ma cosa sono esattamente questi famosi “viaggi astrali”? Qual è la loro origine? Come si manifestano?

Scopriamolo insieme!


Indice

  • 1 La storia dei viaggi astrali in breve
  • 2 Cosa sono i viaggi astrali
  • 3 Perché sperimentare un viaggio astrale?
  • 4 Cos’è il corpo astrale e qual è la sua struttura?
  • 5 Le basi per indurre un viaggio astrale: rilassamento e meditazione
  • 6 La testimonianza di Francesca

La storia dei viaggi astrali in breve

 

Il viaggio astrale non è assolutamente una scoperta recente, degli ultimi decenni, ma anzi risale praticamente all’origine del mondo.

Scoperto e sperimentato dagli sciamani in India e in Messico, ad oggi è difficile risalire ad una data storica poiché non si hanno documenti di queste prime sperimentazioni. Ciò che è certo è che gli indiani precisamente gli Huicholes utilizzavano fin dall’antichità un pianta allucinogena, un cactus chiamato Peyote, il quale aiutava ad avere delle visioni durante le feste sacre e religiose.

Con il passare degli anni il Peyote è stato investito sempre più da un ruolo sacro e quasi magico, non si assumeva più durante le feste religiose ma in solitudine con lo scopo di “ricercare se stessi”.

Ad oggi questo succulento cactus senza spine, è ancora in circolazione negli Stati Uniti e viene usato per rilassare corpo e mente durante la psicoanalisi o per la nostra più famigliare meditazione.


Cosa sono i viaggi astrali

 

Con il termine viaggio astrale si intende l’uscita cosciente dell’individuo dal corpo fisico, usando come veicolo il solo corpo astrale, tale fenomeno viene anche detto sdoppiamento.

Ma perché si chiama viaggio astrale?

Viaggio: è un’esperienza paragonabile ad un viaggio, che può essere dall’altra parte del mondo o alla stanza accanto alla quale ci troviamo.

Astrale: questa parola deriva da “stelle”, ci viene tramandata dagli alchimisti medioevali, essa si riferisce all’apparenza luminosa della materia appartenente al piano astrale.

Questa parola può però trarre in inganno, facendoci immaginare i viaggi astrali come viaggi tra le stelle…

Assolutamente non è così!

Astrale deriva da piano astrale, quest’ultimo è una dimensione intangibile che va oltre i cinque sensi dell’essere umano. Ovvero è un mondo che non è percepito dall’uomo in uno stato di veglia quotidiano che potremmo definire “normale”.

Ma il fatto che non venga percepito non significa che l’essere umano non ne sia costantemente immerso.

La materia astrale è molto più sottile della materia fisica e va quindi a riempire gli spazi che intercorrono tra un atomo e l’altro della materia fisica. Ciò significa che tutto ciò che ci circonda e noi stessi siamo impregnati di materia astrale ma per entrarne davvero in contatto bisogna trovarsi in determinate condizioni.

“Una delle prime cose che l’uomo impara a compiere nel suo corpo astrale è quella di viaggiare, essendo possibile al corpo astrale di muoversi con molta rapidità e a grandi distanze dal corpo fisico addormentato. La comprensione di questo fenomeno spiega un gran numero di fenomeni così detti occulti.”

E.Powell in Il corpo astrale e relativi fenomeni


Perché sperimentare un viaggio astrale?

 

Lo scopo di un viaggio astrale è quello di preparare l’individuo al momento della sua morte, ovvero al viaggio finale. Nella nostra società è diffuso un sentimento di paura rispetto alla morte, ed essa viene vista come un avvenimento drammatico che ci allontana per sempre da una persona cara… non esiste nulla di più terribile!

Non è così invece in Oriente: per la religione buddista la morte non è altro che un passaggio dell’anima, da un corpo fisico al completo corpo astrale.

Il viaggio astrale viene definito come “piccola morte” perché è appunto un “assaggio” di ciò che ci accadrà dopo che il corpo fisico sarà dichiarato clinicamente morto. Detto ciò non tutti provano l’esperienza dello sdoppiamento da vivi e non è certo cosa grave!

Chi l’ha provato in vita sarà semplicemente più “allenato” e non si ritroverà spiazzato nel gestire la parte astrale di se stesso.

“Il viaggio astrale ha lo scopo di capire cosa possiamo essere al di là della nostra corporeità, della nostra mente e del nostro apparato psicofisico”

Carlo Dorofatti

Ho fatto riferimento più volte al corpo astrale.

Ma cos’è esattamente? Come è fatto? Andiamo a scoprirlo nel prossimo paragrafo…


Cos’è il corpo astrale e qual’è la sua struttura?

 

Abbiamo detto che i viaggi astrali vengono effettuati attraverso il corpo astrale. Questo corpo è denominato corpo delle attrazioni magnetiche o del desiderio.

E’ il corpo che si muove all’interno della “sostanza astrale” ovvero dell’universo, inteso come campo elettromagnetico in cui vi sono diverse forze che interagiscono tra loro.

Ma andiamo con ordine…

Potremmo definirlo come l’anima di una persona, ma non solo. Questo corpo occupa lo spazio interno dell’individuo ma anche esterno producendo un aurea che va oltre il corpo fisico.

Tutti gli esseri viventi lo posseggono, anche coloro i quali sono così egoisti e insensibili che sembrerebbe avessero perso quanto di più prezioso la natura ci ha regalato: l’anima.

Il corpo Astrale è considerato dal grande scrittore e teosofo Arthur E.Powell uno dei tre corpi sottili di cui è composto ogni individuo. Gli altri due sono rispettivamente: il corpo Causale e il corpo Mentale.

“Tutti posseggono e utilizzano il corpo astrale, ma sono ben pochi quelli che sono consapevoli della sua esistenza e a servirsene in piena coscienza. In moltissime persone esso è poco più di una massa di materia astrale disorganizzata, i cui movimenti e impulsi sfuggono quasi completamente al controllo dell’uomo vero e cioè dell’Ego. In alcune persone invece il corpo astrale è un veicolo ben sviluppato e completamente organizzato, un veicolo dotato di vita propria e che conferisce a chi lo possiede molti utili poteri”

E.Powell in Il corpo astrale e relativi fenomeni

Questo corpo è dunque considerato molto simile a quello fisico, vediamo le principali caratteristiche che li accomunano:

  • Presenti: Sono entrambe essenziali nell’individuo
  • Costituiti da materia: Il corpo fisico è composto dalla materia detta “grezza” mentre quello astrale è composto dalla materia detta “sottile”
  • Veicoli di espressioni: Attraverso gesti e movimenti fisici esprimiamo il nostro stato d’animo così come attraverso i colori dell’aurea astrale esprimiamo emozioni, sentimenti e passioni.

Le basi per indurre un viaggio astrale: rilassamento e meditazione

 

Per lo Yoga l’elemento che collega il corpo fisico con il proprio corpo astrale è il terzo chakra. Situato a livello del plesso solare, il terzo chakra, non a caso è la sede del magnetismo e del desiderio.

Ci sono parecchi libri e documenti che insegnano tecniche e trucchi per indurre un viaggio astrale.

Ebbene, se vuoi il modesto parere di chi sta scrivendo, ti posso dire questo: non esistono tecniche per indurli!

Viaggiare in astrale non è una cosa che si può imparare o in qualche modo forzare…

Come puoi fare allora?

Puoi creare le condizioni di base!

A mio parere esistono solo due condizioni fondamentali in cui ti devi trovare per originarli: la meditazione e il rilassamento.

Tutto il resto verrà da sé, è una cosa completamente personale e se non dovesse accadere puoi sempre dire di aver fatto degli utili esercizi di rilassamento 😉

Meditazione

Di seguito trovi una semplice meditazione che puoi usare per rilassarti e provare ad indurre un viaggio astrale.

  1. Scegli un sottofondo musicale rilassante
  2. Scegli un ambiente silenzioso e semi buio
  3. Siediti sul tappetino a gambe incrociate
  4. Calma la mente e allontana i pensieri negativi e preoccupanti
  5. Ora, immaginati in un luogo dove ti piacerebbe essere, per esempio: montagna, mare ai piedi di una cascata ecc.
  6. Visualizza quel luogo, guardati intorno il più possibile e sentiti realmente lì
  7. Quando sei pronto, approfondisci il respiro, muovi la testa, le mani, i piedi e poi apri gli occhi…

Non c’è un tempo preciso per questa meditazione, puoi iniziare con 10 minuti e pian piano allungarla.

Rilassamento

C’è chi alla posizione seduta della meditazione preferisce Savasana, ovvero la posizione del cadavere. Si usa per il rilassamento durante le lezioni di yoga e secondo me, è più efficace e favorisce di più il viaggio astrale.

Il procedimento è molto simile a quello appena descritto sopra, ma la differenza è che ti trovi sdraiato.

  1. Scegli un sottofondo musicale rilassante
  2. Scegli un ambiente silenzioso e semi buio
  3. Sdraiati sul tappetino
  4. Respira in modo profondo e regolare
  5. Calma la mente e allontana i pensieri negativi e preoccupanti
  6. Ora, immaginati in un luogo dove ti piacerebbe essere, per esempio: montagna, mare ai piedi di una cascata ecc.
  7. Visualizza quel luogo, guardati in torno il più possibile e sentiti realmente lì
  8. Quando sei pronto, approfondisci il respiro, muovi la testa, le mani e i piedi e poi apri gli occhi…

Com’è andata?

Se hai fatto un viaggio in astrale te ne accorgi immediatamente! C’è una grossa differenza tra “visualizzare” e “vedere”…

  • Visualizzare: quando visualizzi, pensi a delle immagini che decidi tu: il paesaggio, il soggetto, i colori… è una scelta ed in qualsiasi momento puoi cambiare immagine o paesaggio
  • Vedere: significa che hai effettivamente delle immagini che ti scorrono davanti agli occhi, vedere implica tutta una serie di percezioni: come per esempio sentire. Prendiamo l’esempio di essere vicini ad una cascata. Oltre a vederla con chiarezza, possiamo sentire il rumore dell’acqua e percepire addirittura gli schizzi d’acqua che arrivano a bagnarci il volto. Quando hai tutte queste sensazioni sei lì in riva a quel fiume davvero.

La testimonianza di Francesca

 

Una sera andai a trovare la mia amica Francesca e lei decise di raccontarmi la sua esperienza personale.

“Ricordo come se fosse ieri la prima volta che ebbi un’esperienza astrale: nonostante fosse stata piacevole, mi spaventai parecchio, perché non sapevo nulla di tutto questo. Per diverso tempo non ne parlai con nessuno, e credendo di essere impazzita, mi “rifugiai” sul web alla ricerca di qualcun altro che avesse provato la mia stessa esperienza… ma la cosa non mi portò alcun riscontro!

Solo dopo qualche tempo decisi di parlarne a mia madre e le raccontai per filo e per segno le sensazioni che avevo vissuto. Lei mi guardò con un mezzo sorriso di scherno, alzò le sopracciglia e mi chiese se avessi bevuto.

Era il rilassamento finale della mia quarta lezione yoga. La mia insegnante utilizza il rilassamento alla fine di ogni lezione. Di sottofondo c’era una musica rilassante (che ci fa ascoltare tutt’oggi), la stanza semi buia, gli occhi chiusi…“il nostro corpo si fa sempre più pesante e rilassato” dice lei.

Ecco, quella è l’ultima cosa che ho sentito, perché il secondo dopo non mi sentivo più in quella stanza, non ero più mentalmente lì. Cominciai ad immaginarmi il mare in una splendida giornata di sole e un gabbiano che volava sopra le onde. La mia prospettiva era appena al di sopra del volatile e seguivo il suo percorso. Inizialmente lo visualizzai ma poi mi resi conto di vederlo.

La musica di sottofondo la sentivo ancora ma era molto lieve, sentivo il vento sul viso, l’aria leggera dell’alta quota, l’infrangersi delle onde sulla spiaggia e il verso del gabbiano. Il gabbiano è l’elemento principale del viaggio, credo sia il mio animale veicolo, che vedo ancor’oggi. Non so perché sia sempre il gabbiano e mai un’aquila o una colomba… insomma tutto queste sensazioni concorrono a costituire uno stato di benessere totale dal quale non vorrei mai andarmene…Ma purtroppo ad un certo punto la lezione finisce e l’insegnante dice la fatidica frase:

“Riprendiamo consapevolezza del nostro corpo approfondendo il nostro respiro”. Ecco che in un batter d’occhio crolla tutto! Il paesaggio, il vento, il senso di libertà…è come se venissi sbattuta fuori da un paradiso ed io mi ritrovo nuovamente sdraiata in quella palestra.

Non posso dirti cosa succederebbe se non dovesse mai finire la lezione, perché purtroppo prima o poi termina!


Conclusioni

In quest’articolo ho tentato di descrivere in modo molto semplificato cosa sia un viaggio astrale, di cosa sia composto il corpo astrale e quali siano le pratiche di yoga ad esso collegate.

Quest’articolo vuol essere un squarcio informativo sul mondo che si estende oltre i nostri cinque sensi e oltre il nostro limitatissimo corpo fisico. Non è stato facile per me scrivere di qualcosa di così “alto” e purissimo, ma ho voluto farlo perché nel mio piccolo volevo darti un aiuto a conoscere meglio questo tema.

Spero davvero che possa tornarti utile.

Aspetto tuoi commenti!

Elisa Corsi

Numero2964.

 

C H I A R O V E G G E N Z A

 

Io sono del segno del Cancro e, senza volerla e cercarla, mi sono imbattuto in questa notizia che mi ha un poco sorpreso, proprio perché mi riguarda, ma che non avevo mai preso in considerazione:

Quando si dice che nessuno conosce se stesso come dovrebbe ….

“La CHIAROVEGGENZA, ovvero il Sesto Senso, è il superpotere delle persone nate sotto il segno del Cancro.

Nel mondo dei fumetti, un cancerino sarebbe un mutante con poteri telecinetici.

Nel mondo reale, ha sempre in testa quel qualcosa in più che lo fa andare 10 passi più avanti agli altri, un intuito che difficilmente sbaglia”.

C’è puzza d’incenso in giro ….?

Numero2925.

 

I N    M O R T E    D I    U N    E X    C O M P A G N O    D I    C L A S S E           (TRENO O EPICEDIO)

 

Caro Pierluigi, vecchio compagno di scuola al Liceo Classico Stellini di Udine, nella seconda metà degli anni ’60, mentre io sto scrivendo, si stanno svolgendo le meste esequie per l’estremo saluto a te, morto da alcuni giorni, dopo lunga malattia per un male incurabile.
Casualmente, circa un mese fa, la cara Giuliana, amica mia da oltre quarant’anni, nominò, con nome e cognome, te, suo amico e sodale nella pratica della fede, e subito le ho chiesto se si trattava di quella persona che avrebbe potuto essere il mio ex compagno di classe, ai tempi del Liceo Classico.
Abbiamo appurato che si trattava veramente di te e, senza esitazione, le ho chiesto di darmi il tuo numero di telefono perché intendevo chiamarti per ripristinare un contatto, dopo oltre 65 anni. Me l’ha dato insieme ad alcune notizie, per sommi capi, sulla tua situazione e sulle tue condizioni di salute.
Ma tu stesso, per primo, avendo avuto da Giuliana il mio numero, mi hai preceduto con un messaggio WhatsApp. Eccolo:

Caro Alberto.
Sono molto contento di averti rintracciato grazie alla Giuliana Belotti.
Mi dicono che giochi a tennis e questo dimostra che stai bene.
Abbiamo passato anni insieme…. ma io di te sapevo solo che eri il più dotato della classe.
Spero tu sia sereno.
Ti auguro ogni bene.
Io sono ammalato di cancro non operabile,
ma sono ben curato.
La mia vita è stata piena di soddisfazioni a tutti i livelli.
Anche oggi sono contornato da mille attenzioni delle tre figlie; il figlio Roberto invece è morto a 32 anni per tumore allo stomaco nel 2006. Mia moglie Mimi mi ha lasciato per un tumore al cervello nel 2015.
Ricordo le tue sonore risate.
Un abbraccio.
Pierluigi

Ti ho risposto così: Ciao, Pierluigi, sono contento di poter ripristinare un contatto con te. Nel pomeriggio, ti chiamo. Mandi.

 

Ti ho chiamato, infatti, e abbiamo parlato, in una lunga telefonata, tu di te e io di me ricordando tante cose e tanti compagni di classe dei nostri bei tempi. A differenza di te, io non ho mai tenuto i contatti con i nostri compagni del Liceo. Tu, invece, anche perché a Udine li avevi vicini, sapevi un po’ tutto di loro. Di alcuni mi hai parlato, ma ti sei ripromesso, dopo una ricognizione nella tua memoria, di richiamarmi per farmi una relazione aggiornata e più accurata su tutta la classe: mi avrebbe fatto piacere.
Sono passate ben più di due settimane, ma da te nessuna chiamata e nessuna notizia. Ci siamo visti con Giuliana ad un pranzo in trattoria, una domenica fa. Mi ha chiesto se avevo proseguito nel contatto con te e le ho detto che da un po’ non ti sentivo e che stavo ancora aspettando che tu mi chiamassi. Lei mi ha raccomandato di essere io a chiamarti, se tu non ti facevi sentire. Tre giorni dopo da Giuliana mi è arrivato questo messaggio:

Albert oggi è morto Pierluigi Presacco…purtroppo…

La mia risposta:

Avevo avuto un presentimento. Non capivo perché non chiamava più. Purtroppo….

 

E così ci hai lasciati.

 

Giuliana mi ha fatto sapere quando ci sarebbe il tuo funerale e mi ha chiesto se volevo essere presente anch’io:  sarebbe passata a prendermi per venirci insieme.
Le ho risposto: “No, non ci sarò. Io non sono l’uomo dei funerali. Non vorrei partecipare neanche al mio, di funerale”. Lei si è messa a ridere, ma mi conosce e mi perdona. Perdonami anche tu. Ma, invece che una presenza pubblica, ho preferito dedicarti il ricordo di un episodio che ci ha visti insieme, in altri e migliori tempi.
Mentre in chiesa ci saranno i rituali funebri, io sto scrivendo alla tastiera, pensando a te.

Ieri, abbiamo fatto un pranzo a casa di Rita, sia perché era rientrato dall’Ospedale suo fratello, reduce da un intervento chirurgico, sia perché oggi è il compleanno di Rita e abbiamo avuto una piccola riunione di famiglia.
Sono venuti a trovarci anche mio figlio Ale e la sua compagna e con loro, fra le altre cose, ho parlato anche di te, di come ci siamo ritrovati e subito ripersi.
Ho letto loro il tuo messaggio e hanno voluto sapere di più. E ho raccontato ….
Nel messaggio tu scrivi: “Ricordo le tue sonore risate”.
Ecco, questa frase mi ha fatto ripensare ad un aspetto del mio carattere che quasi avevo cancellato nei miei ricordi.
Da giovane studente, io ero sì, un gran secchione, ma non ero un tetro, barboso, introverso cultore di libri e vocabolari, bensì un monello un po’ “Giamburrasca”, un creativo animatore, un organizzatore di scherzi, anche ai danni di insegnanti. Mi prestavo anche a passare compiti, esercizi, traduzioni, versioni in classe ai compagni che me li chiedevano.
Ricordo che a casa tua ci sono stato più di qualche volta. Ho perfino dormito da te, perché tu mi avevi chiesto di studiare insieme, in qualche weekend.
Poi, mi è saltato in mente che, una volta, a casa tua, una bella casa grande, con bei mobili e tanta luce, c’è stato un “festino”, di quelli che si organizzavano al sabato, per festeggiare un compleanno. Tutta la classe era invitata.

Ebbene, verso la fine della festa, sono arrivati due uomini, uno dei quali era tuo padre e l’altro non ricordo bene chi fosse, forse un tuo parente o un suo amico oppure il padre di una nostra compagna di classe che era venuto a prendere la figlia.
Si sono intrattenuti un po’ con noi, parlando del più e del meno, e quest’ultimo signore, distinto e con una certa cultura, ad un certo punto si è rivolto a noi dicendo più o meno questo:

“Voi, giovani studenti di latino, che ormai masticate da quasi 8 anni, vediamo chi riesce a interpretare e tradurre il significato di una frase latina che adesso vi dico. Guardate che molti illustri latinisti ci hanno provato, ma di soluzioni attendibili poco o niente….
Nel corso di scavi nel sito archeologico del Foro a Roma, è venuta alla luce una lastra di pietra che su una facciata, quella in vista, era liscia e vuota, ma sul retro portava una scritta, che nessuno aveva notato prima perché nascosta.
La scritta era scolpita in caratteri latini e ben leggibile. Eccola:

OLIM

ORTA

OCCISVA

AEDISTI

FIDEM

IGNOTA.

Chi mi sa dire cosa significa?

Punti nell’orgoglio per la sfida, tutti noi ci siamo messi a pensare per trovare la soluzione del rebus che non appariva per niente semplice.
Sono spuntati fuori, fogli di carta, penne, matite, vocabolari e grammatiche latine. Non si sentiva volare una mosca.

Per orientarci, scrivo qui alcuni significati delle 6 parole latine scritte sopra.

OLIM = un tempo, in passato, anticamente.

ORTA = participio passato femminile del verbo “orior” che vuol dire sorgere, alzarsi, spuntare, nascere, cominciare.

OCCISVA = dal verbo “occido” che significa morire, estinguersi, tramontare, svanire, sparire, essere distrutto, cadere, crollare. Bisognava tenere presente l’anomalia della V che si doveva leggere U e che complicava ulteriormente le cose. Cominciò a girare fra i partecipanti al test, la voce che doveva trattarsi di “voce tardo latina”.

AEDISTI = qui il termine era controverso: sembrava il passato remoto di un verbo non conosciuto che aveva la radice di = casa, abitazione, costruzione, “edificio” e simili.

FIDEM = Accusativo singolare femminile del termine fides- ei = fede, fiducia, credenza, lealtà, fedeltà, credulità ecc.

IGNOTA = aggettivo/participio al nominativo (o vocativo, o ablativo) singolare femminile, forse concordabile con ORTA = ignota, sconosciuta.

 

Era passata mezz’ora e nessuno era riuscito a cavare un ragno dal buco.

Io me ne stavo in disparte, un po’ lontano dai miei compagni, che sapevo mi avrebbero avvicinato per chiedermi sicuramente chiarimenti o le miei interpretazioni. Mi sarei deconcentrato se davo retta a loro.
Dopo un po’ arrivai alla conclusione che questo doveva essere uno scherzo, perché la frase non aveva un senso compiuto con i significati di quelle parole.

Mi è venuta l’ispirazione di scrivere le parole tutte in orizzontale e vicine fra loro, le une di seguito alle altre. Così:

OLIMORTAOCCISVAAEDISTIFIDEMIGNOTA:

Allora ho capito che, dopo aver applicato le crasi o elisioni di certe vocali di inizio e fine parola, cosa assai comune nei versi della metrica poetica latina, si poteva scandire la frase in questo modo:

O / LI / MORTACCI / SUA / E / DI / STI / FI / DE / MIGNOTA

Ecco svelato l’arcano!
Si trattava di una frase comune e popolare del vernacolo romanesco, burino e caciottaro, che qualcuno si era divertito a trascrivere con truffaldina maestria su una pietra, per prendere per il culo i lettori.

Le risate e i complimenti tennero banco per il resto della serata.

Te lo ricordi questo episodio?

 

Caro Pierluigi, antico compagno di classe, perduto, ritrovato e, adesso, di nuovo, ma questa volta per sempre, riperduto, mi perdonerai se ho rievocato un po’ spensieratamente questo episodio della nostra bella gioventù.
Oggi, nel giorno del tuo funerale, io, come allora, goliardico burlone e clown un po’ sfrontato, ho voluto ricordarti e ricordarci insieme, come ai bei tempi, con la rievocazione di questo aneddoto di vita studentesca.

Dall’alto di quel cielo celeste, che hai tanto e sempre cercato e adesso raggiunto, per la  tua specchiata rettitudine morale e per la tua profonda devozione religiosa, ridi anche tu con me, a questo ricordo.
Forse, in quel cielo dove il tempo e lo spazio non ci sono più, dove le anime si possono trovare liberamente, magari ci rincontreremo, come non siamo riusciti a fare qui sulla terra. E rideremo insieme. E mi racconterai di quello di cui non sei riuscito a ragguagliarmi. come mi avevi promesso.

E, a proposito di “latinorum”, simpaticamente, come in una “lectio non magistralis”, ti saluto con la locuzione “In manu Dei” (nella mano del Signore) che viene compendiata magnificamente, con una sintetica commistione etimologica, nella più bella parola della nostra lingua friulana: MANDI!

 

 

 

Numero2911.

 

da QUORA

 

Scrive Heisenberg, corrispondente di QUORA

 

In che modo gli atei dimostrano che non esiste Dio?

 

L’onere della prova spetta a chi afferma che esiste e, come insegna il buon Russell, non è tecnicamente possibile dimostrare l’inesistenza di un umanoide con poteri divini che gioca a nascondino nei dintorni della nostra stella madre.

Ma poi quale Dio? Ne “esistono” letteralmente a migliaia.

Se intendi il Dio delle religioni abramitiche, cioè il tizio onnipotente, quello che ti posso obiettare è al massimo l’illogicità della cosa, ma puntualmente verrei smentito dai fedeli con il solito bla, bla, bla della mente che non può capire Dio. Big Bang, evoluzione, relatività e meccanica quantistica, ma capire una superstizione no; vabbè annuiamo e sorridiamo.

Rivolgendomi però a chi volesse eventualmente utilizzare gli oltre dieci miliardi di neuroni del lobo frontale per qualcosa di più consono alla sua funzione specifica, propongo invece la seguente riflessione.

Onnipotente al mio paese vuol dire ” di potere illimitato”. E potere illimitato, significa energia infinita.

Per cui, se esiste un Dio onnipotente, dev’esserci di conseguenza una quantità infinita di energia; il tutto però non si osserva allo stato attuale delle cose, anche perché una condizione del genere farebbe collassare con ogni probabilità l’intero Universo.

Ergo, in questo contesto, un Dio onnipotente non può esistere.

E se anche esistesse al di fuori non potrebbe comunque interagire, poiché in qualsiasi modo lo faccia trasferirebbe energia infinita e l’Universo, come lo conosciamo, smetterebbe di esistere.

Tra l’altro, pur ammesso che esista al di fuori, il fatto stesso di non poter interagire con la nostra realtà, lo renderebbe irrilevante e pertanto praticamente inesistente anche in questo caso.

Questo è solo uno dei tanti paradossi che vengono a generarsi quando la mente associa proprietà impossibili a determinati personaggi letterari. Io ne ho pensato uno un attimo più interessante, ma basterebbe una riflessione da prima media del tipo:

Dio può creare un muro indistruttibile che neanche lui può distruggere?

No → non è onnipotente. Si → non è onnipotente.

Cioè boh. Sarò strano io, ma non ho mai capito come fa la gente a credere in certe cose.

Numero2900.

 

U N    G R A N D E    T E M A

 

Voglio qui improvvisare un breve “excursus”, una dissertazione azzardata ma lucida su una quaterna di personaggi  ed esponenti importanti del pensiero umano, nella storia del mondo e della civiltà occidentali, per affrontare uno degli argomenti più stimolanti, ponderosi e difficili della nostra cultura: il rapporto fra fede e ragione.

Lo faccio in maniera spicciola, proprio perché non intendo renderlo eccessivamente dottrinale, pesante e astruso. Riporterò i pareri di questi pensatori che, a mio modesto avviso, possono ben rappresentare le posizioni e le angolazioni diversificate quanto basta per dare un senso esaustivo alla mia breve ricerca.

 

Il primo personaggio, il cui pensiero intendo proporre, è Guglielmo di Ockham (detto comunemente di Occam).

È stato un teologo, filosofo e religioso francescano inglese (1285 – 1347).

Di lui viene ricordato un “principio” chiamato dagli addetti ai lavori “rasoio di Occam”. Cosa dice? Si tratta del “principio metodologico di economia (o parsimonia)”. Eccone la tesi:

“Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem” = Non bisogna moltiplicare gli elementi più del necessario.

Detto in poche parole: a parità di fattori, la soluzione più semplice è quella da preferire, ovvero, è inutile fare con più, ciò che si può fare con meno.

Allora, proviamo ad applicare questo principio alla “vexata questio” (dibattuta domanda) sul cosmogonico problema se Dio abbia creato l’universo o se l’universo sia sempre esistito per sé.

IPOTESI MENO ECONOMICA: Dio è eterno. Crea un universo non eterno.

IPOTESI PIU’ ECONOMICA: Dio è eterno. È l’universo ad essere eterno.

Secondo il “rasoio di Occam” dunque, si dovrebbe preferire la seconda ipotesi. E Guglielmo di Occam era un uomo di religione e di Chiesa.

 

Mettiamoci insieme anche il postulato di Bertrand Russel filosofo britannico (1872 – 1970), espresso sotto il titolo di “Teiera di Russel” di cui parlo al Numero2875.

La “teiera di Russel” dice che se tu non hai prove per dimostrare una tesi, io non ho bisogno di prove per confutarla.

Il “Rasoio di Occam” dice che, se una spiegazione funziona anche senza una variabile, quella variabile può anzi DEVE essere rimossa.

IN  ALTRE  PAROLE:

Se tu, credente, non hai prove per dimostrare l’esistenza di Dio, io non ho bisogno di prove per dimostrarne l’inesistenza.

Non ci sono prove dell’esistenza di Dio perché egli non esercita alcuna influenza osservabile sul mondo. Ergo, è una variabile che può anzi DEVE essere rimossa.

 

Salto a piè pari se non in un altro secolo, ad un altro personaggio. Si tratta questa volta di Stephen Hawking (1942 – 2018), cosmologo, fisico, astrofisico, matematico e divulgatore scientifico, britannico pure lui, fra i più autorevoli e conosciuti fisici teorici del mondo, noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo.

Secondo questa mente scientifica eccelsa, (aveva un Q.I. di 160, sembra), religione e scienza non sono in alcun modo conciliabili.

Egli afferma, infatti:

 

C’è una fondamentale differenza

tra la religione,

che è basata sull’autorità,

e la scienza,

che è basata su osservazione e ragionamento.

 

E, alla domanda: Dio ha creato il mondo? risponde con un secco: no.

 

Resta il dubbio.
Dubbio che dovremmo avere tutti se fossimo umili ed intellettualmente onesti.
Affermare invece che le cose siano andate indubitabilmente in uno specifico modo, per fede, per obbedienza, per adesione incondizionata ad un mito biblico di qualche millennio fa, credo che sia un atto di arroganza non più compatibile con le categorie del pensiero contemporaneo.

 

Nella peggiore delle ipotesi, e qui faccio un altro salto nel tempo storico, potrebbe averci visto giusto il Barone d’Holbach che, in pieno XVIII secolo, scriveva:

“Ci dicono, in tono grave, che non c’è effetto senza causa; ci ripetono, ogni momento, che il mondo non si è fatto da sé. Ma l’universo è una causa, non è per niente un effetto, non è per niente un’opera, non è stato per niente “fatto”, poiché era impossibile che lo fosse. Il mondo è sempre esistito, la sua esistenza è necessaria. La materia si muove per la sua stessa energia, per una conseguenza necessaria della propria eterogeneità”.

Paul Henri Thiry d’Holbach (1723 -1789), nome francesizzato di Paul Heinrich Dietrich, Barone d’Holbach, filosofo, enciclopedista, traduttore e divulgatore scientifico tedesco naturalizzato francese.

Questo scrive nella sua opera: “Il buon senso, ossia idee naturali opposte alle soprannaturali”.

Numero2862.

 

A I    G I O V A N I    I T A L I A N I

 

Correva l’anno 1818 e, dalla dimora gentilizia in Recanati, dove abitava la famiglia paterna del Conte Monaldo, un giovane, aveva allora 20 anni, Giacomo Leopardi, fra le sue “sudate carte”, mandava un appello, nobile, accorato e quasi commovente, ai suoi coetanei e conterranei. A oltre 200 anni di distanza di tempo, è di una sorprendente attualità. Eccolo.

 

Io non vi parlo da maestro, ma da compagno. Non vi esorto da capitano, ma vi invito da soldato. Sono coetaneo vostro e condiscepolo vostro ed esco dalle stesse scuole con voi, cresciuto fra gli studi e gli esercizi vostri, partecipe dei vostri desideri, speranze e timori.
Abbiate pietà di questa bellissima terra e dei monumenti e delle ceneri dei nostri padri.
Fate che la povera patria nostra, in tanta miseria, non rimanga senza aiuto, perché non può essere aiutata fuorché da voi.