Numero1927.

 

MANIPOLAZIONE  LINGUISTICA
Tecniche e Strategie.

Dott.  Roberto  Ruga
psicoterapeuta

Trascrizione da YOUTUBE

Quali sono i trucchi più diffusi per trarre in inganno le persone e indurre la mente in errore?
Adesso vi faccio un esempio per farvi capire come la forma di un’espressione può valere più del contenuto e come la collocazione delle parole sia molto importante nella manipolazione linguistica.
Ecco l’esempio, noto a tutti gli esperti.
Un novizio chiese al priore. “Padre, posso fumare mentre prego?”. E fu severamente rimproverato.
Un secondo novizio chiese allo stesso priore: “Padre, posso pregare mentre fumo?” E fu lodato per la sua devozione.
Questo esempio ci fa capire come l’arma del manipolatore linguistico non sia il contenuto, ma la forma e, cioè, la posizione delle parole. Ovvero, qualcosa che sfugge all’interlocutore. Infatti, ciò che persuade il Padre priore, è qualcosa che lui non nota. La diversa collocazione delle parole dà luogo ad un effetto differente.

Gli esempi che si possono fare sono tanti. Un esempio: “Daniela è una ragazza bruttina ma ricchissima” è molto diverso dal dire: “Daniela è una ragazza ricchissima ma bruttina”.
In realtà, stiamo dicendo la stessa cosa, ma l’effetto è diverso.
Così come c’è un effetto diverso se dico: “Lui uscì con lei dal locale” piuttosto che: “Lei uscì con lui dal locale”. È chiaro che stiamo dicendo la stessa cosa, ma basta spostare di poco la collocazione di chi compie un atto e di chi lo subisce o vi partecipa, per ottenere significati ed effetti diversi su chi ascolta.

Grazie a questi effetti linguistici, il manipolatore può influenzare la mente di chi ascolta, semplicemente organizzando ciò che dice in un modo piuttosto che in un altro. L’ordine delle parole suggestiona il pensiero e lo induce in errore.
Spesso, l’efficacia della persuasione si nasconde all’inizio della frase. Infatti, ciò che viene detto per primo influenza la percezione di chi ascolta.
A questo riguardo, è noto un meccanismo molto usato dai mezzi di comunicazione di massa,, che possono far pendere la bilancia a favore di uno dei due contendenti politici che si affrontano, senza dare l’impressione di farlo, ma, anzi, sbandierando la propria oggettività. In pratica, si fa parlare per prima la parte politica che si vuole danneggiare, invitando successivamente quella di cui si tutelano gli interessi. Perché? Perché la mente umana registra entrambi i messaggi, ma l’ultimo rimane sempre più impresso.

Un’altra tecnica molto diffusa per screditare qualcuno, consiste nel mettere le sue parole tra virgolette. Le virgolette trasformano le frasi in espressioni un po’ ridicole e le parole diventano, automaticamente, sarcastiche, senza che sia stato detto o fatto nulla.
Un’altra tecnica manipolativa è quella di dire cose scontate, ma ammantandole di termini tecnici e, quindi, attraenti e suggestivi. Ad esempio, inserendo nel discorso l’espressione famosa – espressione ad effetto – cioè “al gusto di cioccolato”. In pratica, succede che l’ascoltatore viene distratto da questa immagine attraente e scambia per cioccolato ciò che, in realtà, è solo un surrogato. Quando si dice che un prodotto è “al gusto di cioccolato”, la nostra mente focalizza l’attenzione sulla parola “cioccolato” e già immagina che ciò che gusterà sarà cioccolato.
Il gusto, però, è legato al naso e non alla bocca, come spesso noi crediamo, per cui, quando mangiamo qualcosa, difficilmente la bocca se ne renderà conto, ma al naso non sfugge il suo sapore.
Perciò, il prodotto “al gusto di cioccolato” sarà solo un surrogato che avrà l’odore del cioccolato, ma non è cioccolato.

La pubblicità televisiva è piena di questi trucchetti.
Ad esempio, si dice: i biscotti X non contengono nitrati. In effetti, nessun tipo di biscotti contiene nitrati, quindi, in questo caso, il manipolatore inganna dicendo il vero. Ultimamente si leggono frasi simili, sulle confezioni dei dolciumi. Chi legge si sente rassicurato per il fatto che il prodotto non contiene nitrati, perché i nitrati non fanno bene alla salute. Per cui, il compratore si sentirà spinto a mangiare i biscotti X piuttosto che i biscotti Y, che non contengono questa informazione e che, forse, quindi, contengono i nitrati. Ma la frase nasconde un inganno: questi biscotti non contengono nitrati e, ad essere sinceri, neanche gli altri biscotti li contengono. E non contengono neanche uranio radioattivo o il batterio della peste. Ma questo non viene detto.

Un altro famoso esempio, che è un altro espediente per manipolare, è quello di dire cose ovvie, cioè la cosiddetta “scoperta dell’acqua calda”.
Ad esempio, quando si dice di un’acqua minerale che “facilita la diuresi”, in realtà, non si dice che bere qualsiasi acqua facilita la diuresi, questo è ovvio, ma la mente di chi ascolta o legge completa la frase immaginando che “quell’acqua facilita la diuresi”, a causa di una sua caratteristica che altre acque non hanno, ma questo non è stato detto. Molte acque minerali sono spesso reclamizzate con questa espressione, indicando che “aiutano a fare pipì”. Dov’è il tranello? Ogni tipo di acqua facilita la diuresi e non solo l’acqua sulla cui confezione è riportata questa espressione. Tuttavia, la mente di chi acquista è indotta a pensare che le acque, che non riportano questa informazione, non facilitano la diuresi.

Un altro modo di indurre una falsa convinzione è quello in cui si lascia intuire l’efficacia di un prodotto, indicandone una componente, anche se quello non ha nessuna influenza sull’azione che quel prodotto compie. Ad esempio,il classico dentifricio X che contiene una certa sostanza: quindi, deduciamo che quella sostanza fa bene ai denti. In realtà, la sostanza in questione non ha nessun potere benefico sui denti e quindi, se non ci fosse, il dentifricio avrebbe le stesse caratteristiche. Alcuni pubblicitari possono aggiungere la precisazione che una tale sostanza “aiuta” a raggiungere un certo risultato. In questo modo, nessuno potrà dire che tale affermazione è falsa. È molto difficile. Un altro trucco usato dai pubblicitari consiste nell’affermare una verità, omettendo, però, di completarla con affermazioni che ne limiterebbero il significato.

Pertanto, indurre la mente in errore non è così difficile, in quanto le parole creano la realtà. Usando le parole nel modo giusto, possiamo creare la realtà che meglio ci aggrada.
Pensiamo che, sulle parole, si basano anche le relazioni tra le persone. all’interno di un contesto sociale.
Il manipolatore sa usare il potere magico del linguaggio.
Ad esempio, in ambito militare, pensiamo a certe espressioni tipo “fuoco amico”. Questa frase viene usata per dire che dei soldati sono stati ammazzati per errore dai loro compagni o alleati. E così la mente crea un’immagine innocua. Addolcisce la pillola. Pensiamo ad un’altra espressione come “conflitto a bassa intensità”. Questa frase veniva usata per dire che pochi esseri umani erano morti, ma la mente crea, comunque, un’immagine edulcorata latente della sparatoria. Sorvolando sui cadaveri che ci sono stati.

Insomma, le armi invisibili del persuasore sono molte.
Ci sono, poi, tutti quegli esempi che hanno come sfondo le aule dei tribunali.
Consideriamo,ad esempio, le seguenti espressioni: “Quando è entrato nella banca, l’imputato aveva UNA pistola?” , oppure, “Quando è entrato nella banca, l’imputato aveva LA pistola?”. Nella prima frase, è chiara la domanda sull’esistenza della pistola. Nella seconda versione, si dà per scontata la detenzione dell’arma da parte dell’imputato.
Nella nostra lingua esistono parole semplicissime, e apparentemente innocue, che possono stravolgere il significato della frase.
Come delle semplici congiunzioni: e, ma , se, sebbene.  Mescolando l’ordine delle parole e delle congiunzioni, si ottengono miscele linguistiche molto diverse. Il cambiamento dell’ordine delle parole può modificare il senso della frase e, quindi, il concetto che sta dietro. Alcune congiunzioni innescano delle reazioni automatiche alle quali una persona reagisce senza rendersene conto. Una di queste congiunzioni è la parola “perché”. La sensibilità della parola “perché” è dovuta ad un nesso di causalità, con cui cerchiamo di spiegarci le cose. E più argomenti si accompagnano ad un “perché”, più è probabile che ci sia volontà di manipolazione.

(N.d.R. : intervengo con una considerazione fuori contesto: “perché” è una congiunzione che introduce una domanda ma anche una risposta. Da un po’ di tempo, è molto in uso, nel linguaggio corrente, una espressione, per introdurre una risposta, che vorrebbe essere esplicativa, che suona così: “perché comunque” .
Quando, io voglio dare una risposta che sia valida, convincente, esaustiva, dovrei evitare di usare questo “comunque”, che vuol dire: in qualche modo, per sì e per no, in qualche caso,forse… cioè una formula dubitativa che toglie o attenua la certezza all’attendibilità della mia asserzione in risposta. La credibilità dell’argomentazione che segue sarà inficiata o sminuita in partenza. È una  formula lubrificante che, magari, dà un attimo di tempo in più per raccogliere le idee, che lì per lì sono confuse, e per trovare gli argomenti più validi. Ma, forse, è soltanto una moda.

C’è da aggiungere che il contesto emotivo orienta il significato delle percezioni e certe parole creano un contesto emotivo. Ad esempio, se parliamo ad una persona ed accenniamo alla paura di sbagliare, si creano, nella mente di questa persona, delle connessioni e delle interconnessioni sulla proiezione della paura, quindi sull’ansia, sulle sensazioni spiacevoli, sui ricordi di esperienze sgradevoli e quindi, indirettamente, sulla visione pessimistica del futuro, sui ricordi di punizioni, sui sensi di colpa, sui sensi di inferiorità o di inadeguatezza.
Basta una sequenza di parole specifiche per orientare una certa visione del mondo. Questo perché il potere delle parole è pressoché infinito. Basta, certe volte, usare termini vaghi ed ambigui per creare un certo effetto.
Alcune parole sono piene di …. vuoto e diventano, così, il ricettacolo di qualunque contenuto di desiderio da parte dell’ascoltatore.
Ad esempio, la medicina è un settore molto fertile, da questo punto di vista.
A questo proposito, anche i cartomanti usano parole “passe partout” e danno l’impressione di leggere nella mente dei loro clienti. Ad esempio, possono dire. “Vedo che hai un problema”, “Il problema riguarda te”….(beh, certo!). “C’è di mezzo un’altra persona”, oppure possono dire: “Vedo tensione”, “È stato fatto qualcosa”. C’è un vuoto intorno e dentro queste espressioni, perché non dicono niente di specifico, In realtà, non viene detto niente, eppure la vittima ha la sensazione che venga detto qualcosa proprio su di lui.

Anche gli stereotipi sono molto persuasivi e sono parole che contengono molte connotazioni psicologiche ed emotive, tutte ben scolpite nell’immaginario collettivo. Ad esempio, i termini “fascista”, “comunista”, “reazionario”, “moralista”, “integralista”, “terrorista”, sono tutte delle etichette che incasellano l’avversario con una forza molto particolare. Una volta utilizzate queste etichette, scatta una serie di pregiudizi.
Un altro modo per persuadere gli altri delle nostre idee, è fornire delle spiegazioni globali, che siano in grado di dare un senso ad ogni cosa, a tutto. Sono un tipo di spiegazioni che noi tendiamo a preferire, perché ci risparmiano la fatica di analizzare criticamente la realtà, quindi ci fanno risparmiare tempo.
Più risposte una teoria ci sembra in grado di fornire, più è gradita ed attraente ai nostri occhi. Ma non è importante che essa sia del tutto vera, perché la cosa importante è che ci permetta di interpretare il più alto numero di eventi possibili. Questo ci fa capire che, col linguaggio, si possono creare anche dei paradossi, ovvero delle situazioni senza alcuna via d’uscita., che intrappolano la logica mandando in tilt la mente. E possono, alla lunga, spingere una persona verso la follia.

Le frasi che ingabbiano la mente, impedendole di capire dov’è la verità, sono dette “autoimmunizzanti”, cioè si autogiustificano a priori, rendendo impossibile una loro confutazione. Una di queste frasi, ad esempio, è: “La più riuscita strategia del diavolo è far credere che non esiste”. Se ci pensate bene, qui esiste una struttura ritorsiva che è impossibile da confutare.
Dunque, iniziamo a capire come, attraverso il linguaggio, attraverso espressioni apparentemente innocue, la volontà può essere manipolata, incidendo sulla capacità che una persona ha di decidere.
Oltre che nelle campagne pubblicitarie, questa manipolazione si trova dappertutto. Facciamo, intanto, degli esempi nell’ambito pubblicitario.
Ci sono tante pubblicità che si basano sullo stesso concetto. Prendiamo la frase tipica: “Nessuno lava più bianco di me”. Con questa affermazione il pubblicitario vorrebbe che il detersivo sponsorizzato fosse l’unico sul mercato. In realtà, non si sta dicendo che il detersivo è il migliore in assoluto, la frase è parziale. Infatti, dovrebbe dire: “Nessun detersivo lava più bianco di me, anche se ci sono altri detersivi che lavano bene quanto me”. La seconda parte della frase è stata omessa.
La nostra mente arriva alla conclusione che, solo quel detersivo può fornire quelle prestazioni.
Un’altra frase tipica è quella che dice che un certo cibo non contiene colesterolo. Ora, anche ammettendo che dei ricercatori siano riusciti ad estrarre il colesterolo da quel prodotto, l’inganno sta nel fatto che il suddetto cibo, appena disciolto in bocca, e poi nello stomaco, si scinde in molecole di amido e questo si trasforma in zucchero. Dopo un po’, una parte di queste dolci molecole si trasforma in qualche altra cosa, fino a formare il colesterolo. Allora, è vero che in quel certo cibo, ad esempio, i crackers, non c’è colesterolo, ma il pubblicitario non dice nulla di quanto avviene dopo che il prodotto è stato ingerito.

Tutti questi stratagemmi, queste tattiche comunicative fanno leva su errori logici e risultano manipolative, in quanto sono un po’ scorrette.
Le fallacie illogiche più comuni, utilizzate dai manipolatori linguistici sono:
L'”argomento fantoccio” che consiste nel rappresentare scorrettamente l’argomentazione dell’avversario, esagerandola e riportandola in modo caricaturale.. Arrivando, persino, a mettergli in bocca parole che non ha detto, allo scopo di confutare più facilmente la sua tesi.
Per fare un esempio, immaginate un politico che dice. “Avremmo dovuto spendere più soldi nella sanità e nell’istruzione”. E immaginate l’opposizione che risponde dicendo: “Siamo sorpresi che voi odiate così tanto il vostro paese, da volerlo lasciare senza difesa, tagliando le spese militari”. Notate il gioco manipolativo?
Un’altra strategia manipolativa è quella che afferma che una relazione tra due eventi sia necessariamente di tipo causale. Spesso, si tende a presentare due cose accadute contemporaneamente o in sequenza, come se l’una fosse la causa dell’altra. Mentre la loro relazione potrebbe, semplicemente, essere una coincidenza. Oppure, potrebbero essere provocate, tutte e due, da una diversa  stessa causa. Ad esempio, e questo è un esempio famoso, Mario, indicando un grafico, spiega come le temperature si siano alzate negli ultimi secoli, mentre, nello stesso tempo, il numero dei pirati è diminuito. Perciò, sono i pirati che raffreddano il mondo e il riscaldamento globale è una  grande bufala. Notate l’irrazionalità di questa argomentazione?

Un’altra tattica manipolativa è l’argomento “ad hominem” ( verso la persona), che consiste nell’obiettare alle argomentazioni di qualcuno, senza rispondergli nel merito, ma attaccandolo sul piano personale, con lo scopo di indebolire la sua posizione. Per fare un esempio: dopo che Maria aveva presentato un convincente ragionamento in favore di un sistema fiscale più equo, Carlo chiese al pubblico se si fidasse di una donna non sposata, che era stata arrestata in passato e che aveva un odore un po’ strano. Qui si attacca la persona e non le sue idee, che sarebbero, altrimenti, inattaccabili.
Anche con Einstein fecero, più o meno la stessa cosa: lo attaccarono sulla sua vita privata, in particolare sulla sua relazione con la moglie, proprio perché le sue idee erano, invece, inattaccabili.
Poi, c’è un altro accorgimento manipolativo: quando la propria tesi viene smentita, si cerca di avere ragione inventando eccezioni:. Facciamo un esempio. Rocco sostiene di essere un sensitivo, ma quando le sue abilità vengono messe alla prova scientificamente, queste, magicamente, spariscono. E allora Rocco cosa fa? Spiega che la gente deve avere “fede” nei suoi poteri, perché questi funzionino, altrimenti non funzionano. Ma allora, così, è facile.
Poi ci sono le famose “domande accusatorie”, cioè, in sostanza, si fa una domanda che contiene un’affermazione, in modo che l’interpellato non possa rispondere con un sì o con un no, ma deva contestare la domanda. E quindi, in questo modo, appare sulla difensiva, oppure potrebbe sembrare  colpevole, proprio perché contesta la domanda. Ad esempio: “Hai smesso di picchiare tua moglie?” Questo è un celebre esempio da aula di tribunale.

Poi c’è il famoso “carro del vincitore”, cioè cercare di avvalorare una tesi dicendo che è molto popolare, anche se, in realtà, può essere una vecchia superstizione.
Poi, ancora, abbiamo i cosiddetti “falsi dilemmi” che consistono nel far credere che esistono solo due alternative, costringendo la vittima a scegliere fra queste due sole alternative. A sceglierne una quando, in realtà, avrebbe la possibilità di scegliere fra più opzioni. Questo è tipico delle dittature. I dittatori chiedono alla gente se è dalla sua parte o dalla parte del nemico, come se la scelta possibile fosse solo fra queste due alternative.
E, ancora, ci sono i cosiddetti “ragionamenti circolari”, in cui la conclusione è già contenuta nelle premesse. Una frase tipica è: “La giustizia impone che nessun uomo possa comprare un altro uomo, perché non è giusto che un uomo possa essere messo in vendita”. Ma questa non è un’argomentazione valida.
Un’altra tattica manipolativa è l’appello ad una autorità, che consiste nel dire che una cosa è vera perché lo dice l’esperto (N.d.R. : “ipse dixit” ( l’ha detto lui) detto da Cicerone riferendosi ad Aristotele), senza fornire ulteriori argomenti.
Un altro classico errore logico sfruttato dai manipolatori è quello di ritenere che ciò che è valido per una parte sia valido per il tutto. O, viceversa, che ciò che è valido per un intero, sia valido per tutte le sue componenti. Sarebbe come se dicessi: “Siccome gli atomi sono invisibili e noi siamo fatti di atomi, allora noi dovremmo essere invisibili”. Sarebbe un po’ strano.
Oppure, pensate se dicessi: “Siccome mio nonno fuma 80 sigarette al giorno e non ha il cancro ai polmoni, allora io non credo ai dati sulle morti causate dal fumo”. Sarebbe un po’ strano.
Eppure, molti manipolatori fanno uso di queste strategie e fanno leva sui sentimenti dell’interlocutore , senza avere delle valide argomentazioni.
Alcuni manipolatori usano la “tecnica dell’incredulità” che consiste nel rispondere ad una argomentazione, dicendo che è difficile a credersi e, perciò, non può essere vera. Pensiamo, ad esempio, ad un pesce e ad un essere umano. Sono molto diversi e ci chiediamo come un pesce possa essersi trasformato in un uomo, come vorrebbe la teoria evoluzionista  che è stata sperimentata. Oppure, pensate se dicessimo che la teoria evoluzionista non è accettabile perché è una pratica usata dai nazisti. Sarebbe curioso.
I produttori di una nota bevanda gassata mostravano delle ricerche secondo cui, dei 5 paesi dove la bibita era più venduta, 3 erano nella classifica  dei primi 10 paesi al mondo per le condizioni di salute. Quindi, la loro bibita era salutare.
Ma questa è una conclusione azzardata, non è affatto logica.
Un altro errore logico, sfruttato sempre dai manipolatori linguistici, consiste nel sostenere che un compromesso, oppure un punto d’intesa tra due estremi, sia sempre la verità. Ma non è sempre così. Spesso la verità sta nel mezzo, ma questo non è sempre, necessariamente vero e, a volte, capita che la verità sia in uno dei due estremi. Ad esempio: Alice dice che i vaccini causano l’autismo nei bambini, ma la sua amica Marta, esperta di scienza, obietta che questa tesi è stata smentita ed è infondata. Alice, allora, cosa fa? Propone un compromesso: i vaccini possono causare “un po’ d’autismo” nei bambini.
Ma questo è un errore logico.

Numero1919.

 

ATTENZIONE :  QUESTA  È  UNA BUFALA,  UNA FAKE  NEWS.

Sta circolando su  FACEBOOK e viene attribuita ad una poetessa e scrittrice, KITTY  ‘O  MEARY  (1839 – 1888), che l’avrebbe scritta nel 1869.
NON  È  AFFATTO  VERO:     È stata scritta adesso.

È vero, invece, chiunque l’abbia scritta, che vale la pena di leggerla.
Per questo la pubblico.

 

E la gente rimase a casa.
E lesse libri ed ascoltò.
E riposò e fece esercizi.
E fece arte e giocò.
E imparò nuovi modi di essere.
E si fermò.

E ascoltò più in profondità.
Qualcuno meditava.
Qualcuno pregava.
Qualcuno ballava.
Qualcuno incontrò la propria ombra.
E la gente cominciò a pensare in modo differente.

E la gente guarì.
E, nell’assenza di gente che viveva
in modi ignoranti,
pericolosi,
senza senso e senza cuore,
anche la terra cominciò a guarire.

E quando il pericolo finì.
E la gente si ritrovò.
Si addolorarono per i morti.
E fecero nuove scelte.
E sognarono nuove visioni.
E crearono nuovi modi di vivere.
E guarirono completamente la terra.
Così come erano guariti loro.

Numero1878.

 

Segnalata da mio nipote Alan.

Questa è la magistrale lettera che il preside del il liceo Volta di Milano, Domenico Squillace, ha scritto a tutti gli studenti della scuola e pubblicata sul sito. Perdete qualche minuto per leggerla: è un capolavoro.

AGLI STUDENTI DEL VOLTA

“La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia…..”

Le parole appena citate sono quelle che aprono il capitolo 31 de “I Promessi sposi”, capitolo che insieme al successivo è interamente dedicato all’epidemia di peste che si abbatté su Milano nel 1630. Si tratta di un testo illuminante e di straordinaria modernità che vi consiglio di leggere con attenzione, specie in questi giorni così confusi. Dentro quelle pagine c’è già tutto, la certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori, le voci incontrollate, i rimedi più assurdi, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria…. In quelle pagine vi imbatterete fra l’altro in nomi che sicuramente conoscete frequentando le strade intorno al nostro Liceo che, non dimentichiamolo, sorge al centro di quello che era il lazzaretto di Milano: Ludovico Settala, Alessandro Tadino, Felice Casati per citarne alcuni. Insomma più che dal romanzo del Manzoni quelle parole sembrano sbucate fuori dalle pagine di un giornale di oggi.

Cari ragazzi, niente di nuovo sotto il sole, mi verrebbe da dire, eppure la scuola chiusa mi impone di parlare. La nostra è una di quelle istituzioni che con i suoi ritmi ed i suoi riti segna lo scorrere del tempo e l’ordinato svolgersi del vivere civile, non a caso la chiusura forzata delle scuole è qualcosa cui le autorità ricorrono in casi rari e veramente eccezionali. Non sta a me valutare l’opportunità del provvedimento, non sono un esperto né fingo di esserlo, rispetto e mi fido delle autorità e ne osservo scrupolosamente le indicazioni, quello che voglio però dirvi è di mantenere il sangue freddo, di non lasciarvi trascinare dal delirio collettivo, di continuare – con le dovute precauzioni – a fare una vita normale. Approfittate di queste giornate per fare delle passeggiate, per leggere un buon libro, non c’è alcun motivo – se state bene – di restare chiusi in casa. Non c’è alcun motivo per prendere d’assalto i supermercati e le farmacie, le mascherine lasciatele a chi è malato, servono solo a loro. La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo all’altro del mondo è figlia del nostro tempo, non esistono muri che le possano fermare, secoli fa si spostavano ugualmente, solo un po’ più lentamente. Uno dei rischi più grandi in vicende del genere, ce lo insegnano Manzoni e forse ancor più Boccaccio, è l’avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile. L’istinto atavico quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile è quello di vederlo ovunque, il pericolo è quello di guardare ad ogni nostro simile come ad una minaccia, come ad un potenziale aggressore. Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna, non è poco credetemi, i suoi progressi, le sue certezze, usiamo il pensiero razionale di cui è figlia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità. Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero.

Vi aspetto presto a scuola.
Domenico Squillace

 

Numero1856.

AD  ULTERIORE  INTEGRAZIONE  ED APPROFONDIMENTO  DEL  NUMERO  1857

Computer QuantisticoLo sviluppo dei computer quantistici affonda le sue origini negli anni ’80. Fu allora che i ricercatori cominciarono ad intravedere la possibilità di creare un super elaboratore in grado di sfruttare le leggi della meccanica e della fisica quantistica per oltrepassare finalmente i limiti dei cosiddetti super computer, spalancando di fatto le porte ai nuovi e interessantissimi orizzonti dell’Intelligenza Artificiale. Ad oggi, sono già stati creati sistemi avanzati basati su pochi qubit (bit quantistici), ma la vera sfida di scienziati e ricercatori è realizzare computer quantistici basati su migliaia di qubit entro pochi anni. Soltanto questa condizione consentirebbe un vero e proprio “salto quantico” nella qualità dei calcoli che un computer riesce ad eseguire. In sostanza, stiamo parlando di sistemi contenenti infiniti qubit (e non i bit utilizzati dai computer che conosciamo), capaci di effettuare centinaia di migliaia di calcoli al secondo. Gli studi tuttora in corso fanno sapere che ci vorranno almeno dieci anni per raggiungere una maturità tecnologica tale da poter realizzare una macchina di questo genere. A contendersi la partita al momento sono Google, IBM, Intel e Microsoft, ma anche alcuni centri specializzati come quello di Harvard e il MIT (Massachusetts Institute of Technology), che si scontrano con le ingerenze di alcuni studi russi e cinesi. Di recente, anche l’Unione Europea ha finalmente deciso di investire nella ricerca, destinando un miliardo di euro per i prossimi dieci anni.

Cos’è e come è fatto un computer quantistico?

Bit e QubitTutti i computer che usiamo si basano sulla logica binaria. Ogni unità (il bit) prevede due possibilità di scelta (0 e 1) e tutte le informazioni offerte (più o meno complesse) vengono elaborate con una stringa di valori composta da tanti 0 e 1. Questo non è il caso del computer quantistico, che punta a sfruttare le diverse proprietà della fisica e della meccanica quantistica, consentendo al sistema di ragionare in maniera profondamente diversa dai computer precedenti e, quindi, non lineare. Il bit, infatti, è stato sostituito con il qubit, in grado di analizzare qualsiasi query o problema in maniera simultanea, anziché binaria. Il computer quantistico, pertanto, non funziona in parallelo e la sua rapidità non dipende da una mera questione di potenza, ma è legata semplicemente a un modo totalmente nuovo di elaborare le informazioni. Se gli attuali computer seguono le regole della fisica classica, questo non è il caso dei computer quantistici, i quali grazie alla fisica quantistica sarebbero in grado di processare informazioni che con gli attuali sistemi richiederebbero migliaia di anni. Non si tratta di una tecnologia che darà vantaggi in ogni ambito, motivo per il quale i computer tradizionali non verranno accantonati. Ciò nonostante, questo nuovo approccio lascia intravedere possibilità di applicazione enormi e, già attualmente, esistono settori nei quali il salto sembra molto interessante. Tra questi la chimica, la fisica, la farmaceutica e la crittografia. Per adesso, queste macchine sono ancora in fase embrionale, soprattutto dal punto di vista dell’hardware. Malgrado gli investimenti effettuati negli ultimi anni da molte aziende attive nel settore informatico, la sperimentazione procede ancora a tentoni. Il motivo principale sta nella mancanza degli standard e, soprattutto, nella scarsità di specialisti in grado di lavorarvi, essendo questi poche centinaia in tutto il mondo. Per capire come la scienza sia arrivata alla realizzazione dei computer quantistici è necessario tirare in ballo la Legge di Moore e la miniaturizzazione dei circuiti: a partire dagli anni ’60, si è assistito a un miglioramento progressivo della potenza di calcolo dei Pc, incremento legato a doppio filo con la parallela e costante miniaturizzazione dei circuiti elettronici da cui deriva anche la celebre Legge di Moore. Secondo questa regola, la complessità dei microcircuiti, misurata attraverso il numero di transistor presenti in un chip (il processore) e la conseguente velocità di calcolo, raddoppiano ogni 18 mesi. Tuttavia, questa legge oggi non risulta quasi più applicabile e il motivo principale sta nel raggiungimento dei limiti imposti dalla meccanica, che rendono molto più difficile che in passato proseguire sulla strada della miniaturizzazione. Limite questo, che in un certo senso ha spalancato le porte a un netto cambio di paradigma, basato sulla necessità di sfruttare le potenzialità della meccanica e della fisica quantistica, allo scopo di raggiungere una maggior potenza e fluidità di calcolo. Ed ecco che i bit sono stati sostituiti dai qubit, non codificati medianti i simboli 1 e 0, ma relativi allo stato quantistico in cui si trovano le particelle o gli atomi impiegati. Questi ultimi possono avere contemporaneamente valore 1 e 0, tra l’altro in una varietà di combinazioni tali da produrre milioni di stati quantistici differenti. Una condizione che assume significati vastissimi se pensata in relazione alla progressione matematica: 2 qubit possono avere ben 4 stati contemporaneamente, 4 qubit corrispondono a 16 stati, 16 qubit a 256 stati e così via fino a quantità che nessuno strumento elettronico attuale è in grado di immaginare. Grazie a questi sistemi le capacità di codifica si amplierebbero talmente tanto da poter processare informazioni estremamente complesse, come quelle che regolano l’Intelligenza Artificiale. In poche parole, un computer quantistico sarebbe capace di elaborare nello stesso momento, in virtù delle sue capacità di calcolo parallelo, diverse soluzioni per un singolo problema, anziché semplici calcoli sequenziali come avviene attualmente per i pc tradizionali.

Come funzionano i computer quantistici?

Per il momento, a frenare gli scienziati che stanno lavorando a questi sistemi, è stata la manipolazione controllata degli atomi e delle particelle (finora realizzata con successo soltanto in presenza di pochi qubit ma mai per elaborazioni più complesse, che necessitano di centinaia o migliaia di qubit). La gestione degli atomi riguarda principalmente la loro comunicazione e connessione. Inoltre, è fondamentale uno sviluppo parallelo degli algoritmi dedicati. Il funzionamento di questi sistemi avanzati si basa essenzialmente su due delle leggi che regolano la meccanica quantistica:

  • il principio di sovrapposizione“, da cui ha origine la capacità delle particelle di trovarsi in più stati diversi contemporaneamente (dando la possibilità anche al qubit di poter essere sia 1 che 0 simultaneamente);
  • la correlazione quantistica” (entanglement), che indica il vincolo esistente tra due particelle e, in questo caso, due qubit; secondo tale principio, è possibile individuare lo stato di una particella (e di un qubit) osservando quella a cui è vincolata.

Dal punto di vista puramente pratico, il funzionamento dei computer quantistici prevede due approcci fondamentali:

  • il primo, che avviene attraverso il raffreddamento dei circuiti con il raggiungimento del cosiddetto zero assoluto(indicato con il valore di 0 gradi Kelvin, corrispondenti a -273,15 gradi Celsius). In questo modo i circuiti funzionano come conduttori senza alcuna resistenza che interferisca sulla corrente; in tal caso è possibile parlare di “punti quantici“, termine usato per indicare una nanostruttura dotata di uno speciale materiale semiconduttore, situata in un altro semiconduttore con un intervallo di energia più ampio;
  • il secondo metodo previsto, invece, ricorre ai cosiddetti ioni intrappolati, ovvero quegli atomi e molecole dotati di una carica elettrica e intrappolati in un campo elettromagnetico. Questi atomi vengono manipolati affinché il dislocamento degli elettroni sia in grado di produrre una trasformazione dello stato degli ioni e di conseguenza possa funzionare come qubit;

Seguendo tali principi, il computer quantistico è in grado di sfruttare i qubit per processare calcoli infinitamente complessi, a una velocità che attualmente risulta inimmaginabile (rispetto alle macchine odierne, sarebbero capaci di impiegare secondi anziché anni, garantendo risultati nettamente più affidabili). Come affermato in precedenza, esistono ancora molti ostacoli da superare, tra cui la manipolazione corretta delle particelle (particolarmente fragili e volatili, proprio perché soggette a cambiamenti di stato repentini), la creazione di infrastrutture hardware adeguate (attualmente per il raffreddamento di questi particolari sistemi viene impiegato l’elio e le macchine devono essere conservate in ambienti senza vibrazioni) e lo sviluppo di algoritmi espressamente dedicati al quantum computing.

La storia del computer quantistico

Murray Gell-Mann

Il primo a pensare ad un computer basato sull’uso delle particelle elementari fu Murray Gell-Mann (cui fu assegnato il premio Nobel per la fisica nel 1969). Il fisico statunitense, nel 1982, aveva già intravisto la possibilità di sfruttare talune proprietà degli atomi per dar vita a una tipologia innovativa di scienza informatica. Richard Feynman raccolse le idee di Gell-Mann e introdusse il metodo della sovrapposizione degli stati delle particelle elementari. Tre anni dopo, nel 1985, David Deutsch dimostrò l’assoluta validità di queste indicazioni e lavorò per metterle in pratica. Nel 1998 fu realizzato il primo prototipo di computer quantistico. A rendere realtà le intuizioni dei colleghi che l’avevano preceduto fu il fisico Bruce Kane, che realizzò un elaboratore basato su atomi di fosforo disposti su uno strato di silicio spesso soltanto 25 nanometri. Nel 2001, IBM ha realizzato uno dei primissimi elaboratori quantistici a 7 qubit, mentre nel 2013 è stato presentato al pubblico il computer quantistico D-Wave. Nel 2016, dopo che IBM ha messo pubblicamente a disposizione il primo computer quantistico in modalità cloud (Quantum Experience, dotato di un processore a 5 qubit), il governo cinese ha lanciato in orbita il satellite Micius, il primo della storia ad usare standard di comunicazioni quantistiche, avviando di fatto una competizione serrata tra Cina e Stati Uniti. Nel 2017, IBM ha aggiornato i suoi elaboratori quantistici via cloud, dotandoli di processori a 16 e a 20 qubit. Il primato di IBM, tuttavia, è durato soltanto pochi mesi, poiché nel marzo del 2018 a strapparlo all’azienda informatica americana ci ha pensato Google, con il suo nuovissimo Quantum AI Lab, dotato di un processore Bristlecone a 72 qubit. Sempre nel marzo del 2018 l’Istituto di Fisica e di Tecnologia di Mosca ha lanciato una nuova affascinante sfida, presentando al mondo intero un articolo relativo agli sviluppi di una connessione Internet quantistica ad alta velocità, un’innovazione che aprirebbe scenari inimmaginabili.

Gli ambiti interessati: chimica, biologia, farmaceutica e crittografia

Quantum Computing e Blockchain

Le future applicazioni dei computer quantistici cominceranno laddove le macchine tradizionali non sono in grado di arrivare. I computer del prossimo futuro, infatti, puntano a risolvere problemi estremamente complessi, sia definendo simulazioni basate sulle regole della natura, sia velocizzando in maniera esponenziale le operazioni richieste. Scendendo più nel dettaglio, una delle applicazioni future che pare maggiormente alla portata del quantum computing sembra essere quella relativa al settore chimico-biologico. In questo caso, le simulazioni possono essere utili per comprendere meglio le possibili interazioni tra le molecole da impiegare nello sviluppo dei farmaci. In futuro, potremmo produrre in maniera più efficiente e aderente alle nostre esigenze prodotti quali medicinali e concimi. E per ottenere quanto appena detto potrebbero bastare processori costituiti da 100/200 qubit. Oggi, le macchine più evolute ed affidabili raggiungono i 70-75 qubit. Qualora si riuscissero a creare computer quantistici animati da migliaia di qubit, potremmo accedere a simulazioni e informazioni sempre più complesse e, quindi, ad ulteriori applicazioni in grado di abbracciare un gran numero di settori diversi. L’altro campo interessato dalle sperimentazioni è la crittografia, ovvero la tecnologia che consente di cifrare i messaggi rendendoli incomprensibili a tutti coloro che non sono in possesso delle chiavi che permettono di renderli leggibili.

Oltre che per cifrare meglio le proprie informazioni, i computer quantistici potrebbero essere anche lo strumento per svelare e decifrare i messaggi di eventuali vittime o avversari. In teoria, con questi sistemi sarebbe possibile persino “bucare” una blockchain, oggi praticamente inattaccabili con i computer tradizionali. Al momento, soltanto i governi e le più importanti aziende di ricerca hanno accesso ad applicazioni di questo tipo, ma è ovvio che nel prossimo futuro andrà messa in piedi anche una discussione relativa al tema delle competenze, onde evitare spiacevoli inconvenienti.

I computer quantistici di IBM e Google

IBM è stata una delle prime realtà ad aver investito nello sviluppo del Quantum Computing e nella realizzazione di computer quantistici generalisti ed accessibili a tutti. Oggi, sono disponibili sistemi da 20 qubit pronti all’uso e, a breve, anche macchine dotate di processori da 50 e più qubit. I sistemi IBM Q online dotati di processori da 20 qubit, a partire dall’anno in corso vedranno miglioramenti nella progettazione degli stessi qubit, oltre che nel packaging, nell’hardware e nella connettività. I tempi di coerenza (ovvero la quantità di tempo necessaria per eseguire i calcoli) si attestano attualmente sui 90 microsecondi. Oltre che per l’elevata velocità di calcolo, questi sistemi di nuova generazione si differenziano anche per un’eccellente affidabilità. Su quantità di qubit infinitamente più elevate si attestano i computer quantistici realizzati in collaborazione da NASA e Google, presso uno dei poli di sviluppo informatico più noti al mondo: il Quantum Artificial Intelligence Lab in California. Il dispositivo realizzato più di recente prende il nome di D-Wave Two, un computer quantistico a 512 qubit derivato direttamente dal D-Wave, nato nel 2011 e dotato di un processore da 128 qubit. Il D-Wave Two è un computer quantistico in cui ogni qubit si presenta come un circuito superconduttore tenuto a temperature bassissime (circa -271 gradi Celsius), grazie all’impiego dell’elio e di alcuni dischi in rame che provvedono a schermare il sistema dalle interferenze elettromagnetiche e a dissipare il calore prodotto dalla macchina. Il problema principale che i computer quantistici sono chiamati ad affrontare riguarda l’ancora elevata percentuale di errore. Questi dispositivi funzionano a temperature bassissime e vanno schermati dall’ambiente circostante in quanto i bit quantistici usati attualmente risultano ancora molto instabili e ogni genere di rumore o cambio di temperatura può generare errori. Proprio per questo motivo, i qubit presenti nei processori quantistici non sono in realtà singoli qubit, ma spesso combinazioni di bit in grado di ridurre gli eventuali errori. Un altro fattore che limita la ricerca e la produzione di sistemi super intelligenti è relativo al fatto che la maggior parte di questi computer è in grado di conservare il proprio stato per meno di 100 microsecondi. I sistemi realizzati da Google hanno evidenziato tassi di errore ancora elevati, pari all’1% per quanto riguarda la lettura, allo 0,1% per i single-qubit e allo 0,6% nel caso delle porte a due-qubit. Ciascuno dei chip Bristlecone a basso errore realizzati da Google è munito di 72 qubit. Google, oltre che sui qubit, sta lavorando anche per migliorare la sincronizzazione di tutte le tecnologie presenti in un computer di questo genere (il software, l’elettronica di controllo e il processore stesso).

Il futuro dei computer quantistici

IonQ sta attualmente lavorando alla realizzazione di un computer quantistico che impiega il metodo degli ioni intrappolati. Secondo Christopher Monroe, fisico e fondatore di IonQ, la scienza si sta attualmente concentrando su due modelli distinti, ovvero i circuiti superconduttori (la strada percorsa da IBM e Google) e gli ioni intrappolati (sui quali sta lavorando il centro di ricerca di Harvard). Facendo delle comparazioni tra i due sistemi, Monroe è giunto alla conclusione che le prestazioni ottenute attraverso tali tecnologie siano molto simili. A fare la differenza, però, sarebbe il collegamento tra i qubit: tutti gli ioni intrappolati sono collegati fra loro mediante forze elettromagnetiche; nei circuiti superconduttori, invece, soltanto alcuni qubit sono connessi, condizione in grado di rallentare il passaggio delle informazioni. Sempre secondo Monroe, l’umanità potrà salutare la comparsa dei primi sistemi dotati di migliaia di qubit entro poco più di un decennio. Ovviamente, scienziati e ricercatori intuiranno meglio le possibili applicazioni man mano che questi sistemi verranno migliorati.

 

Numero1851.

COME  COMUNICAVA  STEPHEN  HAWKING ?

Stephen Hawking, nel corso della sua lunga carriera, ci ha svelato parecchi segreti sulla storia e sulle dinamiche dell’Universo. Da una decina d’anni, però, riesce a controllare solo un muscolo della guancia: grazie ad un sofisticato sistema progettato dalla Intel,  il grande scienziato britannico comunica con l’esterno, e scrive tutte le sue pubblicazioni, solo tramite i movimenti di tale muscolo. Negli ultimi anni, però, la sua malattia del moto-neurone, pur progredendo molto lentamente rispetto ad altre malattie analoghe, gli ha reso più difficili anche i movimenti di tale muscolo, e di conseguenza anche l’utilizzo del software della Intel. Ma Hawking ancora una volta non si è dato per vinto e si è munito di una tecnologia ancora più avanzata: il software della Intel è stato integrato con l’interessantissima tecnologia SwiftKey, in grado di prevedere le parole che il professor Hawking ha intenzione di scrivere. A volte, come spiegheremo, le parole compaiono prima ancora che il Professore inizi a digitarle!! Grazie a tale tecnologia, lo scienziato riesce a scrivere a velocità doppia, e, come ha dichiarato il professor James Osborne, il capo del progetto, “ha più tempo per pensare ai segreti dell’Universo”.

Parole predette in base al contesto

La tecnologia Swiftkey è molto più avanzata delle normali funzioni di completamento automatico delle parole che sono presenti ormai su ogni telefonino. Sullo stesso sito della Swiftkey, sezione blog, è spiegato in dettaglio come funziona il nuovo sistema impiegato da Hawking per comunicare. Esso ha in memoria molte pubblicazioni dello scienziato; sulla base delle parole contenute in tali pubblicazioni, e dell’argomento che Hawking sta trattando in quel momento, esso fa delle previsioni sulle parole che ogni volta Hawking si accinge a digitare, dandogli la possibilità di completarle con un solo ulteriore “click”, che nel suo caso corrisponde ad un movimento del muscolo. Facciamo un esempio: poniamo che Hawking stia scrivendo un trattato di cosmologia, e abbia appena scritto la parola “black. Se la successiva parola che Hawking intende digitare inizia con “h” ci sono grandi probabilità che essa sia “hole” oppure “holes” (“black hole” = “buco nero”).

swiftkey

“SwiftKey legge il mio …” blog, pensiero oppure libro?

 

Nella figura sopra, un esempio effettivo del funzionamento della tastiera: come si vede, il programma a volte fa delle previsioni addirittura prima che l’utente inizi a digitare la parola successiva, solo sulla base del contesto.

Hawking “parla” con accento americano

Il Professor Hawking, e non c’era assolutamente motivo di dubitarne, non fa mai errori di ortografia, al limite ogni tanto compie qualche errore di battitura; sul sito della Swiftkey si legge “Abbiamo scoperto che la natura degli errori del Professor Hawking è fondamentalmente differente da quella degli errori compiuti dall’utente medio degli smartphone. Uno dei profili più comuni è quello dell’utente che digita testi e tweet in maniera veloce e disattenta”. Un’altra curiosità è che lo scienziato ha voluto che il sintetizzatore vocale che gli consente di “parlare”, fosse impostato con un accento nord-americano, e non con l’accento “british” che si usa in Inghilterra, dove Hawking vive.

Dare voce a chi non ce l’ha

Nei primi mesi del 2015, il software utilizzato da Hawking verrà messo sul mercato, ovviamente con la possibilità di personalizzarlo per i singoli utenti: sicuramente, un ottimo strumento per dare voce a chi ne è naturalmente sprovvisto e per far scrivere chi non può fare uso delle mani, purtroppo in casi come quello di Hawking le due condizioni coesistono. Lo scienziato britannico, che ha perso del tutto la capacità di parlare nel 1985 e anche nei trent’anni successivi ha continuato a svolgere la sua attività di scienziato arrivando a scoperte sensazionali, costituisce un esempio per molti disabili del linguaggio.

Pur parlando e scrivendo con il solo uso della guancia, Hawking negli ultimi anni ha continuato a dare importantissimi contributi alla teoria dei buchi neri

Pur parlando e scrivendo con il solo uso della guancia, Hawking negli ultimi anni ha continuato a dare importantissimi contributi alla teoria dei buchi neri

E’ da osservare, però, che il sistema ideato dalla Swiftkey può essere utile anche a chi non ha nessun problema fisico, o magari a chi ha problemi lievi. Se esso mette un disabile grave nelle condizioni di dattilografare a velocità normale, esso può consentire ad un normodotato, oppure ad un disabile lieve, di dattilografare a velocità molto elevata, aumentandone notevolmente la produttività.