Numero1905.

 

Coronavirus: c’è chi aveva previsto tutto.

 

Venerdì 18 ottobre 2019, tra le 8,45 e 12,30, ebbe luogo nell’hotel Pierre di New York una intrigante sceneggiata: la simulazione di una pandemia da coronavirus. Erano circa due mesi prima dello scoppio dell’epidemia a Wuhan in Cina.
Il Johns Hopkins Center for Health Security, il World Economic Forum e la Bill & Melinda Gates Foundation organizzarono un dibattito tra 15 opinion leader mondiali per discutere della risposta politica da dare a una ipotetica epidemia mondiale da coronavirus, denominata Evento 201.
Solo 130 invitati avevano potuto partecipare al dibattito in diretta ma un live streaming è stato reso disponibile a tutti (qui).
Lo scopo dell’evento era di aiutare i responsabili politici mondiali a comprendere meglio gli effetti di un evento sanitario epidemico a livello mondiale che non solo causerà grandi malattie e perdite di vite umane, ma innescherà anche importanti conseguenze economiche e sociali a cascata.
Qual era lo scenario di riferimento della Johns Hopkins e Bill Gates?
Usando le loro parole ufficiali:
‘L’evento 201 simula lo scoppio di un nuovo coronavirus zoonotico trasmesso da pipistrelli e maiali a persone che alla fine diventa efficacemente trasmissibile da persona a persona, portando a una grave pandemia. L’agente patogeno e la malattia che causa sono in gran parte modellati sulla SARS, ma è più infettivo soprattutto perché trasmissibile tramite persone con sintomi lievi’.

La capacità previsiva lascia senza fiato: quando si ebbero le prime notizie del dramma cinese (il 31 dicembre 2019, più di due mesi dopo) l’organizzazione mondiale della sanità usò praticamente le stesse parole per descrivere il nuovo virus.
La genesi della malattia era stata però prevista in modo leggermente diverso, forse per non allarmare il governo cinese prima del tempo:
‘La malattia inizia negli allevamenti di suini in Brasile, inizialmente in silenzio e lentamente, ma poi inizia a diffondersi più rapidamente negli ambienti sanitari. Quando inizia a diffondersi efficacemente da persona a persona nei quartieri a basso reddito e densamente affollati di alcune delle megalopoli del Sud America, l’epidemia esplode. Viene prima esportato per via aerea in Portogallo, negli Stati Uniti e in Cina e poi in molti altri paesi’.
Sulla capacità di diffusione sull’esito dei controlli non sappiamo ancora se gli ‘esperti’ abbiano o no avuto ragione:
‘Sebbene all’inizio alcuni paesi siano in grado di controllarlo, continua a diffondersi e a essere reintrodotto, e alla fine nessun paese può mantenere il controllo’.
Non è possibile che un vaccino sia reso disponibile nel primo anno. Potrebbero esistere farmaci antivirali in grado di aiutare i singoli malati ma non in grado di limitare in modo significativo la diffusione della malattia.
Poiché l’intera popolazione umana è sensibile, durante i primi mesi della pandemia, il numero cumulativo di casi aumenta esponenzialmente, raddoppiando ogni settimana. E man mano che i casi e le morti si accumulano, le conseguenze economiche e sociali diventano sempre più gravi’.

Certo anche qui si resta senza fiato per la chiaroveggenza degli esperti: i contagi raddoppiano ogni settimana! È descritto esattamente quello che sta accadendo in questi giorni, a circa due mesi dall’esplosione della malattia.

Ma ecco le previsioni su come andrà a finire:
‘Lo scenario termina dopo 18 mesi, con 65 milioni di morti. La pandemia inizia a rallentare a causa della diminuzione del numero di persone sensibili ma continuerà, in una certa misura, fino a quando non vi sarà un vaccino efficace o fino a quando l’80-90% della popolazione mondiale non sarà stata immunizzato. Da quel momento in poi, è probabile che si trasformi in una malattia endemica dell’infanzia’.

E, dato che si trattava di un forum politico, il meeting si conclude con ‘raccomandazioni’ su come le autorità devono gestire l’epidemia, che peraltro non sono particolarmente originali.
Per minimizzare i danni è necessaria una ‘collaborazione senza precedenti tra i governi, le organizzazioni internazionali e il settore privato’. Il che significa che i governi debbono pagare e investire ma lasciare il comando ai privati. È quindi auspicabile una gestione mondiale del problema, in mani private, che provvederà a destinare le risorse verso la produzione dei vaccini e la loro equa distribuzione.
Paesi, organizzazioni internazionali e società di trasporto globali dovrebbero collaborare per evitare la chiusura delle frontiere durante gravi pandemie. I viaggi e il commercio sono essenziali per l’economia globale, nonché per le economie nazionali e persino locali, e dovrebbero essere mantenuti anche di fronte a una pandemia.
Una grave pandemia interferirebbe notevolmente con la salute della forza lavoro, le operazioni commerciali e la circolazione di beni e servizi. Un focolaio di livello catastrofico può anche avere effetti profondi e duraturi su interi settori, economia e società in cui opera. Mentre i governi e le autorità sanitarie pubbliche fungono da prima linea di difesa contro i focolai in rapida evoluzione, i loro sforzi sono cronicamente sottofinanziati e mancano di sostegno duraturo. I leader aziendali globali dovrebbero svolgere un ruolo molto più dinamico in quanto sostenitori che partecipano a una maggiore preparazione alla pandemia.
Molti settori della società potrebbero aver bisogno di un sostegno finanziario durante o dopo una grave pandemia, tra cui istituti sanitari, imprese essenziali e governi nazionali.
I governi e il settore privato dovrebbero assegnare una priorità maggiore allo sviluppo di metodi per combattere la mis- e disinformazione prima della prossima risposta alla pandemia. I governi dovranno collaborare con le società tradizionali e dei social media per ricercare e sviluppare agili approcci per contrastare la disinformazione. Da parte loro, le aziende dei media dovrebbero impegnarsi a garantire che i messaggi autorevoli siano prioritari e che i falsi messaggi vengano eliminati anche attraverso l’uso della tecnologia.

Certo stupisce che gli ‘esperti’ mondiali, dopo aver così accuratamente previsto la pandemia da coronavirus, non risultino altrettanto convincenti nelle ‘raccomandazioni’ che si limitano alla stanca riproposizione di vecchie ricette: assalto alle casse degli stati, soldi verso i vaccini, anche se non esistono, promozione di un governo mondiale in mani private e ripristino della censura, per evitare che il pubblico sia informato di quello che accade realmente.
Davvero poco originale.

Sorgono quindi spontanee alcune considerazioni.

Come facevano gli ‘esperti’ a sapere che una pandemia da coronavirus si sarebbe sviluppata da lì a poco?
Forse erano stati informati che erano pronte le scorte di laboratorio per poter liberare il virus? O forse avevamo direttamente collaborato alla sua creazione?
Altrettanto incognito è come facessero a conoscere così bene le caratteristiche del nuovo virus, che produce meno morti della SARS ma che è più infettivo. Chi mai glielo poteva avere detto?
E come facevamo a sapere che il virus proveniva dai pipistrelli? Non rileva che l’epidemia sia supposta nascere in Brasile per poi diffondersi in Cina. In Brasile non mangiano pipistrelli ma in Cina sì.

Se Johns e Bill conoscevano tutto ciò forse bisogna dare loro credito anche su come la pandemia si evolverà in futuro.
I 65 milioni di morti in 18 mesi sono una possibilità reale?

Certo è che, se le loro raccomandazioni saranno seguite alla lettera, se si lasceranno aperte le frontiere, i viaggi e i commerci, se si investiranno le risorse in vaccini che non esistono, i 65 milioni di morti sembrano più che realistici. In pratica gli ‘esperti’ propongono che l’epidemia faccia il suo corso per minimizzare i danni all’economia.

Però finora le cose non sono andate secondo le loro raccomandazioni. La Cina ha chiuso le frontiere, anche quelle interne (e anche l’Italia, in sfregio ai diktat dei globalisti).
Il danno economico è stato e sarà in futuro enorme ma ciò riuscirà a fermare la pandemia?

Se la Cina ci riuscisse in questo modo, cioè facendo l’esatto contrario di quanto consigliato da esperti così bene informati, la dovremmo proprio ringraziare.

Ma dovremmo anche approfondire accuratamente il perché tali ‘esperti’ sapessero, con più due mesi di anticipo, così tante cose.

 

 

Numero1903.

LA  CRISI

(N.d.R. : L’etimologia di crisi deriva senza dubbio dal verbo greco krino = separare, cernere, in senso più lato, discernere, giudicare, valutare. Nell’uso comune ha assunto un’accezione negativa in quanto vuole significare un peggioramento di una situazione. Se invece riflettiamo sull’etimologia della parola crisi, possiamo coglierne anche una sfumatura positiva, in quanto un momento di crisi cioè di riflessione, di valutazione, di discernimento, può trasformarsi nel presupposto necessario per un miglioramento, per una rinascita, per un rifiorire prossimo).

 

La crisi è la più grande benedizione

per le persone e le nazioni,

perché la crisi porta progressi.

 

La creatività nasce dall’angoscia,

come il giorno nasce

dalla notte oscura.

 

È nella crisi che sorgono

l’inventiva, le scoperte,

e le grandi strategie.

 

Chi supera la crisi,

supera se stesso,

senza essere superato.

 

Albert Einstein

Numero1901.

 

LO  CHIAMAVANO  VIRUS  CORONA

sull’aria di     BOCCA  DI  ROSA    di  Fabrizio de Andrè

 

Lo chiamavano Coronavirus, metteva timore, metteva timore,

lo chiamavano Virus Corona, purtroppo non era una cosa buona.

Appena sceso all’Areoporto, un tizio tornato da un viaggio in Cina,

tutti si accorsero con uno sguardo, che aveva bisogno dell’Amuchina.

Bisogna stare a una certa distanza, lavarsi le mani con molta frequenza

e non affollarsi in nessun locale, lo dice il decreto ministeriale.

 

Ma l’infezione spesso conduce a rinunciare alle proprie voglie,

niente più uscire  e andare a cena, né con l’amante né con la moglie.

E fu così che da un giorno all’altro, chiusero scuole, teatri e chiese,

il lavoratore ormai fuori sede, fece il biglietto per il paese.

Spesso i cretini e gl’irresponsabili  al loro dovere vengono meno

e quando hanno molta paura, si ammassano tutti davanti al treno.

 

Alla stazione c’erano tutti, dal commissario al sagrestano,

alla stazione c’erano tutti, con mascherina e cappello in mano,

a salutare chi, per un poco, senza pretese, senza pretese,

a salutare chi, per un poco, portò il contagio nel paese.

C’era un cartello giallo, con una scritta nera,

diceva “Addio terrone a Milano, con te se ne parte la quarantena”.

 

E alla stazione successiva, molta più gente di quando partiva,

chi manda un bacio, chi getta un fiore, chi si prenota per un tampone.

E, per concludere, cari Italiani, anche se siamo tutti allo stremo,

è necessario che stiamo uniti e sono convinto che ce la faremo.

 

 

Numero1900.

 

SUCCISA  VIRESCIT

La traduzione di questo motto latino è “Recisa alla base, torna a rinverdire”.

Le parole, che ornano lo stemma dell’abbazia di Montecassino, che mostra una quercia tagliata al piede, dal cui ceppo vanno spuntando rami nuovi, vengono anche usate in riferimento a tutto ciò che, dopo la distruzione, trova in sé la forza di tornare a nuova vita.

Si tratta di un simbolo (o di una allegoria, se considerata dal punto di vista delle figure retoriche) di rigenerazione, forza interiore, capacità di riscatto.

Ha funzione conativa, ovvero il suo scopo è quello di spingere l’individuo a reagire, a risollevarsi anche dopo un avvenimento tragico, distruttivo, che ha quasi annientato il suo essere.

“Quasi”, appunto, non del tutto.

E’ quell’avverbio a fare la differenza, a invitare a chiedersi di che pasta si è fatti, a spronare all’autorigenerazione.

L’icona dell’albero tagliato è metafora della straziante perdita (di una persona cara, di tutti i beni, della propria integrità corporea), ma i rami verdi che nonostante tutto iniziano a spuntare, generando le foglie, lo sono della capacità di affrontare anche i più grandi dolori, le più grandi perdite e rimettersi in piedi, ancora vivi, ancora fecondi di progetti, di idee, di giorni da affrontare con energia.

E’ simbolo della forza della vita che non dipende dall’energia personale, ma che senza la collaborazione e la volontà di chi aspira a rialzarsi non potrebbe comunque agire.

Contiene in sé l’implicazione di un passato pieno e rigoglioso, la presupposizione che si è subito un feroce attacco, l’antitesi tra la perdita quasi totale e la rinascita, il paradosso che un albero reciso possa germogliare e infine l’inferenza generata dai concetti di ceppo e rami verdi: la vita non muore mai, si rigenera in forme nuove e inaspettate.

Insomma, un vero albero della vita.

Queste, che ho riportato, sono le parole, le più espressive possibili, che ho trovato a titolo esplicativo riguardanti l’aforisma.
Le faccio pienamente e convintamente mie, nell’ estendere il mio augurio a tutti gli Italiani di ritrovare la forza di risollevarsi e rinascere da questo “Tsunami” dell’ Epidemia di Coronavirus che ci sta passando sulla testa.
È un’occasione storica: mostriamo al mondo di cosa siamo capaci.
Sono sicuro che ce la faremo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Numero1899.

Coronavirus, autocertificazione per gli spostamenti: ecco il modulo da scaricare

Lunedì 9 Marzo 2020

Coronavirus, autocertificazione per gli spostamenti: ecco il modulo da scaricare

 

Questa che vedete è l’intestazione della, ormai,  “famigerata” AUTOCERTIFICAZIONE per poter circolare in Italia, a causa dei noti provvedimenti per il contenimento della diffusione epidemica del Coronavirus.

Guardate le prime due righe, dove si dovrebbero scrivere i dati anagrafici.
Se uno si chiama, che so, Giovan Francesco Lante della Rovere, nato il….., a Barcellona Pozzo di Gotto, residente in Primiero San Martino di Castrozza, in via Strada Vecchia del Mulino, n° 12 e….tralasciando il resto,   mi dite dove diavolo potrebbe scrivere i suoi dati negli spazi previsti dai cervelloni del Ministero dell’Interno?
Cosa ci voleva a predisporre un formulario concepito come segue:

Nome e Cognome ……………………………………………………………………………………………………………….
nato il  …………………..   a    …………………………………………………………………………………………………………
residente a  ………………………………………………………………………………………………….   CAP  …………..
via  ………………………………………………………………………………………………………………………     N°…………..

Ci vogliono solo due righe in più. E non si dica che lo spazio del testo non si può restringere, perché di spazio ne è rimasto a fondo pagina.
Senza parlare degli spazi per indicare la partenza e la destinazione del percorso e per esporre le motivazioni dello spostamento, se appena sono un po’ articolate. Sembra una barzelletta.
Certo che la burocrazia fa proprio dei grandi sforzi per agevolare il corretto comportamento dei cittadini!  Bravi, proprio bravi! L’efficienza e la praticità  non sanno proprio dove stanno di casa, questi “dirigenti” della Pubblica Amministrazione Romana.  Io non li chiamerei “dirigenti”, ma “dirigibili” e sapete perché? Perché sono dei “palloni gonfiati”. E….. incapaci.

Numero1898.

L’ INTERA  MONOGRAFIA  SU  ETTORE  MAJORANA  E  ROLANDO  PELIZZA  È  PUBBLICATA  DAL  NUMERO1465  AL  NUMERO1455.

 

QUESTA  È  UNA  INTEGRAZIONE  DI  STRINGENTE  ATTUALITÀ

ETTORE  MAJORANA  E  LA  SFIDA  CLIMATICA

Francesco Alessandrini e Roberta Rio   

Dal loro libro “LA MACCHINA il ponte tra la scienza e l’Oltre”.

 

Sinossi

 

Via dalle pagine della storia ufficiale Ettore Majorana, non solo continuò a vivere, ma con le sue ricerche si spinse ben oltre i confini dell’allora conosciuto, penetrando i “segreti” della Materia e del Creato, come mai era stato possibile fare fino a quel momento in modo “scientifico”.
Ne sono discese una nuova matematica e una nuova fisica
 – la Fisica del Terzo Millennio– che alimentano un salto epocale nella conoscenza umana.
 Nell’ambito delle sue ricerche, egli ha anche valutato attentamente variazioni climatiche e ambientali indotte dall’inquinamento provocato dall’uomo
 e dalla sua tecnologia. La capacità previsionale di Ettore e la comprensione del fatto che nessun evento del nostro mondo è casuale, gli hanno permesso,
già negli anni ’70, di prevedere con estrema esattezza, le problematiche legate al clima e all’ambiente, che ora stiamo sperimentando. Le sue previsioni, in assenza di un intervento in grado di invertire la rotta, sono decisamente preoccupanti e, del resto, ci stiamo tutti rendendo conto delle trasformazioni climatiche non positive in atto. Ma Ettore ci fornisce anche una soluzione che potrebbe soccorrerci dall’imminente collasso ambientale.
1. Introduzione
La fisica attuale è molto lontana dalla conoscenza delle fondamenta dell’universo in cui viviamo.
Per raggiungerla è necessario un radicale cambio di paradigma, un vero e proprio salto conoscitivo “epocale”, che permetta di guardare il mondo della Materia dal di fuori, dall’Oltre Materia.
Qualcuno questo salto l’ha fatto. Ed è riuscito a costruire un “quadro” teorico dell’universo e delle sue modalità di funzionamento talmente preciso e affidabile da poter poi essere trasformato in una macchina, la macchina di Rolando Pelizza, in grado di sperimentare quella teoria e di compiere delle cose assolutamente impensabili per la scienza attuale.
Quest’uomo si chiama Ettore Majorana.
Nel corso della costruzione di una nuova matematica e di una nuova fisica, descritte nella sua “Teoria Generale degli Esponenti”, si è reso conto che tutti i fenomeni naturali seguono una logica e delle regole ben precise. In particolare Ettore ha compreso, a partire dall’osservazione dei fenomeni fisici,
l’inesistenza di una casualità dei fenomeni stessi. È riuscito anche a inquadrare le relazioni che governano alcuni “gruppi” di fenomeni che la fisica attuale considera caotici e originati dal caso. La matematica di Ettore descrive tutto questo. È diventata così lo strumento per prevedere lo sviluppo di fenomeni fisici finora considerati imprevedibili. Noi abbiamo tentato di comprendere questa nuova fisica e nuova matematica, ma gli elementi di riferimento che abbiamo non sono certamente completi né sufficientemente chiari. Il risultato che presentiamo è dunque solo la nostra comprensione e interpretazione di ciò che ci sembra sia il geniale lavoro di Ettore. Ma anche se tutto non è ancora definito, siamo convinti di essere sulla buona strada. In ogni caso la responsabilità di quanto affermiamo è solamente nostra e chiediamo scusa a Ettore, che certamente ci sta guardando da qualche “posto” di questo nostro grande Creato, se abbiamo grossolanamente frainteso le sue scoperte. In quanto segue analizziamo, in particolare, le sue considerazioni sul clima e sul fatto che, già negli anni ’70, aveva previsto ciò che stiamo affrontando ora in ambito climatico e ambientale e, soprattutto, ciò che ci accadrà se non interveniamo immediatamente.
 2. Ettore Majorana
Ufficialmente, Ettore Majorana, scienziato geniale del periodo della “grande fisica italiana”scomparve il 25 marzo 1938. Da allora si rifugiò segretamente in un monastero italiano. Nel corso dei successivi decenni di permanenza, poté sviluppare i suoi studi, tutti rivolti alla conoscenza delle reali fondamenta della materia e della vita. A chi volesse conoscere con maggior dettaglio la sua storia, indichiamo la lettura del nostro testo “ La macchina. Il ponte tra la
 scienza e l’Oltre”.
 3. Il cielo non può attendere
In una lettera di Majorana al Prof. Erasmo Recami del 20 dicembre 2000, Ettore si dimostra profondamente preoccupato per il futuro del nostro mondo legato in modo indissolubile al surriscaldamento del pianeta.
Nella stessa lettera si cita la documentazione spedita già nel 1976 a Rolando Pelizza, il suo allievo costruttore della “macchina”.
In essa era presente una «relazione dettagliata sul tema e le sue conseguenze: dai primi sintomi, all’inizio del 2000, all’incremento del problema a partire dal 2010, in seguito al quale è lecito aspettarsi delle vere e proprie catastrofi ambientali».
Figura 1: Estratto della lettera di E. Majorana al prof. Erasmo Recami del 20 dicembre 2000.
Già nel 1976, dunque, Ettore aveva previsto che il pianeta sarebbe entrato in una fase di surriscaldamento anomalo ed eccessivo, che avrebbe iniziato a generare “delle vere e proprie catastrofi ambientali” tra il 2022 e il 2024.  In quel momento, ovvero tra pochi anni, la sopravvivenza della razza umana sulla Terra sarebbe stata in serio pericolo. Oggi gli esperti del clima sono giunti alle stesse previsioni, ma posticipate. Si parla alla peggio della decade 2030-2040, ovvero ci illudiamo di avere ancora molto tempo. Ma secondo Ettore non è così.
Sulla Terra si sono sempre verificate lente fluttuazioni climatiche, in un’alternanza di fasi di raffreddamento (glaciazioni) e surriscaldamento. Per quanto lente fossero, esse portarono regolarmente a drastiche riduzioni nel numero degli esseri viventi.
L’attuale pulsazione climatica è solo parzialmente frutto di fattori naturali.
A essi, come dimostrano gli studi di alcuni scienziati tra cui il glaciologo Claude Lorius, si sovrappongono delle cause antropiche, ovvero date dal comportamento dell’uomo.
Analizzando i risultati di centinaia di carotaggi di ghiaccio in Antartide, Claude Lorius, a metà degli anni ’80, rese noto che nel corso degli ultimi duecento anni, ovvero dall’inizio dell’industrializzazione, il livello di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera era drasticamente aumentato. La Terra non riesce più a regolarlo grazie ai suoi normali cicli di autodepurazione.
In altre parole, l’uomo, bruciando a dismisura carbone, petrolio e metano, si è inserito nel meccanismo di regolazione naturale del clima, modificandolo pesantemente. Tre sono le alterazioni ambientali che attualmente affliggono in maniera preoccupante il nostro pianeta: il “buco dell’ozono”, l’eccesso di  CO2  e l’effetto serra.
Analizziamole brevemente. Quello che viene definito “buco dell’ozono” è in realtà un fenomeno duplice. Da un lato stiamo assistendo a un generale assottigliamento dell’ozonosfera, ovvero di quella fascia della stratosfera, posizionata tra i 15 e i 39 chilometri sopra la superficie della Terra. Essa ha il compito di trattenere e assorbire circa il 99% delle radiazioni solari nocive per la vita. Dall’altro, in alcune zone, come sopra l’Antartide per esempio, questa riduzione ha raggiunto dei livelli limite tanto da parlare di un vero e proprio “buco”, ovvero assenza completa di ozono.
Questi “buchi” sono qualcosa di pulsante con cicli naturali di durata stagionale, annuale o pluriennale. Si pensi che sopra l’Antartide sono state registrate variazioni primaverili del 70% rispetto alla stagione precedente, poi recuperate in quella successiva.
Talvolta si è avuta l’impressione che un buco si fosse chiuso naturalmente, mentre in realtà si trattava solo di una ridistribuzione dell’ozono nell’ozonosfera: la “chiusura” di un “buco” provoca una riduzione di spessore in altre zone, ma la quantità complessiva di ozono è sempre la stessa e, anzi, è in continua e irreversibile diminuzione.
Ma c’è ancora qualcosa di importante che la scienza non ci dice, o forse non sa, e che Ettore, invece, ha constatato essere in atto.
1  Secondo lui l’equilibrio dello strato dell’ozono è ormai compromesso nel senso che la sua diminuzione, alimentata inizialmente da agenti chimici
introdotti dall’uomo, ha assunto ora una specie di “vita propria”: essa progredisce anche se si riducono le sostanze inquinanti. Non c’è praticamente nulla che l’uomo e la scienza tradizionale possano fare per bloccare questo fenomeno, anche se qualche fonte, per smorzare i toni, afferma che il fenomeno è in regressione e che si esaurirà nel 2080.
2  L’anidride carbonica è la seconda sfida della nostra epoca. Essa ha mantenuto, nelle varie ere, livelli accettabili per la Terra che, per esempio tramite gli alberi, è sempre riuscita ad assorbirla ,trasformarla e riutilizzarlaMa anche questo equilibrio si è ora spezzato. Soprattutto il grande consumo di combustibili fossili (tutti caratterizzati dalla presenza di carbonio) ha aumentato notevolmente il livello di COnell’atmosfera, portandolo a un livello tale da provocare gravi scompensi ambientali.
Anche se ne interrompessimo “all’istante” l’emissione, non riusciremmo comunque a ridurre in tempi brevi la presenza di CO2. Si pensi solo
che ha dei cicli naturali di vita nell’atmosfera di oltre cento anni.
In ogni caso essa è per noi molto importante perché partecipa alla realizzazione dell’effetto serra, necessario per la vita sulla Terra. Si tratta di un fenomeno che permette al pianeta di trattenere nella sua atmosfera le radiazioni, provenienti dal sole, responsabili dell’incremento termico. Il risultato è un aumento della temperatura terrestre, che senza questo effetto sarebbe più bassa di almeno trenta gradi. Tuttavia, se in eccesso, porta a un innalzamento tale della temperatura da rendere difficili le possibilità di vita, se non addirittura impossibili. In un documento del 1990, pietra miliare nello studio climatico, Lorius, Jim Hansen e altri scienziati scrissero che le variazioni nel contenuto di COe di CH(metano) hanno giocato un ruolo significativo nei cambiamenti climatici glaciali-interglaciali amplificandoli, insieme alla crescita e decadimento dei ghiacci continentali dell’emisfero nord […]».
Queste considerazioni influenzarono la stesura e l’approvazione del protocollo di Kyoto, sottoscritto nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005. Dal 1976, anno dei primi avvertimenti di Majorana, al 2005 si contano quasi trent’anni. Abbiamo perso un mare di tempo, in una follia suicida figlia in parte dell’avidità umana, che antepone la ricchezza e il potere personale alla ricerca di una soluzione per il bene comune e, in parte, della non conoscenza. E oggi, dopo oltre 40 anni, le nazioni stanno ancora discutendo sul da farsi, pur essendosi in gran parte rese conto del grandioso pericolo a cui siamo sottoposti. Ma ormai è troppo tardi. I calcoli di Ettore dimostrano che abbiamo già superato il punto di non ritorno e i primi effetti davvero “disastrosi” saranno visibili proprio tra il 2022 e il 2024. Le variazioni della temperatura e della posizione degli ingressi radiativi attraverso l’atmosfera terrestre modificheranno i movimenti dei venti, le formazioni di nubi, lo scioglimento dei ghiacciai etc. La prima conseguenza di ciò si manifesterà – e in parte si sta già manifestando– nei fenomeni temporaleschi e ventosi. Per esempio, secondo Ettore, la quantità di acqua di una singola goccia di pioggia diverrà pari a quella di un grosso bicchiere: si parla di gocce del volume di 250 cl, ¼ di litro! Significa che si verificheranno acquazzoni di una violenza inaudita: quelle che oggi chiamiamo “bombe” d’acqua, che già mettono in crisi tutti i sistemi di smaltimento idrico, faranno “sorridere” rispetto a quello che potrà accadere.

La grande quantità d’acqua in atmosfera verrà alimentata da un’evaporazione molto più veloce di quella attuale, generata sia dall’aumentato calore sia da una superficie delle acque molto più estesa, provocata dallo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari. Lo scioglimento dei ghiacci provocherà un innalzamento delle acque di circa 80 m rispetto al livello attuale, sommergendo vaste zone costiere. Ma non solo. I venti aumenteranno di velocità fino a 400-600 km orari, ovvero molto più violenti delle peggiori trombe d’aria che si sono già verificate sulla Terra. Tanto per fare un paragone, il famoso e disastroso uragano Irma del 2017 ha raggiunto la velocità di “soli” 295 km/h, velocità mantenuta per ben 37 ore consecutive. Ma non ci sarà solo caldo. Il generale squilibrio che si genererà provocherà anche eventi estremamente freddi. Alcune zone del pianeta diventeranno presto invivibili e sarà pressoché impossibile soccorrere coloro che saranno colpiti da questi fenomeni atmosferici così estremi. Si avranno dei fenomeni migratori molto più accentuati di quelli attuali, che genereranno problemi sociali che non osiamo immaginare.

Oltre a ciò, l’eccesso di radiazioni, dovuto alla mancanza di ozono, porterà a una parziale inibizione della fotosintesi clorofilliana con un conseguente forte rischio di abbassamento delle possibilità alimentari per l’ecosistema.
Le radiazioni ci faranno ammalare, con gravi danni alla nostra pelle, perché di intensità superiore a quella che i nostri corpi sono in grado di sopportare. Insomma, la vita umana così come la sperimentiamo ora sul nostro pianeta, secondo Majorana sta per finire. E questo non accadrà tra migliaia di anni e nemmeno tra centinaia. Stiamo parlando di un arco di tempo molto, ma molto più breve! La Terra sta per diventare un luogo adatto solo per scarafaggi e altri animali, dotati di uno scheletro esterno che li ripara dalle radiazioni ultraviolette. E forse neanche per loro.
 4. Una soluzione esiste.
Ettore ci dice che la scienza tradizionale non può nulla! Questo, del resto, viene confermato anche dai nostri scienziati che dichiarano di non avere gli strumenti per ridurre efficacemente la presenza di COin atmosfera. Non ha le conoscenze e gli strumenti per farlo. Per quanto ne sappiamo, gli unici che possono salvarci da questa situazione sono la fisica e la matematica di Ettore, Rolando e la macchina.
Ci auguriamo che i governanti, di fronte all’evidente rischio di estinzione, si decidano finalmente a trascurare i propri desideri ed esigenze di potere per provvedere all’unica cosa prioritaria in questo momento: garantire la sopravvivenza della razza umana sulla Terra.
Il primo passo necessario sarebbe quello di avviare un grosso lavoro di mappatura dei “buchi dell’ozono”, utilizzando le risorse satellitari a disposizione.
Accanto alla posizione e struttura dei “buchi”, è altrettanto importante definire la quantità, la densità e il tipo di materiale gassoso, che si trova in essi e negli strati limitrofi, in assenza dell’ozono.
La macchina di Rolando, infatti, ha la possibilità di trasformare –  trasmutare – i materiali, ma non può creare dal nulla: ha dunque bisogno di materia disponibile per poter attivare un processo di cambiamento di un gas in un altro. Sarebbe auspicabile che i “buchi” fossero riempiti di anidride carbonica, in modo da ottimizzare il lavoro di ripristino degli equilibri atmosferici. L’ozono manca, l’anidride carbonica è in eccesso: con un solo intervento si potrebbe trasformare l’anidride carbonica in ozono e si avrebbe così il duplice risultato desiderato, di aumento del primo e riduzione della seconda. Analogamente bisogna procedere anche a una mappatura più completa dell’anidride carbonica.
 Una volta raccolti tutti i dati, si potrà intervenire mettendo in azione la macchina di Rolando.
Essa ha la possibilità di trattare con un’unica “applicazione” e all’istante (in circa 5 millesimi di secondo) un volume di 8 milioni di metri cubi, ovvero un cubo di 200 metri di lato. A detta di Rolando sarebbero facilmente costruibili delle macchine in grado di trattare dei volumi 1000 volte superiori (un cubo di 2 km di lato) e addirittura 1 milione di volte superiori (un cubo di 20 km di lato).Questa fase di lavoro dovrebbe essere svolta in due momenti distinti: per prima cosa il fenomeno dei “buchi nell’ozono” deve essere bloccato nella sua “virulenza”. Pertanto gli interventi saranno d’impatto e mireranno a trasformare rapidamente grossi volumi, senza tante raffinatezze.
Dopo di che si entrerà nel dettaglio, andando a rifinire il tutto secondo la quantità e la posizione che verranno ritenute più corrette ed equilibrate, sotto un controllo continuo dei rilevatori satellitari.
Una volta terminato lo scudo protettivo dell’ozono e riportata l’ozonosfera a quelle che sono le sue dimensioni e concentrazioni ottimali, ci si occuperà del problema dell’anidride carbonica, in parte già diminuita con l’intervento precedente.
 
Le zone a maggior densità verranno trasformate in ossigeno o in altri componenti dell’aria, eventualmente carenti: dalla “fastidiosa” anidride carbonica, si passerà a una piacevole aria pura.
 
La soluzione quindi c’è.
L’importante è che venga data assoluta priorità alla risoluzione del problema.
 
 5. Conclusioni
Noi non siamo certamente dei catastrofisti. Ma abbiamo imparato a fidarci di Ettore Majorana e di Rolando Pelizza. Se loro dicono che la situazione è grave, siamo seriamente propensi a credere che abbiano ragione. E se poi ci dicono anche di avere la soluzione per questa complessa sfida climatica, non vediamo logico motivo per cui coloro che hanno in mano la tecnologia di Ettore e di Rolando non si diano da fare con la massima urgenza per risolvere la situazione. Se non lo faranno, avranno sulla coscienza le sofferenze e la scomparsa dell’intero genere umano, compresi essi stessi e le loro famiglie. Ma noi siamo molto fiduciosi che lo faranno. E così il genere umano potrà continuare a evolversi gradualmente e utilizzare le incredibili conoscenze che Ettore Majorana ha portato sulla Terra.
6. Il percorso
Questo articolo, pubblicato in occasione della conferenza “La fisica di Ettore Majorana e la sfida climatica, fa parte del programma di divulgazione della
Fisica del Terzo Millennio, una fisica assolutamente innovativa che parte dalla mente di Ettore Majorana. La sua conoscenza e accettazione non sarà immediata e l’umanità dovrà aspettare prima di viverla diffusamente nei suoi aspetti più pratici: sì, perché l’umanità, pur avendone un bisogno immediato legato alle appena descritte problematiche sul clima, non è ancora pronta per utilizzarla. È prima necessario un percorso di graduale crescita e di cambiamento degli atteggiamenti umani e dell’uso della scienza: sì, certo, anche la scienza deve evolvere nelle sue conoscenze ma soprattutto
nella coscienza del ruolo che è tenuta ad avere nell’ambito dello sviluppo della vita sul nostro pianeta. Ringraziamo con tutto il nostro cuore Ettore e Rolando per questa grande possibilità che hanno introdotto sulla Terra e, soprattutto, li appoggiamo incondizionatamente per essere sempre stati dalla parte del “bene”.

Numero1893.

PENSIERO

Se consideriamo la derivazione etimologica della parola “pensiero”, ci stupiremo di scoprire che la sua origine è legata a qualcosa di estremamente materiale: il”pensum” ( participio passato del verbo latino “pendere” ovvero pesare ) era la quantità di lana che le filatrici dovevano tessere nell’arco della giornata. Esso era, quindi, la materia prima grezza ( batuffolo di lana tosata ) che doveva essere elaborata per ricevere una nuova forma ( trecciolina di lana filata ). Tutto ciò è rimasto nella espressione metaforica “filo del pensiero”.
Si noti ancora che la parola sanscrita “pesas” che sta all’origine del verbo italiano “pesare”, ovvero “pendere” in latino, significa “forma”.
È il pensiero che dà forma alle cose.

Numero1892.

 

Segnalato dal mio amico Alberto

CORONAVIRUS

Carissimi, vi allego alcune informazioni che ritengo utili per affrontare adeguatamente i tempi che stiamo vivendo. Fatene buon uso.

La Dottoressa Lidia Rota Vender collabora da anni come Volontaria della nostra Onlus, è Ematologa e Presidente dell’ ALT – Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari. La dottoressa ci spiega cos’è il Coronavirus e come comportarci.

Il Coronavirus non lo ferma il panico, ma  l’intelligenza.

Da un giovane ricercatore che da Shenzhen è stato trasferito a Wuhan per collaborare con la task force che sta combattendo contro l’epidemia da Coronavirus riceviamo e volentieri trasmettiamo a tutti  queste informazioni  chiare, semplici e accessibili a tutti, che descrivono esattamente che cos’è il virus, come si  trasferisce da una persona all’altra e come puó essere neutralizzato nella vita di tutti i giorni.

L’infezione da Coronavirus non provoca raffreddore con naso sgocciolante o tosse catarrosa, ma tosse secca  e asciutta : questa è la cosa piu’ semplice da sapere.

Il virus non resiste al calore e muore se esposto a temperature di  26-27 gradi : quindi consumate spesso durante il giorno bevande calde come the, tisane e brodo, o semplicemente acqua calda: i liquidi caldi neutralizzano il virus e non è difficile berli. Evitate di bere acqua ghiacciata o di mangiare cubetti di ghiaccio o la neve per chi si trova in montagna ( bambini)!

Per chi può farlo: esponetevi al sole!

1. Il corona virus è piuttosto grande (diametro circa 400-500 nanometri), quindi ogni tipo di mascherina può fermarlo: non servono,  nella vita normale, mascherine speciali.

Diversa è invece la situazione dei medici e dei sanitari che sono esposti a forti cariche del virus e devono usare attrezzature speciali.

Se una persona infetta starnutisce davanti a voi, tre metri di distanza faranno cadere il virus a terra e gli impediranno di atterrare su di voi.

2. Quando il virus si trova su superfici metalliche,   sopravvive per circa 12 ore. Quindi, quando toccate superfici metalliche come maniglie, porte, elettrodomestici, sostegni sui tram, ecc., lavatevi bene le mani e disinfettatele con cura.

3. Il virus può vivere annidato nei vestiti e sui tessuti per circa 6/12 ore: i normali detersivi lo possono uccidere. Per gli abiti che non possono essere lavati ogni giorno, se potete esponeteli al sole e il virus morirà.

Come si manifesta:

1. Il virus si installa prima di tutto nella gola, provocando infiammazione e sensazione di gola secca:  questo sintomo può durare per  3 / 4 giorni.

2. il virus viaggia attraverso l’umidità presente nelle vie aeree, scende nella trachea e si installa nel polmone, causando polmonite. Questo  passaggio richiede circa 5/6 giorni.

3. La polmonite si manifesta con febbre alta e difficoltà di respiro, non si accompagna al classico raffreddore. Ma  potreste avere la sensazione di annegare. In questo caso rivolgetevi immediatamente al medico.

Come si può evitare:

1. La trasmissione del virus avviene per lo più  per  contatto diretto, toccando  tessuti  o materiali sui quali il  virus è presente :   lavarsi le mani frequentemente è fondamentale.

Il virus sopravvive sulle vostre mani solo per circa dieci minuti, ma in dieci minuti molte cose possono accadere : strofinarvi gli occhi o grattarvi il naso per esempio, e permettere al virus di entrare nella vostra gola …

Quindi, per il vostro bene e per il bene degli altri,  lavatevi molto spesso le mani e disinfettatele!

2. Potete fare gargarismi con una soluzione disinfettante che elimina o minimizza la quota di virus che potrebbe entrare nella vostra gola: così facendo lo eliminate  prima che scenda nella trachea e poi nei polmoni.

3. disinfettate la tastiera del pc e il mouse !

Dobbiamo tutti avere migliore cura di noi , per il nostro bene e per il bene degli altri.

Dalla redazione di ALT  / Associazione  per la  Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari Onlus – Milano

www.trombosi.org

RICEVO ORA E TRASMETTO X CONOSCENZA

Il nuovo Coronavirus NCP potrebbe non mostrare segni di infezione per molti giorni, prima dei quali non si può sapere se una persona è infetta. Ma nel momento in cui si manifesta la febbre e / o la tosse e si va in ospedale, i polmoni sono di solito già in fibrosi al 50% ed è troppo tardi!

Gli esperti di Taiwan suggeriscono di mettere in atto una semplice verifica che possiamo fare da soli ogni mattina:

Fai un respiro profondo e trattieni il respiro per più di 10 secondi. Se lo completi con successo senza tossire, senza disagio, senso di oppressione, ecc., ciò dimostra che non vi è fibrosi nei polmoni, indicando sostanzialmente nessuna infezione.

In tempi così critici, fai questo controllo ogni mattina in un ambiente con aria pulita!

Questi sono seri ed eccellenti consigli da parte di medici giapponesi che trattano casi COVID-19. Tutti dovrebbero assicurarsi che la propria bocca e la propria gola siano umide, mai ASCIUTTE. 
Bevi qualche sorso d’acqua almeno ogni 15 minuti. PERCHÉ? Anche se il virus ti entra in bocca … l’acqua o altri liquidi lo spazzeranno via attraverso l’esofago e nello stomaco. Una volta nella pancia … L’acido gastrico dello stomaco ucciderà tutto il virus. 
Se non bevi abbastanza acqua più regolarmente … il virus può entrare nelle tue trombe e nei polmoni. È molto pericoloso.

Condividi queste informazioni con la famiglia, gli amici e tutti i conoscenti, per solidarietà e senso civico!!!!

 

 

Numero 1891.

 

Segnalato da Dina

NEGLI  OSPEDALI  DELLE  ZONE  ROSSE.

 

A proposito di CORONAVIRUS, vi mando quello che ha scritto Daniele Macchini, che era medico a Monza e  al Niguarda, e ora lavora all’Ospedale Gavazzeni a Bergamo e che descrive benissimo la situazione.

In una delle numerose mail che ricevo dalla mia direzione sanitaria, a cadenza più che quotidiana ormai in questi giorni, c’era anche un paragrafo intitolato “fare social responsabilmente”, con alcune raccomandazioni che possono solo essere sostenute.
Dopo aver pensato a lungo se e cosa scrivere di ciò che ci sta accadendo, ho ritenuto che il silenzio non fosse affatto da responsabili. Cercherò quindi di trasmettere alle persone “non addette ai lavori” e più lontane alla nostra realtà, cosa stiamo vivendo a Bergamo in questi giorni di pandemia da Covid-19.
Capisco la necessità di non creare panico, ma quando il messaggio della pericolosità di ciò che sta accadendo non arriva alle persone e sento ancora di chi se ne frega delle raccomandazioni e di gente che si raggruppa lamentandosi di non poter andare in palestra o poter fare tornei di calcetto, rabbrividisco.
Capisco anche il danno economico e sono anch’io preoccupato di quello. Dopo l’epidemia il dramma sarà ripartire. Però, a parte il fatto che stiamo letteralmente devastando, anche dal punto di vista economico, il nostro SSN (Sistema Sanitario Nazionale), mi permetto collocare più in alto l’importanza del danno sanitario che si rischia in tutto il paese e trovo a dir poco “agghiacciante”, ad esempio, che non si sia ancora istituita una zona rossa già richiesta dalla regione, per i comuni di Alzano Lombardo e Nembro (tengo a precisare che trattasi di pura opinione personale).
Io stesso guardavo con un po’ di stupore le riorganizzazioni dell’intero ospedale nella settimana precedente, quando il nostro nemico attuale era ancora nell’ ombra: i reparti, piano piano, letteralmente “svuotati”, le attività elettive interrotte, le terapie intensive liberate per creare quanti più posti letto possibili. I container in arrivo davanti al pronto soccorso per creare percorsi diversificati ed evitare eventuali contagi. Tutta questa rapida trasformazione portava nei corridoi dell’ospedale un’atmosfera di silenzio e vuoto surreale che ancora non comprendevamo, in attesa di una guerra che doveva ancora iniziare e che molti (tra cui io) non erano così certi che sarebbe mai arrivata con tale ferocia.
Apro una parentesi: tutto ciò avveniva in silenzio e senza pubblicizzazioni, mentre diverse testate giornalistiche avevano il coraggio di dire che la sanità privata non stava facendo niente.
Ricordo ancora la mia guardia di notte di una settimana fa passata inutilmente senza chiudere occhio, in attesa di una chiamata dalla microbiologia del Sacco. Aspettavo l’esito di un tampone sul primo paziente sospetto del nostro ospedale, pensando a quali conseguenze ci sarebbero state per noi e per la clinica. Se ci ripenso mi sembra quasi ridicola e ingiustificata la mia agitazione per un solo possibile caso, ora che ho visto quello che sta accadendo.
Bene, la situazione ora è a dir poco drammatica. Non mi vengono altre parole in mente.
La guerra è letteralmente esplosa e le battaglie sono ininterrotte giorno e notte.
Uno dopo l’altro i poveri malcapitati si presentano in pronto soccorso. Hanno tutt’altro che le complicazioni di un’influenza. Piantiamola di dire che il COVID-19 è una brutta influenza. In questi 2 anni ho imparato che i bergamaschi non vengono in pronto soccorso per niente. Si sono comportati bene anche stavolta. Hanno seguito tutte le indicazioni date: una settimana o dieci giorni a casa con la febbre senza uscire e rischiare di contagiare, ma ora non ce la fanno più. Non respirano abbastanza, hanno bisogno di ossigeno.
Le terapie farmacologiche per questo virus sono poche. Il decorso dipende prevalentemente dal nostro organismo. Noi possiamo solo supportarlo quando non ce la fa più. Si spera prevalentemente che il nostro organismo debelli il virus da solo, diciamola tutta. Le terapie antivirali sono sperimentali su questo virus e impariamo giorno dopo giorno il suo comportamento. Stare al domicilio sino a che peggiorano i sintomi non cambia la prognosi della malattia.
Ora però è arrivato il bisogno di posti letto in tutta la sua drammaticità. Uno dopo l’altro i reparti che erano stati svuotati, si riempiono a un ritmo impressionante. I tabelloni con i nomi dei malati, di colori diversi a seconda dell’unità operativa di appartenenza, ora sono tutti rossi e al posto dell’intervento chirurgico c’è la diagnosi, che è sempre la stessa maledetta: polmonite interstiziale bilaterale.
Ora, spiegatemi quale virus influenzale causa un dramma così rapido. Perché quella è la differenza (ora scendo un po’ nel tecnico): nell’influenza classica, a parte contagiare molta meno popolazione nell’arco di più mesi, i casi si possono complicare meno frequentemente, solo quando il VIRUS, distruggendo le barriere protettive delle nostre vie respiratorie, permette ai BATTERI, normalmente residenti nelle alte vie, di invadere bronchi e polmoni provocando situazioni più gravi. Il Covid- 19 causa una banale influenza in molte persone giovani, ma in tanti anziani (e non solo) una vera e propria SARS (Sindrome Respiratoria Acuta Grave) perché arriva direttamente negli alveoli dei polmoni e li infetta rendendoli incapaci di svolgere la loro funzione. L’insufficienza respiratoria che ne deriva è spesso grave e dopo pochi giorni di ricovero il semplice ossigeno che si può somministrare in un reparto può non bastare.
Scusate, ma a me, come medico, non tranquillizza affatto che i più gravi siano prevalentemente anziani con altre patologie. La popolazione anziana è la più rappresentata nel nostro paese e si fa fatica a trovare qualcuno che, sopra i 65 anni, non prenda almeno la pastiglia per la pressione o per il diabete. Vi assicuro poi che quando vedete gente giovane che finisce in terapia intensiva intubata, pronata o peggio in ECMO (una macchina per i casi peggiori, che estrae il sangue, lo ri-ossigena e lo restituisce al corpo, in attesa che l’organismo, si spera, guarisca i propri polmoni), tutta questa tranquillità per la vostra giovane età vi passa.
E mentre ci sono sui social ancora persone che si vantano di non aver paura ignorando le indicazioni, protestando perché le loro normali abitudini di vita sono messe “temporaneamente” in crisi, il disastro epidemiologico si va compiendo.
E non esistono più chirurghi, urologi, ortopedici, tutti noi siamo unicamente medici che diventano improvvisamente parte di un unico team per fronteggiare questo tsunami che ci ha travolto. I casi si moltiplicano, arriviamo a ritmi di 15-20 ricoveri al giorno tutti per lo stesso motivo. I risultati dei tamponi ora arrivano uno dopo l’altro: positivo, positivo, positivo. Improvvisamente il pronto soccorso è al collasso. Le disposizioni di emergenza vengono emanate: serve aiuto in pronto soccorso. Una rapida riunione per imparare come funziona il software di gestione del pronto soccorso e pochi minuti dopo sono già di sotto, accanto ai guerrieri che stanno al fronte della battaglia. La schermata del pc con i motivi degli accessi è sempre la stessa: febbre e difficoltà respiratoria, febbre e tosse, insufficienza respiratoria ecc… Gli esami, la radiologia sempre con la stessa sentenza: polmonite interstiziale bilaterale, polmonite interstiziale bilaterale, polmonite interstiziale bilaterale. Tutti da ricoverare. Qualcuno già da intubare e va in terapia intensiva. Per altri invece è tardi…
La terapia intensiva diventa satura, e dove finisce la terapia intensiva se ne creano altre. Ogni ventilatore diventa come oro: quelli delle sale operatorie che hanno ormai sospeso la loro attività non urgente diventano posti da terapia intensiva che prima non esistevano.
Ho trovato incredibile, o almeno posso parlare per l’HUMANITAS Gavazzeni (dove lavoro) come si sia riusciti a mettere in atto in così poco tempo un dispiego e una riorganizzazione di risorse così finemente architettata per prepararsi a un disastro di tale entità. E ogni riorganizzazione di letti, reparti, personale, turni di lavoro e mansioni viene costantemente rivista giorno dopo giorno per cercare di dare tutto e anche di più.
Quei reparti che prima sembravano fantasmi ora sono saturi, pronti a cercare di dare il meglio per i malati, ma esausti. Il personale è sfinito. Ho visto la stanchezza su volti che non sapevano cosa fosse, nonostante i carichi di lavoro già massacranti che avevano. Ho visto le persone fermarsi ancora oltre gli orari a cui erano soliti fermarsi già, per straordinari che erano ormai abituali. Ho visto una solidarietà di tutti noi, che non abbiamo mai mancato di andare dai colleghi internisti per chiedere “cosa posso fare adesso per te?” oppure “lascia stare quel ricovero che ci penso io”. Medici che spostano letti e trasferiscono pazienti, che somministrano terapie al posto degli infermieri. Infermieri con le lacrime agli occhi perché non riusciamo a salvare tutti e i parametri vitali di più malati contemporaneamente rilevano un destino già segnato.
Non esistono più turni, orari. La vita sociale per noi è sospesa.
Io sono separato da alcuni mesi, e vi assicuro che ho sempre fatto il possibile per vedere costantemente mio figlio anche nelle giornate di smonto notte, senza dormire e rimandando il sonno a quando sono senza di lui, ma è da quasi 2 settimane che volontariamente non vedo né mio figlio né miei familiari per la paura di contagiarli e di contagiare a sua volta una nonna anziana o parenti con altri problemi di salute. Mi accontento di qualche foto di mio figlio che riguardo tra le lacrime e qualche videochiamata.
Perciò abbiate pazienza anche voi che non potete andare a teatro, nei musei o in palestra. Cercate di aver pietà per quella miriade di persone anziane che potreste sterminare. Non è colpa vostra, lo so, ma di chi vi mette in testa che si sta esagerando e anche questa testimonianza può sembrare proprio un’esagerazione per chi è lontano dall’epidemia, ma per favore, ascoltateci, cercate di uscire di casa solo per le cose indispensabili. Non andate in massa a fare scorte nei supermercati: è la cosa peggiore perché così vi concentrate ed è più alto il rischio di contatti con contagiati che non sanno di esserlo. Ci potete andare come fate di solito. Magari se avete una normale mascherina (anche quelle che si usano per fare certi lavori manuali) mettetevela. Non cercate le ffp2 o le ffp3. Quelle dovrebbero servire a noi e sono, ormai, di difficile reperibilità. Già, abbiamo dovuto ottimizzare il loro utilizzo anche noi solo in certe circostanze, come ha recentemente suggerito l’OMS in considerazione del loro depauperamento pressoché ubiquitario.
Eh sì, grazie allo scarseggiare di certi dispositivi io e tanti altri colleghi siamo sicuramente esposti nonostante tutti i mezzi di protezione che abbiamo. Alcuni di noi si sono già contagiati nonostante i protocolli. Alcuni colleghi contagiati hanno a loro volta familiari contagiati e alcuni dei loro familiari lottano già tra la vita e la morte.
Siamo dove le vostre paure vi potrebbero far stare lontani. Cercate di fare in modo di stare lontani. Dite ai vostri familiari anziani o con altre malattie di stare in casa. Portategliela voi la spesa, per favore.
Noi non abbiamo alternativa. E’ il nostro lavoro. Anzi quello che faccio in questi giorni non è proprio il lavoro a cui sono abituato, ma lo faccio lo stesso e mi piacerà ugualmente finché risponderà agli stessi principi: cercare di far stare meglio e guarire alcuni malati, o anche solo alleviare le sofferenze e il dolore a chi  purtroppo non può guarire.
Non spendo invece molte parole riguardo alle persone che ci definiscono eroi in questi giorni e che fino a ieri erano pronti a insultarci e denunciarci. Tanto ritorneranno a insultare e a denunciare appena tutto sarà finito. La gente dimentica tutto in fretta.
E non siamo nemmeno eroi in questi giorni. E’ il nostro mestiere. Rischiavamo già prima tutti i giorni qualcosa di brutto: quando infiliamo le mani in una pancia piena di sangue di qualcuno che nemmeno sappiamo se ha l’HIV o l’epatite C; quando lo facciamo anche se lo sappiamo che ha l’HIV o l’epatite C; quando ci pungiamo con un ago infetto, quello con l’HIV, e ci prendiamo per un mese i farmaci che ci fanno vomitare dalla mattina alla sera. Quando apriamo con la solita angoscia gli esiti degli esami ai vari controlli dopo una puntura accidentale sperando di non esserci contagiati. Ci guadagniamo semplicemente da vivere con qualcosa che ci regala emozioni. Non importa se belle o brutte, basta portarle a casa.
Alla fine cerchiamo solo di renderci utili per tutti. Ora cercate di farlo anche voi però: noi con le nostre azioni influenziamo la vita e la morte di qualche decina di persone. Voi con le vostre, molte di più.

Per favore condividete e fate condividere il messaggio. Si deve spargere la voce per evitare che in tutta Italia succeda ciò che sta accadendo qua.